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Autore: lilly81    16/07/2006    29 recensioni
Trascorsi sei mesi dalla fine del terribile scontro con Majinbu, l’anziano Kaiohshin giunge sulla Terra a richiedere l’adempimento di una promessa che gli fu fatta a quel tempo: la fotografia di una donna non giovanissima, ma ancora molto formosa…
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Goku, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Ritratto di signora”

“Ritratto di signora”

 

 

Se il silenzio non fosse stato spezzato dal monotono gorgoglio di un torrente, il paesaggio sarebbe stato una tela di acquerelli dai toni crepuscolari e indistinti.

I raggi flebili del sole attraversavano i profili smerlati dei monti Paoz ed offrivano alle cime degli alberi l’ultima luce del giorno che muore, come una dolce lusinga prima che l’oscurità sopraggiungesse ad inghiottirli.

Una divisa dello stesso colore del tramonto giaceva adagiata su di una roccia scoscesa nell’acqua.

Lo scoiattolo che sul ramo provvedeva alle ultime provviste si defilò rapidamente all’agitazione improvvisa del fiume.

Son Goku risalì alla superficie come l’impeto di un vortice abissale tenendo stretto un pesce che si dimenava invano.

Lo gettò sulla sponda a far compagnia ad un altro che già da un pezzo aveva smesso di dibattere la coda.

Osservò il bottino esiguo del pomeriggio.

Non sarebbero bastati a sfamare neanche il piccolo Goten, e già immaginava Chichi a quest’ora affaccendarsi solerte con la legna sotto al pentolone.

Ritornò ad immergersi nelle acque plumbee e riemerse questa volta con una preda più sostanziosa.

Anche questa andò ad agitarsi sui ciottoli della riva.

Proprio lì il tramonto del sole stagliò l’ombra di un essere umano.

Quando Goku alzò lo sguardo si accorse però con stupore che la sua natura era tutt’altra.

L’anziano Kaiohshin, il sommo nella gerarchia delle divinità, lo osservava tra le grinze del suo volto asettico e oblungo.

Senza l’austerità dei suoi vestimenti, Goku lo avrebbe scambiato per un povero vecchietto smarrito nel bosco:

“Lei qui? Non mi dica che è accaduto qualcosa di grave…”.

Una divinità che scende in Terra era quasi sempre araldo di arcani saperi che preludevano a sciagure.

Erano trascorsi poco più di sei mesi da quando il globo terrestre era stato ripristinato nel sistema solare.

“Niente ragazzo…” lo tranquillizzò l’anziano, schiarendosi la voce con un eloquente colpo di tosse  “perché non ti ricomponi? Sei indecente…”.

Il saiyan si ricordò di essere completamente nudo.

“Ah… già, mi scusi…” con un lieve incremento dell’aura le gocce che imperlavano le sue forme marmoree vaporizzarono all’istante.

Poi raccolse la sua tuta e dopo aver legato la cinghia intorno ai pantaloni si affrettò a domandare:

“Allora mi spieghi… se non è successo nulla, come mai lei è qui?”.

Kaiohshin lo scrutò con indecifrabile cipiglio:

“Esattamente come prospettavo… hai la memoria corta?”

“Ehm… io…?” si puntò addosso un indice interrogativo.

“Mi facesti una promessa quando eri sul mio pianeta… proprio non lo ricordi?” inquisì, e le pieghe del suo volto cereo ebbero una contrazione d’attesa.

“Una promessa?” si grattò il capo in quel gesto grossolano che lo faceva rassomigliare ad un bambino cresciuto troppo in fretta “ma ne è proprio sicuro?”

“Come ti permetti?!” lo rimbrottò il vecchio innaffiandolo di saliva “se qui c’è uno smemorato sei proprio tu!”.

Recuperata compostezza, si asciugò con un fazzoletto la goccia di sudore condensata sulla fronte:

“La fotografia di una donna nuda non giovanissima, ma ancora molto formosa…”.

Goku sbatté le palpebre e per qualche istante la sua bocca restò dischiusa:

“Lei è venuto qui per questo?” proruppe alla fine.

Nel terribile scontro contro il mostro di colore rosa, dopo la deflagrazione della Terra, intuite le debolezze dell’anziano dio, aveva pattuito una foto di Bulma in cambio del suo assenso all’utilizzazione delle sfere di Namecc.

Vegeta, insolitamente accecato di gelosia, aveva spalancato le fauci rammentandogli chi fosse la donna in questione.

“Ma davvero si ricorda ancora di quella sciocchezza?”

“Le sfere furono usate ed i vostri desideri avverati, io ho tutto il diritto di pretendere ciò che a suo tempo mi promettesti” incrociò le braccia in un gesto di disappunto.

Kaiohshin aveva negli atteggiamenti molto poco di divino.

“E va bene” accondiscese il saiyan “se ci tiene così tanto vedrò di procurarmi qualche fotografia…”.

Aveva già pensato come provvedere all’indecente materiale.

L’anziano l’osservò raccogliere gli animali pescati.

Dai suoi occhi sottili non trapelò l’intimo entusiasmo per il successo rapido del colloquio.

La volta del cielo era già divenuta un drappo di stelle e l’orizzonte infuocato offriva gli ultimi barlumi di luce.

“Ho una fame da matti!” disse il guerriero “perché non mi segue? La mia casa non è lontana da qui, dirò a mia moglie di aggiungere un posto a tavola”.

La divinità rifiutò il cordiale invito con un cenno di diniego:

“Non posso trattenermi, ritornerò tra qualche giorno”

“Mi saluti l’altro Kaiohshin, allora…” e prima di voltargli le spalle soggiunse “suppongo lui sappia del perché è venuto a farmi visita…”

“Non conduciamo vita matrimoniale” puntualizzò seccatamente il vecchio “non devo dar conto a nessuno di quello che faccio!”

“Come sospettavo…” mormorò con rassegnazione Son Goku dopo averlo visto sfigurare.

Poi, rimasto solo, si inoltrò nel bosco.

Al suo incedere il tappeto di foglie subiva un calpestio regolare.

Il sentiero non era tracciato, ma anche al buio il saiyan dava prova di conoscere quei luoghi natii come le sue tasche.

Un odore di manicaretti giunse a stimolargli l’olfatto ed allora incalzò il passo.

 

 

* * *

 

 

Arrivò dal cielo e posò nel giardino della Capsule Corp. un passo felpato ed agile.

Il manto erboso non restituì alcun suono.

Gettò un’occhiata circolare chiedendosi se tutti stessero ancora dormendo.

Il sole era già spuntato da un pezzo eppure la vispa sig. Brief non si affaccendava ancora intorno alle sue rose, né suo marito trafficava il giardino in un costante andirivieni tra la casa ed i laboratori.

Si mosse allora alla volta dell’entrata dove pigiò il campanello.

Nessuno si fece premura di aprirgli e così, appurata che la porta era stata lasciata socchiusa, si fece avanti da solo.

Iamcha conosceva bene la C. C.

Pur mancando da anni, si mosse nel dedalo di scale e corridoi senza esitazione.

Quando raggiunse l’ampio soggiorno vide che anche qui non c’era nessuno:

“Ehi… c’è qualcuno in casa?!”.

L’ampia vetrata era spalancata ed il vento agitava le tende.

Il televisore era stato lasciato a vociferare in silenzio e sul tavolo rotondo una tazzina di caffè recava l’impronta di un rossetto di colore rosso.

Se non avesse scorto sul mobile di fronte le foto di un Trunks in fasce tra le braccia di Bulma avrebbe pensato di aver sbagliato appartamento.

Il colore delle pareti, l’arredo e la sua sistemazione non erano più gli stessi e a Iamcha non restò altro che riconoscere, con un pizzico di rammarico, che dalla fine della sua storia con Bulma erano passati davvero molti anni.

Le mura avevano assorbito ricordi che non gli appartenevano.

Su quelle fondamenta era germogliato, come il più incredibile dei miracoli, un nucleo familiare di cui non faceva parte.

Si sentì un estraneo in quella casa.

Eppure un tempo aveva pensato che ne sarebbe divenuto il padrone, che sarebbe stato un tetto stabile e sicuro sopra la sua testa troppo spesso rivolta a cercare le gonne altrui.

“Ehi… c’è nessuno?!” il lungo corridoio rimandò l’eco della sua voce.

L’uomo proseguì adesso con circospezione.

Anche la sequenza delle camere non era più la stessa.

Nella stanza in cui fece capolino la sua capigliatura scura, un robot rassettava il letto.

Sulla moquette una camicia da notte ed una tuta di colore blu adagiata su una sedia lasciavano intuire a chi questa appartenesse.

Iamcha appurò con i suoi occhi increduli come Bulma e Vegeta conducessero una vita “coniugale” in certi suoi aspetti.

In fondo al corridoio l’inquietante acciaio della gravity room gli suggerì di girare i tacchi e andarsene via: imbattersi nel principe dei saiyan non era il modo più allegro di iniziare la giornata.

