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Autore: Secret Whispers    12/12/2011    0 recensioni
Questa fanfiction è la prima classificata del contest Alternative Universe organizzato dal Secret Whispers GDR Forum.
"La Nerv, dopo essere riuscita a catturare ed uccidere il vampiro Serori Aasu, ha infuso dentro un prototipo di Eva la sua intera coscienza. Nessuno sembrava in grado di controllarlo tranne che una ragazza a loro conosciuta come Sarah Gray. Di lei sanno soltanto il poco che basta per darle modo di pilotare il nuovo mezzo, ignorando tuttavia la sua vera natura di cui solo Mezzo Estragon, un flemmatico quanto drogato (di caffè) bibliotecario, sembra essere a conoscenza.
In parallelo si svolge la vicenda di Kuroi Mato e Koichi Kurosawa, gli ultimi due piloti rimasti in vita dopo che Gendo Hikari permise agli Eva Series di entrare a Neo Tokyo e seminare il terrore, con la sua conseguente morte.
Con un odio particolare verso il proprio compagno di battaglie e verso il padre –capitano delle operazioni Nerv-, Kuroi si ritroverà a dover scegliere tra l’orgoglio e un possibile cambiamento nella sua vita."
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La fiction che segue si è classificata prima al contest "Alternative Universe” indetto dal Secret Whispers nel mese di Maggio 2011.
L'autrice, Xasar, ha acconsentito che la sua opera fosse esposta su questa pagina.


Titolo: My Last Present
Autrice: Xasar
Fandom: Tratta dalla role Mezzo x Sarah e Koichi x Kuroi. Il mondo è quello di Evangelion.
Personaggi: Mezzo Estragon, Sarah Gray, Koichi Kurosawa, Kuroi Mato, Akira Mato
Avvertimenti: Contest Universo alternativo. E’ stato scelto quello appartenente ad Evangelion, per cui se alcune cose sembrano complicate è normale: in quell’anime/manga ci si capisce veramente poco e quindi è giusto che sia così anche nella mia Fan Fiction xD. Alcune cose si possono capire solo se si ha presente di cosa parla la storia di Evangelion, per cui consiglio di informarsi brevemente almeno sulla trama.
Genere: Hentai
Breve introduzione: La Nerv, dopo essere riuscita a catturare ed uccidere il vampiro Serori Aasu, ha infuso dentro un prototipo di Eva la sua intera coscienza. Nessuno sembrava in grado di controllarlo tranne che una ragazza a loro conosciuta come Sarah Gray. Di lei sanno soltanto il poco che basta per darle modo di pilotare il nuovo mezzo, ignorando tuttavia la sua vera natura di cui solo Mezzo Estragon, un flemmatico quanto drogato (di caffè) bibliotecario, sembra essere a conoscenza.
In parallelo si svolge la vicenda di Kuroi Mato e Koichi Kurosawa, gli ultimi due piloti rimasti in vita dopo che Gendo Hikari permise agli Eva Series di entrare a Neo Tokyo e seminare il terrore, con la sua conseguente morte.
Con un odio particolare verso il proprio compagno di battaglie e verso il padre –capitano delle operazioni Nerv-, Kuroi si ritroverà a dover scegliere tra l’orgoglio e un possibile cambiamento nella sua vita.
N.d.A(facoltativo): una storia che è stata scritta in mancanza di tempo, per cui non ho avuto tempo di rileggerla completamente ed aggiungere cose qua e la >.<
Eventuali errori di battitura sono già stati corretti, gli unici errori che WORD può trovare sono inerenti alla forma che lui non ritiene giusta, ma siccome di lui mi fido quanto a lasciare la mia possibile figlia in custodia al pedobear, non ci sono stata attenta al sostituire le parole che egli mi consiglia. Ho voluto precisare questo punto nel caso venisse fatta un controllo ortografico di quel tipo.




“Una giornata piovosa, maleodorante. L’acqua scrosciava già da un po’ in quella fredda sera autunnale, senza riuscire a portare via l’odor di marciume tipico delle foglie secche. Il cielo scuro tuonava ed io la guardavo dalla finestra, appoggiata con la testa allo stipite delle sue sbarre, sfiorando con le dita il bianco muro nella speranza che scomparisse, che mi lasciasse libera di andare.”
