La verità è che per noi scrivere questa storia è stata un'esperienza stupenda. Abbiamo pensato alla trama circa un mese fa ma poi, come al solito, abbiamo finito per ridurci a scriverla interamente durante l'arco della settimana scorsa ahah. Credevamo che sarebbe stato difficile farlo e invece...invece è stato meraviglioso *-*. E con meraviglioso non diciamo che non sia stato anche stancante e faticoso, perché lo è stato ovviamente, ma ne è decisamente valsa la pena. Questi Rob e Kris sono diversi da quelli di 'Qui dove batte il cuore'; sono più grandi e fanno tanti, tanti errori. Ve lo diciamo sin da subito xD. Ma non potrete non essere totalmente ed incondizionatamente conquistati dal loro amore.
La storia è stata scritta come regalo per il compleanno della nostra amica Leti che infatti l'ha già letta tutta (ma non cercate di corromperla, è incorruttibile u.u), esattamente come l'anno scorso fu per 'Never say never', motivo per cui cogliamo ancora una volta l'occasione per farle un milione di auguri di BUON COMPLEANNO!! Leti ti vogliamo bene e speriamo che tu ti sia divertita ieri durante la tua festicciola privata con il makako (ebbene sì, ieri è anche il compleanno del makako ahbubauhbabhau che culo eh? u.u)
Ok, ora vi lasciamo alla storia e...
Buona lettura *-*
Mi raccomando lasciateci una bella recensione per sapere che ne pensate!!
Un mega bacio
Cloe&Fio
Suggerimento musicale (da ascoltare, preferibilmente 'on repeat' lol)
- POV Kristen
- È
un’ora che ho in mano quella
collanina. È da un’ora che la sto fissando senza
muovere un muscolo. Sento solo
la mascella serrarsi ad ogni nuovo dubbio che mangia ogni mia forza di
volontà.
Non so perché continuo a fissarla e a stringerla; forse
spero ingenuamente che
possa darmi la forza di fare quello che sto per fare, o forse spero che
possa
fermarmi. Svegliarmi.
- Vorrei
stringerla e sentirla pungere
nelle mie mani. Vorrei sentire dolore per destarmi da questo incubo e
tornare a
vivere la mia vita com’era prima. Normale.
- Guardo i
particolari della stanza. La
sua chitarra in un angolo, un paio di calzini sul letto, il suo i-pod
sul
comodino.
- Non so ancora
come farò a non averlo
accanto, non so come potrò abituarmi a non vedere il suo
sorriso quando
assaggia una mia nuova ricetta e la trova buona o a non avere un suo
bacio
prima di dormire o la sua dolce carezza sulla schiena nuda, al mattino,
quando
ancora sono tra veglia e sonno.
- Solo pensarci mi
fa stare male.
- Non posso
pensarci ora, non posso
affrontare tutto contemporaneamente. La sola cosa che so è
che devo farlo. Non
so come, ma devo. Perché lo amo, così tanto da
non poterlo costringere a
vivermi accanto e soffrire. Perché soffrirà, lo
so. Più di quanto potrà
soffrire adesso.
- Vorrei tornare a
due anni fa quando,
di questo periodo, eravamo a Londra in giro tra concerti e pub quasi
malfamati,
del genere che amo tanto. E ricordo le sue mani nella mie tasche, le
mie tra i
suoi capelli, le sue braccia attorno alla mia vita mentre assecondava i
miei
movimenti lenti al ritmo di quelle canzoni che avevano segnato anche un
po’ la
nostra storia. Quante volte avevo pianto quando le intonava alla
chitarra nella
penombra delle mille camere di albergo che abbiamo vissuto insieme?
Vorrei
tornare all’anno scorso quando abbiamo passato il
Ringraziamento dai miei nonni
a Denver perché so che ama quella città.
- Quest’anno
nessuno dei due avrà nulla
di cui ringraziare, ma col tempo, forse, capirà.
- Per
l’ennesima volta mi chiedo se sto
facendo la cosa giusta, ancora una volta cerco di convincermi che non
è
necessario, che in fondo andrà tutto bene e posso essere
egoista e tenerlo
accanto a me per sempre. Poi quel briciolo di sanità mentale
che da una
settimana combatte con i miei interessi e con la paura di restare sola
mi
ricorda che lo amo.
- Rinuncio
a quello che sono stata per quello che sei.
Continuo a ripetere a me stessa convincendomi di stare facendo la cosa
giusta…
- C’è
sempre chi sta peggio di te…
cerco di farmi forza ma non aiuta. Al momento mi sento morire e non so
se ci
sia qualcosa di peggiore del sapere che il tuo cuore sta morendo.
- E qui iniziano i
dannati se.
- Se solo non
avessi accettato quella
parte…
- Se solo non
fossi andata in quel
posto…
- Se solo non mi
fossi avvicinata tanto…
- Se quella
mattina avessi detto di no…
- Se solo non
fossi caduta…
- Se…
se… se…
- Tanti se inutili
perché i se vivono nella
fantasia. La realtà è
un’altra e sebbene cerchi di evitarla da più di
una settimana so che non posso
farlo più e andare avanti peggiorerà solo le cose.
- Col tempo,
forse, imparerò a guarire e
andare avanti.
- Ma col
tempo non vale ora.
Niente vale
ora, niente ha senso ora se non la lacrima che non posso fermare
perché non
riesco a pensare di poter stare meglio in futuro mentre mi sento morire
adesso.
- Come
farò a stare senza di lui? Come
potrò farne a meno? Cosa sarò… senza
di lui?
- Stringo la
collanina e… piango. Non
riesco ad evitarlo. Ho bloccato quelle fottute lacrime per ogni fottuto
secondo
che ho passato con lui nell’ultima settimana. Ogni dannato
attimo in cui ho
dovuto negare, mentire e semplicemente dire che ero solo stanca ma che
andava
tutto bene. La verità è che negli ultimi otto
giorni mi sono chiusa in bagno
tante di quelle volte da aver perso il conto.
- Ora che sono
vicina a quello che cerco
di evitare da giorni, non riesco a bloccarle e
non riesco a nascondermi.