Alle sue spalle, un ansito di paura gli fece riconoscere finalmente la voce di Bulma:

“Che spavento, sei tu!” esclamò la donna, togliendosi le cuffie con le quali ripassava meticolosamente la registrazione di un’imminente conferenza.

“Scusami, ho bussato ma nessuno è venuto ad aprirmi, la porta era aperta e così mi sono permesso di entrare…” mise le mani avanti.

“Non preoccuparti, sei sempre il benvenuto in questa casa”

Indi, lo condusse in soggiorno dove si apprestò a versagli una limonata:

“Sei sola in casa? Non ho visto neanche tuo padre e tua madre”

“Infatti… non abitano più qui”.

Iamcha allora apprese che l’attempato sig. Brief e consorte avevano deciso di trasferirsi fuori città:

“Un bel giorno si è svegliato e mi ha detto di essere stanco ormai del lavoro e della città e che voleva dedicarsi soltanto agli animali, così adesso tutto grava sulle mie povere spalle…”.

L’uomo centellinò la fresca bevanda:

“E Vegeta? Non ti dà una mano?”

“I saiyan non sanno cosa significhi lavorare!” bofonchiò Bulma “ormai lui e Trunks se ne escono insieme senza neanche dirmi niente!”

Iamcha scoppiò a ridere:

“Cosa c’è?” fremettero le sue lunghe ciglia.

L’altro incrociò le braccia dietro al capo, in una postura che si era fatta frattanto meno formale.

“E’ così strano sentire parlare di Vegeta come fosse un uomo normale”

“Infatti non ho detto che lo è” fu contagiata alla fine dalla sua risata.

L’oggetto della loro conversazione fece il suo ingresso dalla porta principale.

Iamcha recuperò compostezza e si mosse a disagio sulla sedia.

“Ehm… salve… Vegeta…” farfugliò con esitazione.

Il saiyan, identificato l’interlocutore di Bulma, gli affettò la più sdegnosa noncuranza, proseguendo in direzione delle stanze da letto.

Indossava comuni abiti terrestri, per il resto, il suo incedere era sempre quello fiero e marziale da principe dei saiyan.

“E Trunks?” gli domandò la donna senza riuscire a trattenerlo.

“E’ già in camera sua” sibilò nel solito ringhio.

I due terrestri sentirono i suoi passi attutirsi lungo il corridoio.

Iamcha riportò il bicchiere alle labbra ed una smorfia di disgusto gli increspò i lati della bocca.

L’apparizione di Vegeta aveva reso alla limonata un sapore a dir poco caustico.

“Su rilassati…” lo irrise Bulma vedendolo visibilmente impallidito “tanto se ne è andato”

“Scusami” si sciolse l’uomo in un sorriso “è che non si sa mai come prenderlo, senza offesa, proprio non riesco a capire come tu faccia a viverci insieme, possibile sembri sempre irritato?”.

“Solo perché non ti ha salutato? Ho visto fargli fare in passato cose molto peggiori…” rammentò lei rabbrividendo.

E non si riferiva solo alla scia di sangue incolpevole che imbrattava il suo passato, ma anche alle umiliazioni, le offese, i patimenti, gli abbandoni che aveva subito lei in quanto sua compagna.

“Non credo mai si sia degnato di guardarmi in faccia…” continuò Iamcha annaspando nella nebbia dei ricordi “a pelle sento di non essergli mai stato simpatico, forse è geloso che un tempo sia stato il tuo ragazzo…”

“Tu pensi? meditò l’altra poggiando il mento su una mano “non credo Vegeta sia il tipo geloso, o comunque non me lo ha mai apertamente dimostrato”

“E fa male… fossi in lui mi preoccuperei di farti uscire, sei una donna ancora molto affascinante…” la lusingò con sincerità, senza malizia o tornaconto.

“E tu sei un impenitente dongiovanni” rise di rimando, compiacendosi in ogni modo dell’apprezzamento.

Finalmente l’uomo si decise a spiegare all’amica il motivo della sua visita.

Da quando Bulma gli aveva preferito Vegeta, di visite di cortesia non ne aveva mai più fatte, per quanto i rapporti si fossero mantenuti sostanzialmente di amicizia e di reciproco rispetto.

“Una macchina nuova? Cosa c’è… hai deciso di far colpo su di una ragazza?” ammiccò con complicità.

Iamcha si grattò la testa impacciato.

Era la prima volta che l’insinuazione di Bulma non gli giungeva dispotica ed invelenita.

Lo condusse nei laboratori esterni dove, sollevato un telone, gli esibì con orgoglio l’ultimo dei suoi progetti:

“Non è forse un vero gioiello?”

Il rosso fiammante dell’air-car lo lasciò senza parole:

“Vedo che hai dato il meglio di te…” commentò girandoci intorno e soffermandosi nei dettagli “ma probabilmente non posso permetterla neanche se lavorassi per altri venti anni!”

“Non preoccuparti, telefonerò la produzione e gli dirò di farti un trattamento davvero molto speciale…” gli strizzò un occhio.

Alla fine lo scortò fino al cancello.

Vegeta, da dietro i vetri, li seguì col cipiglio più marcato del solito.

“Ho deciso di dare una festa, un grande barbecue fra tre giorni, ti avrei avvertito oggi stesso se non mi avessi anticipato… spero che ci siano tutti…”.

Iamcha dichiarò che lui e Pual non sarebbero mancati di certo.

Poi, rinnovandole i ringraziamenti per la sua disponibilità, con un imbarazzata ed esitante stretta di mano, se ne andò via.

 

* * *

 

 

Le acque che lambivano la piccola isola erano sempre state poco burrascose.

Forse per questo la casa del vecchio eremita si manteneva stabile come su di una roccia.

Son Goku lo trovò a ronfare rumorosamente sulla sdraio al sole.

Prima di svegliarlo, lasciò che l’aria salmastra gli riempisse i polmoni in una boccata che sapeva di vecchi ricordi.

Non riusciva a rammentare con precisione l’ultima volta che quella soffice sabbia aveva accolto i suoi piedi, eppure era rimasto tutto intatto, maestro compreso, come se il tempo si fosse arenato su una spiaggia dove non osa avanzare la marea.

Si avvicinò al vecchio e con un colpo di tosse lo fece trasalire:

“Ah… sei tu…” realizzò Muten mettendo a fuoco la sua immagine dopo qualche istante “che sorpresa…” il sole battuto sul suo cranio pelato lo costringeva ancora a vedere le cose tinte di giallo.

“Sei solo? Crilin e gli altri?” si guardò intorno.

“Sono andati a fare provviste in città”.

Goku si sporse a guardare una rivista caduta dall’altro lato della sdraio per scoprire con delusione che si trattava solo di un’innocente enigmistica.

Muten lo scrutò con più attenzione sistemandosi sul naso le consuete lenti scure:

“Quale buon vento ti porta, ragazzo?”

“Ecco… vediamo come spiegare…” tamburellò un indice sotto al mento in una posa di riflessione “ho bisogno di qualcuno di quei giornaletti che tanto ti piace leggere…”.

Il vecchio maestro ebbe bisogno di qualche istante per discernere meglio la sua richiesta.

Son Goku era l’ultima persona sulla faccia della Terra che avrebbe immaginato intento a sfogliare pagine per soli adulti.

Il saiyan lo sentì ridacchiare:

“Come mai? Tu e Chichi conducete già vita separata? Ho sempre pensato che avesse un carattere un po’ troppo mascolino tua moglie…”

“Ma no! Non sono per me!” precisò mettendo le mani avanti “diciamo che una persona importante mi ha chiesto di procurargli delle foto di nudo… solo tu puoi aiutarmi…”.

L’eremita restò gravemente assorto, poi disse:

“Da quando 18 vive con noi mi è stato proibito di averle, poco mancò che mi spezzasse la noce del collo quando la bambina inconsapevolmente ebbe uno dei miei giornali tra le mani…”.

Lo raccontò spaurito, quasi la pressione della mano affusolata e nivea del cyborg fosse ancora agganciata al suo collo.

Istintivamente si massaggiò proprio lì con un movimento circolare delle dita.

Goku piegò le spalle ed emise un sospiro di frustrazione.

A questo punto davvero non sapeva come compiacere Kaiohshin, aveva posto tutte le speranze in quell’isoletta sperduta nell’oceano.

“Ma conservo sempre un pacco scorta!” esclamò di botto l’arzillo vecchietto facendolo cascare all’indietro.

Anche l’interno della casa era esattamente come lo ricordava lui, solo che adesso sul tappeto erano disseminate delle bamboline di pezza ed una mensola ostentava con orgoglio le foto di Crilin e della sua famiglia.

Il maestro trasse dal fondo nascosto di un armadio alcune delle riviste interdette.

Con entusiasmo Goku ne sfogliò rapidamente una, senza che la rassegna di tette e sederi discinti lo invitassero a soffermarsi oltre il dovuto.

“Sono perfette, non so davvero come ringraziarti”

“Di niente, cerca di farne un buon uso…” alluse di nuovo.

