Titolo: Così Fanno i Nonni
Autore: Nemeryal
Fandom: Axis Power Hetalia
Rating: Verde
Genere: Introspettivo,
Malinconico, Slice of Life.
Avvertimenti: Missing Moments,
OneShot
Personaggi: Principato di Seborga, Antica Roma.
Trama: Giorgio si bloccò,
sentendo le lacrime pizzicargli le ciglia; serrò la mascella e, senza neanche
sapere quello che stava facendo, attraversò di corsa la strada, praticamente
accasciandosi sulla ringhiera che dava sugli scavi.
-Mi avresti voluto bene?!- gridò,
stringendo la presa sul metallo e mordendosi le labbra per non scoppiare a
piangere –Mi avresti voluto bene?!-
Dedica: a Silentsky
Note: Il feudo di Seborga
nasce del 954 d.C., quando ormai l’Impero Romano era caduto da molti secoli.
Latona è il mio OC!Città di Roma.
Questa fan fiction partecipa
all’iniziativa Ci sono anch'io! dell'Hetalia non è... ==> The forum
Così Fanno i Nonni
-Oh, ma ti ricordi quando Nonno Roma
ci portava a vedere i ludicomesichiamano?-
Giorgio calciò stizzito un sassolino che gli intralciava la strada –Oh sì,
oppure quando ci leggeva gli epigrammiochesoio?-
si prese la testa fra le mani, ringhiando imprecazioni e masticando parole
sconnesse e frasi in dialetto.
I turisti che cinguettavano e
cianciavano ai Fori Imperiali non fecero che aumentare il suo fastidio: oh,
certo, tutti a guardare qualche rudere, a fotografare un’inutile pietra, a
sbavare su iscrizioni tarlate fingendo si saperle tradurre!
Seborga sgomitò in mezzo ad un
gruppetto di giapponesi, rispondendo ai loro squittii indignati con un “Andè tutti a bagasce!” sibilato iroso
tra i denti. Si maledì più volte per essere sceso a Roma: è vero che Lovino e
Feliciano, dopo l’ennesimo rifiuto alla sua Indipendenza, avevano tentato di
rabbonirlo con un pranzo a base di pasta alla carbonara in casa di Latona, ma
poi?
In quell’atmosfera sonnacchiosa, la
città e gli altri due avevano cominciato a rivangare i vecchi ricordi del
Nonno, infischiandosene altamente del fatto che lui..
Giorgio si bloccò, sentendo le lacrime
pizzicargli le ciglia; serrò la mascella e, senza neanche sapere quello che
stava facendo, attraversò di corsa la strada, praticamente accasciandosi sulla
ringhiera che dava sugli scavi.
-Mi avresti voluto bene?!- gridò,
stringendo la presa sul metallo e mordendosi le labbra per non scoppiare a
piangere –Mi avresti voluto bene?!-
Posò la fronte sul corrimano, cercando
un po’ di calma nel contatto col freddo della ringhiera. Si sentiva identico ai
turisti che affollavano la città: non vedeva alcun volto nei resti dell’Antica
Roma, solo ruderi, polvere e fasti silenziosi. Non uno sguardo, non una voce,
non un gesto.
Lovino raccontava dei ludi circenses, ma per Seborga quelle
parole non avevano significato.
Feliciano gesticolava di oratores e militia, ma le figure che Seborga cercava nella propria memoria non
erano che fantasmi creati dalla sua stessa fantasia.
Latona sospirava di Catullo e
Marziale, ma Seborga a stento li ricollegava a qualcosa che non fossero i
sospiri affranti di alcuni studenti.
Certo, il vecchio Liguria aveva
tentato di descrivergli quel Nonno fantomatico e famoso, però non era la stessa
cosa: Giorgio non aveva ricordo di una carezza, come poteva averlo Lovino, o di
un bacio sulla fronte come diceva Feliciano, e tantomeno di uno sguardo
addolcito, di quelli che a soli riportarli alla mente facevano commuovere
Latona.
Non aveva nulla, nulla..!
-Ohi, ohi! Che c’è, ragazzino?- lo
richiamò una voce un po’ roca –Sei a Roma! Non hai il diritto di avere quella
faccia!-
Giorgio si sfregò veloce il naso,
fissando con odio l’uomo -alto, castano, massiccio e pure con la barba- che gli stava davanti: a giudicare dal vestiario –una tunica impolverata e una fascia bianca
che gli ricadeva dalla spalla e poi stretta attorno alla vita- doveva
essere uno dei figuranti che gravitavano nella zona del Colosseo.
-Non sono affaracci tuoi- mormorò
Seborga, incrociando le braccia al petto -Belin,
avrò pure il diritto di fare la faccia che voglio, no?!-
L’uomo si piegò sulle ginocchia e lo
guardò di sottecchi, cosa che infastidì Giorgio non poco; il Principato voltò
la testa, deciso a non prestare più attenzione a quel maledetto figurante.
E se poi voleva pure qualche
spicciolo? Ah, no. Lui spiccioli non ne dava, assolutamente. Che se lo
togliesse dalla testa quel romano poco di buono. Aveva già dei problemi di suo,
se poi ci si metteva pure..
Ma non riuscì a finire quell’ultimo
pensiero, che sentì le braccia dell’uomo cingergli le spalle e poi stringerlo a
sé. Seborga si ritrovò col viso affondato nella sua spalla: ne avvertì i
capelli sfiorargli la fronte, ne sentì il profumo, un misto di sabbia, mare e sangue.
-C-che fai?!- sbottò Giorgio, tentando
di divincolarsi –Che stai facendo, maniaco?!-
-Così fanno i Nonni, no?-
Seborga sgranò gli occhi e tremò,
incapace di parlare; cercò di trattenere quell’uomo, quel fantasma, quell’Impero,
qualunque cosa fosse, stringendolo a sua volta.
Ma già il calore di quel corpo si
andava affievolendo.
Le braccia cinsero solo aria.