-Una storia noiosa, non trovate?- osservò la ragazza dai lunghi capelli chiari, avvicinandosi lentamente all’uomo, colorando il proprio volto di un sorriso piccante.
Stavo leggendo, un tomo decisamente impegnativo, alto all’incirca una trentina. Nessun titolo, solo la copertina violacea a renderlo riconoscibile tra i molti presenti. La guardò sorridendole a sua volta, chiudendolo con un tonfo leggero e riponendolo sullo scaffale con estrema flemma.
-“Autobiografia di Xasar”, il titolo mi ha stimolato.- rispose l’uomo avanzando di qualche passo, attraversando la misera distanza tra loro con estrema nonchalance, fino a ritrovarsela dinnanzi, sovrastarla con la sua altezza. Lei, seppur minuta, non si lasciò impressionare -non sarebbe stata comunque intenzione di lui adempire in un simile intento- e s’avvicinò d’un passo a sua volta.
Vicini, pericolosamente vicini. I capelli di lui, corvini, perfettamente ordinati e tirati all’indietro, risplendevano della luce artificiale delle lampade appese. La lieve barba, per lei, era un richiamo irresistibile, la voce diretta della tentazione che la reclamava a gran voce.
-Mai sentita… signor Estragon.- le dita di lei scivolarono appena sulla cravatta rossa dell’uomo, dopo aver allungato una mano verso essa. Percorsero una scia immaginaria che univa il nodo al primo bottone del suo gilèt marrone rigato di un nero perlato. Poteva solo immaginare cosa si celasse oltre la camicia nera sottostante.
-Siete audace stasera, Sarah.- un’osservazione pungente che stimolò appena i sensi di lei, coinvolta nell’approfondire quel sorriso, nel prendere il corpo di lui con gli occhi e cingersi con il proprio. I seni, coperti da una sottile camicia di lino bianco, aderirono perfettamente all’addome di Mezzo Estragon, mentre Sarah si sollevava sulle punte dei piedi, andando a solleticare appena con le unghie la base del suo collo. Era scoperto, il colletto della camicia lievemente sbottonato. Forse per il caso, forse per istigarla indirettamente a posarvisi sopra anche le labbra oltre che le dita, così si lasciò andare alla tentazione, proprio come affermava Oscar Wilde. Dolci e morbidi petali che toccarono, freddi a contrasto con la calda carne, il collo pulsante, creando un mix pericoloso di provocazione e flemmatica audacia.
Lo percepì fremere appena, respirare quanto bastava per farlo sembrare un gemito soffocato di sorpresa, e si concesse a lui senza proferir parola. Sollevò una gamba, accarezzandogli il fianco, strofinando la carne nuda e gelida contro la stoffa di quel gilèt. Esattamente nello stesso istante, le mani di lui l’afferrarono saldamente per i fianchi, trattenendola gentile ma passionale al tempo stesso.
Sollevandola, girò su sé stesso, in modo che ella poggiasse la schiena contro uno scaffale di quella biblioteca, premendo le scapole contro i libri che presero a cadere. Premeva il suo corpo più maturo contro quello di lei, quello di una diciassettenne. Le mani esperte dell’uomo frugarono sotto gli abiti di entrambi mentre quelle di lei avvolgevano il suo collo, leccandolo, baciandolo, tentata dal morderlo. Poi giunse… un sospiro di lei, un sorriso…
Il tempo scorse tra attimi d’incessanti pause e passionali cedimenti. Il sudore fluiva sulla loro pelle, o meglio, quello di Mezzo scorreva sulla pelle della vampira. L’euforia era molta, ma mai i canini di lei affondarono nel collo di lui, neanche una volta.

Il rumore di una sirena, un suono continuo che preannunciava l’adunata.

-Credo sia meglio andare…- osservò giocosa, mentre l’uomo, respirando profondamente senza staccare la propria fronte da lei, era totalmente in preda all’eccitazione.
-Indubbiamente. Magari più tardi…- una risposta, perdutamente flemmatica, ricca di quella pigrizia che lo caratterizzava. Tanto è che lei gli sorrise ghignante, unendo le proprie labbra con le sue e abbandonandosi ad un bacio passionale.



-Presto, attivate la procedura GC91! Eva 07 e 08, tenetevi pronti allo sgancio!- la voce del generale sovrastò ogni altro rumore.
