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Autore: Makari Metallium    22/07/2006    3 recensioni
...forse era tutta colpa dei raggi della luna, che quella notte sembrava troppo grande, troppo vicina...
Sequel di Autumn Night.
Genere: Triste, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dynast Graushella, Gourry Gabriev, Lina Inverse, Xelloss Metallium, Zelas Metallium
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FULL MOON

FULL MOON

 

Nota dell’autrice: questa fanfic è il seguito di Autumn Night (che ho scritto molto tempo fa e che trovate sempre su questo sito, qui), per tanto, se non l’avete letta o se l’avete letta e rimossa, sarebbe meglio che andiate a rivederla.

In ogni caso, spero che a qualcuno piaccia (e mi raccomando, nel bene e nel male, reviewate!!xD)!

Ringrazio Mistral per il beta reading, e per averla resa più leggibile!^___^

Buona lettura a tutti!^^

 

 

Gli ultimi raggi del sole illuminavano quel freddo crepuscolo autunnale; l’inverno era alle porte, e la fredda aria umida pesava sul corpo di Gourry come un macigno. Camminava silenzioso tra i cespugli e gli alberi della Dark Valley, facendosi largo con la spada. Era solo. Soffriva terribilmente la solitudine. E sapeva che niente, ormai, sarebbe bastato a colmarla. Arrivò infine ad una radura, gettò a terra il fagotto, e tagliò con la spada dei rami dagli alberi circostanti per accendere un piccolo fuoco. La radura venne illuminata da sinistri bagliori rossastri, mentre l’aria giaceva immobile. Gourry sollevò lo sguardo verso il cielo: la notte avanzava e nel cielo illuminato dalla luna cominciavano ad accendersi le prime stelle. Era il plenilunio. Il primo plenilunio da quella terribile, maledetta notte. Il primo plenilunio che trascorreva da solo, senza di lei, dopo anni.

Strinse i pugni e chinò il capo fissando la fiamma che brillava ai suoi piedi; presto anch’essa si sarebbe consumata; ed allora non ci sarebbe stato più niente da fare; sarebbe rimasta solo cenere; e poi il nulla, il vuoto; come quello che ora stava divorando a piccoli, lenti ma dolorosi morsi il suo cuore; la sua anima; il suo corpo. Sentiva la testa stretta in una morsa di acciaio. Non faceva altro che pensare e rivivere ogni singolo momento di quella notte e le immagini gli scorrevano violente nella mente, lacerandogliela. La notte buia; la pioggia; il vento gelido; le tenebre squarciate dai lampi; e poi sangue; sangue sparso dappertutto. Un terribile odore di sangue. E quegli occhi, quegli occhi color ametista che sembravano inebriarsi di esso, del sangue della sua Lina. Poi, il silenzio. Chinò il capo singhiozzando. E lui, lui non aveva potuto far niente per evitare l’irreparabile. Lina non sarebbe mai più tornata, e lui non aveva nemmeno potuto stringerla tra le braccia per raccogliere il suo ultimo respiro, per dirle quanto lei fosse importante per lui e per la sua vita, e che la sua vita senza di lei non poteva avere nessun valore. Si voltò verso un angolo della radura mordendosi le labbra; vi si diresse barcollando; cadde in ginocchio davanti ad una croce eretta su di un piccolo cumulo di terra. Perché era successo tutto quello? Sbattè i pugni per terra.

“Perché te ne sei andata…? Lina…”

Lo attanagliava un terribile senso di colpa: non era stato in grado di proteggerla, lui che era stato fin dall’inizio la sua guardia del corpo. Che senso poteva avere ormai la sua vita? Ed ora, la sua unica linfa vitale era diventato il desiderio di vendetta, vendetta contro quella maledetta creatura, Xelloss Metallium, che gli aveva tolto quanto aveva di più caro al mondo.

Intanto, un lupo ululava alla luna alta nel cielo; altri ululati fecero seguito al primo, unendosi in un unico coro.

