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Autore: kymyit    24/11/2011    3 recensioni
Una nota casa discografica americana decide di lanciare una band giapponese visual kei: gli Shunkashuutou.
Una dei dirigenti invita nella sua villa, insieme agli ospiti asiatici, il suo amico d'infanzia italiano Iyv, il ragazzo di lui e la sua sorellina, Hogan ed Helena Russell.
Quando poi Haruka, la cantante, verrà trovata morta spetterà proprio all'italiano e al suo socio rimboccarsi le maniche e venire a capo del complicato mistero.
Perché niente è come viene fatto sembrare.
Se poi ci si mette un medico legale con cui Iyv ha un conto in sospeso, la situazione non è certo delle migliori.
Il resto dei presenti, eccetto Mafuyu, e forse Emily, rimase confuso a quella rivelazione. Persino Iyv restò a bocca aperta, perché aveva certo sospettato una soluzione così romanzesca, ma era troppo… romanzesca, appunto, e l’aveva accantonata nella sua mente per ricercare le prove ed evitare di seguire immediatamente una pista che avrebbe potuto rivelarsi fasulla.
La sua regola principale era: non concentrarti mai su un qualcosa, vaglia le varie ipotesi, prendi tutto per plausibile e solo dopo sfoltisci le idee, quando sarai sicuro che alcune possano essere scartate.
E prove ce n’erano a favore di quella verità, mancava il movente, e temeva di saperlo. Era in casi come quelli che bisognava puntare il fascio di luce teatrale sul colpevole e farsi spiegare, raccontare, ogni cosa.

[Rat: arancio, rosso al terzo capitolo, ma non troppo rosso]
Genere: Sentimentale, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Iyv & Hogan'
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Capitolo 7: Il topo in trappola


Spogliati delle menzogne di cui ti vesti
E libera il viso dalla tua maschera di falsità.
Quando tutte queste cose cadranno,
forse potrò davvero vedere chi sei.

(Liar, Shunkashuutou)



Si alzò piano, attento a non far rumore. Al soffice chiarore lunare scrutò nella penombra della stanza, trattenendo il respiro, e raccolse infine le scarpe dal pavimento. Cautamente si avvicinò alla porta, voltandosi appena, in un attimo di esitazione. Udiva solo il fruscio del vento che agitava le foglie degli alberi del giardino e un lieve respirare. Abbassò piano la maniglia e quando questa era totalmente calata, una voce assonnata infranse pigramente il silenzio.
-Dove stai andando?- domandò Natsuya, insonnolito.
-Al bagno.- rispose prontamente aprendo la porta.
Natsuya si rigirò fra le coperte.
-Con le scarpe?- borbottò, col capo sprofondato nel guanciale.
Mafuyu poggiò le calzature sul pavimento del bagno, richiudendo poi la porta e tornando a letto.
-Facevano odore.- disse tirando le coperte sin sopra il collo, irrequieto.



La mattina seguente il sole sorse pigramente, a dispetto degli ospiti della casa che invece, per ovvie ragioni, non avevano chiuso occhio. Nuvole grigie e cupe scolorivano il cielo mattutino e la poca luce solare filtrava appena fra uno spiraglio e l’altro, rifrangendosi in ogni goccia di pioggia che ricadeva al suolo. Il boschetto frusciava tormentato dalle migliaia di aghi d’acqua che s’infrangevano sulla vegetazione e il sentiero che portava a villa Bloomfield era ridotto ad un piccolo fiume di fango. I tergicristalli spazzavano via ritmicamente l’acqua dal lunotto anteriore, tuttavia la visibilità non era buona, complice la fitta nebbia che aleggiava tutt’intorno.
Allan Blackmoore tirò con la sigaretta, placando la, se così si può definire, ansia di arrivare a destinazione. Dentro di sé era combattuto fra il desiderio insano di rivedere quell’uomo per denigrarlo e quello di stare lontano anni luce da lui e dalle disgrazie che sembrava lo accompagnassero.
Svoltò l’angolo e finalmente intravide in lontananza la villa ottocentesca dell’ereditiera Bloomfield. Inconsciamente, il piede premette sul pedale dell’acceleratore e la Porsche nera imboccò l’ultimo tratto di strada che separava il medico legale dal suo lavoro.