Nella sala comandi un via vai di persone. Un luogo oscuro e pieno di schermi, bottoni e microfoni, quasi sembrava la cabina di controllo di un sottomarino e, infondo, non era poi così diversa. Tutti erano intenti ad eseguire gli ordini ricevuti.
C’era tensione, si respirava, era palpabile e il capitano Mato rimaneva composto, mentre gli altri suoi sottoposti cercavano di contrastare il pericolo imminente. Alto, capelli scuri e occhi azzurri montanti su un uomo virile, muscoloso e perdutamente scultoreo. Non esisteva persona che non venisse ammaliata dal suo inarrestabile carisma.
Da uno schermo guardava la figlia, una ragazzina minuta, dai lunghi capelli neri –raccolti in due codini- e così poco seno da essere paragonata ad una tavola da surf. Gli occhi di due tonalità di blu, proprio come la tuta che ora indossava. Accanto, nel rispettivo Eva 08 vi era il suo compagno di battaglie, un appassionato di kendo –nonché praticante- dai folti capelli neri e gli occhi di cobalto. La sua tuta si contraddistingueva per essere color vinaccia. Mezzo Estragon scherzosamente l’aveva sempre definito “un viola cazzuto”.
-Kuroi! Koichi! Riuscite a sentirmi?- chiese il capitano parlando attraverso il proprio Vox.
-Forte e chiaro, signore.- rispose il ragazzo senza alcuna esitazione. La ragazza al contrario non proferì parola, si limitò ad alzare gli occhi verso la telecamera che la stava riprendendo all’interno della cabina di pilotaggio, con un’espressione terribilmente seria. Un luogo quasi magico, fatto di liquido amniotico ed una strana quanto colorata visione del mondo.
-Aha…- una risposta quasi scocciata che però fece sorridere il padre, mentre lei tornò a guardare avanti a sé e a concentrarsi sulla battaglia imminente.
-Tasso di sincronia?- chiese all’operatore più vicino, distogliendo lo sguardo dalla propria figlia.
-Ottantasette per cento Kuroi. Novantaquattro per cento Koichi, signore!- riferì immediatamente con una velocità sorprendente dopo aver letto alcuni valori sulla schermata principale.
-Perfetto!- commentò riprendendo in mano il proprio Vox, conscio tuttavia che solo l’ottantasette per cento era fin troppo poco per lei. Era strano, che cosa le prendeva? Non era mai stata così fuori forma prima d’ora.
-Conto alla rovescia e verrete sganciati, Kuroi vedi di rimanere concentrata!- eppure il suo tentativo d’incoraggiamento sortì soltanto l’effetto di farla arrabbiare ancora di più. L’impressione che suo padre si aspettasse tanto da lei, forse addirittura troppo da poter essere compensato col suo operato. C’era da dire tuttavia, che come padre lasciasse davvero a desiderare… quale stolto avrebbe mandato la sua figlia di soli 17 anni fuori a combattere un maledettissimo mostro divino? Come poteva volergli bene comunque?
I nervi di entrambi erano tesi, ma pronti. Avevano già ben stretti nelle mani le leve dei comandi, non altro che sensori in grado di captare i pensieri, così da poter muovere l’Eva a proprio piacimento e con una facilità estrema. Bastava pensare di muoversi e tutto veniva da sé.
10… Non c’era tempo neanche di mettersi a discutere, sebbene Kuroi e Koichi si odiassero a vicenda, 9… nonostante i loro continui battibecchi, ora avrebbero dovuto lavorare insieme per l’ennesima volta. 8… Un nuovo angelo era arrivato con il solo obbiettivo di raggiungere Lilith, 7… e creare il third impact. 6…

5… 4… 3…

Un pensiero nella mente di Koichi attraversò rapido ogni anfratto, come una scheggia di proiettile sparata a grande velocità da un cannone Gauss, destinato alla ragazza poco più lontana ora dentro una capsula identica alla sua.
Ogni volta che andavano lì dentro, egli era conscio che poteva essere l’ultima volta in cui si sarebbero potuti vedere e, per quanto non la sopportasse, per come avrebbe preferito affrontare quella cosa da solo e non in coppia, sentiva di non voler per lei quella sorte. Se pensava che ogni volta si salutavano con “Vedi di non intralciarmi” e “Idiota!”, gli veniva spesso da chiedersi quali sarebbero state nel caso le parole giuste da dire altrimenti.