Una creatura si aggirava inquieta tra le ombre degli alberi della Wolf Pack Island. Sollevò lo sguardo verso il cielo: i raggi della luna si riflessero nei suoi occhi color ametista. Era il plenilunio, come imponevano le antiche Leggi. Ma cosa importavano le antiche Leggi, ormai? Erano passati minuti, ore, giorni, settimane da allora, e gli istanti scorrevano lunghi, interminabili, ed aveva atteso fino a quel momento, con il corpo e lo spirito lacerati da mille schegge, e niente e nessuno che potesse placare il suo dolore, il dolore di un’anima dannata. Non era servito versare sull’altare del suo peccato il sangue di lupi ed animali selvatici la cui unica colpa era quella di  vivere sulla Wolf Pack Island; il suo spirito si trovava al di là di qualunque tipo di redenzione, e poco importava se i Testi imponevano che solo i Dark Lord potessero compiere quella stregoneria. Ormai aveva toccato il fondo, se pure esisteva, il fondo di quel baratro scuro nel quale era precipitato quella maledetta notte, quando si era macchiato del sangue della maga: Lina Inverse era morta, e con lei anche una parte di Xelloss Metallium che l’aveva uccisa, ed era rimasto solo un guscio vuoto, dilaniato dal rimorso e dalla disperazione. Ma ora tutto ciò avrebbe avuto fine. Si avvolse nel suo mantello scuro e si diresse verso il castello della sua Master. Lei non era sull’isola: si trovava ad una di quelle stupide feste tenute dai mortali catturati dal fascino del male. Anche se sapeva perfettamente di non poter evitare che Zelas scrutasse di continuo nella sua mente. Non le sarebbe servito. Non le avrebbe permesso di fermarlo.

Camminava silenzioso nei lunghi corridoi del palazzo; la fredda luce della luna penetrava dalle alte finestre a sesto acuto, proiettando tetre ombre sul pavimento e sulle pareti di marmo scuro. Si ritrovò davanti un’imponente porta d’orihalcon. Quasi 2000 anni prima aveva già varcato quella porta; era il luogo dove la Dark Lady aveva fatto di lui un demone. Anche lui, un tempo, era stato un essere umano. Era stato raccolto quando era poco più di un bambino da Zelas, ed era vissuto insieme a lei, la sua Master, sua madre, la sua donna, tutto per lui. Infine, la Dark Lady aveva deciso di fare di lui un mazoku; tra i più potenti mazoku che si fossero mai visti nel regno di LoN. Aveva circa 21 anni.

Il tempo aveva raffinato le sue enormi potenzialità, aveva combattuto durante la Kouma Sensou, guadagnandosi la fama di Dragon Slayers, il rispetto di quanti sentivano in lui la puzza di morte, ed il timore dei Draghi.

Il ricordo dei suoi anni mortali sfumava lentamente tra i suoi ricordi.

Ora si ritrovava di nuovo a varcare quella porta. La toccò col palmo della mano. La chiudeva un semplice incantesimo di sigillo. Lo ruppe. Entrò nella camera. Con un gesto della mano fece accendere delle fiaccole appese alle pareti. Odore di chiuso. In realtà i demoni potevano creare i loro simili in qualunque luogo. E solo i Dark Lords potevano farlo (o almeno così dicevano le scritture), ma Zelas aveva quella camera apposta. Era piena di antichissime pergamene e di libri ammucchiati l’uno sull’altro sugli scaffali delle librerie; in fondo, vi era un tavolo ed un grosso leggio intarsiato in legno. Al centro, scavato nella roccia scura, un pentacolo circondato da rune.

Sapeva che Zelas aveva già creato altri demoni prima di lui; ma non era mai riuscito a saperne molto; evidentemente, la sua Master non amava parlare di quell’ argomento. Ed in fondo, a lui non importava più di tanto.

Prese da uno scaffale un antico volume rilegato in pelle scura; lo poggiò sul leggio, e scorse rapidamente le pagine con le mani tremanti. Finalmente era giunto il momento.

 

Zelas Metallium chiuse gli occhi sorseggiando un bicchiere di vino rosso.

Non farlo.

