I capitoli di questa fanfiction sono intitolati sempre con la formula [1992*4##111+x]. Inoltre, con
questa fanfiction, getto ufficialmente l'ascia di guerra nei confronti
del mio odio-amore per Ninomiya Kazunari, dichiarando esclusivamente
una profonda ammirazione, riconoscendone la straordinaria
sensibilità, e essendogli grata per aver deciso di non lasciare
gli Arashi quel lontano 2006. Dopo lei, dedico la fanfiction a chi SA osservare.
"Te ne vai già?"
1992*4##111 è il titolo del singolo scritto da Ninomiya nel 2010. Digitando i tasti "1992*4##111" con un cellulare giapponese, sullo schermo compare la scritta "arigatou", ovvero "grazie".
La mia voce, anche
stavolta, esce fuori con tono di voluta apparente indifferenza,
in mezzo al chiacchiericcio di Masaki, Sho, Jun e qualche tecnico nei
camerini.
"Si, vado. Oggi ho un male alla gola
incredibile."
Mentre mi risponde, Satoshi mi sorride e
si massaggia il collo lentamente.
Poi prende la borsa, saluta
tutti i presenti, e dopo avermi mandato un ultimo sguardo esce dalla
stanza.
Lascio che il mio volto rimanga attento sulla figura
del leader finchè questi non sparisce completamente dalla
visuale.
Mi ritrovo spesso a fissare la gente nell'atto di
andar via: non so dire esattamente se sia un'abitudine piacevole o
solo un atto di masochismo verso i miei sentimenti, ma mi piace
vedere le persone di spalle.
E' una posizione, questa, che riesce
a darmi un sottilissimo senso di soddisfazione: la visuale della
schiena può rimandare all'immagine della protezione ma anche del
tradimento, ti concede quella stranissima ambiguità del non essere
osservati e contemporaneamente del non osservare.
"Nino,
ecco. Grazie mille."
La voce di Jun mi risveglia da
quei pensieri forse troppo eccentrici. Mi volto verso di lui e noto
che mi sta porgendo un sacchetto.
"E' il gioco che mi
hai prestato due settimane fa. Scusa se te lo rendo così tardi, ma
purtroppo ho.."
"Oh, il penultimo livello è
spettacolare, non trovi? Forse più dell'ultimo. Ed è anche il più
difficile. Perchè mai avranno creato il penultimo livello più
difficile e avvincente dell'ultimo?" - interrompo
volutamente il suo discorso.
Mi infastidisce anche solo che Jun si
giustifichi con me.
Non voglio ricevere scuse da lui, non ce n'è
bisogno. Non con me. Men che meno per il ritardo nel restituirmi un
gioco.
Anche quegli occhi sinceramente dispiaciuti e quel tono
eccessivamente educato mi appaiono sintomi di una formalità
assolutamente intollerabile per il nostro rapporto.
Jun
comprende subito il perchè io abbia troncato sul nascere le sue
spiegazioni: il suo sorriso si allarga e i suoi occhi diventano solo
due fessure ma si illuminano visibilmente.
"Vero.
Anche per me il penultimo quadro è stato un'agonia. L'avrò rifatto
una decina di volte."
"Solo dieci? Sei stato
bravo allora!" -rido - "Oh, Jun, mi hai fatto venire
voglia di rigiocarci!" - intanto ricevo dalle sue mani il
sacchetto e noto che si inchina impercettibilmente, forse per non
venir meno alla sua impeccabile educazione senza però permettere che
io mi infastidisca nuovamente.
Sono contento che la formalità di
pochi istanti fa sia svanita, e so che lui prova la stessa cosa
perchè adesso mi sta guardando dolcemente.
"Quindi
torni a casa adesso?"
"Mh." -
annuisco - "Credo proprio di si."
"Allora
buona serata, Nino!"
Jun si avvicina e mi dà una pacca
sulla spalla.Questo gesto tanto abitudinario stavolta mi è parso di
una rarità preziosa.
Abbasso la testa in risposta, leggermente
imbarazzato: il suo volto così stupendo ucciderebbe un malessere
proveniente anche dal cinismo più stagnante. Questo è ciò che
penso ogni volta che Matsumoto Jun mi rivolge un saluto
così.
Scendo nei sotterranei ed entro nell'automobile che
mi riporterà a casa.
Durante il tragitto, una moltitudine di
pensieri mi affollano il cervello, in uno scorrere e confluire di
immagini senza alcuna logica apparente.
Rifletto sul fatto che
potrei rilassare la stanchezza accumulata andando a visitare
l'appartamento della mia donna, oppure - in modo ancor più risoluto
- chiedendo al mio manager di procurarmi il contatto di una
prostituta dell'agenzia per quella notte: inaspettatamente, tuttavia,
mentre il motore rombante e l'andatura dell'auto cullano dolcemente i
miei muscoli stanchi, mi rendo conto che questa è la tipica serata
in cui persino il sesso sfrenato, di quelli che mi fermo solo quando
fa male, non avrebbe placato il turbinio di sensazioni che mi stanno
scuotendo.