Quella chiassosa… e Koichi distolse lo sguardo.
2…
Kuroi osservò alla sua sinistra l’Eva color vinaccia e con una testa a forma di casco da moto, lo 08. Era preparato in posizione da scattista tanto quanto lei e per un istante quasi le parse di aver sentito il suo pilota dire qualcosa. Chissà quali pensieri lo attraversavano. Se la stessa rabbia che ribolliva in lei fosse anche in lui. Che importanza ha? non erano affari suoi. Uno stupido doppiogiochista, ecco cos’era, ma non poteva permettersi che morisse in combattimento. Per quanto gli costasse anche solo pensarlo, aveva seriamente cominciato a volergli bene, anche se per questo avrebbe preferito vederlo sparire.
1…
Un rumore assordante seguì l’ordine di sgancio. Gli enormi portelloni dell’aereo si aprirono rivelando il paesaggio mozzafiato che si poteva percepire a 4.000 metri di quota. Immediatamente vennero catapultati fuori tramite due carrelli scorrevoli. Prima Koichi, poi Kuroi.
Un volo il loro che durò quasi un’eternità. Non avevano bisogno dei jet, perché gli avevano riferito le coordinate precise dell’obbiettivo e si trovavano precisamente sotto i loro piedi.
-Mato!- esordì il ragazzo attraverso il proprio Vox, volandole di fianco –Vedi di non intralciarmi!-
Strano pensare quanto poco prima avesse ritenuto inappropriata quella frase per poi farne di nuovo uso. Eppure era una routine, per quanto spiacevole fosse. Non riusciva a farne a meno. Kuroi era una guerriera, una vera combattente, ma avrebbe preferito che si fosse salvata, almeno lei. Non gli sarebbe piaciuto sentirsi responsabile della sua morte, in nessuna vita.
Ora aspettava la sua risposta. Ella però scrutò dalla propria visuale l’immagine del suo Eva, senza proferir parola, per poi tornare a guardare il vuoto sotto di loro. La città era grigia, i palazzi rimasti erano altissimo, quelli distrutti rasavano il suolo come una strana ed eccentrica decorazione. Solo l’asfalto era completamente intatto. Qualunque cosa fosse giunta lì, sicuramente aveva creato un bel casino in poco tempo.
Con sguardo interrogativo, il ragazzo concesse un’ultima occhiata al mecha azzurro e blu scuro prima di toccare terra. Mato…?
Non ci fu neanche il tempo di guardarsi attorno per cercarlo. L’angelo stava esattamente in mezzo a loro che cercava un punto per iniziare a scavare nel tentativo di arrivare a Lilith. Un ammasso informe di gelatina, grosso all’incirca come una villa a 5 piani, con un volto che non era altro che una maschera semi circolare e con tre punte rivolte verso il basso, quasi fosse l’esposizione simbolica della morte e al suo interno vi era il nucleo, ben visibile e forse vulnerabile. L’intero corpo era di un rosastro trasparente. Ogni tanto al suo interno, avveniva qualche strana reazione chimica e alcune bolle fluivano al suo interno quasi fosse fatto di acqua.
Koichi estrasse un’enorme katana da dietro la propria schiena, direttamente dal corpo dell’Eva 08, puntandola -da vero samurai- verso l’abominio, preparandosi ad un corposo affondo verso il suo unico punto debole.
La ragazza rimase completamente immobile, esaminando la situazione. Notò che quel “coso” non aveva alcun interesse nell’attaccarli, vagava semplicemente alla ricerca di un punto debole della crosta, lasciandosi dietro una scia vagamente scivolosa ed appiccicosa, simile alla bava delle lumache. Le ricordava tantissimo un Ooze di Dungeons and Dragons, ma non era quello il momento giusto per pensarci.
Non fece in tempo neanche a dire la sua che Koichi si lanciò verso il mostro, tentando si attaccarlo meglio che poteva, ma con un risultato devastante. La punta della sua lama, impattando con la pelle del mostro, andò immediatamente in mille pezzi sotto gli occhi attoniti ed increduli del ragazzo.