- Chino il viso
nelle mani e scoppio a
piangere, sempre più forte, lasciando sfogare tutto quello
che non è uscito dal
mio corpo fino ad allora, ma non è abbastanza. Non lo
sarà mai perché quando
sento la sua voce preoccupata sulla porta, ho solo voglia di morire.
- “Kristen…”
- Va
via, Rob. Va via. Lasciami. Ti prego, lasciami.
- Piango
più forte; non ho idea di cosa
gli dirò né di come gli spiegherò
quelle lacrime.
- In un attimo
è ai miei piedi, in
ginocchio davanti a me, e cerca di alzarmi il viso.
- “Kristen,
che succede?”
- Non riesco a
rispondergli, non riesco
a dirgli una sola parola. Non riesco a guardarlo in faccia.
- “Amore,
ti prego, mi spaventi così?
Che diamine è successo?”
- Se solo fosse
facile rispondere a
quella domanda senza farsi del male.
- “Kristen…”
mi accarezza una guancia e
asciuga le mie lacrime. “Che è successo,
piccola?”
- È
tutto davvero troppo per me. Stringo
la sua mano sul mio viso un secondo solo prima di prendere un respiro e
scostarla
via in malo modo.
- Il mio corpo
segue i comandi del mio
cervello; recitare è il mio lavoro ed è il
momento di entrare in scena ma una
piccola parte del mio cuore spera che lui non creda a una sola parola
di quello
che sto per dire.
- “Kristen…”
- “Rob…”
- Fisso il
pavimento, stringo le labbra,
le sento quasi sanguinare. Bruciano.
- “Voglio
rompere…”
- Non posso
credere di aver appena detto
quelle parole e dalla sua espressione, che intravedo con la coda
dell’occhio,
non ci crede nemmeno lui.
- Grazie
a Dio.
- No,
non va affatto bene.
- “Cosa?”
- Chino di nuovo
il viso, faccio
scrocchiare le dita delle mani, prendo tempo per trovare un qualsiasi
modo che
mi faccia risultare seria e convincente.
- “Non…
non funziona più, Rob…”
- Spero che
l’ultima orrenda settimana
sia per lui la prova delle mie parole. So che ha notato qualcosa di
strano, so
che mi ha vista quando sono tornata a casa con gli occhi gonfi quella
sera, so
che si è reso conto che non facciamo l’amore da
allora.
- “Cosa?”
- Non riesco a
decifrare il tono della
sua voce. Non so se crede che stia scherzando o se non ha ancora
elaborato le
mie parole.
- “Mi
dispiace…” è tutto quello che mi
ritrovo a sussurrare.
- “Kristen,
scusa, fammi capire.”
- Si avvicina e mi
prende le mani
riuscendo a farmi sentire una merda più di quanto non mi
senta già.
- Stringo i pugni
ma non riesco a tirare
via le mani dalle sue; voglio godermi quel contatto finché
mi sarà possibile, finché
non gli dirò davvero qualcosa, qualsiasi cosa che lo
convincerà ad andare via
da quella casa e lasciarmi sola. Deve succedere e devo essere io a
farlo
accadere.
- “Andiamo,
Rob. Non dirmi che non ti
sei reso conto che le cose non vanno più
bene…”
- Lui mi fissa,
ignaro. “Sì che me ne
sono reso conto. Non ti fai quasi più toccare da una
settimana…”
- “Infatti.”
- “Infatti
cosa?”
- Già,
infatti cosa? Che cazzo gli dico
ora? Perché non mi sono preparata un cazzo di discorso?
Perché non ho
programmato questa cosa come faccio per ogni altra? Perché
una parte di me
spera ancora che si possa risolvere tutto?
- “Rob…
ti prego…”
- Cerco di
svincolare le mie mani dalle
sue ma lui non me lo per mette. Mi stringe i polsi, ma con delicatezza.
- “No,
Kristen. Niente Rob ti prego.
È una settimana che eviti
le mie domande, sei evasiva, sei intoccabile. Scatti per nulla e io non
ho idea
di cosa posso aver fatto per farti reagire così.”
- “Niente,
Rob. Non hai fatto niente. Tu
non fai mai niente. Sei l’uomo perfetto. Nessuno
può competere con te. Va
bene?”
- “Che
cazzo c’entra questo adesso?”
- “Questo
cosa?” affronto il suo sguardo
prendendo forza dalla rabbia che provo dentro, forzandomi di riversarla
su di
lui per aiutare me stessa.
- “Con
chi dovrei competere?”
- “Cosa?”
- “Devo
preoccuparmi di competere con
qualcuno?”
- “Ma
che stai dicendo?”
- “Di
cosa stai parlando Kristen? Di chi
stai parlando?”
- “Rob,
non sto parlando di nessuno. Di
chi dovrei parlare?”
- “Non
lo so, dimmelo tu.”
- “Non
so che dirti.”
- “Non
sei più come prima da quando sei
tornata dall’Africa… Sei diversa.”
- “L’Africa
ti cambia, Rob. Ho visto
delle cose lì che…”
- “Non
parlo di quello che hai visto. Me
l’hai raccontato. Ti ho ascoltata, ti ho capita e mi
dispiace. Parlo delle
persone…”
- “Non
ti seguo.”
- “E’
forse successo qualcosa mentre
eravate lì?”
- “Come…?”
- “Ti
sto chiedendo se è successo
qualcosa mentre giravate in Africa.”
- “No,
tu non mi stai chiedendo se è
successo qualcosa lì. Mi stai chiedendo se è
successo qualcosa tra me e James
mentre eravamo lì.”
- Lui china il
viso e per un secondo non
mi sento una merda. Per quel secondo in cui dubita di me sento quasi di
stare
facendo la cosa giusta per ragioni diverse da quelle di cui ho cercato
di
convincermi finora.
- Magari
sarebbe finita in ogni caso. Ma non
riesco a crederlo.
- “Bè,
è così?”
- “Non
posso credere che tu mi stia
davvero chiedendo una cosa del genere…” dico
disgustata.
- “Non
posso credere che tu ci metta
tanto a rispondere.”
- “Perché
è una cosa di cui non dovresti
nemmeno dubitare!”
- “E
infatti non ho avuto il minimo
dubbio fino a cinque minuti fa!”
