Titolo della fic: Lucky black cats – Sfortunati gatti neri
Titolo del capitolo: //
Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Nord Italia/Feliciano Veneziano Vargas
Parole: 343
Raiting: Verde
Avvertimenti: flash-fic
Note:
Tipo, questa la dovevo scrivere dall’anno scorso X3
Mh, bene, sì, l’ambientazione è quella londinese natalizia.
Diversamente dalla nostra superstizione, gli inglesi credono che i gatti neri portino fortuna :3
Beh, buona
Lucky black cats – sfortunati gatti neri
Arthur sbuffò, creando delle piccole nuvolette che
si dispersero nel cielo serale, mentre, per
l’ennesima volta, aspettava che Feliciano si scollasse dalle vetrine
illuminate per il venturo Natale.
Davvero non capiva cosa ci trovasse! Anche da lui si illuminano le città, le persone cercano di fare regali decenti che fossero apprezzati e … aspetta!
Anche a casa sua Feliciano era così?
S’irrigidì al pensiero che ogni metro sarebbe stato così, tanto che non si accorse di quando l’italiano corse verso di lui, un sorriso enorme sul viso e un braccio che si stringeva intorno al suo.
«Ora possiamo andare?», chiese Arthur scocciato da tutta quell’intimità.
«Certo ~», chiocciò Feliciano, sorridendogli, per nulla infastidito dal suo tono scontroso.
Mentre camminavano tra la gente, l’italiano intonava tra sé e sé una canzone natalizia che riuscì a calmare persino il dispotico inglese.
Certo, finché Feliciano non emise un suono acuto e strinse la presa sul braccio di Arthur – avrebbe giurato sul fatto che fosse rotto – e si nascose dietro di lui.
«E ora che c’è?», domandò a bassa voce, per non esplodere dalla rabbia.
Feliciano, impaurito tanto da non riuscir a parlare, allungò il braccio fino ad indicare una svolta della strada: Arthur seguì la direzione, fino a notare un innocuo gatto intento a bighellonare vicino ad un ristorante.
Si voltò verso il suo ospite con un sorriso divertito: «È solo un gatto».
L’italiano si accigliò, come se non capisse: «Nero», precisò, stringendo poi le dita attorno alla giacca nera di Arthur.
Quando quest’ultimo capì che Feliciano temava quel gatto, comprese quanto in realtà fossero differenti l’uno dall’altro anche nelle cose più piccole.
Continuarono a camminare così: Arthur che cercava di procedere normalmente mentre l’altro mormorava strane parole sconnesse nella sua lingua natia, ancora ancorato alla schiena dell’amico.
Si ritrovò senza copertura quando l’inglese si piegò a raccogliere il gatto e glielo mise tra le braccia, facendolo gelare sul posto.
«Feliciano, it’s only a cat!», disse l’inglese, riprendendo a camminare.
Fu felice quando sentì che l’altro era rimasto impalato sul posto.
«Arthur, a-aspetta!».
Come non detto.
Davvero non capiva cosa ci trovasse! Anche da lui si illuminano le città, le persone cercano di fare regali decenti che fossero apprezzati e … aspetta!
Anche a casa sua Feliciano era così?
S’irrigidì al pensiero che ogni metro sarebbe stato così, tanto che non si accorse di quando l’italiano corse verso di lui, un sorriso enorme sul viso e un braccio che si stringeva intorno al suo.
«Ora possiamo andare?», chiese Arthur scocciato da tutta quell’intimità.
«Certo ~», chiocciò Feliciano, sorridendogli, per nulla infastidito dal suo tono scontroso.
Mentre camminavano tra la gente, l’italiano intonava tra sé e sé una canzone natalizia che riuscì a calmare persino il dispotico inglese.
Certo, finché Feliciano non emise un suono acuto e strinse la presa sul braccio di Arthur – avrebbe giurato sul fatto che fosse rotto – e si nascose dietro di lui.
«E ora che c’è?», domandò a bassa voce, per non esplodere dalla rabbia.
Feliciano, impaurito tanto da non riuscir a parlare, allungò il braccio fino ad indicare una svolta della strada: Arthur seguì la direzione, fino a notare un innocuo gatto intento a bighellonare vicino ad un ristorante.
Si voltò verso il suo ospite con un sorriso divertito: «È solo un gatto».
L’italiano si accigliò, come se non capisse: «Nero», precisò, stringendo poi le dita attorno alla giacca nera di Arthur.
Quando quest’ultimo capì che Feliciano temava quel gatto, comprese quanto in realtà fossero differenti l’uno dall’altro anche nelle cose più piccole.
Continuarono a camminare così: Arthur che cercava di procedere normalmente mentre l’altro mormorava strane parole sconnesse nella sua lingua natia, ancora ancorato alla schiena dell’amico.
Si ritrovò senza copertura quando l’inglese si piegò a raccogliere il gatto e glielo mise tra le braccia, facendolo gelare sul posto.
«Feliciano, it’s only a cat!», disse l’inglese, riprendendo a camminare.
Fu felice quando sentì che l’altro era rimasto impalato sul posto.
«Arthur, a-aspetta!».
Come non detto.