“Ma no! Quante volte devo dirti che non sono per me!” disse e con l’imposizione di due dita sulla tempia scomparve nel nulla.

“Dicono tutti così all’inizio…” ridacchiò ancora il vecchio prima che il telefono lo distogliesse dagli arditi pensieri.

Dall’altro lato del cavo, la voce squillante e briosa di Bulma gli comunicava che tra tre giorni ci sarebbe stata a casa sua una grande festa.

“Mi raccomando, avvisa anche Crilin e 18, a questo punto mancano solo Goku e la sua famiglia… sono giorni che tento di mettermi in contatto ma il telefono non dà proprio segnali di vita!”.

Muten gli disse che solo un attimo prima Goku aveva lasciato casa sua.

“Pazienza…” risolse alla fine la donna “vorrà dire che andrò a dirglielo di persona…”.

 

 

* * *

 

 

Goku allungò le braccia  con indolenza e faticosamente riportò i piedi giù dalla poltrona, facendo crocchiare rumorosamente le assi di legno dell’impiantito.

Il sole che filtrava dalle tende ricamate della cucina era quello abbacinante del primo pomeriggio.

Restò con gli occhi chiusi ancora per qualche istante, in attesa di recuperare lucidità mentale.

Il brutto delle pennichelle era quello di sentirsi dopo completamente intontiti.

Così andò a spalancare l’uscio che dava fuori, nella speranza che una sana boccata d’aria lo ridestasse dal torpore.

Proprio lì sulla soglia, Kaiohshin attendeva immobile come una statua di gesso.

Goku stropicciò gli occhi nel dubbio non si fosse diramato abbastanza il velo che gli ottenebrava la vista.

“E lei da quanto tempo è qui? Perché non mi ha svegliato?”

“Non vado di fretta, non fartene cruccio…”.

Lo invitò ad accomodarsi in casa ma il dio replicò di preferire l’aria aperta:

“Allora vado subito a prenderle quello che sono riuscito a procurarmi!”.

Non era stato facile trovare in casa il giusto nascondiglio per un oggetto tanto scottante.

Alla fine non gli era rimasta altra scelta che nasconderli sotto al materasso quando Goten aveva fatto irruzione nella stanza.

Col suo faccino ingenuo, Goku si era sentito quasi in colpa ad aver portato in casa un materiale talmente indecente.

Approfittando della gita improvvisata ai laghi che Gohan e Videl avevano programmato dopo pranzo, coinvolgendo il piccolo Goten ed una più maldisposta Chichi, avrebbe trovato un luogo decisamente più sicuro se non si fosse lasciato adescare dalla morbida poltrona nel soggiorno.

Una vera benedizione, dunque, che Kaiohshin fosse giunto prima del previsto a liberarlo di quel fardello.

Fece ritorno e gli mostrò soddisfatto alcuni giornali confezionati personalmente con un filo di spago.

L’anziano osservò la donna ammiccante in prima pagina in sensuale posa felina:

“Cretino che non sei altro!” lo rimproverò battendo il piede sul terreno “che me ne faccio di questi?! Non pensi che questa roba ne abbia già a bizzeffe sul mio pianeta?!”.

Il saiyan restò basito:

“Ma allora, cosa vuole… precisamente?”

“Mi sembrava di avertelo detto, quello che tu mi hai promesso, la foto di una donna non giovanissima ma ancora molto formosa…”

“Proprio quella?!” urlò Goku inducendo alla fuga un uccellino posatosi sul davanzale “ma è impossibile!”.

Kaiohshin non mosse una ruga:

“E’ morta forse, era già così vecchia?”

“Certo che no… sta benissimo, ma come faccio davvero a chiederle una cosa simile? Lei non sa come è fatta Bulma… ha un caratteraccio, perché non opta per qualcosa di più commestibile?”

“No” fece laconico “mi incuriosisce troppo, non giovanissima ma ancora molto formosa…” continuava a rimuginare sull’intrigante binomio.

Le cime degli alberi furono scosse da un vento improvviso e lo stormo di uccelli in volo annunciò l’arrivo di qualcosa dal cielo:

“Ehilà!” Bulma circoscrisse la zona ed atterrò col suo elicottero non lontano.

Kaiohshin cercò di trattenere l’uniforme svolazzante.

Quando il motore fu spento e le eliche vorticarono fino a fermarsi, Goku gli disse:

“Eccola! Che combinazione! E’ proprio Bulma! Ora potrà vederla con i suoi stessi occhi e si accorgerà che poi non è niente di eccezionale…”.

La donna saltò dal velivolo, prese la borsetta e venne loro incontro.

Passò una mano tra i capelli sbarazzini e diede una sistemata all’abitino di colore fucsia.

Son Goku deglutì a fatica.

Bulma era anche più appariscente del solito.

Gli anni non le avevano tolto fascino, piuttosto lo avevano assottigliato e reso più intrigante.

La maternità e la relazione col principe dei saiyan l’avevano fatta diventare soltanto più donna.

“Si può sapere cosa è successo al tuo telefono?! Sono giorni che provo a chiamare!” anche il tono di rimprovero continuava a mantenersi sulla stessa nota di quando l’aveva conosciuta.

“Ehm… ristrettezze economiche… Chichi ha deciso che è arrivato il momento di stringere un po’ di più la cinghia”.

Il volto terreo di Kaiohshin aveva assunto una tinta di vita e con la bocca dischiusa continuava a fissare il seno di Bulma sollevato sotto al vestito.

La terrestre sembrò accorgersi soltanto ora della sua presenza:

“E’ una mia vecchia conoscenza” lo presentò Goku circondando la fragile figura del vecchio con un braccio “è venuto a farmi visita ma stava per andare via…”

“E Chichi?” guardò oltre le sue spalle.

Allora il saiyan raccontò della gita improvvisata di Gohan e di Videl, dell’entusiasmo del piccolo Goten e della riluttanza di sua moglie a lasciare la casa e le quotidiane faccende domestiche:

“Alla fine si è decisa ad andare… io, prima di crollare sulla poltrona, ho promesso che li avrei raggiunti dopo”.

Bulma spiegò le ragioni della sua visita:

“Una festa… è davvero una bellissima idea, mi dispiace tu sia venuta qui solo per questo, potevi mandare Trunks o Vegeta…”.

Lei incrociò le braccia:

“E’ molto difficile riuscire ad ottenere un piacere da quei due, comunque avevo bisogno di una passeggiata per collaudare uno dei miei ultimi modelli…” fece cenno all’elicottero che aveva gettato scompiglio tra i serafici animali del bosco.

Per lunghi istanti furono avvolti da un silenzio ingombrante fino a quando l’anziano tirò Goku per la manica:

“Posso dirti due parole in privato?”.

Bulma li vide distanziarla di alcuni passi.

La presenza di quel vecchietto aveva qualcosa di molto sospetto, il modo in cui la guardava le suggeriva di tenersene alla larga.

Pure Goku era stato agitato ed impacciato per tutto il tempo e la sua fronte aveva preso a stillare sudore come sul campo di battaglia.

“Ormai l’ha vista, non è già soddisfatto, perché non se ne va?” sibilò il saiyan piegandosi su di lui.

“No, voglio assolutamente avere la sua fotografia, mi piace tantissimo!”

“Ma come faccio a domandargliela? Provi a mettersi nei miei panni…”.

Goku era disperato.

Era proprio tra quei boschi che da bambino, durante un battuta di caccia, equivocò fatalmente le fattezze di  un’automobile per quelle di un mostro.

La ragazzina che venne fuori dopo il selvaggio ribaltamento aveva inciso sulla maglietta il suo nome.

Non aveva mai visto una ragazza prima di allora e, quando la portò nella casetta del nonno,  fu solo per l’innato candore che rifiutò un’indecente lusinga, in cambio della sua sfera a quattro stelle.

La suddetta ragazza, però, non era stata più tanto permissiva, quando aveva scoperto che durante la notte le erano state tolte di dosso le mutandine.

Goku conosceva troppo bene Bulma per illudersi che sarebbe bastato trovare le parole giuste per persuaderla.

Il vecchio eremita troppo spesso aveva saggiato la schioccata delle sue dita sulla faccia.

Bulma intanto scorse accanto alla porta il plico di riviste porno.

Stava per avvicinarsi per capire di cosa si trattasse, quando Goku se ne avvide giusto in tempo e li disintegrò con l’imposizione di un dito.

Bulma cadde a terra, tramortita:

“Ma si può sapere cosa ti prende?! Era qualcosa che non potevo vedere?! Da quando sono arrivata non fai che comportarti in modo strano! Io me ne vado!” disse furente mettendosi in piedi e scrollando il vestito dai fili d’erba.

“Scusami Bulma…” le si avvicinò insieme all’anziano dio con fare esitante e timoroso “è che devo chiederti un piacere molto importante…”.

La donna guardava ora lui, che continuava ad elargirle un sorriso melenso, ora il vecchio col suo indecifrabile piglio:

“Di cosa si tratta?”