 

Il priest cominciò a castare un incantesimo nell’antica lingua del Caos. Niente avrebbe potuto fermarlo. Tutta la camera piombò nelle tenebre. Il pentacolo si illuminò di una sinistra luce rossa, le rune risplendevano nel buio, mentre si sollevava una lieve brezza che agitava i capelli di Xelloss. Lui alzò il braccio puntando l’indice verso il centro del pentacolo.

Si sollevò una colonna luminosa, con una folata di vento al suo interno comparve una figura femminile… Xelloss deglutì avvicinandosi lentamente ad essa.

Lina… Le carezzò una guancia, ovviamente era inconsistente, quella era solo una semplice proiezione.

Impugnò il suo bastone con entrambe le mani, se lo portò davanti continuando a castare l’incantesimo; delle violente scariche di energia nera lo attraversarono; lo puntò contro l’immagine della maga, trapassandola; Xelloss sentiva la sua energia scorrere lentamente attraverso il suo corpo ed il suo bastone, che d’altra parte era parte integrante di lui. Urlò con tutta la forza che aveva in corpo.

 

Fermati, Xelloss!

 

Una voce risuonò lontana nella mente del Priest, ma quelle parole apparvero inconsistenti in un momento del genere…. Continuò ad urlare: se fosse andata avanti così, quella cosa lo avrebbe prosciugato di tutte le sue forze. Si sollevarono delle fortissime folate di vento, dei libri caddero dagli scaffali impolverati, un candela si rovesciò a terra…. Infine, tutto cessò. Le scariche magiche vennero assorbite dalla figura della maga, che scomparve con un lampo insieme alla colonna di luce. Xelloss rimase ad osservare per qualche secondo lo spazio vuoto di fronte a sé, poi le ginocchia gli vennero meno, e cadde a terra. Era tutto finito. Si sentiva svuotato di ogni energia vitale; era una sensazione nuova, diversa, e lo riempiva di una strana dolcezza… lo stava uccidendo. Ma non poteva morire. Non ora. In fondo, era un demone, e presto si sarebbe ripreso. Ed allora sarebbe stato pronto. Pronto a vivere la sua nuova vita con la persona che più di tutte aveva sconvolto la sua esistenza immortale; finalmente uniti; nelle tenebre.

 

Per quanto tempo era rimasto in quello stato?

 

Improvvisamente, sentì una presenza accanto a lui. La conosceva bene. Aprì gli occhi, si sollevò sui gomiti ansimando, alzò lo sguardo, e vide una splendida donna dalla carnagione scura e dai lunghi capelli biondi. Lei raccolse alcuni dei libri caduti a terra e li ripose sul tavolo. Poi si rivolse a Xelloss e si inginocchiò accanto a lui.

“Non ti rendi conto di quello che hai fatto…..”

Gli carezzò il volto, poi lo attirò a sé; lui sentì il calore del suo corpo; poi precipitò in un baratro di oscurità.

 

Una luce nelle tenebre. Ed un rumore. Un pulsare. Prima fioco, a mala pena percettibile, poi sempre più forte ed insistente, fino a diventare regolare. Ci volle del tempo prima che realizzasse che si trattava del battito ritmico del suo cuore. Aprì lentamente gli occhi: solo buio; provò a muoversi, ma c’era qualcosa intorno a lei; e non riusciva a respirare. Il cuore prese a batterle all’impazzata, quando realizzò che si trattava di terra, che lei si trovava completamente sommersa dalla terra. Fu presa dal panico. Da quanto tempo era rimasta in quello stato? Sentiva gli arti intorpiditi, cercò di farsi largo con tutte le forze che aveva, finché non intravide la luce su di lei; il bagliore della luna piena. Respirò profondamente, lasciando che quell’aria fresca riempisse ogni singola fibra dei suoi polmoni. Abituò gli occhi alla nuova luce e si guardò intorno: le sembrò di riconoscere quel luogo… Un lampo le attraversò la mente; poi tutto scomparve. Dove si trovava? Si rialzò non senza fatica, osservandosi le braccia, ed i vestiti, laceri e sporchi di sangue. Di chi era quel sangue? Lei non era ferita. E la sua pelle…. Era come se risplendesse di una luminosità strana. O forse era tutta colpa dei raggi della luna, che quella notte sembrava troppo grande, troppo vicina.