- “Ma
per favore! Mi hai sempre dato il
tormento con la tua gelosia verso di lui!”
- “Forse
perché si fondava su qualcosa!”
- “E su
cosa esattamente? Le tue
paranoie?”
- “Sul
tempo che avete passato insieme!”
- “Per
girare un film!”
- “E i
messaggi e gli inviti a cena.”
- “E’
un amico, Rob!”
- “Gli
amici non guardano qualcuno
così!”
- “Così
come?! Ma che cazzo stai
dicendo?”
- “Kristen,
perché non rispondi
semplicemente alla domanda che ti ho fatto?”
- “CHE
DOMANDA?” urlo esasperata.
- Mi rendo conto
solo ora di quanto il
tono delle nostre voci sia completamente alterato e fuori controllo e
di come
sia spontaneo per me urlare un assurdo e surreale Sì
quando mi chiede per l’ennesima volta se è
successo qualcosa con
lui.
- Lo guardo,
esterrefatta e scioccata
più di lui per quello che mi è uscito di bocca;
deve essere proprio la mia
espressione sorpresa a spegnergli gli occhi mentre inizia a guardarmi così, come se non mi
conoscesse più.
- Ed è
la mia unica possibilità; aggrapparmi
all’unica cosa che lo farà andare via senza indugi.
- “Sono
andata a letto con lui…” dico
chinando il viso e sentendomi quasi meglio perché, in un
certo senso, il peggio
è passato. È
il futuro che mi preoccupa mentre
pronuncio le parole che mai avrei creduto
di potergli dire in nessuna circostanza.
- “Ti ho
tradito, Robert.”
- So quanta
importanza ha dire quella
esatta parola.
- ‘Tradire
nel vero senso della parola. Tradire per sesso e non per amore.
È una cosa che
non perdonerei mai.’
- E mentre
richiamo alla memoria i mille
dibattiti che abbiamo avuto sull’argomento, in passato, non
posso non trovare
ironico che sia stato lui stesso ad aprirsi la via di fuga dalla
trappola del
nostro rapporto, da cui devo liberarlo.
- Alzo lo sguardo,
il suo capo è chino.
- E tutto va
proprio come avevo
immaginato; in poco, pochissimo tempo, resto sola. Sola con le mie
lacrime, con
i miei pensieri, con i miei ricordi.
- Sola con
quell’amore che doveva essere
la nostra svolta.
- Sola senza
sapere di non esserlo
davvero.
- 7
ANNI DOPO
- Non sapevo
perché ero andata a
ripescare quella collanina dal fondo del cassetto della scrivania.
Davvero un
perfetto cliché, pensai mentre cercavo di giustificarmi in
qualche modo.
- Lo
pensi. Ogni giorno.
- Ti
manca. Ogni secondo.
- Lo
ami. Ancora.
- Dopo sette anni
ancora non ero
riuscita ad accettare la mia vita senza di lui. Abituarmi
sì, ma vivere senza
pensarlo era stato e continuava ad essere impossibile.
- Certo,
trasferirmi a Vancouver forse
non era stata una grandissima idea ma vivere a Los Angeles era
diventato insopportabile
per me e non riuscivo a considerare casa nessun altro posto se non
quello che
era stato l’inizio di tutto.
- Continuavo ad
aggrapparmi ai ricordi e
a vivere ancorata al passato. Nonostante non dovesse esserci niente a
cui
aggrapparmi, nonostante avessi realizzato che quel tanto amato destino
che
avevo sempre creduto avesse avuto un ruolo tra di noi, in
realtà non esisteva.
Non avrebbe ostacolato tutto per molto tempo, altrimenti.
- Non avrebbe
dovuto fare in modo che mi
dimenticasse così facilmente.
- Prima che
potessi evitarlo i ricordi
furono più veloci di me e si susseguirono nella mente
disconnessi, senza senso,
diacronici.
- E ripensai alle
mie lacrime, alle sue
parole affilate come lame pronte ad affondare nel cuore, alle
silenziose telefonate
a notte fonda. Solo per sentire il suo respiro e la sua voce ancora una
volta.
Solo perché non volevo lasciarlo andare.
- Ripensai ai suoi
occhi delusi, ai miei
tentativi di chiamarlo e dirgli la verità, di rimangiarmi
tutto. Falliti.
- Ripensai alle
visite, al dolore dei
miei genitori, alle bugie. Alla tristezza, alla gioia, al baratro che
mi aveva
divorato lentamente.
- E ripensai alla
sorpresa, alla
felicità, al sollievo. Alle chiamate fatte a vuoto
perché aveva cambiato numero
di cellulare, ovviamente. Finché non aveva ottenuto
finalmente un nuovo numero
da cui, tuttavia, non arrivò la risposta che speravo.
- “Si
è sistemato. Ti ha dimenticata, Kristen. Lascialo in
pace.”
- Ma non avevo
creduto a Nick, non avevo
voluto credergli… e invece avrei fatto bene a farlo ed
evitarmi il dolore di
sentire quella voce femminile al telefono.
- Quello era stata
l’ultimo contatto che
avevo cercato di avere con lui e dopo tanto tempo ero ancora con quella
catenina tra le mani cercando di accettare la vita senza lui, imparare
a
sentire la sua mancanza. Avrei già dovuto sapere a
quest’ora cosa vuol dire…
- E’
questa la vita senza te…
- Una vita vuota,
niente di lui è
rimasto se non una collanina e…
- “Mammaaaaa?”
- Mi asciugai
velocemente una lacrima
prima che mia figlia entrasse in stanza e mi vedesse piangere.
- Troppo tardi.
Haley era già piombata
accanto a me e chinava il viso per scrutare il mio.
- “Mamma,
piangi?”
- “No!
No, no. Mi è solo entrata una
cosa nell’occhio.” Le sorrisi e le carezzai i
capelli biondi e il viso pieno di
suoi lineamenti.
- Come potevo
dimenticarlo quando avevo
con me una parte di lui che non poteva essergli più simile?
- “Okay…”
disse lei incerta, carezzando
a sua volta il mio viso. “Però dobbiamo andare o
perdiamo l’aereo. Il taxi è
fuori.”