“Ehm… ecco… questo signore… vorrebbe… diciamo… avere una tua… foto…”

“Una mia foto?” chiese senza capire.

“Proprio così…” non osava precisare oltre.

Sperò solo che il terreno si aprisse per inghiottirlo.

Alla fine fu Kaiohshin che prese la risoluzione:

“Una foto di nudo…” ammise senza peli sulla lingua.

“Ma come si permette?!” aveva già sollevato il braccio in uno dei suoi temibili ganci quando il saiyan le bloccò il polso e con modi accomodanti la portò più lontano.

“Si può sapere quali persone frequenti?! Ma hai sentito cosa mi ha chiesto?!”

“Quella non è una persona qualunque…” cercò di spiegargli l’amico.

“Me ne sono accorta, è soltanto un pervertito!”

“No!” le fece segno di abbassare la voce “quel vecchietto è niente di meno che Kaiohshin il Sommo… capisci? E’ la divinità più importante fra tutte”.

Bulma fissò in tralice il vecchietto, che, con finta noncuranza, aveva già attivato le sue orecchie a punta.

“Quel coso?” fece scettica “mi sembra un po’ gracilino…”

“Lascia perdere il suo aspetto, non c’è dio superiore a lui”.

La donna allora volle sapere perché volesse proprio una sua foto:

“Suppongo tu gli piaccia” tergiversò sulla promessa a suo tempo fatta “ho cercato di fargli capire di lasciar perdere, ora che ha visto con i suoi stessi occhi la tua reazione, sono certo che si darà per vinto, non ha altra scelta, a questo punto voglio tenermi fuori da questa storia”.

Bulma continuava a lanciargli occhiate di traverso.

Qualcosa le dardeggiò d’improvviso nei suoi occhi limpidi e alla fine proruppe:

“Accetto!” fece come si fosse trattata di una sfida, più che un compromesso intriso di malizia.

Aveva incrociato le braccia e raddrizzata la schiena.

Son Goku in confronto pareva aver perso cinque palmi di altezza.

“Ma ad una condizione…” gli disse lasciandolo in un’attesa sfibrante “se è un dio, come dici, in cambio di una mia foto voglio poter restare sempre giovane e splendente!”

“Spiacente, bella signora” le giunse la voce di Kaiohshin da lontano “non crede che se avessi avuto questo potere lo avrei adoperato personalmente?”

“Allora non se ne fa niente!” girò sui tacchi “io me ne vado! Ricorda a Chichi e ai ragazzi della festa… e vedi di stare alla larga da questi soggetti pericolosi, non vorrei alla fine riuscissero a contagiare anche te!”.

Goku la vide raggiungere il suo elicottero.

Di nuovo il rombo dell’elica fece scuotere gli alberi e mettere in fuga gli uccelli.

Quando ritornò la quiete, ed il velivolo era solo un punto stagliato nel cielo pomeridiano, il saiyan tornò ad accostarsi alla divinità:

“Ha visto, allora? La prego, ci rinunci…”

“No, ora che l’ho vista con i miei occhi, sono ancora più deciso ad avere una sua foto” fece cocciuto “tu me la devi, non dimenticartelo”

“Ma come faccio, anche se riuscissi a convincerla, come la metto con Vegeta?”.

Goku non aveva dimenticato la sua collera, non voleva compromettersi con lui proprio adesso, non ora che era riuscito a guadagnare finalmente il suo rispetto.

“E pensare che ho dato la mia vita per te…” rievocò Kaiohshin la generosità del suo sacrificio.

Goku scosse il capo con amarezza:

“Se la mette così, allora non ho proprio altra scelta…”.

 

 

* * *

 

 

Trunks aveva preso l’impegno di accogliere uno ad uno gli invitati.

Attendeva con trepidazione, nel grande atrio, l’arrivo di ciascuno, poi li introduceva nel giardino interno della C.C., dove Bulma, con l’aiuto di Videl e dei suoi robot, si affaccendava tra il barbecue e la lunga tavola imbandita, dando prova di aver acquisito con gli anni dimestichezza anche in cucina.

Gli ultimi ad arrivare furono l’inseparabile amico Goten, il fratello e sua madre.

Di Goku si disse sarebbe arrivato più tardi, giusto il tempo che le uova dei dinosauri si schiudessero.

A parte lui, non mancava nessuno.

Persino il misantropo principe dei saiyan, un tempo devastatore di galassie, se ne stava seduto sull’erba a satollarsi, cedendo ad un famelico Majinbu uno dei suoi tramezzini farciti.

Iamcha e Muten sfogliavano vecchi ricordi, mentre Piccolo sonnecchiava dietro ad un cespuglio.

Poi si aprirono le danze, e viste le mediocri e alquanto timide esibizioni, Chichi volle cimentarsi in mosse di karate, fino a quando un colpo alla schiena la costrinse a desistere:

“Sei bravissima! Non a caso sei la moglie di Goku!” esclamò Dende riducendo tutti al silenzio.

L’assenza di Goku incominciò a farsi ingombrante.

Pure Vegeta intimamente se ne era rammaricato: il fatto di averlo saputo intento ad aspettare la schiusa delle uova piuttosto che dedito agli allenamenti lo aveva rassicurato.

Bulma si chiese affranta se fosse mai venuto:

“Ci tieni davvero molto… so benissimo che hai un debole per mio marito fin da ragazzina, ma Goku sa bene che io sono più carina di te!” insinuò Chichi suscitando, a parte uno scatto risentito della padrona di casa, risate collettive.

Mentre il cielo si tinteggiava di arancio, dissolti i foschi nembi dell’acquazzone, Goku fece finalmente il suo ingresso, arrecando altra allegria e buonumore.

Anche chi era sul punto di andare via, decise di restare a fargli compagnia intorno alla tavola imbandita.

Vegeta, più in disparte, ascoltò il racconto di Goku sulla nascita dei quattro cuccioli di dinosauro, lasciando vagare lo sguardo in direzione del tramonto, permettendo che la serenità di quell’incontro contagiasse anche il suo cuore solitario.

Aveva dato la sua stessa vita perché quelle di Bulma e di suo figlio potessero continuare ad esistere.

Il pensiero di farne parte ancora procurava al suo animo sprazzi di sensibilità che mai avrebbe creduto di raggiungere, come un raggio di sole che sempre più insistente dirama la burrasca.

Una sensazione che custodiva gelosamente dietro la perenne coltre di impassibilità, quasi fosse un gioiello troppo prezioso da ostentare in pubblico.

Stranamente non aveva posto alcuna obiezione al fatto che tutta quella gente facesse irruzione in casa sua.

Trunks aveva spalancato i suoi grandi occhi azzurri quando Vegeta aveva accolto la proposta di Bulma dicendo con indifferenza:

“Fate pure come volete…”.

Ora erano tutti lì, riuniti intorno a Goku, quell’eroe generoso pronto ad aiutare chiunque, persino gli animali.

Vegeta declinò l’invito a farsi più vicino: nessuno si aspettava lo avrebbe fatto.

Così l’attenzione collettiva tornò a calamitarsi di nuovo intorno all’ultimo arrivato.

Il principe dei saiyan restò con le braccia conserte vicino alla finestra ancora per molto.

Osservava distratto le risa ed il cicaleccio del gruppo fino a quando i suoi occhi di tenebra non scorsero qualcosa che gli procurarono un senso inspiegabilmente fastidioso.

Bulma si affaccendava con premura intorno a Goku, gli dispensava sorrisi, prestava ascolto alla sua sciocca avventura pomeridiana senza staccargli gli occhi da dosso, gli trattenne perfino una mano sulla spalla mentre chiedeva se preferisse un frullato o un gelato al cioccolato.

E fu così che l’allusione di Chichi sulla presunta infatuazione di Bulma per Goku incominciò a piantare in Vegeta le radici di un insensato quanto inammissibile dubbio.

La festa volgeva al termine.

Bulma si recò in giardino dove accese candele profumate.

Sperava di coinvolgere tutti in un ultimo brindisi prima di accomiatarsi definitivamente.

Fu lì che qualcuno la raggiunse alle spalle facendola trasalire.

Goku si grattò il capo a disagio:

“Speravo riuscissimo a restare da soli qualche minuto, volevo chiederti scusa… hem… per quello che è successo a casa mia l’altro giorno…”

“Fa nulla, non è la prima volta che mi imbatto in vecchietti maniaci” soffiò sul fiammifero che effuse una sottilissima striscia di fumo.

“Purtroppo è stata tutta colpa mia” il saiyan aveva già premeditato di raccontarle la verità sulla promessa fatta a Kaiohshin in occasione della battaglia disputata su suolo sacro “fui io a promettergli una tua foto, avevamo bisogno di convincerlo a darci il suo beneplacito all’utilizzo delle sfere di Namecc…”

“E perché proprio una mia fotografia?” inarcò il sopracciglio ed appuntò i gomiti.