Poi sentì un battito. Ma non era il suo cuore; era più veloce ed agitato; c’era qualcun altro. Poteva sentire il flusso concitato dei suoi pensieri. Stupore, inquietudine, sconcerto. Si voltò lentamente, e vide poco lontano da lei la figura di un uomo seduto per terra, poggiato sui gomiti. Conosceva quel volto, quegli occhi, quei capelli. Lui la guardava sconvolto; si alzò traballando, le si avvicinò piano, gli occhi gonfi di lacrime. Le carezzò il volto con le mani tremanti; gliele passò convulsamente tra i capelli, quasi le appartenesse, mentre le lacrime gli rigavano le guance. Poi le gambe non gli ressero, cadde in ginocchio, costringendo anche lei a chinarsi. Era gelida, fredda, ma non gli importava; come non gli importava lo stupore che poteva leggere nei suoi occhi. La tirò a sé abbracciandola, ed affondando il volto nei suoi capelli color del fuoco. Lei sentì il calore del suo corpo, il suono fioco e tremante di una voce che pronunciava un nome… Il suo nome….

“Lina….”

Il suo nome?

Fu un attimo. Una fitta di dolore le attraversò la testa. Chi era Lina? Chi era quell’uomo? E chi era lei? Si allontanò da lui con uno strattone, Gourry cadde seduto all’indietro, osservando lei che indietreggiava terrorizzata.

“Chi…. Chi sei tu….?”

Gourry sgranò gli occhi per lo stupore, rialzandosi  lentamente.

“Cosa vuoi da me? Che posto è questo, che ci faccio io qui…?!”, si sentiva in preda alla confusione più totale. Ma che le stava accadendo? Cercò invano nella sua memoria, sentiva la testa stretta in una morsa di dolore, le tempie le pulsavano, ed era come paralizzata mentre osservava lo spadaccino che si avvicinava cautamente a lei.

“Sono io… Sono Gourry… Lina… non…”

“NON AVVICINARTI!”

“Non mi riconosci… Lina…..?”

“Stammi lontano….!”

Cosa poteva fare? Lo spadaccino fece per tenderle una mano, ma a quel punto la maga urlò con tutto il fiato che aveva in gola.

“HO DETTO DI STARMI LONTANO!!!!!!”

Si sprigionò un’impressionante energia magica; anche Gourry poteva sentirla. Si alzò un vento fortissimo, che lo scaraventò qualche metro lontano; lo spadaccino riuscì ad ancorarsi ad un masso, mentre Lina continuava ad urlare, e prego LoN affinché riuscisse ad resistere, ed affinché cessasse tutto, mentre intorno volavano foglie e pietre e ramoscelli strappati via, e partivano fasci di energia magica che distruggevano tutto ciò che si trovavano davanti. Non poteva continuare così.

“Lina! Calmati, Lina!!!!”, urlò alla maga, ma lei sembrò non sentirlo affatto, “LINAAAAA!!!”

Poi, una voce.

“Adesso basta!”

Una figura si materializzò di fronte a Lina, assorbendo con il palmo della  mano destra tesa davanti a lui tutta l’energia magica, e ponendo fine a tutto. Lina osservò terrorizzata, il volto rigato di lacrime, la strana figura, completamente vestita di un’armatura, che le si stagliava di fronte. Dall’elmo spuntava un ciuffo di capelli verdi, ed erano visibili i suoi severi occhi color del ghiaccio. Ad ogni movimento, produceva un sordo rumore di ferraglia.     

“Chi…sei?”, domandò Lina con la voce che le tremava. Lui la guardò sprezzante, sollevando l’elmo e mostrando il volto di un incarnato chiarissimo, e le labbra, una rossa striscia sottile.

“Lieto di incontrarti, Lina Inverse….. Sono esterrefatto che tu non mi riconosca, ma d’altra parte…”; scoccò una rapida occhiata a Gourry. Nemmeno lui sembrava riconoscerlo.

