Titolo: Nine Seconds To Say Goodbye
Serie: Pandora Hearts.
Rating: Verde,
almeno per ora.
Warnings: Se ci avrò a che fare, illustrerò in seguito.
Desclaimer: No, sfortunatamente devo ancora trovare un Genio della lampada che possa
esprimere questo ardente desiderio.
- Nine Seconds To Say Goodbye -
Prologo
Fu
questione di pochi attimi, poi tutto tacque.
Lievi
passi udibili dall’esterno furono solo la premessa di ciò che accadde in
seguito. Lo scatto proveniente dalla serratura presumibilmente arrugginita fu
inaspettato, grave e solenne.
Il
tacito accordo stabilito fin dalla creazione del maniero ebbe effetto anche in
quel momento; il suono si diffuse come un felice ritorno alla vita in tutto
l’antro della vuota abitazione. Risuonò gaiamente fra le arcate a volta
incrostate del soffitto ceruleo, che ne ampliarono la potenza. Bastò questo e
lo spalancare rumoroso del tetro portone d’ ingresso per infrangere regole
millenarie di immensa solitudine e di vite consumate.
Più
che un maniero vittoriano immerso in un pacifico paesino di campagna, pareva
quasi un castello in miniatura che sormontava il luogo da un pendio roccioso
come un regnante col suo popolo.
Il
giovane biondo, presenza estranea a tanta squisita bellezza, scrutò con
attenzione il porticato tempestato di sfavillanti mattoni rosso fuoco allungando
il palmo della mano per assaporare il contatto con il tiepido materiale.
“Solo a una trentina di miglia da Réveil…” pensò con sollievo.
Ma
ciò non cancellò la preoccupazione che lo aveva assalito appena varcato il
cancello. Rilanciò un’occhiata tormentata alle siepi del giardino alle sue
spalle, un tempo potate a regola d’arte e dalla forma palesemente labirintica,
ma ora ridotte a una disordinata protuberanza vegetale.
Ce
ne sarebbe stato di lavoro da fare, oh sì.
“Signor William, diamo un’occhiata
all’interno?” la voce squillante del notaio non ammetteva repliche e il ragazzo
ventitreenne si sbrigò a raggiungerlo non degnando di uno sguardo lo stemma di
famiglia intagliato nel legno della porta.
Ricordò
come, da ragazzino, si fosse sentito onorato di discendere da una antica e
lussuosa nobiltà di duchi che poteva vantare fra le proprie schiere anche
soggetti quantomeno interessanti e celebri, come Jack Vessalius,
colui che si diceva avesse sconfitto la casata dei Baskerville
centinaia di anni prima.
Il
tutto coronato anche dal fatto insolito di somigliare preoccupantemente ai
precedenti capifamiglia: lineamenti delicati, che gli donavano un aspetto più
giovane di un comune ventitreenne, capelli biondi e iridi smeraldine. Ricordò
di quando giocava coi propri amici delle scuole elementari fingendo di essere
un nobile a capo di schiere di sudditi.
Sì,
si era sentito orgoglioso, ma, come tutte le cose appartenenti a quel dolce
stato di sogno che è l’infanzia, perdono importanza non appena subentra
minacciosa la consapevolezza di non essere poi così speciale, di dover crescere
in fretta.
Soprattutto
se si aspira a divenire un uomo di scienza.
Si
avvicinò all’altro uomo, ormai al centro della stanza, con espressione
lievemente delusa o forse solo imbarazzata dal pensiero puerile che ebbe modo
di esprimere.
“Un po’ mi spiace, pensavo che quando sarei
entrato qui dentro sarei stato risucchiato da una specie di vortice di ricordi
sui miei antenati, un po’ come succede in ‘Anastasia’, sa la scena del ballo… magari avrei anche scoperto di essere la
reincarnazione vivente di Jack Vessalius, ma…non è successo niente.” Ridacchiò impacciato.
Il
notaio lo guardò di striscio. Il viso sottile ritraeva un’espressione a metà
tra il divertito e lo scettico.
“Mi
tolga una curiosità. Come è che il suo cognome è Twinings
se è un erede diretto dei Vessalius?”
“Ah! So a cosa allude, come tanti altri lei
vuole un segreto da portarsi nella tomba!” rispose con un ampio sorriso
furbesco il biondo, dirigendosi verso le pareti per studiare un trompe l’oeil particolarmente
interessante. “Mi spiace deluderla comunque, da quel che so non ho nessun
legame con quei Twinings.