Iyv si era alzato molto presto quella mattina. Aveva lasciato riposare Hogan, ed era sceso in cucina a bere una calda tazza di tè, giusto per tenersi sveglio e lucido quanto bastava. Il tempo prospettava una giornata di per sé pessima e non soltanto dal punto di vista meteorologico. Consumata una sbrigativa colazione, l’italiano prese uno degli ombrelli dall’ingresso e uscì nel giardino. Stava giusto terminando un’importante telefonata, quando scorse una fila di fari imboccare il viale della villa.
In fondo al cuore avvertì un grande vuoto, si sentì mancare d’improvviso, spaventato, non pronto a quello che l’aspettava. Pensava di riuscire a gestire la situazione, ma ecco il solito attacco di panico che l’aggrediva ogni qual volta Blackmoore era nelle vicinanze.
Rientrò in casa prima che gli uomini potessero scorgerlo e identificare la sua figura confusa nella pioggia e, una volta al sicuro dietro il portone, emise un profondo sospiro di sollievo, salvo poi aprire gli occhi e trovarsi di fronte un Hogan corrucciato di primo mattino.
-Buongiorno…- canticchiò melenso, ma il suo sorriso sghembo non fece presa sul cervello dell’altro che lo squadrò truce.
-Allora?- domandò Hogan –Dove sei stato con questo tempo?-
Iyv si allontanò dalla porta.
-Beh, ho un caso da risolvere, cercavo gli ultimi indizi e poi…-
-E’ arrivata gente.- finì per lui l’americano, notando le spalle dell’italiano sussultare impercettibilmente.
-Lo so.- rispose questi –Infatti, dovresti mettere qualcosa addosso, stallone.- lo rimbeccò sogghignando indicando i suoi boxer –Sai, non vorrei tentassero di violentarti.-
Hogan non abboccò a quel tentativo di far deragliare il discorso e scosse la testa.
-E’ arrivato quel tale?- chiese solo e Iyv increspò le labbra, sconfitto.
-Si.- ammise, rivelando con quella semplice parola tutta la sua preoccupazione.
-E tu stai fuggendo.- continuò Hogan, affondando il coltello nella piaga.
-Grazie per avermelo fatto notare…- commentò, scontroso il biondo.
Ecco, ogni volta che Blackmoore era nei paraggi, oltre che paranoico diventava persino scorbutico. Scosse la testa e seguì il compagno su per le scale, mentre l’intera villa si ripopolava alla spicciolata di gente intontita dall’insonnia.
Hogan si rivestì di fretta, mentre Iyv esaminava con cura uno strano oggetto giallognolo e umidiccio, di cui l’americano preferì non sapere nulla.
Quando furono pronti a scendere al piano di sotto, dove il signor Hopkins aveva già provveduto a far entrare le forze dell’ordine, una voce altisonante attirò l’attenzione dell’investigatore.
Iyv si affacciò con finta noncuranza alla tromba delle scale e lo vide. I suoi capelli castano chiaro erano corti e pettinati ordinatamente con la frangia che gli ricadeva su un lato del viso, ma senza coprire gli occhi scuri. I tratti somatici erano scarni e altezzosi e le sue labbra contorte in un innaturale sorriso di circostanza. Indossava la tenuta consona ad una scena del crimine e sotto di essa, abiti rigorosamente scuri. Non era cambiato dall’ultima volta che si erano visti, diversi mesi prima. La sua ipotesi, riguardo ai motivi che l’avevano condotto alla villa, si rivelò corretta, poiché egli stringeva le labbra in una smorfia di disgusto, ed era evidente che l’odio era ancora acceso in lui, ma da quell’espressione trapelava il profondo piacere quasi perverso che provava nel mettergli i bastoni fra le ruote.

-Ispettore Vidali.- esordì, infatti, quello, guardandolo dritto negli occhi.
L’interpellato fece un grosso sforzo per non mordersi le labbra e rispose, con un tono di voce più o meno fermo e tranquillo.
–Dottor Blackmoore…-
I presenti si lanciarono occhiate interdette.
Sui loro volti si poteva leggere chiara questa domanda: “Vidali?” oppure “Ispettore?!” o più semplicemente “Che sta succedendo qui?”
Hogan rimase in silenzio, curioso di vedere come l’altro se la sarebbe cavata. Per tutta la notte non avevano fatto che parlare del caso e dedurre, dedurre e dedurre. Tenendo la testa occupata, l’italiano si era illuso di non pensare a cosa sarebbe accaduto con l’arrivo dell’uomo che in quel momento aveva innanzi, ma anche un bambino avrebbe capito che non c’era riuscito.
Il suo sorriso si era spento.