“Sono Dynast Grauschella, e forse dovrei dirti ‘Ben ritrovata’, o meglio, ’Benvenuta tra noi’, o altre sciocchezze del genere, ma non mi sembra opportuno, dato che la situazione mi sembra ancora peggio del previsto. Un essere non più umano, né della stirpe  del male, senza memoria, incapace di controllare il suo potere…!”, il suo tono, da calmo e pacato, si tinse di rabbia.

“Ma cosa stai dicendo?!”, esclamò Gourry, realizzando che quel coso in armatura era un mazoku, ed andandosi a porre tra lui e la maga.

“Oh, si, ma certo…”, continuò Dynast con fare ironico, “Tu sei tornata dal baratro della morte, non è vero? Ed allora qui dobbiamo festeggiare, dobbiamo ringraziare qualcuno….” aggrottò le sopracciglia “Un certo demone sentimentalista, che si è lasciato prendere un po’ troppo la mano, non è vero?!”, esclamò con voce alterata, facendo un cenno con la mano, e praticamente scaraventando a terra Xelloss, comparso da chissà dove, e calpestandogli il volto con lo stivale di ferro.

Il Trickster Priest strinse gli occhi per il dolore, mentre un rivolo scuro gli scendeva lungo le labbra. Certo, non aveva un bell’ aspetto. Gourry pensò che non l’aveva mai visto in quello stato. Ma che c’entravano quei mazoku? Cosa stava accadendo? Scoccò una rapida occhiata a Lina. Le maga osservava con gli occhi sgranati il demone riverso a terra. Aveva visto i suoi occhi color ametista, ed istintivamente si era portata una mano al petto, come per calmare un dolore che in realtà non sentiva. Frammenti di qualcosa che avrebbe dovuto ricordare. E poi, sentiva come un legame con quella creatura, come se il suo potere e la sua vita fossero richiamati da lui e fossero parte di lui. Non poteva sopportarlo. Si accasciò a terra tremando.

Gourry le fu subito vicino; e questa volta lei non lo scacciò, affondò le dita nel suo braccio tanto da fargli quasi male, come per evitare di sprofondare chissà in quale abisso.

Intanto Dynast tolse il piede dalla testa di Xelloss e si chinò vicino a lui.

“Regressione…” , cominciò a parlare, “… ad uno stato primordiale, con potenziale magico indefinito, ma totale incapacità ad usarlo razionalmente. Qualcuno aveva operato un sigillo su di lei, per cui non sarebbe mai stato possibile farne un mazoku  completo e con capacità di raziocinio, nemmeno se ad operare la magia fosse stato un Dark Lord. Ed ora ecco un essere incompleto, imprevedibile, e forse anche pericoloso. Hai seppure una vaga idea del perché ti abbiamo mandato ad uccidere Lina Inverse? Ma tu no, no, tu hai il cuore tenero, troppo grande il dolore della perdita di una UMANA, troppo grande il rimorso….!”

Il demone dei ghiacci afferrò il Priest per i capelli costringendolo a guardare la maga, che osservava la scena tremando, aggrappata alle braccia dello spadaccino.

“Ed ora, guarda che cosa hai combinato, tu, stupido insetto!”, esclamo, scaraventandolo con violenza contro un albero. Xel emise un gemito di dolore, poi si accasciò a terra, la fronte madida di sudore. Anche Lina si piegò in avanti per il dolore. Dynast la guardò con aria sprezzante.

“Provi dolore, vero?”, incalzò, avvicinandosi a lei e scaraventando lontano Gourry. La giovane indietreggiò.

“Ma non devi avere paura, perché vedi, io….” una sfera luminosa comparve tra le sue mani, “… io ora porrò fine ad ogni tua sofferenza! Addio, Lina Inverse!”

“Non provare a toccarla!”, esclamò Xelloss lanciando contro il Dark Lord un fascio di energia nera. Dynast si fece scudo con un braccio, assorbendo l’incantesimo, poi si rivolse feroce contro il Trickster Priest, materializzandosi dietro di lui ed assestandogli una gomitata sulla schiena prima che lui potesse scansarsi.