Porto il cognome di mia madre perché i miei genitori si sono separati quando
ero piccolo, però mio padre di cognome faceva Vessalius.”
“Capisco…” l’ uomo
riassunse la solita aria professionale aggiustandosi gli occhiali sul piccolo
naso. “Comunque, come può notare, il salone è in perfette condizioni, nessuna
traccia di umidità, basterà solo far arieggiare la casa per qualche settimana e
l’odore di chiuso scomparirà presto. Del resto nessuno entra qui dentro da una
trentina di anni, come suo nonno mi ha fatto gentilmente notare prima che
morisse e le lasciasse in eredità questa villa. Nell’altro salone c’è un camino
in pietra che aggiunge un tocco rustico, mentre qui, nello studio e nelle
camere da letto abbiamo degli affreschi raffiguranti crociate e cori di angeli,
ma come può vedere, si stanno scrostando.”
“Vedo,”
gli fece eco William, frugando in tasca per estrarre una macchinetta digitale.
“…che sta facendo?” chiese l’altro, non preoccupandosi
affatto di mascherare la sorpresa.
“Qualche
foto, così potrò farle vedere alla mia ragazza prima di portarla qui! È una
studentessa d’arte e tutto ciò che può essere ricollegabile a calcestruzzo e
marmi rosa le interessa.” Apostrofò la frase come se fosse la cosa più ovvia
del mondo terreno.
“Piuttosto,
se avete intenzione di rimettere a nuovo questo posto, potrei consigliarvi da
chi prendere mobilia di qualità e a buon prezzo perché, a parte qualche armadio
al piano di sopra, è del tutto da arredare.”
“Cos’è
quello? Dietro di voi.” William additò qualcosa che stava alle spalle dell’uomo
più anziano, che si girò per verificare cosa avesse attratto la curiosità
dell’universitario.
“Ah,
non l’avevo neanche notata.” Si avvicinarono entrambi all’oggetto indagato. “È
una bacheca con delle vecchie foto. Devono essere molto vecchie vedendo la
fattura delle immagini. Sono suoi parenti?”
William
si sporse in avanti per mettere meglio a fuoco il contenuto delle immagini e
ripassò mentalmente i volti della sua famiglia a lui noti.
“No,
almeno non che io conosca. Chissà da quanto tempo sono qui…”
“Beh,
allora penso che voglia sbarazzarsene.” Il notaio fece per togliere la bacheca
inchiodata al muro, ma il biondo lo bloccò con fermezza.
“Aspetti
un attimo! Non sono sicuro di volerlo buttare, mi piacciono cose antiche di
questo genere. Mi faccia dare meglio un’occhiata.” Si posizionò meglio di
fronte alle piccole fotografie ingiallite e ritraenti
persone del tutto sconosciute.
Poi.
Sconcerto.
Occhi
smeraldini si specchiarono nei propri gemelli.
Voci
e mani che lo trascinavano, lo abbracciavano, lo uccidevano.
Dolore
osceno. Vetri acuminati di peccato.
Frammenti
che danzavano attorno a iridi purpuree.
Capelli d’oro.
Rintocchi di un pendolo.
Una agonizzante melodia.
Neve su uno sguardo spento.
Pagine consumate.
Sorrisi folli.
Sangue.
Morte.
Morte.
Morte.
E…E…
E …
Note: Arrivati qui sarete straniti, ma non
preoccupatevi, lo sono molto più di voi xD
Mi pare corretto specificare che il
personaggio di William Twining (si, perché è TWINING
il cognome vero e non quello da tea LOL) è il protagonista di un VERO manga, ancora
quasi del tutto sconosciuto e inedito nel nostro bel Paese, intitolato ‘Devils And Realist’. Appena ho
visto il suo viso sono saltata sulla sedia urlando ‘Omggg!
Un misto fra Oz e Alois!’ e
quindi ecco come è finito in questa fanfic.Tuttavia
non lo segnalo come crossover in quanto l’ ho inserito per mio sfizio personale
ma è solo il pretesto per illustrare scene effettive su Pandora Hearts. Cioè, avrei potuto inserire pincopallo
come Vessalius e ci sarebbe stato lo stesso
discretamente bene.
Boh, nient’altro da dire se non che
ci rivediamo al capitolo due, se volete :D (capitolo uno in realtà, mavvabbeh lol)