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Autore: DaGio    11/12/2011    3 recensioni
Avete mai sognato di vivere in città sospese oltre le nuvole?
Se si, avrete l'occasione di rivivere questo sogno.
Se no...bhè, vorrà dire che lo scoprirete.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1:
Plenilunia
Tranquillità. La parola giusta per descrivere il limpido cielo che si stagliava sopra la terra di Iladhar.
Nascosta e avvolta dalle candide nuvole, fluttuava la grande città-piattaforma di Plenilunia, centro nevralgico del commercio degli umani dopo la scissione dal suolo. Essa deteneva il maggior numero di mezzi atti al recupero di risorse necessarie alla vita e alle esigenze dei cittadini, i quali, col passare del tempo, svilupparono l’uso della tecnologia per comunicare con le altre città.
Una persona qualsiasi, avvicinandosi, impiegherebbe molto tempo a distinguere la miriade di velivoli dalle forme più bizzarre: alcuni possedevano solamente qualche elica –in genere erano i mezzi di dimensioni più discrete- altri rilasciavano scie di vapore prodotte da grandi motori, adatti al trasporto di cittadini da una piattaforma a un’altra. A questi ultimi erano affidati anche molti altri compiti, come l’importante ruolo delle corazzate addette alla difesa chiamate “Grinder” ma soprannominati dagli abitanti “ferraglie”, poiché composti da diversi metalli di scarsa qualità e spesso arrugginiti a causa delle dense nuvole di vapore che emanavano. Queste avevano il compito di difendere i cargo durante le spedizioni sulla terra, alla ricerca di materie prime.
Plenilunia era una città composta da grandi palazzi bianchi e da una moltitudine di vie che siradicavano per tutta la piattaforma; al centro sorgeva il palazzo del governatore. Questo era composto da quattro torri unite da corridoi di mura in alabastro, sulle quali vi erano poste merlature a lingua biforcuta, dove diversi uomini montavano la guardia. Fuori dal palazzo si trovavano giardini di varie dimensioni, ciascuno dei quali coperto da fiori differenti. Nei dintorni non c’era molta gente e questo fatto rendeva il luogo ancora più splendido di quanto già non fosse.
Davanti all’entrata primaria, inoltre, una grande discesa che faceva da via principale era affiancata, da entrambi i lati, da alberi non troppo grandi, i quali proiettavano la propria ombra sulla strada in modo da permettere ai diversi passanti di fermarsi a parlare o farli proseguire senza che il sole li disturbasse. In fondo alla strada che scendeva sino ad una muraglia, si ergeva un piccolo cancello sorvegliato da guardie armate di lunghi moschetti e vestite con leggere corazze argentee, le quali parevano essere celesti poiché riflettevano il colore del cielo. Al di fuori del passaggio si estendeva una larga via molto trafficata da uomini e mezzi e solo una piccola stradina di pietre conduceva al palazzo del governatore. Seguendo quel sentiero, si arrivava all’interno della piazza principale, passando prima da un vicolo dove diverse persone sbrigavano i loro doveri, anche se vi erano per lo più bambini che giocavano fra il bucato delle loro madri e si divertivano correndo in ogni direzione dove non poter esser visti dai genitori. In quel posto, gli odori si mescolavano fra loro, dando vita a sentimenti e ricordi di una vita passata, suscitando una densa e profonda nostalgia: da una parte si avvertiva l’odore dei profumati abiti messi a stendere, dall’altra quello del pane appena sfornato. Da ogni luogo, si udivano le grida dei mercanti, i quali cercavano di persuadere le persone affinché comprassero la loro mercanzia, a volte interrotte dalle urla di bambini, intenti a lottare contro avversari immaginari. Quella confusione era caratteristica di tutte e tre le città volanti poiché, ormai, la popolazione stava aumentando e gli spazi vuoti e più silenziosi appartenevano soltanto ai ricchi signori: gli unici a vantarsi di avere l’unica cosa che sembrerebbe veramente unica e rara, ovvero la tranquillità e la quiete. Sulla sommità della torre centrale del palazzo del governatore era stata costruita una piattaforma di atterraggio privata, dove i rappresentanti delle altre città potevano atterrare per essere ricevuti. Le torri presentavano tettoie costituite da mattonelle color blu marino e lungo la loro superficie si trovavano diverse finestre, ma da una in particolare si poteva scorgere una ragazza intenta a contemplare il bel paesaggio che si presentava davanti ai suoi occhi.