“Non lo so! Fu la prima cosa che mi venne in mente di dire…” si diede un pugnetto sulla fronte “neanche puoi immaginare quale fu la reazione di Vegeta…”

A pronunciare quel nome Bulma si portò una mano al cuore, attendendo con trepidazione che lui andasse oltre:

“Qu… quale?” tremarono le sue labbra scarlatte.

Vegeta intanto li aveva scorti, per caso, da lontano.

Arrestato il suo incedere, si era nascosto dietro ad un muro, dove poteva vedere ora la fiamma di una candela proiettare tremuli bagliori sui loro volti.

Fuori al giardino erano soli, parlavano a voce bassa, sembrava il tutto molto sospetto.

Tese l’orecchio, ma non gli riuscì di carpire niente dei loro discorsi.

“Mi ricordò che tu eri sua moglie e che non dovevo osare promettere tue fotografie…”

“Dici sul serio? Davvero Vegeta ti disse questo?” adesso Bulma sembrava a dir poco emozionata.

Il pensiero Vegeta avesse fatto accanitamente questa precisazione le fece mancare la terra sotto i piedi.

“Ti sembra davvero così strano?” le domandò Goku “tu sei riuscita veramente a cambiare quell’uomo…”

A quel punto lei gli prese le mani e gli parlò col cuore:

“Io credo sia stato tu a cambiarlo, combattendo al tuo fianco in tante battaglie, imparando a schierarsi dalla parte dei giusti, è te che devo ringraziare”

Lui scosse il capo e sorrise con gentilezza:

“No, io ho alimentato solo il suo odio purtroppo, tu e tuo figlio l’avete cambiato dandogli il vostro amore, senza pretendere in cambio niente” nessuno dei due si accorse dell’ombra che li osservava.

Il buio della sera nascose lo sguardo torvo di Vegeta.

Gli occhi di Bulma brillavano invece come stelle.

Poi d’un tratto un calpestio sulla ghiaia annunciò una sagoma sbucare dal nulla.

Il principe dei saiyan avanzò con passo lento verso di loro.

Aveva le mani nelle tasche dei pantaloni e la luce del cero andò ad accentuare i solchi del suo volto granitico.

Lo sguardo che posò su di loro li raggelò all’istante.

Di riflesso Bulma liberò le mani di Goku dalla sua stretta amichevole:

“Di cosa state parlando?” un’inflessione intransigente della voce.

Goku tornò a grattarsi di nuovo la testa.

Ingenuo qual era non pensò nemmeno Vegeta li avesse equivocati, piuttosto di aver perso definitivamente l’occasione di chiedere a Bulma di trovare insieme una soluzione, accomodante per tutti, con cui liquidare l’indecorosa richiesta di Kaiohshin.

“Ehm… niente di importante… stupidaggini…” fece il saiyan.

Vegeta guardava ora lui, che non smetteva di grattarsi la nuca, ora Bulma, la quale pure non immaginava l’errato percorso mentale seguito dal suo uomo, e, ancora sconvolta dalla rivelazione di Goku,  abbassava gli occhi emozionata come un’adolescente innamorata, facendo fremere le lunghe ciglia.

“Non mi sembrava…” commentò caustico.

“Ehm… davvero?” fece Goku imbarazzato, sperando Vegeta non avesse ascoltato niente.

Sua moglie, provvidenziale, venne a toglierlo dall’impiccio:

“Allora, Bulma, lo spumante è pronto?!”.

 

 

* * *

 

 

Trunks spalancò la bocca ed emise un lungo sbadiglio stendendo le braccia:

“Io vado a dormire…” si incamminò insolente in direzione delle camere da letto.

“Come immaginavo!” l’apostrofò sua madre invano “una volta che mi aiutaste a mettere in ordine!” si girò di scatto verso Vegeta, che con le braccia congiunte se ne stava appoggiato al muro nell’ombra “perché suppongo che adesso anche tu di defilerai lasciandomi da sola!”.

“Possibile mai possa contare soltanto su dei robot di latta?! Che cosa ne sarebbe stato di me se non fossi stata così intelligente da progettarli?!” seguitava nella sua sfuriata di casalinga pseudo-stressata mentre con il telecomando componeva il programma da impartire “non ho intenzione di passare tutta la notte a pulire!”.

Due robot presero a rimuovere dal tavolo gli avanzi della festa, selezionandoli con meticolosità per la raccolta, mentre un altro, silente, spolverava e rilucidava il pavimento.

Bulma invece sistemò le pentole nella lavastoviglie.

Vegeta era ancora troppo infastidito per fingere di non aver visto niente e così disse:

“Di cosa parlavate tu e Kakaroth?” ma nel fracasso delle pentole, la donna sentì solo un borbottio sconnesso.

Il saiyan digrignò torvo.

Quando ebbe chiuso definitivamente l’elettrodomestico, si pulì le mani con uno strofinaccio e finalmente gli prestò attenzione:

“Che cosa dicevi…?”

“Ti ho chiesto cosa tu e Kakaroth aveste di così importante da dirvi…” ripeté asciutto.

Bulma, allora, arrossì all’istante.

Di nuovo sul suo viso comparve quell’emozione che le faceva brillare lo sguardo come due lapislazzuli.

Un osservatore più sensibile avrebbe capito che niente altro era se non un palpito d’amore, ma per Vegeta fu un’ espressione soltanto inclassificabile e spiazzante.

“Niente… niente di importante… neanche ricordo…” abbassava gli occhi da adolescente timida e riservata, mentre la bocca si atteggiava nel sorriso di chi sa molto di più e finge che niente sia.

Il pensiero Vegeta avesse così rabbiosamente precisato la loro unione e difesa la sua donna da propositi sconvenienti la faceva letteralmente impazzire.

Il principe dei saiyan non riusciva a capacitarsi di quel rossore che le imporporava le guance.

Sembrava si stesse prendendo gioco di lui ed allora arrivò subito al dunque, come era avvezzo a fare sul campo di battaglia:

“Ed allora dimmi… a cosa alludeva Chichi quando ti ha detto che avevi sempre avuto un debole per suo marito?” la sua rabbia non era ancora tracimata del tutto.

Non voleva darle a vedere la sua inquietudine ma contro le corde vocali la collera premeva come un nodo scorsoio.

Un’ombra improvvisa dissipò ogni traccia di emozione dal viso della donna, lasciandole soltanto una sensazione di sconcerto.

Possibile che Vegeta stesse mettendo insieme i tasselli di un mosaico surreale e a dir poco ridicolo?

Che stesse equivocando ogni cosa?

Bulma restò a bocca aperta prima di prorompere:

“Assolutamente a niente! Chichi stava scherzando! Non sono mai stata innamorata di Goku! Ma davvero ci hai creduto?”.

Il mento del saiyan ebbe uno scatto risentito in direzione della finestra.

Bulma allora sorrise:

“Ho sempre provato per lui un indescrivibile affetto, abbiamo passato tante avventure insieme! Goku allora era soltanto un bambino… confesso che rimasi molto sorpresa quando lo vidi cresciuto, era diventato davvero un bel giovanotto!” rievocò il volto glabro del giovane combattente del torneo che vide soccombere il demone verde “così come devo riconoscere di essermi qualche volta rammaricata per non aver scelto giusto… io e Iamcha litigavamo sempre… Goku, con il suo coraggio e la sua responsabilità, sembrava incarnare l’uomo ideale, ma le nostre vite avevano semplicemente preso già due strade diverse, non mi è mai neanche sfiorata l’idea che tra noi due potesse esserci qualcosa…” spiegò alla fine con molta calma.

Vegeta continuava a guardare volutamente in direzione della finestra, palesando una finta noncuranza.

Reagì solo quando lei ebbe l’ardire di insinuare:

“Cosa c’è? Sei forse geloso?” lo pungolò piano, ma con effetto debordante.

“Ti sbagli!” afferrò una sedia e si piantò sopra con rabbia “sei una stupida se pensi che queste cose m’interessino. Quello che non sopporto è che si tratta di Kakaroth. Tutto qui… fosse un altro non mi scalderei più di tanto neanche se ti cogliessi in flagrante!” mentì spudoratamente.

Ma Bulma lo conosceva bene, sapeva che lui adesso voleva soltanto ferirla per mantenere alto il suo sciocco orgoglio e per questo rincarò la dose con maestria:

“Sai, l’altro giorno è venuto Iamcha a casa…” la mano che passò tra i capelli ebbe una movenza di proposito smorfiosa e pretenziosa “ogni volta che lo rivedo mi fa sempre uno strano effetto, mi sembra di ritornare indietro nel tempo, forse è proprio vero… come si dice… che il primo amore non si scorda mai…” condì il tutto con una risatina fasulla “mi ha anche detto che continuo ad essere una donna molto affascinante, anche più di prima…”.

Vegeta la fissava  con cipiglio indignato, la vena che gli solcava la tempia aveva preso a pulsare spasmodica.

Non pensava le umani debolezze riuscissero a scalfire la sua coriacea tempra di saiyan, eppure quella punta di gelosia bastava a fargli schiumare il sangue.