- Sospirai con
enorme evidenza. “Amore,
sei sicura di volerlo fare?” le chiesi per quella che doveva
essere la
centesima volta.
- Avevo
abbandonato la recitazione per
ovvi motivi e avevo colto l’occasione per impegnarmi nel
campo della produzione
e della sceneggiatura ma per me era stato diverso. Tutta la mia
famiglia
lavorava nel campo, starne lontana sarebbe stato impossibile.
- Okay, forse non
era completamente
diverso dal momento in cui la famiglia di Haley ero io ma avevo sempre
sperato
che lei si distaccasse da quel mondo. E invece ora mi trovavo a dover
prendere
un aereo per Los Angeles e portarla a un provino di cui si era
autonomamente
informata navigando su internet.
- Rimpiansi
maledettamente le bambole.
- Eppure sapevo
che la mia bambina era
troppo intelligente per essere sprecata. I miei genitori mi avevano
lasciato
provare, avevano permesso che prendessi al volo ogni
opportunità e non sarei
stata io a legare le ali a mia figlia.
- “Sì,
mamma. Ne abbiamo già parlato.
Non ricominciare” disse con un tono troppo adulto per i suoi
sette anni. “E poi
ancora non ho capito perché non vuoi…”
aggiunse decisamente più triste.
- “Hey”
le alzai il viso con una mano.
“Non è vero che non voglio.”
- “Davvero?
A me sembra il contrario.”
- “Io
voglio solo che tu sia felice,
okay? Se vuoi farlo, lo farai.”
- Il suo visino si
aprì in un sorriso
prima incerto poi sempre più sincero.
- “Ecco,
prendi questa.” Le misi la
collanina tra le mani.
- “Cos’è?”
- “Un
regalo che mi hanno fatto tanto
tempo fa. Ora lo regalo a te. Vedi, questa specie di otto è
il simbolo dell’infinito,
ma è anche un portafortuna.”
- Mi
ascoltò attenta e annuì decisa
ridandomi la collanina e voltandosi in modo da poterla legare al suo
piccolo
collo. Infine si girò e mi allacciò le braccia al
collo stringendo forte.
“Grazie, mamma.”
- E mi pianse il
cuore pensando a quanto
in un momento del genere avrei voluto Rob con me, a quanto lo avrei
voluto con
lei.
- Lui avrebbe
saputo affrontare tutto
meglio di me, tutto.
- “Andiamo,
su” dissi infine prendendole
la mano per poi uscire di casa.
- Il tassista ci
venne incontro sul
piccolo vialetto che conduceva all’entrata della modesta
casetta che avevo
comprato anni fa e prese le nostre valigie.
- Entrammo in taxi
e Haley strinse la
mia mano e poggiò il capo sul mio braccio.
- “Sei
nervosa?” le sussurrai lasciandole
un bacio tra i capelli profumati.
- Lei scosse il
capo. “No, se ci sei tu,
no.”
- “Bene.”
Sorrisi. “All’aeroporto,
grazie.”
- Da quanto tempo
non mettevo piede
all’aeroporto di Los Angeles? Non lo ricordavo nemmeno
più. Uno dei motivi,
quello fondamentale in realtà, per cui avevo deciso di
lasciare LA erano i
ricordi. E per quanto assurdo fosse, anche quel posto ne era stracolmo.
Quanti
aerei presi nel cuore della notte per volare a Londra o a New York,
quanti
abbracci e baci consumati nella gioia di rivedersi dopo settimane,
quanti
tentativi di evadere dal mondo per restare soli.
- Stare in quel
posto mi faceva male più
di quanto avessi immaginato e non potevo nemmeno pensare a quello che
mi
aspettava fuori.
- Nemmeno vedere
mia madre riuscì a
calmarmi totalmente. Haley le corse incontro e si fiondò tra
le sue braccia
felice di riabbracciare la nonna, nonostante ci fossimo viste pochi
giorni
prima in occasione del Ringraziamento. Ma immaginai che era diverso.
Doveva
esserlo, stare lì, no?
- Svolgevo il mio
lavoro quasi sempre da
casa, scrivevo molto e avevo volutamente tagliato ogni ponte con Los
Angeles.
Non sapevo se Haley sapesse cosa aveva davvero voluto dire per me
tornare in
quella città ma non potevo lasciare che mi sconfiggesse
ancora prima di aver messo
piede fuori dall’aeroporto. Dovevo farlo, per mia figlia.
- Salutai mia
madre con un abbraccio e
lei accennò un tacito ‘tutto
bene?’
con lo sguardo.
- Annuii prendendo
per mano Haley che
saltellava impaziente.
- Uscimmo
dall’aeroporto ed entrammo in
macchina come persone normali. Di quello potevo dire di essere
estremamente
sollevata.
- Dal momento in
cui avevo lasciato Rob
e mi ero ritirata dalla recitazione per vivere nell’ombra
dello schermo tutto
era scemato attorno a noi.
- Non avevo
più ricevuto minacce di
morte, non accettavo lavori, non uscivo molto, non avevo più
occasione di fare
niente e ciò aveva contribuito a far calare tutta
l’attenzione nei miei
confronti. Non potevo dire esattamente lo stesso di Rob. Se i media mi
avevano
lasciato in pace quasi subito, a lui avevano dato la caccia anche a
Londra dove
era tornato pochi giorni dopo la mia confessione. Era spesso
fotografato per
strada o mentre entrava in casa, e dopo un paio di mesi non era
più solo ma
ripreso con ragazze diverse; ogni ragazza, ogni foto, era una pugnalata
al
cuore così che avevo smesso di interessarmi. Evitavo ogni
tipo di giornale o
notiziario. Dovevo davvero voltare pagina e dovevo farlo soprattutto
per
portare a termine la gravidanza.
- Che sciocca ero
stata a credere di
poter tornare da lui da un giorno all’altro. Avevo immaginato
che avrebbe
potuto perdonarmi, che avrebbe capito, che mi avrebbe detto che quelle
ragazze
non significavano nulla per lui perché sapevo che era
così. Non potevano
significare nulla.
- Ma era troppo
tardi. Le ragazze erano
sparite e avevano lasciato spazio a una ragazza sola.