“Ancora non ti è bastata?!”, esclamò sollevandolo per il mento e dandogli un pugno nel ventre. Ed il pugno di un Dark Lord in armatura doveva fare molto, ma molto male. Xelloss vomitò qualcosa di simile al sangue, per poi ritrovarsi una lama nera puntata alla gola. “Ti consiglio di non peggiorare ulteriormente la tua situazione, caro il mio prete imbroglione!”, gli sussurrò il demone dei ghiacci all’orecchio, per poi scaraventarlo nuovamente a terra, pronto ad assestargli un nuovo colpo.

Ma intervenne una voce: “Non ti sembra di esagerare, ora?!”

Di fronte a Dynast si materializzò Zelas, con le braccia conserte, la fronte corrugata.

“Come ti sei permesso di di rinchiudermi nel MIO castello sulla MIA isola con un trucchetto da quattro soldi, come ti permetti di trattare in questo modo Xelloss, un MIO subordinato??”, esclamò avvicinandosi a lui e guardandolo dritto negli occhi. “Con i MIEI subordinati me la vedo IO, è chiaro?”, disse lanciando una rapida occhiata al Priest che si stava lentamente rialzando, asciugandosi le labbra con il dorso della mano.

“Ha infranto le regole!”

“E sarà punito, ma non da te!”, gli occhi della Beast erano infuocati di rabbia. Poi si rivolse verso Lina, le si avvicinò e l’afferrò per il mento, osservandola con aria sprezzante. “E dal momento che sento scorrere il mio potere anche in lei, anche lei è da considerarsi una mia subordinata. A meno che…”, la Dark Lady fissò dritto dentro gli occhi color rubino della maga, “… io non decida di tagliare completamente ogni tipo di legame tra il mio potere ed il loro”.

“Temo di aver già visto questa scena…!”, ghignò Dynast ironico, mettendosi a sedere su una non meglio precisata sedia in aria ed accavallando le gambe.

“Xelloss Metallium…!”, continuò Zelas lasciando andare Lina e rivolgendosi sospirando al Priest, “Mi hai deluso”.

Xelloss sgranò gli occhi.

“Pensavo che con te sarebbe stato diverso rispetto agli altri…”

Gli altri! Xelloss ebbe un sussulto.

“Ho sentito il flusso dei tuoi pensieri quando entravi in quella stanza, so che già avevi intuito di non essere stato il primo. Ho creato altri mazoku su base umana prima di te. Ma ogni volta ho fallito, c’è stato qualcosa che non ha funzionato come avrebbe dovuto. Mi hai servito bene ed a lungo, Trickster Priest. Ma evidentemente il lungo contatto con questi esseri umani ha fatto tornare in superficie il tuo animo umano addormentato. Forse, se non avessi mai avuto l’ordine di uccidere Inverse tutto questo non sarebbe accaduto. O forse si, e sarebbe stata solo questione di tempo; non c’è dato di saperlo. Ma, ora, solo una cosa è certa: a questo punto, non c’è più possibilità di ritorno, non sarai mai più in grado di servire un mazoku come prima, senza contare che hai violato le Leggi. Sarà come per gli altri: e toglierò ogni singola goccia del mio potere che scorre in ogni singola fibra del tuo corpo”, disse avvicinandosi a lui e carezzandogli i capelli viola. Xelloss la fissava ammutolito, gli occhi pieni di quelle che un tempo sarebbero state lacrime.

“Purtroppo il potere demoniaco ha a lungo convissuto con la natura umana, e non so come il tuo corpo (che è un corpo umano!) reagirà….”, l’abbracciò, “Non so se sopravvivrai, Xelloss.”

Xelloss lasciò che le lacrime gli bagnassero il volto. Da quanto tempo non piangeva?

No, Zelas non aveva capito proprio niente, eppure era stato con lei per tanto tempo, ma non aveva capito che non gli importava niente di cosa sarebbe stati di lui, ma lei…

“Inverse probabilmente recupererà i suoi ricordi, che ora non sono altro che sigillati dal mio potere dal momento che TU lo hai inconsciamente voluto; ma non so cosa accadrà al suo corpo. Il sigillo del Cavaliere è ancora presente, e non so come potrà influire. In ogni caso, il suo corpo è morto, e questo lo sai bene…. Ed è per questo che credo tornerà alla terra da cui è venuto.”.