“Questa poi… è una cosa ancora più assurda! Che mi importa di quella nullità?!” sbottò in procinto di piantarla.

Ma Bulma si era già avvicinata a lui e, sollevato lo stretto vestito, si era accavallata su quelle possenti gambe, senza audacia, ma in un gesto intimo ed usuale.

Quel contatto produsse una scarica tra i due.

Il saiyan non si aspettava quella mossa, ne restò interdetto ma non la respinse.

Si accorse di volerla e basta, così, all’improvviso.

Fu un istinto naturale che non necessitava di spiegazione alcuna, piuttosto andava assecondato e subito.

Per questo le sue labbra sottili si dischiusero allo slancio del collo delicato e flessuoso della donna, accogliendo la sua lingua, intrecciandola alla propria, in un bacio che lasciava senza respiro.

Fu lei a staccarsi bruscamente soltanto per togliere via definitivamente il vestito.

Con una mano rapida scostò dalla fronte la capigliatura che ne uscì scarmigliata per accorgersi che lo sguardo del saiyan aveva già passato in rassegna tutto il suo corpo e adesso anche le dita, ruvide sulla pelle di alabastro, si muovevano ad attanagliare l’esili spalle.

Lasciò prima che assecondasse il turgore dei suoi seni, poi, stringendogli la folta criniera, lo costrinse ad alzare il capo per guardarla diritto negli occhi:

“Io sono soltanto tua…” mormorò in quell’istante lasciandosi inghiottire nell’oscurità del suo sguardo.

La bocca del saiyan, umida ed incandescente, assunse allora la piega di un ghigno diabolico.

La mano che teneva poggiato su uno dei seni risalì lenta per serrarsi intorno alla sua gola, in una morsa senza pressione, ma ugualmente intimidatoria.

Bulma sbarrò soltanto gli occhi.

“Io posso vivere anche senza di te, senza alcun problema, lo sai…” scandì con rigore e disprezzo “perciò, se dovessi scoprire che ti stai prendendo gioco di me, non esiterei ad ammazzarti con queste stesse mani!” disse e lasciò poi la presa.

“Questo non accadrà mai…” assicurò la donna, tornando a premere con ardore la bocca contro la sua.

Il maglione del saiyan finì sull’impiantito appena lucidato.

Quando i robot, silenziosi e discreti, terminarono il programma di pulizia impartito dalla scienziata, i corpi dei due amanti giacevano ormai sfiancati ancora lì su quella sedia.

 

 

* * *

 

 

Un tronco di acero volteggiò nell’aria ed andò ad allinearsi insieme ad altri ciocchi di legna dopo un colpo incisivo e rapido, che scudisciò l’aria.

Son Goku era abituato fin da bambino a tagliare la legna con le proprie mani.

Il sole era spuntato da poche ore ed un fresco odore di bucato, dal profumo di lavanda, proveniente dal retro della casetta, si mescolava agli odori mattutini della natura circostante, rigogliosa e selvatica.

Al tonfo secco e regolare dei ciocchi che si ammassavano accanto alla staccionata seguì d’improvviso un guaito doloroso quanto sgraziato:

“Cretino che non sei altro!” l’apostrofò Kaiohshin saltellando sulla punta di un piede e trascinandosi l’altro.

“Mi scusi… ma come facevo a sapere che sarebbe comparso all’improvviso?”.

Erano trascorsi due giorni dalla festa a casa di Bulma.

Era certo che prima o poi avrebbe ricevuto la visita dell’anziano, che veniva a reclamare la propria offerta votiva, come si confà ad un dio.

Solo che era una pretesa la sua… al di sopra delle righe… e Goku si ritrovava decisamente ancora a mani vuote.

“Ha bisogno d’aiuto?” lo osservò piegarsi indolenzito sul terriccio umido di rugiada e sciorinare  a denti stretti incomprensibili parole.

“Preferisco tu mi stia lontano…” mormorò con cautela il vecchio che solo dopo alcuni minuti riuscì a ricomporsi.

“Siete dotati di una forza bruta voi saiyan!” commentò infine sistemandosi l’austero paramento.

“Tagliavo semplicemente della legna, prevedo nuvole all’orizzonte ed ho pensato di farne scorta prima che sia troppo tardi”.

“Sei previdente ragazzo, mi chiedo se tu lo sia stato anche riguardo la mia richiesta…” venne subito al dunque.

Gli occhi gioviali del saiyan furono lesti ad adombrarsi, proprio come una nuvola che in quel mentre si frappose al sole riverberando sulla foresta sottostante un’altra gradazione di tono.

“Mi dispiace” scosse il capo “proprio non ci sono riuscito, lo dica lei a Vegeta… forse per lei avrà più rispetto e non farà tante storie” disse senza troppa convinzione, sapendo che il principe dei saiyan non aveva rispetto di niente e di nessuno, neanche del paradiso.

“Uffa! Quante storie per una fotografia!” borbottò l’altro, senza dare segno di comprensione o cedimento “neanche l’avessi chiesta in carne ed ossa! Sono problemi che devi risolvere da solo, sei stati tu a farmi quella promessa, ora devi solo mantenerla e basta! La voglio al più presto! Ritornerò domani! Hai capito?!”

“Ma io…” non ebbe il tempo di replicare che la figura svanì lasciandolo rivolto ad un tronco inanimato.

“Tesoro ma con chi parlavi?” passò Chichi con la cesta del bucato “mi è sembrato di sentire delle voci…”

“Ma davvero?” allargò la bocca in un sorriso forzato “io non ho sentito niente…”.

Goku era davvero disperato.

Forse l’unica soluzione era quella di far presente effettivamente il problema a Vegeta, elucubrò mentre ritornava in casa.

“Sorridi papà!” un flash accecante l’accolse allo spalancare dell’uscio.

Goku si strofinò gli occhi prima di scorgere Goten alle prese con una macchina fotografica.

Accanto a lui l’inseparabile Trunks.

“E tu quando sei arrivato?”

“Da poco, papà mi ha dato il permesso di restare anche questa notte”

“Mi sbaglio o Vegeta è diventato più… gentile…” buttò lì, tanto per informarsi sullo stato d’animo.

“Ti sbagli” addentò una mela mandando a monte ogni proposito.

“Hai visto cosa ho trovato, papà? Era sul fondo dell’armadio, funziona ancora!” gli esibì l’immagine appena scattata.

Goku finalmente osservò l’oggetto che il figlioletto aveva tra le mani.

“Ma tu guarda… era da tempo che non la vedevo” la girò tra le proprie per osservarla in dettaglio “non ricordavo più di averla…” mormorò mentre una nuova prospettiva avanzava nel suo cervello.

 

 

* * *

 

 

La serata era abbastanza afosa malgrado nembi carichi di pioggia incombessero minacciosi sulla città dell’Ovest.

Bulma strizzò gli occhi quando un lampo balenò improvviso rischiarando il giardino sottostante.

Lasciò la finestra socchiusa per arieggiare ancora un po’ la camera da letto.

Vegeta era uscito dal primo pomeriggio e non aveva fatto tuttora ritorno.

La donna era abituata a questo tipo di assenze, che talvolta si prolungavano anche più di qualche giorno.

Lui se ne usciva quasi sempre senza dirle niente, né dando una giustificazione quando poi faceva ritorno.

Era così da sempre, da quando aveva incominciato a vivere stabilmente con lei dopo il torneo contro Cell.

Dopo le prime accese discussioni sul fatto le fosse dovuto sapere almeno dove andava e quale ne fosse la ragione, aveva finito per farci l’abitudine, dato che puntualmente le veniva replicato che lui era libero di fare ciò che voleva  e che da tempo aveva smesso di avere padroni a cui rendere conto delle proprie decisioni.

Se ne andava quando aveva bisogno di spingere oltre le proprie potenzialità, quando la presenza dei terresti intorno a lui si faceva per i suoi gusti troppo soffocante, a volte semplicemente quando aveva bisogno di starsene un po’ più in disparte, a contatto con la natura più impervia e selvaggia, per meditare da dove era venuto e cosa era diventato.

Bulma, alla fine, aveva intuito che quelle boccate d’aria che ogni tanto si concedeva avevano un effetto balsamico e salutare, posto che, da quando aveva smesso di fargli l’immancabile rabbuffo, le linee dure del suo volto avevano al ritorno una contrazione più distesa e riposata.

Qualche volta era accaduto perfino che lui rincasasse e senza dire una parola le strappasse gli abiti di dosso e la facesse sua lì dove era, sul freddo impiantito o contro le ruvide pareti.

Allora lei finiva per rimuginare, sotto le spinte del suo corpo caldo e possente, che poteva andarsene via anche il dì seguente se avesse ripetuto di nuovo lo stesso ingresso.

“A volte proprio non lo capisco!” mugugnò adesso con disappunto entrando nella cabina doccia.

