Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: themissingpiece    16/11/2011    3 recensioni
Li abbiamo lasciati così: Alex che se ne va, lasciando Joseph e tutta la sua nuova vita dietro di sé. Un nuovo inizio, nuovi sorrisi, lacrime, parole mai dette che usciranno come sorprese. Siete pronti per farli tornare tutti nella vostra vita? Se la risposta è positiva mettetevi comodi e iniziate a leggere.
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joe Jonas, Kevin Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono\Siamo tornati.
Dico siamo perché ormai questi personaggi fanno parte di me, come fossimo una famiglia.
Prima di tutto volevo ringraziare tutti quelli che leggeranno questa fanfic, non potete capire quanto io sia contenta
di riuscire a postare il seguito di
Wondering where you've been.
Occhei, questo primo capitolo non volevo farlo troppo lungo, ma volevo che fosse più
una specie d'introduzione, una spiegazione di cos'è successo. 
Beh, vi lascio leggere.

Gi.

p.s. mi aiutereste a far aumentare
questa pagina di fans? E' importante, thanks <3 


How things changed.
capitolo uno.




Sentii qualcuno appoggiarmi sul letto delicatamente.
Il mio corpo cadde di peso sul materasso mentre un leggero lenzuolo si distese sul mio corpo. Anche ad occhi chiusi la testa mi girava pericolosamente e ogni muscolo del mio corpo sembrava minacciare la propria distruzione.
Aprii gli occhi con grande fatica e ci misi qualche minuto a mettere a fuoco la persona davanti a me «Fai piano tesoro, non sei ridotta molto bene» sorrisi riconoscendo il ragazzo che si sedette poi sul letto affianco a me
«C-Cos’è successo?» chiesi mandando giù la saliva che sembra chewing-gum «Non lo so, ti ho trovata sulla diciassettesima. Eri seduta per terra, ti stavo cercando da ore» «Mi dispiace» «Non è colpa tua».
Come ogni volta, quando arrivavamo a quel punto della conversazione, nessuno dei due parlava. Jack si grattò i capelli dietro la nuca abbassando lo sguardo e io non sapevo cosa dire, anche perché non avevo forze per sforzarmi di cercare le parole giuste. Voltai la testa verso la finestra e notai un grosso poster attaccato al muro del palazzo di fronte che raffigurava un bel, anzi, bellissimo ragazzo e sotto la scritta ‘SOLD OUT’.
Spalancai gli occhi facendo preoccupare Jack che seguì il mio sguardo «Vuoi andarci?» chiese insicuro «Dove? Al concerto dell’unico ragazzo che io abbia mai amato e che nel giro di una settimana mi aveva rimpiazzata con tre ragazze? No, grazie» «Magari nel giro di una settimana cambi idea» azzardò mordendosi il labbro «Non credo sia il caso di farmi vedere in giro così. E poi cosa gli direi?» sembrava più un discorso per convincere me stessa che Jack, ma non importava. Quell’ultimo anno, passato lontana da Los Angeles e dalla famiglia Jonas, mi aveva insegnato a non sentire più nulla, come avere una continua anestesia al mio cuore, alle mie emozioni. C’ero quasi riuscita.
«Riesci ad alzarti?» «Ci provo» puntai le braccia sul materasso cercando di fare leva, ma il mio corpo aveva deciso di non collaborare. Riprovai una, due, tre volte, alla quarta Jack decise di prendermi in braccio portandomi fino in bagno e facendomi sedere sul bordo della vasca da bagno. Mi sentivo la mente vuota e proprio perché era vuota mi faceva male.
Il corpo sembrava come una bolla piena di crepe, pronta ad esplodere. Il mio cuore non esisteva, non so come riusciva il sangue a scorrere nelle vene, ma vi giuro, il mio cuore non esisteva più.