-Vedo che ovunque lei vada le disgrazie continuano a seguirla. – lo istigò ulteriormente Blackmoore e Iyv, ancora, dovette far appello a tutta la sua forza di volontà per non fuggire via, ma l’irritazione sul suo viso era evidente e la sua risposta dai toni acidi lo tradì.
-Non ha un lavoro da sbrigare?- sibilò tagliente.
Blackmoore avanzò nell’androne, colpendolo con una leggera spallata.
Era più alto di lui e lo fissava con quegli occhi scuri taglienti come ossidiana, ogni occhiata aveva la capacità di ferirlo a morte, di renderlo fragile, riportarlo a quei giorni che credeva di avere superato e invece… il dolore ardeva come brace sotto la cenere e ogni tanto divampava, consumandolo.
Blackmoore assaporò compiaciuto il buon esito del suo gesto e domandò.
-Dov’è il cadavere?-
Quel tono disinteressato, quasi di scherno, suscitò lo sdegno generale negli animi e Iyv rispose alterato –Il corpo si trova al piano di sopra.-
-Spero lei non abbia contaminato la scena del crimine, ispettore.-
L’italiano stringeva i pugni.
Non ce la faceva.
Voleva solo fuggire.
Allan Blackmoore aveva tutto il diritto di ferirlo in continuazione, eppure, sentiva che era così ingiusto…
Hogan, in silenzio, lo superò. Oltrepassò anche il medico e ricambiò la spallata, solo con più forza, quasi scalzandolo dalla sua posizione e lo precedette sulle scale.
-Lo accompagno io.- disse secco, lanciando poi un’occhiata d’intesa al compagno che parve risollevato e riconoscente di quel gesto.
Pochi minuti dopo, erano tutti nuovamente nel salotto, con la polizia a porre le domande di rito già fatte e la scientifica al lavoro, intenta ad isolare ed ispezionare la scena del crimine.
Iyv era stato smascherato e, in ogni caso, avrebbe dovuto scoprirsi da solo per presentare le sue credenziali alla polizia e mantenere la giurisdizione sul caso. Gli astanti rimasero attoniti e confusi nello scoprire di aver discorso per tutta la sera del giorno precedente con tre perfetti sconosciuti, e la maggior parte di loro non la prese bene.
-Quindi ci ha preso in giro?- chiese irritata la signorina Salomè rigirandosi il bigliettino plastificato fra le mani.
Iyv scosse la testa. -Non del tutto.- ammise.
La donna protestò –Ma perché mentire in quel modo così sfacciato?-
-Io non ho mentito sulle cose che vi ho detto.- rispose –Ho solo invertito i ruoli col mio collega.-
-Quindi è lei Patrick Varsittart?-
-Esatto.- annuì -Ma vi prego di tenere questo per voi.-
Il signor Bowen si tirò su gli occhiali. -Lei ha forse paura di rappresaglie, signor Vidali?-
-Ho delle persone che voglio proteggere.- rispose semplicemente e i due protestarono ancora, rendendosi esternatori del malcontento generale.
-Molti altri come lei si assumono la responsabilità delle proprie azioni, rischiando la vita ogni giorno.-
La signorina Salomè aveva certo ragione, ma Iyv la interruppe. -Io sono dell’idea che i criminali non debbano sapere chi o cosa li stia per colpire. Una presenza che agisce nell’ombra rappresenta una minaccia non indifferente, che suscita confusione. E mi creda, io non mi diverto affatto a nascondermi.-
Helena sedeva in un angolo, imbarazzata da ciò che stava accadendo, sentendosi in parte colpevole per aver mentito alle ragazze con cui credeva di aver stretto amicizia. Con Haruka in particolar modo. Per quanto possa sembrare illogico, il pensiero di aver mentito a una persona in seguito deceduta la faceva soffrire e Iyv se ne accorse, per cui la raggiunse e si sedette accanto a lei.
-Ehi, stai tranquilla.- le disse carezzandole i lunghi capelli chiari –Sono io che ho messo su questa farsa, non hai colpe, ok?-
Lei tirò su col naso e rimase in silenzio per qualche secondo.
-Iyv, non è stato il signor Mitsutani ad uccidere Haruka, vero?-
Lui la fissò, interdetto.
-Altrimenti perché non siamo andati via se quel tipo ti da tanto fastidio?-
Inutile dire che la ragazzina era sveglia, a volte anche più di suo fratello. Certo che Hogan in quelle ore aveva uno spirito d’iniziativa davvero niente male. Se la stava sudando la sua settimana in albergo. Beh, ovviamente non era solo per quello che stava riprendendo il suo ruolo di “uomo di casa” ma la mente di Iyv era sempre pronta a divagare e sdrammatizzare, per cui, complice il fatto che Blackmoore era di sopra a svolgere il suo lavoro, si rilassò maggiormente, svelando a Helena la verità.
-Aspetto che il medico legale faccia il suo riscontro per smascherare l’omicida.-
-Il riscontro del…- deglutì, inorridendo al solo pensiero, la ragazzina –Dell’autopsia?-
Il trentenne scosse la testa –No, non gliela farà qui. E forse non ci sarà neppure bisogno. Ho solo necessità di qualche particolare che non sono riuscito ad ottenere senza i giusti mezzi.-