Vegeta sapeva benissimo che, dormendo Trunks a casa di Goku, lei sarebbe rimasta in casa da sola, poco incline a trascorrere in solitudine una nottata che si prospettava per giunta tempestosa ed assai lugubre.

Un’ombra comparve improvvisa nel giardino, gettando un’occhiata furtiva alla casa.

Le luci dell’ampio soggiorno erano state già spente.

Una barlume più fioco rischiarava una delle finestre in alto.

Son Goku aveva al collo la macchina fotografica che il piccolo Goten aveva rinvenuto sul fondo dell’armadio.

Concentrò al massimo i propri sensi: dell’aura di Vegeta non percepì la benché minima presenza.

Tutto era a suo vantaggio.

Levitò allora in direzione del chiarore proveniente dalla finestra, dove, ad una rapida sbirciata, alla luce dell’abatjour sul comodino, ebbe la conferma fosse la camera da letto proprio di Bulma.

Accanto poteva sentire lo scrosciare della doccia.

Restò piantonato fuori sospeso nell’aria, nascosto dietro al muro, proprio accanto alla vetrata.

Un rapido scatto e niente altro.

Bulma, uscita dal bagno, non si sarebbe avvista di niente, scambiando il flash per uno dei tanti lampi che si rincorrevano nelle tenebre.

Lui nemmeno avrebbe visto più del dovuto, Vegeta non si sarebbe accorto di niente e Kaiohshin avrebbe avuto la sua dannata fotografia!

Questi erano i pensieri che aveva ponderato fin dal mattino, girati e rigirati nel suo encefalo, perché sapeva fosse una soluzione troppo sciocca ed infantile, ma forse la più efficace e sbrigativa.

C’era adesso solo da sperare che Bulma uscisse dal bagno almeno un po’ discinta e tutto sarebbe finito.

Quando lo scroscio della doccia cessò improvviso, Goku fu avvolto dal silenzio circostante, interrotto dal sibilo del vento che scuoteva le cime degli alberi.

Mise all’erta tutti i sensi come sul campo di battaglia, il cuore incalzò tutto ad un tratto e predispose l’apparecchio fotografico.

L’uscio del bagno finalmente fu aperto.

Cliccò ma non seguì alcuno scatto.

La tensione si spezzò come la corda di un violino:

“Ma… come diavolo funziona…” pigiò i tasti a caso, prima di accorgersi che due occhi atterriti lo stavano fissando dall’interno della stanza.

Bulma si era coperta in tempo tirando il lenzuolo dal letto e lo fissò sconvolta per una manciata d’istanti prima di prorompere con tutta la sua rabbia:

“Si può sapere che cosa stai facendo?!”.

Goku, colto ormai in flagrante, illividito dalla vergogna, non gli restò altro che entrare nella stanza e col capo basso e l’espressione disarmante disse:

“Mi dispiace, ma Kaiohshin ha insistito troppo, non sapevo più cosa inventare…”

“Ancora con quella storia?! Come ti sei permesso di metterti a spiarmi?! Proprio tu!” gli occhi azzurri mandavano lampi altrettanto infuocati come quelli che dardeggiavano all’esterno.

“Ti giuro che non ho visto niente, né era mia intenzione farlo, dovevo solo scattare la foto e sarei andato via, alla fine… come vedi, non ci sono neanche riuscito… ”

“Ti rendi conto come ti sei comportato?” lo redarguì con quello stesso tono che adoperava quando lui era soltanto un bambino “sono veramente delusa, se non ti conoscessi bene penserei che sei diventato un depravato!” incrociò le braccia stringendosi nel lenzuolo.

“Mi spiace molto, perdonami… io…”

“Smettila…” lo zittì lei, ma l’imperativo suonò ora smorzato “a volte sei ingenuo come un bambino, non c’è speranza, non sei cambiato di una virgola…” scosse la testa con rassegnazione.

Goku si grattò il capo e sorrise rincuorato:

“E’ meglio che non raccontiamo a nessuno quello che è successo”

“Infatti,  è molto imbarazzante…” concordò lei laconica “ora è meglio che tu te ne vada, non vorrei ti scoprisse Vegeta…”

“Altrimenti cosa?” un bagliore accecò entrambi ed il fragore che seguì scosse le fondamenta.

Il principe dei saiyan era comparso sulla soglia della stanza.

 

 

* * *

 

 

Non era suo programma quello di passare la notte fuori casa.

Aveva trascorso il pomeriggio nelle vallate brulle del nord, esercitando il fisico per alcune ore contro i venti inesorabili che spiravano tra le montagne rocciose ed aguzze.

Sebbene la pace regnasse sul globo intero e non incombesse il sentore di alcun nemico dallo spazio, riteneva doveroso continuare a dedicare una parte della giornata ai consueti allenamenti, fosse anche per il semplice fatto che non avrebbe saputo impiegare in altro modo il suo tempo.

Certo il ritmo non era più quello forsennato dei tempi in attesa dei cyborg, né quello successivo al torneo contro Cell, dove l’unica aspirazione, per la quale valesse la pena  massacrare il proprio corpo, era soltanto quella di superare un avversario della stessa razza che ormai riposava nell’oltretomba.

Tuttavia era sempre una sensazione gradita quella di sentir scricchiolare le ossa, flettere i muscoli, deflagrare quello che teneva dentro, anche se ora il nemico non aveva più sembianze, e i dubbi ed i dilemmi esistenziali si erano per sempre liquefatti nello scontro contro il mostro di colore rosa.

Aveva lasciato infine che le gelide acque di un torrente lambissero la nudità delle sue membra per rigenerarle e la corrente impervia lo trascinasse lontano.

Era un modo personale di rilassarsi ma un tuono era rintronato tra le montagne.

Quando era emerso dalle plumbee acque aveva visto allora che l’orizzonte era diventato dello stesso colore e la notte era prossima ad agguantarlo.

Aveva raccolto i vestiti e spiccato il volo in direzione dell’Ovest, procedendo senza fretta alcuna.

Nel tragitto aveva lasciato che la pioggia gli sferzasse contro perché anche questa era una sensazione suo malgrado molto rilassante.

Quando la punta del piede aveva toccato la terra del suo giardino aveva visto che qui solo da pochi istanti la pioggia aveva incominciato a raccogliersi in conche d’acqua.

Le luci spente del soggiorno segnalavano che Bulma si era già ritirata per la notte.

“E’ meglio che non raccontiamo a nessuno quello che è successo…”

“Infatti, è molto imbarazzante, ora è meglio che tu te ne vada, non vorrei ti scoprisse Vegeta…” furono le uniche frasi che sentì prima di spalancare l’uscio.

Bulma, la donna per la quale aveva dato la sua vita, l’unico essere in tutto l’universo che a modo suo aveva imparato ad amare, oltre al figlio che gli aveva generato, era lì di fronte a lui, avvolta in un lenzuolo di cotone, con le spalle e le gambe nude in compagnia del suo più acerrimo nemico, vicino al letto, il loro letto.

Erano sbiancati entrambi alla sua apparizione.

Bulma sentì che il vento che spirava dalla finestra aveva preso ad un tratto a raggelarle le gambe, non le sentiva più quasi fossero divenuti una cosa sola con il pavimento.

Goku pure restò tramortito rendendosi anche lui conto come a questo punto la situazione fosse facilmente equivocabile.

“Ve… geta…” mormorò la donna in un sussurro che percepirono solo le sue orecchie.

I vestiti erano intrisi d’acqua, ai suoi piedi una goccia prese a produrre un ticchettio ossessivo.

Il volto era stravolto in una maschera irriconoscibile e la mascella era talmente serrata da sembrare prossima alla rottura.

“Come sospettavo…” disse incenerendoli vivi.

Bulma riuscì soltanto a scuotere il capo.

Non aveva dimenticato la diffidenza che lui le aveva già mostrato a riguardo due giorni prima.

Lei aveva trovato quei dubbi a dir poco ridicoli se non offensivi e gli aveva assicurato, prima di concedersi a lui con tutta sé stessa, che niente di simile sarebbe mai accaduto.

“Non è come credi…” disse con calma Goku, alzando una mano, quasi si trattasse di ammansire una belva prossima all’attacco.

Non ebbe neanche il tempo di avvedersene.

Una furia micidiale lo scagliò contro il muro che crollò rovinosamente, svelando in parte l’attiguo studio della scienziata.

“Io ti ammazzo Kakaroth!” berciò furente sollevandolo per il collo.

Goku non osò reagire:

“Ti ammazzo!” gli affondò un pugno nello stomaco che lo fece piegare su sé stesso.

“Smettetela!” giunse disperata la voce della donna.

“Sta zitta!” gridò il principe dei saiyan girandosi di scatto verso di lei “chi credevi di prendere in giro?!” avanzò ora nella sua direzione, inducendola ad indietreggiare “mi sono fidato di te come un imbecille!!” le disse come uno sputo “ Perché proprio lui?! Anche in questo è migliore di me?! Vi ammazzo entrambi! Senza pietà! Così saprete veramente con chi avevate a che fare! Alle mie spalle vi siete presi gioco di me! Era così che ti consolavi in mia assenza?! Che tu sia maledetta!”.