“Cos……??!”

Il Trickster Priest non ebbe nemmeno il tempo di reagire: sentì le energie fluire lentamente via dal suo corpo.

“N…No! NO… Nooo!”

Le gambe gli cedettero, e cadde tra le braccia della Master. Incrociò il suo sguardo.

Perdonami….

Non lasciava trasparire nessuna emozione.

Sarò per sempre il tuo servitore…! E tu per sempre la mia unica donna…..

Mentiva, sapeva che mentiva, ed anche Zelas lo sapeva, allora perché quello stupido teatro?

E non c’erano né trucchi né inganni, quello non era un gioco, la Greater Beast non stava scherzando.

Lei lo baciò delicatamente sul capo, e lo adagiò a terra.

Xelloss riuscì con fatica a rialzarsi sui gomiti. Gli mancava l’aria e percepiva ogni singola sensazione del suo corpo con un senso di nausea. Vomitò. Gli girava la testa. Ed era come se tanti piccoli aghi fossero conficcati in ogni suo viscere, e come se qualcuno gli stesse camminando addosso, e gli stesse stringendo la testa così forte da fargliela scoppiare. Anche il respirare gli procurava dolore.

Zelas gli si inginocchiò di fronte, osservando il suo volto pallido, le labbra cianotiche, la fronte imperlata di sudore. Anche i capelli e gli occhi erano tornati al loro colore naturale: neri.

Rivide il ragazzo mortale di molto tempo prima. Ora era di nuovo di fronte a lei. E la stava accusando. Allungò una mano carezzandogli i capelli.

“Mi dispiace…”, gli mormorò ad un orecchio.

Non sarebbe stato meglio lasciare che quel ragazzo incontrato solo per una semplice coincidenza avesse continuato a vivere la sua vita mortale? Lei che diritto aveva avuto per intromettervisi?

Scrollò il capo, e si rialzò in piedi.

“Addio, mio Priest”, mormorò.

“Aspett….!”, cercò di urlare Xelloss, tendendo una mano in avanti, ma lei gli sorrise per un’ultima volta, e scomparve.

L’ex mazoku cadde in avanti e venne preso da un attacco di tosse.

Dynast  gli lanciò un’occhiata sprezzante, e svanì anche lui.

Xel digrignò i denti, provando a vincere il dolore in tutti i modi, infine si lasciò andare riverso a terra, il peso del corpo sui suoi polmoni che non volevano saperne di riempirsi nuovamente d’aria. Quando un lampo gli attraversò la mente: Lina!

Provò a respirare con calma. Sentiva il sapore del sangue in bocca. Si rialzò sui gomiti traballando, cercò di mettere a fuoco l’ambiente: la notte era diventata più buia, senza i suoi occhi felini. Voltò il capo e vide poco più il là la maga, la fronte poggiata a terra, il corpo avvolto nel mantello, e sotto di lei una pozza di sangue. Accanto a lei, Gourry che la sorreggeva, e chiamava di continuo il suo nome. Avrebbe voluto esserci lui al suo posto. Ma non aveva nemmeno la forza di reggersi in piedi. Probabilmente aveva sbagliato tutto. Ed ora, forse, stava costringendo quell’uomo a vedere morire per la seconda volta la persona che amava.

Infine, Lina rialzò il capo ansimando. Non aveva segni di ferite.

“Lina!”, esclamò Gourry.

La maga si voltò verso di lui. Tutto stava diventando buio intorno a lei; ma riuscì a distinguere il suo volto….

“…G….Gourry…..”, sussurrò con un filo di voce, carezzandogli il volto con una mano. Lui le sorrise.

Xel sgranò gli occhi, lasciandosi andare a terra, mentre la maga cadeva inerte tra le braccia della spadaccino. Ma perché a lui non era stato concesso di essere felice? La luna era stata testimone: lui avrebbe solo voluto essere felice.

Chiuse gli occhi, coprendosi il capo col mantello, e fu solo il buio, ed il fruscio delle fronde degli alberi al vento.

 

 

FINE

  
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