-Idiota!!!- gli gridò Kuroi. Finalmente aveva avuto la risposta che cercava, solo in un contesto del tutto diverso.
Ella tese la mano avanti a sé, in modo che il suo braccio fosse parallelo al terreno. Da esso si materializzò un mitragliatore pesante di colore nero, smontandosi dal corpo stesso dell’Eva. Pochi istanti e una raffica di colpi partì dalla sua arma, facendo rimanere di stucco Koichi. I proiettili rimbalzavano sopra quell’apparente dura scorza, finendo a terra e forando il terreno. Lasciò il grilletto, riflettendo attentamente sulla situazione. Anche il ragazzo sembrò fare lo stesso, mentre quell’essere continuava a vagare senza ragire.
-Veramente strano, all’apparenza sarebbe pure difficile definirlo pericoloso.- osservò lui rimanendo fermo immobile a lato della ragazza, guardando la strisciata che l’angelo si stava lasciando dietro, con una densità che pareva aumentare. Nessuno dei due sembrava aver notato gli strani fumi che fluivano dal terreno al suo passaggio e alla continua permanenza di quella sostanza. Eppure Kuroi non ebbe esitazioni, né a rispondere né ad avvicinarsi e tentare di toccarlo con una mano.
-Che stai facendo?!- la richiamò lui tenendosi per fermarla, senza alcun successo. La ragazza riuscì a palpare quella strana sostanza e, con un’indefinita occasione, le sue dita sprofondarono nella carne della creatura. Immediatamente un bruciore tremendo invase la punta delle falangi di Kuroi, percepibile da lei attraverso il proprio mezzo. Urlò di dolore, cercando di ritirare immediatamente la mano, ma le fu dannatamente impossibile. Tirò con forza, sperando di riuscire nel suo intento, ma non l’estrasse neanche di un millimetro.
Koichi accorse più in fretta che potè –lasciando cadere dalle proprie mani il resto della spada spezzata- e, pur se riluttante, afferrò il braccio dell’Eva della ragazza e tentò di aiutarla come poteva, senza alcun successo. Intanto il metallo si corrodeva, la mano di carne dell’essere umana all’interno del mecha si stava lentamente bruciando, soffocata da un’acido altamente corrosivo.
In un lampo la deduzione di lui, come un fulmine a ciel sereno, dopo aver riassunto tutti i dettagli del caso, aver messo assieme i pezzi del puzzle che si era presentato loro sotto forma di una strana gelatina alla frutta.


-Piacerebbe anche a me guidare uno di quei marchingegni.- osservò Mezzo posando i propri occhi su una mastodontica costruzione umanoide di colore nero e con rifiniture rosse splendenti. La testa appuntita lo rendeva mostruoso, simile ad un drago. Il metallo dei denti risplendeva di un chiarore omicida. Solo lei, lei soltanto, poteva guidare un simile demonio.
-E bere caffé giganti?- chiese la vampira guardando l’uomo e sorridendogli morbidamente, nonostante il suo superficiale sarcasmo.
Fosse possibile… pensò lui sogghignando, senza distogliere lo sguardo un singolo istante. L’attirava, forse in un modo in cui solo la sua amata bevanda e la sua adorata vampira, riuscivano a fare.
Dall’alto della sua maestosa e terrificante presenza, L’Eva 09 sembrava guardarli con uno strano furore. Gli occhi rossi, perdutamente lucenti, ricordavano moltissimo quelli di lei.
-Vi è infusa dentro l’anima di vostro fratello, non penso gradirebbe la mia presenza dentro di sé. Da quel che ho saputo era un seme.- osservò con aria tranquilla ma quasi saccente a quel pretenzioso commento di lei.
-Perché voi siete un Uke?- sorrise, rimanendo per un attimo affascinata dal proprio Eva, di come era riuscita ad entrare alla Nerv senza che nessuno sospettasse della sua natura di vampira. Sorpresa più che altro era dell’assoluta discrezione dell’uomo, di come entrambi condividessero qualcosa di estremamente illusorio, fugace e distante. Lei una vampira in incognito. Lui un bibliotecario che bevevo decisamente troppo caffé per pensare lucidamente.