Bulma si sentì sopraffare dalla sua collera: per la prima volta si ritrovò incapace innanzi al principe dei saiyan di reagire.

Non aveva mai avuto paura di lui come in quel mentre.

Si coprì il volto con le mani.

Vegeta era ferito, disperato, assetato di vendetta.

Il solo pensiero di quello che si era consumato prima del suo arrivo gli faceva uscire gli occhi fuori dalle orbite.

“Lei non c’entra niente…” tossì Goku rialzandosi.

A freddo, il colpo che aveva incassato lo aveva stordito per alcuni istanti.

“E’ colpa mia e… di Kaiohshin”.

A pronunciare quel nome, gli occhi furibondi di Vegeta scattarono nella sua direzione.

“Kaiohshin?” ripeté “cosa c’entra lui?” solo ora si accorse dell’apparecchio fotografico che pendeva al collo dell’altro, ora ridotto ad un rottame inutilizzabile.

“E’ venuto da me a pretendere quella fotografia che gli promisi durante lo scontro con Majin-bu, ricordi?”.

Vegeta restò spiazzato per una manciata d’istanti, i pettorali si sollevavano ansanti mentre gli sovveniva tutto alla memoria.

“Si è presentato da me una settimana fa a ricordami quello che gli avevo promesso, non c’è stato modo di farlo desistere…”

“E tu intendevi veramente dargliela?!” agitò un pugno “come ti sei permesso? Hai forse dimenticato cosa ti dissi? Non dovevi permetterti neanche di avvicinarti a lei!” tornò a scaraventarsi contro di lui facendo crollare anche la restante parte del muro.

“Adesso basta!” gridò Bulma frattanto ripresasi anche da quella dichiarazione “andate pure ad uccidervi fuori, ma non distruggetemi la casa! Avete capito?!”

“Ho detto che devi stare zitta!” si rialzò Vegeta quando l’altro lo spinse all’indietro “Pure tu… cosa stavi facendo?! Non ti vergogni di esserti prestata al suo sporco gioco?!”.

“Io non ho fatto un bel niente!” si difese adesso con rinnovato ardore “Ero qui per conto mio, in casa mia!”.

“Bulma ha ragione…” parlò di nuovo Goku rialzandosi ed asciugando un coagulo di sangue condensato sulla bocca “sono venuto di mia spontanea volontà, non volevo fare niente di male, avrei scattato dalla finestra una foto alla prima occasione e poi me ne sarei andato subito, senza indugiare oltre, non volevo spiare nessuno, non ho visto niente, te lo assicuro… la macchina fotografica ha fatto cilecca e lei mi ha scoperto…”.

“Sei un povero imbecille…” commentò alla fine Vegeta con sdegno.

“Merito tutta la tua collera, ho chiesto già scusa a lei. Non sapevo come accontentare Kaiohshin, lui ha sacrificato la sua vita per darla me, ho cercato di fargli capire che non era possibile, ma lui si è intestardito a volere proprio una sua fotografia!”.

“Dovevi venire a dirlo a me!” gridò ancora il principe “avrei saputo io come trattarlo!”

“Ormai quello che è successo è successo!” intervenne Bulma risolutiva, decisa a far cessare lo schiamazzo “è meglio che tu te ne vada via, Goku”.

Il saiyan si scrollò la polvere di dosso:

“Tu non vai da nessuna parte” si sentì dire dall’altro “ho ancora un conto in sospeso”

“Allora sai dove trovarmi…” lo guardò diritto negli occhi e con l’imposizione di due dita scomparve definitivamente.

Un altro fragore squassò il silenzio della notte, la tempesta adesso incalzava gagliarda.

Bulma si affrettò a chiudere la finestra.

Vegeta restò a guardare il cumulo di macerie dietro il letto quando si sentì dire:

“Si può sapere come ti sei permesso?”.

Allora lui sogghignò:

“Qual è il problema? Domattina azionerai i tuoi robot e tutto ritornerà come prima…” fece con sarcasmo.

“Non era a quello che mi riferivo, stupido scimmione!” si scagliò contro tempestando il suo petto di deboli pugni, per quanto avesse impiegato tutta la forza di cui poteva disporre “come hai osato dubitare di me?! Come?! Come?!” nell’agitazione il lenzuolo in cui si era avvolta si sciolse svelando la nudità del suo corpo e l’aroma fruttato del bagnoschiuma.

Vegeta la scostò brutalmente facendola cadere sul letto, poi si avvicinò alla finestra dove osservò lo scroscio della pioggia sotto i lampioni della strada.

“Che cosa pensi di fare ora?” si sentì dire dopo una lunga pausa, senza rispondere nulla.

“Non pensi sia soltanto una storia sciocca? Goku ha ammesso di aver sbagliato, sai bene come è fatto, ha agito in buona fede senza pensare di fare niente di male, a volte è come un bambino cresciuto… senza malizia…”

“Possibile tu debba sempre difenderlo? Anche adesso?” ribatté con stizza.

Ancora quella punta di gelosia, così umana, così aliena dal suo modo di essere.

“Io non lo sto difendendo!” esclamò l’altra “voglio dire solo che non è successo niente di irreparabile, niente che giustifichi un altro combattimento!”.

Vegeta non disse niente.

Il suo ciglio era imperscrutabile.

Per interminabili minuti si sentì solo la pioggia sferzare contro i vetri, fino a quando non si voltò con fare perentorio e buttandogli addosso il lenzuolo che giaceva a terra ordinò:

“Copriti e seguimi…”.

 

* * *

 

 

L’orizzonte che graduandosi si infuocava presagiva una giornata sgombra di nuvole.

La natura incontaminata dei Paoz si andava risvegliando rinfrescata dall’acquazzone notturno ed esalando gli odori del muschio e della terra umidiccia.

Son Goku se ne stava seduto su di una roccia scoscesa nel guado e con un fuscello abbozzava ghirigori nella fanghiglia.

Sul volto l’espressione di chi ha passato la notte insonne ed attende con flemma il volgere degli eventi.

Per questo, quando un calpestio di foglie si produsse alle sue spalle, disse senza stupore:

“Sapevo saresti venuto”.

Il principe dei saiyan lo vide alzarsi ed attendere qualche istante prima di voltarsi.

Lo sguardo che lo accolse non era più quello compunto ed imbarazzato della notte appena trascorsa, ma quello fermo e volitivo che esibiva innanzi al nemico.

“Sono pronto” gli disse conciso.

Vegeta sorrise sprezzante:

“Non sono venuto per battermi contro di te”.

Goku non mosse un muscolo del viso, solo un impercettibile movimento del sopracciglio:

“Conoscendoti so che non daresti tutto te stesso, ti faresti colpire senza reagire solo perché sai di aver sbagliato ”.

“E allora perché sei qui?” inquisì senza sentirsi ancora tranquillo.

“Per ricordarti che sei un filubustiere e per darti questo…” disse alla fine traendo da sotto la divisa una fotografia.

Quando Goku la ebbe tra le dita,  le guance si riempirono di porpora: Bulma esibiva le sue grazie con la disinvoltura di un’attrice porno.

“Ehm…” se la nascose per pudore dietro la schiena “così ha deciso di farlo lo stesso…”.

Vegeta lo fissò in cagnesco:

“Sciocco che non sei altro, è soltanto un fotomontaggio…”.

Allora Goku tornò ad osservarla più in dettaglio:

“Ma davvero?” la rigirò da ogni angolatura “mi sembra perfetta, assomiglia tantissimo a Bulma…”

“E’ stata lei a realizzarla al computer sovrapponendo la sua faccia al corpo di un’altra” spiegò indignato per tanta ignoranza, chiedendosi se fosse idiota o semplicemente ingenuo, come sosteneva Bulma.

“Ma credi che Kaiohshin se ne accorgerà?” si grattò la tempia.

“Non mi interessa!” sbarrò le fauci Vegeta “Che pensi pure quello che vuole! Quella è la foto che tanto gli stava a cuore! Tu devi startene semplicemente zitto senza dirgli niente!”

Goku la nascose allora sotto la manica:

“Ti ringrazio” fece con cordialità “ma… perché hai deciso di aiutarmi?”

“Guarda che io non aiuto nessuno” puntualizzò acido “semplicemente voglio chiudere questa storia una volta per tutte. Quanto a te… la prossima volta prometti le foto di tua moglie ”.

Goku si raspò la nuca.

“D’accordo, ma se Kaiohshin dovesse accorgersi dell’imbroglio, come la metto? Mi ha detto che sarebbe venuto oggi…” insistette con preoccupazione.

Allora Vegeta si avvicinò di più a lui, sollevò la testa e lo fissò diritto negli occhi:

“Se questo dovesse accadere…” scandì lento “digli che quando si tratta di cose mie venga a trattare con me personalmente…” girò i tacchi ed andò via.

 

 

FINE

 

 

 

 

 

 

   
 
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