Quando il medico legale entrò nella stanza dove giaceva il corpo di Haruka si guardò intorno, come a cercare qualcosa da usare contro Iyv. Ma sembrava che non avesse danneggiato la scena del crimine. Certo non era suo compito stabilirlo, ma non gli sarebbe dispiaciuto se avesse commesso un errore simile. Avvicinandosi al letto avvertì un profondo senso di tristezza per la ragazza che poco prima aveva definito cadavere.
Anche sua sorella minore era diventata un cadavere, tempo fa, per colpa dell’agente semplice Patrizio Vidali.
Come avevano potuto far salire di grado un inetto simile?
Hogan vigilava in silenzio, fermo in piedi sulla soglia della stanza, quasi ad assicurarsi che il medico non giocasse sporco contro il suo compagno, ma quello, dopo un attimo di apparente smarrimento, si stava dedicando a un primo esame della ragazza.
-A che ora è stata rinvenuta?- domandò.
-Verso le 22 e 30.- rispose Hogan.
Blackmoore riprese il suo lavoro con minuziosa attenzione, raccogliendo campioni, verificando il tipo di taglio ed eventuali residui che valeva la pena analizzare. Trovò degli strani granelli bianchi, impigliati fra i capelli della vittima e li raccolse con una pinzetta, inserendoli in una bustina di plastica trasparente, catalogandoli come prova e consegnandoli ad uno degli agenti. Quando ebbe terminato quell’esame superficiale, la scientifica si occupò di esaminare la stanza e il bagno scrupolosamente, secondo un rigido sistema a griglia che non concedeva ad alcun particolare di sfuggire alla vista. Rinvennero l’orecchino e Hogan ammise di averlo toccato. Furono prese le sue impronte digitali e quelle sul portagioie di Shuukako. Dopodiché, diverso tempo dopo, ci si occupò delle impronte sulla valigia e l’arma del delitto, ma, come aveva detto Iyv la sera prima, quelle prove là, erano solo la ciliegina sulla torta.
Eppure mancava qualcos’altro.
Persino Hogan che non aveva un cervello fino lo capiva.


Era riuscito a prendere un aereo quasi per miracolo e fu sempre per un miracolo che arrivò in California nel minor tempo consentito. Fu un viaggio comunque assai lungo e stancante e non avendo mezzi di trasporto, fu costretto ad arrangiarsi col suo inglese basilare e i soldi che si era portato appresso. Dovette fare un cambio di valuta, ma alla fine di tutta quella frettolosa trafila, s’infilò in un taxi e si mise in viaggio per villa Bloomfield.
I dottori gli avevano imposto di stare ricoverato almeno un giorno in osservazione, ma non poteva aspettare un minuto di più sapendo che quella persona era a piede libero. Non si sentiva tranquillo. Un capriccio? No, no, non era il tipo da colpi di testa del genere.
Quasi se lo sentiva che fosse successo qualcosa. Altrimenti perché Mafuyu l’avrebbe spacciato per sua madre?
Non poteva che sperare che non si trattasse di nulla di grave.