Rimanendo in silenzio Jack mi si avvicinò togliendomi prima la maglietta –troppo trasparente- e i pantaloncini –troppo corti- per scoprire tutti i tagli, i lividi, le cicatrici che alla luce del sole sembravano voler andare a fuoco.
Non lo guardai neanche in faccia mentre mi disinfettava o mi metteva la pomata sulle varie zone. Non lo guardavo perché non ne avevo il coraggio. Poi prese dei cerotti e me li mise su quei piccoli buchini che avevo a metà del braccio. Ma com’era possibile che quei buchi, così piccoli mi stavano distruggendo? «Non ce la faccio più» sbottò improvvisamente lui
. Si accasciò pesantemente sul pavimento, con la schiena contro il mobiletto azzurro che c’era lì. «E’ da un anno che va avanti così. Sai cosa vuol dire vederti così? No, perché a te sembra facilissimo fare finta di niente. Per cosa poi? Per aiutare quello stronzo? Quello stronzo che ti ha messo in questa merda e poi se n’è andato?» m’imposi di non piangere, perché io non piangevo.
«Guardami e giurami che a te va bene così. Che stai bene così. Che non ti fa male tutto questo. Che non ti fa male il fatto che Joe è là e vive la sua vita, mentre tu qui stai morendo. Che non ti fa male andare con la gente con cui sei obbligata a uscire per poi tornare a casa così. Dimmi che non sei stanca di non provare emozioni, che non sei stanca di avere un corpo rovinato, che non sei stanca di bucarti e sapere che non riuscirai a smettere.» no, no. Ero stanca, stanchissima. Sì, mi faceva malissimo, troppo male, ma non risposi.
Lo guardai impassibile mentre si passava una mano tra i capelli, mentre una lacrima scendeva sul suo viso troppo bello per essere macchiato da un pianto, mentre mi guardava con gli occhi lucidi sperando in una risposta, mentre si alzava e se ne andava sbattendo la porta di casa.
Come uno zombie tornai in camera e m’infilai un magliettone. Com’ero finita così? Le risposte erano troppe eppure i motivi mi sembravano senza senso. Se non fossi tornata a New York quello in giorno in cui Mark m’incise la sua iniziale sul corpo non avrei tardato a uscire dallo spogliatoio qualche settimana dopo e non avrei dovuto parlare con lui, non mi sarei posta il problema di aiutarlo, non avrei lasciato tutta la mia vita a Los Angeles, non sarei tornata nuovamente a New York finendo dentro il giro più pericoloso della città, non avrei visto su mille giornali foto di Joe con altre ragazze, non avrei rincominciato a bucarmi, non avrei visto Mark partire per un luogo sconosciuto e lasciandomi qua nella sua merda.
Già, dopo tutto il mio aiuto, lui se n’era andato per sempre.
Dopo tutte le cazzo di parole dolci, dei piani per finire tutto quanto lui era partito lasciandomi da sola ad affrontare loro.
E ora? Ora io dovevo fare tutto quello che mi chiedevano senza dire una parola. Perché? ‘’Oh dolcezza, credi davvero di poter scegliere? In effetti puoi scegliere: noi oppure tutto quello a cui tieni non lo rivedrai mai più. I tuoi amichetti del cazzo verranno distrutti’’. Ecco perché.
Mi sdraiai nuovamente sul letto cercando di trattenere le lacrime che cercavano disperatamente di uscire allo scoperto, di percorrere il mio viso che ormai non veniva bagnato da quelle gocce calde e salate da parecchi mesi. Voltai la testa e rimasi a guardare il cartellone pubblicitario di Joseph.
Forse non siamo destinati per stare insieme, ma più voglio allontanare il tuo pensiero e più tu nella mia testa sorridi, mi stringi, mi baci e mi dici che mi ami. Mi chiedo tu con chi sei adesso. Mi chiedo se mi stai pensando. Mi chiedo dove sei stato ancora per tutto questo tempo.
 
  
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