La passione alla quale entrambi si concedevano, non era altro che un modo di ritrovarsi, congiungersi in quella specie di sentimento che sembrava uscire improvvisamente dal cuore morto di lei. Che forse potesse ricominciare a battere? Poteva forse desiderare di più dal suo particolare calore umano?
Decise che avrebbe volentieri aspettato che la risposta le giungesse in totale autonomia, uscendo da quella galleria in cui erano entrati. Via da quella vetrata enorme che si gettava sul mondo nato dal sangue di Lilith. Mezzo rispose –Non così tanto.- ricambiando la sua espressione sorridente, una soddisfazione ghignante. La seguì poi senza proferir parola, cercando con lei un contatto: le porse gentile il proprio braccio, in modo che lei l’afferrasse.
L’Eva appeso per dei tiranti fissati al soffitto, guardava dritto avanti a sé. Solo per un attimo i suoi occhi splendettero illuminandosi radiosi.


-Non devi tirare con forza! Fai con calma!- le spiegò Koichi cercando di evitare che tirasse ulteriormente.
-Ma che stai dicendo?! Brucia!!!- sbraitò lei, totalmente rossa in volto. Ormai la mano dell’Eva si stava riducendo a poco più che brandelli, mentre quella di Kuroi soffriva per le tremende scottature a cui si stava sottoponendo.
Dal video dentro la cabina di pilotaggio, il padre poteva vedere ogni cosa, la figlia contorcersi, in prossimità di perdere l’uso della mano. Eppure non batteva ciglio, nonostante la sua preoccupazione. Là dentro, dalla sala comandi, tutti i suoi sottoposti non potevano fare a meno di paragonarlo al defunto Gendo Hikari.
-Con calma, ho detto!- Koichi la scosse violentemente, cercando di farla rinsavire. Riuscì in qualche modo a bloccare i suoi continui movimenti fino a farle estrarre con una lentezza indescrivibile, la mano da quella creatura. Uno spruzzo gelatinoso fuoriuscì da quel foro che si era creato e una sorpresa immediata travolse il volto della ragazza, che si lasciò cadere a terra incredula. L’Eva emise un sonoro tonfo nello sbattere il retro nel duro asfalto. Il suo volto diceva tutto: non riusciva a spiegarsi quanto successo. Si tenne stretta la mano bruciante, realizzando quanto Koichi le spiegò successivamente.
-Funziona come la maizena! Più ti muovi violentemente, più oppone resistenza!- si avvicinò nel frattempo, cercando di capire l’entità del danno. La mano destra dell’Eva era completamente inutilizzabile. La pilota non riusciva a muoverla neanche con la forza del pensiero.
-E’ un problema…- rifletté lei, ma in quello stesso momento, l’angelo si animò come furente, probabilmente reso più attento da quell’inconveniente che gli era capitato. Una grave perdita sul retro, se non fosse stata una situazione così critica, probabilmente Kuroi l’avrebbe pure trovata comica.
Merda… un pensiero veloce e fugace nella mente del kendoka, che estrasse velocemente dal polso dell’Eva una wakizashi in perfetto stato. Era ovvio che un samurai non portava mai con sé una sola lama. Eppure…
Il mostro cambiò forma, si condensò facendosi più alto. Le spine della maschera che sembrava portare, si curvarono verso l’alto e iniziarono a scagliare contro il pilota più vicino delle chiazze oleose di quei succhi al suo interno. Forse di difficile attuazione, ma non impossibili le schivate che il ragazzo compì per evitarne i colpi, lanciarsi verso l’angelo cercare di affondare lentamente verso il suo interno, oltrepassando la barriera ora morbida. Avvertì un bruciore tremendo ovunque, la faccia che iniziava a fumargli per l’acido che corrodeva la testa dell’Eva, ma la lama che lenta ed inesorabile si avviava verso il suo nucleo. Mancava così poco, era quasi riuscito a toccarla, quando venne sbalzato fuori come in un colpo di tosse. Sbatté violentemente a terra sotto gli occhi attoniti di Kuroi.
-Kurosawa!!!- gli gridò contro cercando di richiamare la sua attenzione, riportarlo alla realtà. Come se quel liquido togliesse le forze, quasi assorbisse l’anima dei mecha, ora lui non riusciva a muoversi come voleva, forse dovuto anche alla corrosione delle giunture.