Ella, alta e snella, portava capelli dorati fino alle spalle e aveva occhi verde smeraldo, che pareva fossero incastonati in un volto candido. La ragazza, dopo aver osservato il paesaggio, si voltò per recarsi alla porta della sua camera, alla quale qualcuno aveva bussato. La stanza era discretamente grande e circondata da fini ornamenti color oro e porpora, i quali dominavano le pareti e il soffitto. Un lampadario di cristallo pendeva al centro del vano, nel quale, all’estremità destra, vi era un letto a baldacchino e vicino ad esso si trovava una scrivania sulla quale poggiava uno specchio.
“Buongiorno maestro Tanenth” salutò la ragazza. Infatti davanti ad ella si presentò un uomo sulla cinquantina con una folta barba castana, così come lo erano i capelli e i suoi occhi penetranti. Egli portava un panciotto rosso, eleganti scarpe in cuoio nero e un cappello rosso che portava sottobraccio.
“Buongiorno principessa Elea … ma siete in vestaglia …” replicò l’uomo imbarazzato.
Elea gli rivolse un sorriso esclamando: “Tanenth, mi conoscete da quando ero piccola. Non credete di esagerare un po’?”
Il maestro, guardandosi le scarpe, diede un cenno di assenso e continuò: “Mi manda vostro padre. Egli desidera parlarvi per discutere riguardo il vostro imminente compleanno.”
Il sorriso sulle labbra della principessa si spense di colpo e, voltatasi, disse all’uomo: “Riferitegli che arriverò appena sarò pronta”. L’uomo fece un breve inchino e andò a riferire il messaggio.
La ragazza aprì un cassettone in mogano e prese un vestito color argento, il quale esaltava il colore dei suoi capelli, in seguito uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle. Lungo il corridoio erano state poste diverse lampade a olio, le quali,tuttavia, non riuscivano a dissolvere totalmente l’oscurità, anche perché le poche finestre presenti erano coperte da spesse tende dorate. In fondo a questo si trovava una corta scalinata, la quale ricongiungendosi con una dal lato opposto, ne formava una notevolmente più ampia.
La principessa aprì la porta che si ergeva subito di fronte a lei ed entrò in un ampio salone retto da sei colonne, dalle quali pendevano i vessilli recanti il simbolo di Plenilunia: una luna piena al cui interno era figurata una fortezza. Elea si fermò davanti al padre ed esclamò: “Mi avete mandato a chiamare, padre?”.
Il governatore era un uomo alto e di costituzione robusta, capelli color neri e occhi verdi penetranti; egli indossava una lunga veste rosso cremisi e un mantello marrone chiaro, con finiture d’oro sui bordi.
“Sei arrivata, finalmente! Non capisco cosa tu abbia da fare in camera tua, quando il giorno del tuo compleanno si avvicina e ci sono ancora una marea di cose da fare”, esclamò l’uomo accigliato.
“Scusate padre, ma mi è difficile pensare di raggiungere la maggior età senza aver mai visitato altri luoghi all’infuori di questo palazzo …”disse in un soffio Elea. La ragazza era stata costretta, dopo la morte della madre, a vivere rinchiusa all’interno delle mura del castello di Plenilunia, sognando di vivere una vita normale.
“Lo faccio per il tuo bene! Tu devi diventare la regina di questa città e non puoi andare in giro come una comune villana” ringhiò il padre.
“Ma come posso guidare il mio popolo senza conoscere i problemi che lo affliggono e la gente che ne fa parte?”.
“Ti è stato assegnato un mentore proprio per questo, mia cara. Cerca di avere pazienza e di essere più rispettosa nei confronti di tuo padre!”.
Elea abbassò lo sguardo e fece un cenno di assenso con la testa, si voltò e si recò nuovamente in camera sua. Pazientare. Come poteva chiederle di pazientare? Anche se avesse fatto così, cosa sarebbe cambiato? Probabilmente nulla.
Una volta arrivata alla sua stanza, un pensiero si fece largo nella mente della ragazza: scappare da quel luogo.
“Sì, devo fuggire da questa prigione! Questo non è vivere!” pensò Elea davanti al suo specchio. Detto questo, si diresse verso la piattaforma personale posta sul tetto della torre più alta, dove era appena giunto il caposquadra della spedizione cargo.
“Allora mi date conferma per la missione?” chiese il pilota del velivolo.
“Permesso concesso” rispose un consigliere del governatore.
Quando il cargo partì, la ragazza era riuscita a intrufolarsi sul retro senza essere vista. Solo un uomo riuscì a notarla, ma non fece nulla per fermarla. L’avventura ebbe inizio.
“La principessa è scappata! Non riusciamo a trovarla da nessuna parte mio signore” gridavano i servi al cospetto del governatore.
“Cercatela dovunque! Trovate mia figlia!” replicò l’uomo apparentemente disperato.
La porta del salone principale si chiuse di colpo dietro i servi agitati. Il governatore rimase in piedi, fermo, tacito. Un lieve sorriso si delineò sul suo viso: “ Molto bene …”.
 
 
 
   
 
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