-Gli spettatori non dovrebbero mettere le mani sulla scena del crimine.-
Inutile, Blackmoore era in forma smagliante e trovato un solo, misero errore, si stava dando da fare per rinfacciarglielo in continuazione.
Iyv non batté ciglio in quel momento. Il salotto era sprofondato nel dolore, poiché anche il corpo inerte di Haruka era stato appena portato via e la vista di un sacco scuro non giova al cuore di alcuno, in particolare a quello di quattro ragazzini. Hogan era con Helena, intento a consolarla e a sopportare mansuetamente gli sguardi del signor Bowen e della signorina Portman. Emily invece aiutava il signor Hopkins a servire le vivande per rinfrancare un poco gli ospiti. Natsuya e Shuukako erano abbracciati e il ragazzo carezzava lentamente le spalle alla ragazza che piangeva a dirotto, mentre Mafuyu stava vicino alla finestra, fumando insieme a Hugh Hench. I suoi occhi erano fissi, dispersi nel vuoto, e piangeva, era evidente. La polizia aveva anche appena preso in custodia il signor Mitsutani e per i suoi ragazzi fu un colpo al cuore vederlo andar via, con le mani coperte da un telo e lo sguardo chino. Un ulteriore colpo all’anima, perché quell’uomo gentile aveva ucciso Haruka ed era questo che non capivano.
Perché?!