- Ero al settimo
mese di gravidanza
quando avevo scoperto che Nick aveva ragione. Era davvero andato
avanti, aveva
davvero trovato un’altra ragazza e io non ero nessuno per
tornare nella sua
vita e dirgli che aspettavo un figlio da lui senza nemmeno sapere se mi
avrebbe
creduta o no.
- “Kristen,
smettila.”
- La voce di mia
madre mi ridestò dai
miei pensieri.
- “Co…
cosa?”
- Mi
lanciò un’occhiata veloce per poi
tornare a fissare la strada. “Smettila di pensare a quello
che sono sicura tu
stia pensando.”
- “Non
so di che parli.”
- “Vallo
a dire a qualcuno che non sia
tua madre…”
- Abbassai il viso
e presi un respiro.
“Io… non…”
- “Hai
fatto una scelta, Kristen. E noi
l’abbiamo rispettata.”
- “Lo
so. Non sono pentita della scelta
che ho fatto. Ho sempre apprezzato il vostro appoggio ma…
Tornare qui fa uno
strano effetto…”
- “Più
dello stare a Vancouver?”
- Nessuno riusciva
davvero a capire come
avevo potuto lasciare una città piena di ricordi per vivere
in una che ne era
altrettanto piena; non riuscivo nemmeno a spiegarlo bene a parole.
- Annuii
distrattamente e mi voltai
dietro per avere sostegno dalla parlantina di Haley ma lei era china
sul suo
copione. Chiudeva gli occhi e ripeteva sottovoce.
- “Tesoro,
basta ora. Abbiamo provato le
battute migliaia di volte, le sai a memoria.”
- “Sì
ma se poi vado lì e le dimentico?”
- “Allora
improvvisa. Impara ad
improvvisare se vuoi davvero recitare.”
- “E
come si improvvisa?”
- Risposi senza
nemmeno pensare. “Ti
lasci andare a quello che senti in quel momento. Anche se dici cose che
non
sono nel copione, non fa nulla. Basta che le senti
davvero…”
- “Mmm…
sarà. Tu hai mai improvvisato
mami?”
- “Certo.
Tante volte.”
- “Anche
ai provini?”
- E fu come un
flash in piena notte. Il
ricordo di quel giorno mi piombò davanti come se fosse ieri.
Il momento in cui
avevo visto entrare quel ragazzo dai capelli assurdi, lo sguardo chino,
la voce
dolce e intimorita. Avevamo bevuto una coca-cola, eravamo rimasti soli,
avevamo
parlato un po’. Avevamo letto le battute, ci eravamo guardati
negli occhi ed
improvvisare il resto era venuto spontaneo. E per quanto assurdo fosse,
in quel
momento esatto avevo capito di avere incontrato il mio primo vero
amore.
L’amore della mia vita, o almeno della vita parallela in cui
a volte mi
rifugiavo tanto per farmi del male con i ricordi più dolci;
di quelli che fanno
piangere tanta è la malinconia che genera dalla loro
dolcezza.
- “Una
volta sola, a un provino” risposi
con un mezzo sorriso sul viso. Mi ripromisi di affrontare quella
giornata con
un sorriso, qualunque cosa avrei incontrato per strada.
- Così,
con un sorriso, entrai al
Charlie Hotel, ma stavolta era molto più amaro.
- Perché
ero stata così masochista da
aver prenotato proprio lì dovevo ancora capirlo. Ovviamente
mia madre si era
offerta di ospitarmi ma onestamente io ed Haley avevamo i nostri ritmi
e forse,
in fondo, volevo davvero tornare in quel posto.
- Se bisogna farsi
del male tanto vale
farlo con stile.
- Lanciai
un’occhiata al vialetto che
portava al giardino sul retro, ai divanetti alla reception,
all’ascensore in
cui eravamo rimasti bloccati una volta.
- E, prendendo
alla sprovvista me
stessa, sorrisi. Ci ripensavo con un sorriso e non potei esserne
più felice.
Anche quando entrammo nella suite pensavo che il cuore mi sarebbe
piombato in
corpo ma invece non fu così. Provai piuttosto malinconia
soprattutto perché era
molto cambiata rispetto alle sere che avevamo passato lì.
Quello che era
rimasto immutato era il terrazzo. Il nostro terrazzo, quello da cui
avevamo
guardato le stelle prima di separarci per un mese intero.
- ‘Staremo
sempre sotto lo stesso cielo. E quando sentirai la mia mancanza, guarda
la luna
e la guarderò anche io.’
- I ricordi di una
vita possono davvero
distruggere se non si ha nulla a cui aggrapparsi; ringraziai di avere
Haley che
con la sua allegria riusciva a tirarmi su, anche solo guardandola.
- Era esattamente
come suo padre:
intelligente, spigliata, divertente… e quanto parlava!
- Difatti quando
rientrai stava parlando
con il fattorino che aveva salito le nostre valigie.
- “Ma il
servizio in camera vale anche
per la colazione? Ho sempre voluto fare colazione a letto in uno di
questi
hotel di super lusso.”
- Mi avvicinai e
abbozzai un sorriso
sconcertato mentre le massaggiavo le spalle. “Domani avrai la
tua colazione,
tranquilla.” Sorrisi al ragazzo, congedandolo.
- “Davvero?
Ma non è che costa troppo?
Non voglio farti spendere troppo, mami.”
- Dimenticavo che,
al contrario di ogni
bambino normale, aveva questo acuto senso del risparmio e spesso dovevo
davvero
essere io a convincerla che potevo comprarle qualcosa che costava
molto, cosa
che, comunque, non accadeva spesso visto che, essendo stata educata da
me,
aveva amato da subito jeans, converse e magliette semplici.
- Ne ero
particolarmente fiera, in
effetti.
- “Non
preoccuparti, tesoro” la
rassicurai e lei riprese a saltellare per la stanza.
- “Possiamo
provare le battute ancora
una volta? Ti preeeego? Possiamo? Possiamoooo?”
- “Amore,
non credo che…”
- “Ho
paura di dimenticarle, mami. Devo
ricordarle alla perfezione!”
- Alzai gli occhi
al cielo perché, dio,
era esattamente come me. Per sempre insicura delle proprie
capacità e senza
alcuna giustificazione visto che sapeva le sue battute a memoria ed era
decisamente portata.
