Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: KikyoOsama    27/11/2011    2 recensioni
[Prima classificata al contest "Nagagutsu de kanpai da! Hetalia~" indetto da Phantom Lady sull'Axis Powers Hetalia Fan Forum]
Ispirata ad una frase apposta all'inizio di un video (per l'appunto "Warning! Our homes are in danger!"), è una raccolta che ho scritto molto tempo fa. Vi figurano personaggi e situazioni storiche diverse, basati sulle sensazioni dei personaggi sconfitti.Il mio punto di vista non coincide necessariamente con quello dei personaggi, OOC di alcune caratteristiche di Himaruya.
 
“Io credo che tu sia una vittima.”
Gli occhi cerulei di Germania divennero vitrei, in essi era visibile l’emozione di un grido trattenuto. L’altro cercò di incoraggiarlo con un sorriso e procedette.
“Come me, come Polonia, come Russia, come tutti gli altri. Tutto questo ti sembrerà incredibile: sì, ti odiavo profondamente durante la guerra e ci sono ancora molte cose che non potrò mai perdonarti, tuttavia… la guerra è finita."
[Accenni di: Russia\Prussia; America\Germania]
Genere: Dark, Guerra, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 2p!Hetalia, Allied Forces/Forze Alleate, Altri, Nuovo personaggio
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Si diceva che l’Impero più temuto d’Occidente non fosse che un trovatello.

“Due gemelli allattati da una lupa” amava raccontare questi, seduto davanti al focolare sul pavimento della casa: un tempo avrebbe potuto accomodarsi sul suo triclinium, ma l’era sfarzosa dei suoi domini si era da tempo conclusa a favore di una decadenza dilagante. Teneva sulle ginocchia possenti i due nipotini e nei loro occhi sgranati intravedeva la sua unica speranza di riscatto. “E uno di quei due bambini, piccoli miei, ero proprio io: Romolo.”

Nonno Roma, così lo chiamavano i suoi pargoli. Da quando gli erano stati affidati gli si erano affezionati subito, e in effetti Romolo non faceva mancare loro niente: li coccolava, li viziava, gli raccontava delle fiabe proprio come avrebbe fatto la loro madre. Feliciano e Romano non avevano mai conosciuto i loro genitori e, quando domandavano di loro o cominciavano a piangere e strillare perché sentivano la loro mancanza, lui era sempre pronto a tirare fuori storielle come quella per poterli distrarre e strappare loro un sorriso.

Vedendo che il minore era distratto e sognante in quel momento, l’uomo gli pizzicò affettuosamente il naso.

“E da bambino ero proprio come te, Feliciano. Chissà, magari un giorno diventerai proprio come me:  un grande Impero, rispettato e temuto da tutti. Ho tanta fiducia in te.”

Feliciano rise, e così fece anche Romolo. Romano invece cominciò a sentirsi scomodo sul ginocchio di quell’uomo – forse si sentiva semplicemente di troppo- e desiderava più di ogni altra cosa poter scendere giù:  sapeva benissimo che Feliciano era il preferito del nonno e, anche se non poteva farne una colpa al fratello e prendersela con lui, nutriva un certo astio nei confronti di entrambi. La mano affettuosa di Romolo si posava sempre prima su Feliciano e, quando si ricordava di avere anche un altro pargoletto da crescere, cercava la testolina di Romano che per orgoglio rifuggiva le coccole strepitando che a lui certe smancerie non piacevano. Sin da piccolo Romano non desiderava altro che essere indipendente.

“ E Remo?” sbuffò il piccolo, volgendo al nonno un’occhiata sagace. Se Feliciano era come Romolo, lui certamente doveva essere come Remo: che anche questo Remo fosse un disgraziato come lo era lui?

Al vecchio tremarono le ginocchia.

Lo stesso Romano non avrebbe mai potuto sperare di ottenere un effetto tale sul nonno: da sereno che era, improvvisamente mutò e divenne molto turbato, al punto che gli fu difficile mentire subito e inventare uno scherzo sul momento.  Tuttavia avrebbe dovuto aspettarsi quell’osservazione su Remo: il suo amato fratello, che egli stesso aveva respinto negandogli la condivisione della città –divenuta poi l’Impero- di cui era così follemente geloso. Una gelosia che lo aveva portato a punire l’invidia di Remo con la morte, e che poi, negli anni, lo aveva spinto nel baratro del pentimento: aveva a lungo cercato un sostituto, un simulacro di suo fratello, e credeva bene di averlo trovato nella sua conquista, la sua nuova metà, l’Impero d’Oriente; ma la somiglianza era scarsa e il ricordo insostituibile. Sospirò, augurandosi che ai suoi nipoti non toccasse la triste sorte da lui dolorosamente sperimentata d’esser divisi per sempre.

“Te lo racconterò domani. Ora è tardi, andate a dormire.”

E Romano si rabbuiò, zitto: sapeva che il domani non arrivava mai, e non sarebbe arrivato nemmeno quella volta. Ma, mentre veniva posato nella culla dalle forti braccia di Romolo, prima di assopirsi, promise a sé stesso che avrebbe cercato Remo e avrebbe risolto l’enigma.

  
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