-Che cosa sono quei granelli che ha trovato?- domandò curioso Iyv al medico legale. Stavano appartati in un angolo, vicini solo per svolgere il loro dovere.
-Non è che faceva uno spuntino sulla scena del crimine, ispettore? Non sarebbe una novità che lei commetta errori così grossolani…- continuò ad istigarlo Blackmoore.
-No, non direi…- rispose pensieroso, lasciando scorrere il commento. “Uno spuntino, eh? Resta solo il movente. Il dannato movente… e poi l’orecchino… ci vorrebbe uno psicologo in realtà…”
Poi ebbe una sorta d’illuminazione che lo scosse visibilmente, ma in senso positivo.
Blackmoore inarcò il sopracciglio meravigliato quando poi il detective schizzò via e si diresse dal suo compare con la benda sull’occhio. Fu in quel momento che si accorse di Helena, o meglio del suo legame col tizio bendato e con Iyv e la cosa gli riportò alla mente sua sorella. Rimase ad osservare il quadretto familiare per diversi secondi, perso nei suoi malinconici pensieri. Poi sopraggiunsero rabbia e gelosia, e dovette ritirasi. Che s’arrangiasse Patrizio Vidali, lui il suo lavoro l’aveva fatto. Alla fine non si era neppure divertito ad infastidirlo, che perdita di tempo.
Uscì proprio mentre il telefono cellulare di Mafuyu squillò nuovamente e quello quasi saltò sul posto.
-Pronto?- rispose il giapponese, mentre il suo sguardo vagava fra gli astanti e si soffermò qualche secondo su Iyv –Ciao mamma…- ovviamente parlava in lingua madre, per cui lo capirono solo i suoi compagni –Si, ci siamo alzati presto… sì, tutto bene. La casa è un po’ affollata oggi, c’è una specie di festa… sì. No, mamma, non dimenticherò di fare le foto, tranquilla… ci sentiamo presto, dai. Ciao.-
Riattaccò e tradusse tutto ciò che aveva detto.
-Mia madre non conosce l’inglese.- si giustificò.
-Adesso cosa succederà?- domandò Shuukako ad Iyv.
L’investigatore rispose candidamente.
-Il medico legale farà un esame approfondito e la polizia continuerà le indagini. Ovviamente il signor Mitsutani richiederà un avvocato e perciò per un po’ il caso resterà aperto.-
-Non riesco a capacitarmi della sua crudeltà…- disse piano Mafuyu.
-Già…- gli fece eco Shuukako –Come ho potuto non accorgermi di nulla?-
-Non è colpa tua…- la rincuorò Natsuya.
Mafuyu non staccò gli occhi di dosso da entrambi, aspirò una boccata di fumo e disse, quasi fra sé.
-Come può aver fatto il signor Mitsutani a trovare il coraggio di uccidere Harukasan?-
-Effettivamente, signor Mafuyu, un uomo che ha la fobia del sangue, dopo un omicidio del genere dovrebbe rimanere molto più scosso di così.-
-Ecco, appunto!- sbottò Hugh Hench –Qui c’è qualcosa che non torna!-
-Lei cosa ne pensa signor Vidali?- domandò la signorina Portman, quasi istigandolo e Iyv dovette ammettere a se stesso che quasi non gli dispiaceva la presenza di Blackmoore. Almeno quello aveva un motivo valido per punzecchiarlo, non una semplice ripicca, ma lasciò ancora correre.
-Soffre davvero di emofobia?-
-Sì.- confermò Mafuyu –Non sopporta neppure piccoli tagli, perciò sinceramente non mi trovo d’accordo con le sue deduzioni, detective.-
-Beh, allora forse ho commesso un errore…- ammise candidamente, come se la cosa fosse irrilevante.
-Forse ha commesso un errore?!- saltò su Shuukako –Io credo che lei non abbia seriamente preso in considerazione la disgrazia che è accaduta!-
-Shuu, calmati, per favore!- esclamò Natsuya tentando di placare la ragazza, che lo scostò in malo modo.
-Lasciami!- gli ordinò –Lei si rende conto che una persona è morta e un'altra è in carcere per colpa di questo suo “errore”? Aveva fretta di aggiungere un altro caso al suo curriculum?-
-Niente affatto.- si difese il detective –Quando ho detto che forse ho commesso un errore, intendevo dire che ho valutato male il signor Mitsutani.-
-Non ti seguo, Iyv.- disse Emily, permettendosi di chiamarlo col suo nomignolo.
-All’inizio le prove andavano a sfavore di Shuukako.- disse, al che la ragazza s’irrigidì –Poi a suo favore… come se l’assassino avesse voluto accusarla e poi si fosse pentito, o avesse voluto dimostrare che lei era l’assassina che s’accusava e discolpava da sola per fare da vittima, mi seguite?-
Gli astanti tentennarono un poco, ma poi confermarono tutti. Il detective si portò vicino al caminetto e iniziò a giocherellare distrattamente coi suoi capelli.
-Quando la scientifica ha analizzato le stanze, non hanno rinvenuto sangue eccetto che in camera della vittima e nella valigia del signor Mitsutani, ma quello che non mi fa stare tranquillo è questo: se il signor Mitsutani avesse ucciso Haruka, non si sarebbe dovuto liberare dell’arma, invece che nasconderla dove saremmo andati a cercarla prima o poi? Avrebbe potuto, che so… lanciarla dalla finestra, per esempio.- accennò all’esterno –E poi, come ha fatto a non sporcarsi? Ho chiesto agli agenti di controllare ogni stanza, tutti gli oggetti personali di ognuno di voi, ma niente. Il signor Mitsutani si è dimostrato davvero molto furbo ad architettare un piano simile, spacciandosi per ingenuo e organizzando un piano sconclusionato per accusare Shuukako, peccato che la forza che ha usato per infliggere la ferita alla vittima sia superiore a quella che impiegherebbe una ragazza.-
-Aspetti…- lo interruppe Shuukako –Perché avrebbe dovuto accusarmi?-
-Perché con Haruka litigavate spesso. Eri il capro espiatorio perfetto.-
-No, no, no… non ci credo…- ribatté Shuukako –Non può averlo fatto. Odiava il sangue… le paure non si superano così a schiocco di dita.-
Iyv chinò il capo.
-Capisco possa essere difficile accettarlo… tempo fa conoscevo una persona che non credevo avrebbe potuto commettere simili atrocità, ma mi sbagliavo. Non bisogna mai prendere nulla per scontato, è ciò che ho imparato in quell’occasione. E anche durante il caso di Sealand… ma se volete delle prove concrete di quello che dico, potremmo uscire a cercarle.-
-A cercare cosa?- chiese Natsuya.
-Se non sono state rinvenute macchie di sangue sui vestiti del signor Mitsutani, eccetto che nella sua valigia, sempre basandomi sul discorso di prima, forse è perché indossava qualcosa sopra i vestiti per ripararsi dagli schizzi di sangue e quel qualcosa non è più in questa casa, ma laggiù, nel boschetto.-
Hogan tacque… davvero non capiva bene perché Iyv facesse tutta quella farsa per spingere il colpevole a saltare fuori. Non bastava accusarlo lì e subito?
-Mi riferisco al suo impermeabile, ovviamente.- concluse l’investigatore, confermando l’idea generale che gli altri si erano fatti.
-Se lo trovassimo, avrete la prova concreta che il signor Mitsutani è colpevole del delitto, per quanto difficile possa essere accettarlo.-
-Molto bene.- disse Mafuyu, spegnendo la sua sigaretta. –Allora andiamo a cercare l’impermeabile.-
Natsuya si alzò grattandosi la testa –Si, sono d’accordo. Sono stufo di stare qui a farmi domande su domande senza trovare risposte…-
Anche Shuukako si alzò e così fecero tutti, dirigendosi verso il piano superiore a indossare i propri giubbotti anti pioggia.