- Avevo subito
trovato alquanto curiosa
la trama del film che parlava, essenzialmente, di come un padre debba
prendersi
cura della figlia, accettarla e amarla dopo la morte della madre di
questa. Non
avevo potuto fare a meno di chiedermi se Haley vi si fosse imbattuta
per caso o
se avesse esplicitamente cercato cose del genere e non osavo chiederlo.
- Quando poi avevo
scoperto che la
regista era Catherine avevo trovato la cosa ancora più
curiosa e infine mi ero
lasciata abbandonare al pensiero che fosse un segno del destino che mi
spingeva
a dare a mia figlia quella possibilità. Glielo dovevo
infondo.
- Dopo aver
ripetuto la battute per
l’ennesima volta scendemmo in sala pranzo e mia madre non
mancò di farmi le
solite domande.
- “Allora,
novità?”
- Ma sapevo bene
che per lei novità
nascondeva in realtà la frase ‘Hai
conosciuto qualcuno?’
- “Mamma,
sono passati dieci giorni
dall’ultima volta che me l’hai chiesto.”
- “E
allora? Succedono tante cose in
dieci giorni.”
- “Non a
me. Ho lavorato molto…”
- “Che
mi dici di Stephan?”
- Quasi mi affogai
con l’acqua che stavo
bevendo. “Chi?”
- “Stephan.
Quel bell’uomo con cui ti
vedevi…”
- “…
due anni fa.” Terminai per lei per
poi sospirare, stanca. “Mamma, non ho bisogno di un
uomo…”
- Lei storse il
naso ma non poté davvero
controbattere oltre visto che era stato chiaro a tutti come fossi
lontana
dall’essere veramente felice con Stephan. Onestamente avevo
accettato di uscire
con lui proprio per non averli più nelle orecchie. E lui
era… perfetto.
Gentile, premuroso, piaceva ad Haley e, a dirla tutta, avevo davvero
bisogno di
fare del sesso. Non importava a chi pensassi mentre lo facevo. Avevo
bisogno di
stare bene e sentirmi amata, da qualcuno, da chiunque. In qualunque
modo.
- Così,
come ogni frivola storia che si
rispetti, è finita poco dopo il primo anno di vita, per la
mia incapacità di
dire ti amo.
- “E’
tutto inutile con te, Kristen. C’è ancora solo lui
per te, ci sarà sempre solo
lui per te.”
- Aveva chiesto il
trasferimento e non
lo avevo più visto da allora.
- Karma
2 - Kristen 0.
- Non
c’è due senza tre mi trovai a
pensare mentre mia madre ancora blaterava su non so quale tizio che
forse
avrebbe potuto piacermi. Onestamente trovavo i suoi tentativi di
accoppiarmi
con qualcuno decisamente invadenti ma sapevo che lo faceva solo per non
vedermi
da sola.
- Più
sostenevo di non aver bisogno di
un uomo più lei sosteneva il contrario.
- Le era proprio
difficile accettare il
concetto e diverse volte avevo pensato che in realtà lei
sapesse meglio di me
che per me non ci sarebbe mai stato un altro.
- Mai.
- Finalmente, al
dolce, lasciò cadere
l’argomento e si lasciò coinvolgere da Haley nel
racconto della trama del film finché
non giunse l’ora di andare.
- Il provino era
alle tre e, se
conoscevo Catherine, immaginavo che non ne saremmo usciti prima delle
sei
minimo.
- Mia madre ci
lasciò all’inizio di Hollywood
Boulevard, sarebbe stato una bel tratto di strada da fare a piedi fino
agli
studi ma era ancora presto e pensai che una camminata avrebbe fatto
bene a Haley,
ma soprattutto a me visto che, per qualche motivo, iniziavo ad
innervosirmi
sempre di più. Da una parte non vedevo l’ora di
lasciare quel posto, dall’altra
facevo di tutto per tornare in quei luoghi che potenzialmente mi
avrebbero
fatto stare male, molto male.
- Cercai di
rilassarmi mentre camminavo
con mia figlia mano nella mano e mi godevo la tranquillità
delle due e mezza
del pomeriggio, cosa alquanto insolita considerando che stavamo
camminando lungo
la Walk of Fame ma completamente rilassante, almeno finché
non ci trovammo
davanti il Grauman’s Chinese Theatre.
- Avevo deciso di
camminare proprio
perché, masochisticamente, volevo passare davanti quel
posto, volevo camminarci
sopra ancora una volta, dopo tanto tempo, ma non avevo immaginato
l’effetto che
potesse avere su di me.
- Ero immobile, a
fissare la grande
struttura cinese davanti i miei occhi mentre i ricordi vi scivolavano
in mezzo.
- “Cadrò,
sicuramente.”
- “Non
cadrai.”
- “Ti
dico che cadrò, Rob. Cado sempre in queste occasioni. E poi
questi cazzo di
tacchi…”
- “Non
metterli allora.”
- “Sai
che non posso non metterli. Fosse per me…”
- “Pensa
che tra cinque minuti sarai in un paio di vans nuove di
zecca.”
- “Non
vedo l’ora” mormorai nervosa facendo scrocchiare le
ossa. Lui prese le mie mani
tra le sue e le strinse.
- “Andrà
tutto bene…” sussurrò lasciandomi un
bacio tra i capelli e io chiusi gli occhi
abbandonandomi alle sue braccia, nella snervante attesa che chiamassero
i
nostri nomi.
- “D’accordo
ma… se cado tu prendimi, okay?”
- Strinse
le braccia attorno alla mia vita.
- “Certo
che ti prendo. Io ti prendo sempre.”
- “Mamma
ci sei anche tu qui!”
- Non mi ero
nemmeno resa conto che
Haley aveva lasciato la mia mano e si era avventurata tra le pietre
incastrate
nel pavimento. Come avesse fatto a scovarmi tra le centinaia di
impronte, poi,
era ancora un mistero.
- La raggiunsi,
titubante e quasi
impaurita, e quando fui accanto a lei guardai a terra e provai una
dolorosa
fitta al cuore quando le vidi. Le nostre firme, le nostre mani, i
nostri piedi.
Le nostre impronte che gravitavano le une verso le altre.