Capisco quindi di avere bisogno, almeno per questa
sera, di ritirarmi nel silenzio del mio appartamento, rintanandomi
nella rassicurante perchè conosciuta, amata e odiata, temuta ma
intimamente deisderata, sana, solitudine.
Appena
entrato in appartamento, cambio velocemente le scarpe, lancio la mia
borsa sul tavolino e mi accomodo su un cuscino davanti alla
tv.
Guardo lo scorrere dei fotogrammi con occhi distratti, anzi
no, del tutto assenti. Non sono interessato nè al tg, nè alle
interviste di ex gravure idol ormai cinquantenni e arrugginite, nè a
quel paio di talk show che stanno trasmettendo su queste reti tutte
diverse ma tutte uguali per il mio senso di noia.
Dei
sentimenti contrastanti si stanno insinuando nel mio animo, rendendo
faticosa la concentrazione anche per una semplice attività come
guardare la televisione. Non posso dire che siano esattamente
pensieri negativi, considerato che la mia vita ultimamente è un vero
e proprio fiume in piena sotto ogni punto di vista: il lavoro
annegato nei successi e i miei sentimenti fagocitati dal
raziocinio.Ogni volta che ci penso avverto un piacevolissimo senso di
soddisfazione, un esaltante compiacimento, al punto tale da
ricaricarmi e permettermi di affrontare giornate di lavoro
sempre più faticose,e una vita privata sempre più impegnativa.
In
questo tripudio di riflessioni, tuttavia, c'è una nota stonata, un
vortice freddo nel bel mezzo del vento di scirocco, qualcosa che mi
turba così intimamente da non riuscire a darne
un'identificazione.
Arreso, spengo la televisione, mi metto in
piedi e immediatamente accendo la radio su una stazione a caso.
Il
volume un pò più alto del normale contribuisce a inondare tutta la
casa di musica. Mi accorgo subito di conoscere la canzone, sebbene
sia abbastanza datata: si tratta di 'Hanamizuki', più volte
ri-arrangiata nel corso degli anni, qui però nella sua originale
versione di Yō Hitoto.
La voce melodica e vibrante di quella
donna si spande per tutta la casa; soprattutto un paio di versi
sembrano arrivare al mio cervello un pò più chiaramente di tutti
gli altri.
"Kimi to suki na hito
ga...
hyakunen tsuzukimasu you
ni.."
("Spero che tu e
la persona che ami
continuerete
a restare insieme ancora per cent'anni")
"Ma
vaffanculo, anche tu."
Con forza apro una bottiglia di
sake e ne verso un pò nel bicchiere.
Ero solo nel mio
appartamento, e a me non capita quasi mai di parlare ad alta voce
quando sono solo nel mio appartamento.
Lo trovo ridicolo,
inconcludente, e ho sempre preso in giro Jun per questa sua abitudine
psicopatica.
Intanto mi risiedo su quello stesso cuscino
davanti alla tv ormai spenta, e concedo al mio cervello del tempo per
rimuginare su quella reazione.
__Te ne vai
già?__
Improvvisamente il ricordo di quella domanda
si svela alla mia mente, istantaneo, fulmineo.
__Te ne
vai già?__
Quella domanda che ultimamente rivolgo
alla stessa persona troppo spesso, che sta diventando non solo
un'abitudine, ma anche un gesto petulante, probabilmente
fastidioso per il mio interlocutore.
__Te ne vai
già?__
Quella domanda che tutte le volte impongo a me
stesso di non rivolgere a lui, a lui che è un cavallo selvaggio, una
corpo senza catene, una mente così profonda che non va disturbata,
un gabbiano col corpo troppo pesante per camminare e con le ali
immense per volare.
__Te ne vai già?__
Quella
domanda che inevitabilmente gli ripeto sempre, incessantemente, senza
che riesca a farci niente, senza che riesca a controllarmi nonostante
sappia già in anticipo la risposta: quella dannata risposta positiva
che ogni volta crea una minuscola ma percettibile crepa nel mio
cuore.
E' in momenti come questi che mi sorprendo di quanto
quell'essere umano sia strisciato silenziosamente ma
inesorabilmente nella mia banale quotidianità e abbia abbattuto
tutti i muri che cingevano il mio cuore, tutte le spine
dell'esperienza che trafiggevano la mia anima e che abbia sciolto
tutto il ghiaccio che si era cristallizzato attorno ai miei
sentimenti.
Proprio per questo motivo, nel corso degli anni
ho d'istinto rafforzato nei suoi confronti una vicinanza costante,
che presto è diventata morbosa, e che ultimamente sta diventando
controproducente.