Non se n’era andato, Blackmoore. Era rimasto sotto il portico a fumare e riflettere. Quella ragazzina aveva sì e no l’età di sua sorella, forse era un po’ più piccola. L’aveva vista affranta e il ricordo di Adrienne era tornato prepotente a martoriare il suo cervello. Non voleva dimenticarla, ma neppure riusciva a convivere con quella sofferenza. S’illudeva di poterci riuscire e annegava i cattivi ricordi scavando infaticabile nei corpi senza vita che gli portavano all’obitorio o che andava a prelevare personalmente. Per quanto sadico, era comunque l’unico modo che aveva per non pensare a lei, tenere la mente in movimento, lontana dai suoi occhi lucidi e dalla sua voce supplicante. Il rumore dello sparo svaniva tranciato dalla sega con cui apriva le casse toraciche, il suo sangue rosso si mischiava a quello dei visceri altrui. Adrienne scompariva alla sua vista, soppiantata da altre donne e altri uomini, ma mai da ragazzini o bambini. Non accettava autopsie così delicate. Un tempo si sarebbe occupato anche di loro per dare a quelle povere creature almeno un pacifico riposo eterno, ma semplicemente erano troppo simili a lei per poterli sfiorare senza cadere nella disperazione e di conseguenza compiere errori madornali.
Espirò, fissando poi il vapore acqueo, perso nel maledetto ricordo del giorno in cui lei morì. Represse a stento le lacrime e si sarebbe certamente arreso, se un movimento alla sua destra non avesse attirato la sua attenzione.


“Dov’è? Dove diavolo l’ha messo?!” si chiese furioso “Eppure non ce l’aveva quando l’hanno portato via!”
Frugò ovunque nell’armadio, ma non c’era nulla che potesse solo somigliare a un impermeabile e doveva anche fare in fretta prima che…
-Stai cercando questo?- disse una voce mentre la porta della stanza s’apriva.
Patrick Varsittart, o come diavolo si faceva chiamare, era lì, con dipinto sul viso un irritante sorrisino strafottente e con l’impermeabile appeso al dito indice.
Rimase interdetto e quasi paralizzato dallo stupore.
-Devo ammetterlo…- disse l’investigatore avanzando nella stanza, come se niente fosse –Mi hai dato qualche difficoltà con tutte queste incongruenze, ma alla fine sono riuscito a coglierti in flagrante, il che è una prova più che schiacciante della tua colpevolezza.-
-Shuukako, aspetta!- esclamò Emily fuori della stanza, ma troppo tardi.
La giapponese fece il suo ingresso, restando di sale, sempre più sconvolta e incredula, sempre più mortificata.
-No… non tu…-
-Shuukako…- disse l’assassino.
-Non… perché… come hai potuto uccidere Haruka, Natsuya?-

Fine Capitolo 7






Avevo detto che ci avrei messo poco perché mezzo capitolo era già scritto? Ricordatemi di non fare più promesse XD
Ho scritto e riscritto il capitolo, che è una specie di puzzle anche per me O_O
Mi faccio paura da sola, comunque, le sorprese non sono finite, anche se... forse (non fare promesse!!!) il prossimo capitolo dovrebbe essere l'ultimo Q_Q
Certo su questi due sto lavoricchiando altre storie, ma se ne parlerà più avanti, per i casi, e quando avrò ispirazione (forse spesso) per one shot e cose cretine, tipo quella scemata che mi stavo pensano in questi giorni XDD
Spero di non avervi persi sul più bello signori e grazie che mi avete seguita sin qui!!
Kiss a tutti e ricordate: consigli e commenti sono ben accetti!! ^_-
   
 
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