- ‘Da
oggi starai ufficialmente accanto a me per sempre. È scritto
nella pietra. Cosa
c’è di più indelebile?’
- Notizie
indesiderate, bugie, amore.
- Un mix letale
per mantenere intatta
una relazione.
- E pensare che
allora credevo davvero
che sarebbe stato per sempre.
- “Chi
sono questi accanto a te?”
- “Andiamo
Haley.”
- Le presi la mano
e, senza risponderle,
continuammo dritto davanti a noi, camminando sulle duemila stelle che
tracciavano tutta la Hollywood Boulevard fino a Vine Street.
- “Mamma,
mi compri un pacchetto di
gomme forti? Sai, per l’alito…”
- Non riuscii a
reprimere un sorriso
mentre scuotevo il capo e attraversavamo per raggiungere il chiosco che
Haley
aveva indicato, dall’altra parte della strada.
- Pagai le gomme e
proprio quando
stavamo per camminare di nuovo Haley mi bloccò.
- “Guarda,
mamma!” disse afferrando un
giornale appeso ai lati del chioschetto. “Questo non
è quello che ha fatto quei
film con te?”
- Notai di
sfuggita una foto di Rob in
prima pagina e annuii distratta ma presto il mio sguardo fu attratto
dall’enorme scritta che, stampata sulla sua faccia, diceva: PRESTO SPOSATI.
- Strappai la
rivista dalle mani di mia
figlia e osservai ogni minimo particolare di quella copertina. Una foto
di un
suo primo piano, non sapevo dire se recente o meno, occupava la maggior
parte
dello spazio ma il resto era costernato da piccoli riquadri di lui in
compagnia
di una ragazza bionda. La stessa ragazza che mi era capitato di vedere
quelle
poche volte in cui non ero riuscita ad evitare il gossip su di lui, la
stessa
che aveva sostituito tutte le altre che entravano in casa sua, la
stessa che mi
aveva risposto al telefono sette anni prima.
- Sette anni.
Sette anni insieme.
- Io e lui nemmeno
ci eravamo arrivati a
sette anni.
- Mi sentii
sprofondare mentre sfogliavo
il giornale e leggevo una frase qua e là.
- “…pare
che lui si sia proposto nella romantica città di Parigi
mentre…”
- “…le
nozze si terranno a Londra nella Chiesa di…”
- “…la
luna di miele prevede un romantico viaggio a…”
- Ogni frase era
un colpo al cuore, ogni
piccolo dettaglio di quel matrimonio mi faceva salire la nausea. Dettagli, su una cosa così
pura che non
andrebbe condivisa con il mondo intero.
- ‘Quando
ci sposeremo io e te, voglio che siamo solo noi e gli amici
più intimi
ovviamente. Voglio solo che stiamo tutti insieme. Voglio solo te.
Voglio
lasciare il mondo fuori.’
- E ora quella
stessa persona che voleva
lasciare il mondo fuori lo stava lasciando entrare come se nulla fosse.
Se io
potevo solo aver dato l’impressione di essere cambiata, lui
era cambiato
davvero e sentii una grande rabbia crescere dentro di me.
- Per quello che
c’era stato tra noi, per
come era finita, per come stava andando avanti così, senza
di me, mentre io non
riuscivo nemmeno a fare l’amore con qualcuno senza pensare a
lui.
- “Scusi,
non può leggere il giornale
senza comprarlo…” la voce annoiata del giornalaio
richiamò la mia attenzione e,
prima che potessi fermarmi, gli avevo messo in mano un dollaro e
cinquanta.
- “Perché
l’hai comprato, mamma?”
- “Cosa?”
- “Il
giornale. Tu non compri mai quelle
riviste. Dici sempre che dicono un sacco di bugie.”
- “E
infatti è così. Ma ogni tanto fa
bene leggere queste cose per rendersi conto di quello che si inventa la
gente.”
- “Però
è vero che si sposa, no?”
- “Sì.
Penso proprio di sì.”
- “Capisco.”
Rispose camminando
lentamente. “Allora, come mai vi siete lasciati?”
- “Chi?”
- “Tu e
quel ragazzo. Stavate insieme,
no?”
- Mi bloccai sul
posto e Haley si voltò
a guardarmi.
- “E tu
come fai a saperlo?”
- “L’ho
visto su internet. Ci sono un
sacco di foto di voi due insieme, mano nella mano e che vi
baciate.”
- “Oh…”
sussurrai perdendo fiato per
diversi secondi. “Devo proprio sequestrarti
quell’i-pad uno di questi giorni.
Non devi metterti a vedere queste cose, tesoro.”
- “Sì,
sì, okay. D’accordo. Ma perché vi
siete lasciati allora?”
- “Perché
non andavamo più tanto
d’accordo.”
- Era il massimo
che potevo dirle e,
avendole detto la stessa cosa quando mi aveva posto la stessa domanda
riguardo
a suo padre, non potei fare a meno di chiedermi se Haley sapesse
più di quanto
mi lasciasse intendere.
- “E
quanto tempo siete stati insieme?”
- Vaga,
Kristen. Resta vaga. Ed era assurdo
visto che, presto o tardi, avrebbe voluto davvero sapere chi era suo
padre.
- “Qualche
anno…”
- “Mamma,
posso farti una domanda?”
ribatté subito dopo e in quel momento trattenni il respiro
pensando che avesse
capito tutto.
- “Certo.”
Cercai di restare calma e la
osservai mentre stringeva e sfregava tra le dita la collanina ormai sua.
- “Questa
te l’ha regalata il mio papà?”
- Strinsi gli
occhi cercando di capire
quello che le passava per quella testolina, ma fu inutile.
“Sì, me l’ha
regalata lui.”
- Lei
annuì ancora e sperai vivamente
che non mi chiedesse di nuovo il nome di suo padre. Me lo aveva chiesto
una
sola volta, circa tre o quattro anni prima e le avevo risposto, con
titubanza,
che si chiamava Thomas. Questo, ovviamente, prima di scoprire che mia
figlia
cercava su Google notizie su me e i miei passati fidanzati.
- Se avesse
scoperto che quello era il
secondo nome di Robert non ci avrebbe messo nulla a collegare le cose.