Ohno Satoshi è l'unica persona le cui
spalle mi provocano solo un moto di terrore incontrollato, e non
provo proprio alcun 'piacere' a vederlo andar via.
Ingoio il
sake tutto d'un fiato, poi rivolgo gli occhi al tavolino sul quale
sono poggiati le sigarette e il cellulare. Con fare apatico, prendo
quest'ultimo sbirciando il nome di Satoshi sulla rubrica.
"Che
avrà mai da essere così occupato ogni sera, questo qui?"
La
mia voce è uscita spontaneamente e il mio fiato si è scontrato con
lo schermo del cellulare.
Ho parlato di nuovo da solo con qualcosa
di inanimato.
Mi scappa un sorriso, mentre lascio scivolare il
cellulare dalla mia mano al tavolino.
Sorrido perchè dentro me so
perfettamente la risposta alla mia domanda.
Dentro di me, conosco
tutte le risposte.
E' da un pò di tempo, infatti, che Satoshi
ha ritrovato il piacere di quelle sensazioni così meravigliose da
togliere il respiro, da farti sentire leggero, da svuotarti
completamente il cervello quasi come un massaggio rilassante ed
energizzante.
L'infatuazione per una donna è un sentimento così
totalizzante per la profondissima sensibilità di Satoshi, che lui
raramente se ne è avvicinato: o meglio, in passato guardava
all'amore con grande fiducia e una buona dose di ottimismo, ma poi ci
aveva confidato di quella sua tremenda delusione, quella nel periodo
dei nostri inizi, quella delusione che lo catapultò in un pessimismo
fino ad allora sconosciuto e lo costrinse a tuffarsi nella
superficialità.
Mentre a Sho Jun Aiba e me questo spezzò il
cuore, lui dovette costringere se stesso a un progressivo ma
inesorabile abbandono verso qualsiasi rapporto stabile.
Satoshi
ha un'anima così sfaccettata, proprio come quei costosissimi
diamanti che brillano di mille riflessi alla luce del sole, e ha un
modo di amare così silenzioso ma così travolgente da sconvolgere
anche le anime più ciniche e più arrese alla merda del realismo...
le anime come la mia, insomma.
Adesso,invece, anche quel cuore
così profondo e così deluso si sta riscaldando nuovamente. Qualcuna
gli sta facendo battere il cuore in modo del tutto diverso, del tutto
nuovo. Qualcuna lo sta aiutando a superare le delusioni del passato,
a voltare pagina e a scriverla con una calligrafia più
nitida.
Questa presa di coscienza mi dona felicità pensando a
quel ragazzo, ma dall'altro lato non posso restare impassibile di
fronte al tessuto del mio cuore che si crepa ancora: da quattro
settimane ormai Satoshi esce dagli studi prima degli altri, prima
anche di me. Da circa un mese riesce miracolosamente a conciliare il
lavoro non solo con i suoi svariati hobby,ma anche con il rapporto
insieme a lei.
Da ormai parecchio tempo Satoshi mi volta le
spalle allontandosi da me sempre di più, sempre di più, senza che
io riesca a fare altro che guardarlo andar via.. che lasciarlo andar
via senza dire niente, perchè devo essere felice per lui.
Devo
esserlo.
"Com'era la tua canzone, Yō-san?"
- dico a me stesso, ormai arreso al fatto che stasera ho la tendenza
a parlare da solo - " 'Spero che tu e la persona che ami
continuerete a restare insieme ancora per cent'anni'.."
Ricanticchio
quei due versi cercando di darne un'interpretazione logica.
"Dai,
cazzate." - decreto.
Che senso ha mentire a me stesso
visto che sono solo nel mio appartamento?
Verso un altro
goccio di sake nel bicchiere e bevo ancora.
L'alcool si spande
nella gola provocando bruciore nella mia faringe e un calore
narcotizzante nel mio cervello.
Poggio il bicchiere sul tavolino e
abbasso la testa.
"Mi dispiace, Satoshi. Non ce la
faccio.."
Anche questa confessione mi esce fuori
dalle labbra, ma stavolta in un flebile, delicato sussurro.
Gli
effetti dell'alcool iniziano a manifestarsi, e nel mio caso ciò
significa un dispiegamento della verità al mio animo troppo
vigliacco per ammetterla.
Adesso che ho messo a nudo la mia
sincerità, il passo successivo è quello di convincermi ad essere
l'ottimo compagno che volevo essere per Satoshi, e rispettare la sua
scelta, questo decollo meraviglioso che stava subendo la sua
vita.
Invece di tutti i sentimenti di tolleranza e altruismo
che dovevano uscir fuori, solo un moto di gelosia prende ad
attanagliarmi.
Spaventato, prendo il cellulare di scatto e
scrivo una mail.
|Jun,
domani sera non prendere alcun impegno, andiamo a bere dopo il
lavoro. Per favore.|
TO
MATSUMOTO JUN