- Ma,
d’altronde, non sarebbe stata poi
una grande tragedia. Le probabilità che incontrasse Robert
in un futuro
prossimo erano alquanto remote. Avrei dovuto iniziare a preoccuparmi
quando
sarebbe stata grande abbastanza da prendere un aereo e volare magari a
Londra
per presentarsi alla casa di un presunto padre, per lo più
sposato, che non
sapeva della sua esistenza e la cui colpa, secondo le mie parole, era
solo
quella di vivere molto lontano.
- Era tutto un
gran casino. Prima o poi
avrei dovuto raccontarle la verità, tutta la
verità. Tutta quella verità che
non avevo raccontato nemmeno a lui.
- Prima o poi
l’avrei fatto; prima o
poi, forse prima di morire, avrei dovuto prendere il telefono e
raccontarla
anche a lui.
- Per il momento
ringraziai solo di
essere arrivate davanti gli studi così da non darle tempo di
esplorare la
faccenda.
- Haley sembrava
abbastanza calma ma
vedevo dagli occhi lucidi che era eccitata solo all’idea di
stare per sostenere
un provino. Entrammo e mi strinse forte la mano. Ricambiai e lei
ricambiò
ancora. Era un po’ un nostro strano modo di comunicare; far
capire all’altra
che siamo lì.
- Mi sentii quasi
disorientata
camminando tra i diversi set e non sapendo dove andare. Infine
chiedemmo
informazioni e fummo indirizzate verso un corridoio da cui si
intravedeva una
fila medio-lunga di bambine tutte pressoché con le stesse
caratteristiche e
tutte estremamente agitate.
- “Lei
è…?”
- Una ragazza,
probabilmente assistente
di Catherine o addetta al casting, mi apparve accanto in un secondo.
- “Kristen
Stewart” risposi
scioccamente.
- “Mmm…
Abbiamo una Haley Stewart in
lista…” mugugnò controllando un paio di
volte.
- “Sì,
sì. Sono io! Kristen Stewart è
mia mamma!”
- Perfetto, mia
figlia presentava me.
- “Perfetto,
piccola. Aspettate qui
finché non chiamano.”
- “Okay”
rispose mia figlia
tranquillissima mentre io, per qualche motivo, avevo bisogno di un
bicchiere
d’acqua e avevo anche un gran voglia di rivedere Catherine.
- Ritorno alle
origini in pieno stile.
- “Amore,
la mamma va a cercare la
regista un attimo. Va bene se aspetti qui?”
- Haley si
guardò intorno e notò che
molti dei bambini non erano esattamente attaccati ai genitori per cui,
immaginai, si fece coraggio.
- “Sì,
okay. Aspetto qui ma torna
subito.”
- “Sicuro.”
- Le baciai una
guancia e andai in cerca
di Catherine.
- Chiesi
informazioni di nuovo e mi
dissero che era in riunione ma potevo aspettarla fuori.
- E
così feci. Mi sedetti sulla panca di
legno e aspettai sperando che non ci mettesse molto. Lanciai
un’occhiata alla
borsa che, per essere pronta ad ogni evenienza, ero costretta a portare
con me
da quando avevo una figlia, e intravidi la rivista galeotta.
- Ero quasi
riuscita a rimuoverla dalla
mia mente fino a quel momento. Ancora non riuscivo a credere che si
stava
davvero per sposare. Era come se la notizia non mi riguardasse, e in
effetti
avrebbe dovuto essere così ma per quanto cercassi di
convincermi che potevano
essere solo stronzate sapevo che tali dettagli non potevano essere
inventati; e
c’era un solo modo per scoprire quanto di tutto quello fosse
vero.
- Afferrai la
rivista ma restò
impigliata nel manico della borsa che cadde rovesciando per terra il
contenuto.
Raccolsi il portafogli, l’agenda, l’i-pod, il
cellulare, le chiavi e lasciai la
rivista a terra, in attesa di essere raccolta e, finalmente, letta.
- Ma qualcuno mi
aveva preceduta. Una
mano mi tendeva la rivista e, alzando il capo, feci scattare i capelli
all’indietro rivelando il mio viso mentre iniziavo a
mormorare un grazie che mi
morì in gola appena lo
vidi.
- Robert.
- Era proprio
lì, davanti i miei occhi.
Le nostre espressioni erano uno lo specchio dell’altra,
esattamente come tanti
anni fa.
- Non era cambiato
di una virgola. Si
portava semplicemente più grande ma gli anni che avevamo
passato senza vederci
erano nascosti dal sottile strato di barba che avevo sempre adorato su
di lui,
i capelli arruffati e sconvolti quasi come la prima volta in cui lo
avevo
visto, la bocca perfetta e gli occhi…
- Quegli occhi
stupendi mi fissavano
sorpresi, sconvolti. Pieni di qualsiasi sentimento possibile.
- Non sapevo da quanto tempo
eravamo
immobili in quella posizione; non riuscivo ancora a realizzare che
fosse
davvero a un passo da me e che le nostre dita quasi si sfioravano.
Iniziai
quasi a pensare di stare sognando quando vidi le sue labbra muoversi,
impercettibilmente. E la sua voce, immutata dagli anni,
pronunciò di nuovo il
mio nome.
La
FF è composta da cinque capitoli. L'aggiornamento
sarà ogni cinque giorni per cui coprirà,
più o meno, tutto il mese di Dicembre.
'Ogni
battito del mio cuore' verrà postata domani, dopo
di che con quella torniamo a Gennaio.
(Non ci uccidete e abbiate pietà visto che è
Natale anche per noi e vi lasciamo questa da godervi u.u).
Salvo imprevisti, aggiorneremo comunque le nostre FF singole ;)
Se vi va potete trovarci alla nostra pagina
Facebook, insieme a un gruppo infinito di sclerate come noi
u.u Non esitate ad aggiungerci :) Ci fa sempre piacere conoscere i
nostri lettori per chiarire dubbi, spoilerare o anche solo per parlare.
Fateci sapere che ne pensate visto che stiamo tremando come due foglie
dall'emozione *____*
Un bacio enorme! ♥
Cloe&Fio
Ah, Cloe... Aspetto la tua recensione u.u Bahahahahaha