-Sto bene.- e quella fu la sua risposta, detta con un’insolita calma, quasi irritante. Era possibile che non si rendesse conto di quanto avesse rischiato a prorompere in quel modo nel tentativo di far finire tutto più in fretta possibile?
-Sei un idiota!- gli ricordò lei, sbraitando come se fosse al mercato, cercando di nascondere il fatto che avesse le lacrime agli occhi. No, Koichi non avrebbe potuto vederla, dunque perché preoccuparsi?
-Lo so.- un commento semplice, l’ammissione. L’angelo prese ad avanzare verso di loro, lentamente, eppure senza sparargli contro quelle sottospecie di succhi gastrici.
-Perché ti sei lanciato in quel modo, contro quell’angelo, come un’idiota?!- sentire la necessità di saperlo, forse poteva acquietare il suo animo. Era strano, perché non le era mai importato veramente di Koichi, non aveva mai esternato una tale preoccupazione e forse egli se ne stava beatamente rendendo conto.
Arrossì lievemente, distogliendo lo sguardo da lei –Perché sei una stupida chiassosa che aveva bisogno di protezione.-
-Stronzo… Io non ho bisogno di te!- una rivolta sua, come una ripicca per non ammettere quanto effettivamente le avesse fatto piacere sentire ciò. Quella maledetta maschera che portava, era davvero così imponente e importante da non riuscire neanche a infrangerla, ad essere sé stessa?
Koichi abbassò lo sguardo, ancora rosso in volto, digrignando i denti, evidentemente scocciato da tutto ciò. Dal proprio dar fiato alle trombe, dalla reazione improvvisa ma totalmente attesa di Kuroi. Una situazione già tremendamente pericolosa, che stava diventando quanto meno imbarazzante. La fortuna voleva soltanto che quella creatura fosse estremamente lenta, ciò dava loro il tempo di riflettere.
Erano a circa 700 metri di distanza quando la pilota dell’Eva 07 captò un segnale.
-Kuroi, mi senti?- la voce del padre risuonò nelle orecchie della ragazza ed istintivamente guardò la telecamera situata all’interno della capsula interna al suo abitacolo. Mai aveva sperato di sentire quella voce in un momento del genere, ma non poté che ringraziare chiunque in quel momento la stesse guardando e, in qualche modo, pregando per lei.
-Cazzo papà, qua siamo messi male!- si preoccupò di dire immediatamente, urlandolo in modo da farsi rendere chiara e precisa su quanto era necessario fare affinché loro non perdessero la vita in un posto del genere.
-Lo vedo, cercate di resistere ancora un po’, vi sto mandando i rinforzi.-
….
-Cosa?!-
-Cosa?!- anche Koichi aveva sentito la discussione, era collegato direttamente al Vox della ragazza, per cui ella non si sorprese nel sentirlo gridare quasi all’unisono con lei.
-Lo vedrete all’orizzonte tra circa qualche minuto, intanto cercate di non morire.- ultimo avvertimento, poco prima che annunciasse il suo congedo. Kuroi lo bloccò immediatamente, esordendo con una domanda essenziale –Di che stai parlando?!-
Ci fu un attimo di pausa, poco più di qualche istante che fece tenere il cuore in gola pure al ragazzo lì presente. Poi arrivò e fu tremendamenda –Parlo dell’Eva 09-
Il silenzio, i volti attoniti dei due, la sorpresa mista a terrore puro. Suo padre stava sicuramente dando i numeri.


Era in volo. Sulla sua schiena c’era il jetpack che le permetteva di volare velocemente e verso la destinazione prestabilita dal radar integrato nel suo sistema GPS. Un’Eva del tutto particolare: le ali di cui era dotato gli permettevano uno stazionamento in volto tremendamente lungo e nessuno si era mai sognato di contrastare la sua forza. Era talmente tanto instabile che non erano mai riusciti a trovare un pilota adatto per tenerlo sotto controllo, fino all’arrivo di Sarah. Nessuno conosceva la sua vera natura. Se l’avessero anche solo sospettato, di sicuro avrebbero trovato il modo di catturarla e rinchiudere anche la sua essenza dentro uno di quegli affari. Erick… pensò più di una volta il vero nome di suo fratello, allora conosciuto come Serori Aasu, conscia di trovarsi all’interno del suo stesso corpo, di quel prototipo di Eva sperimentale.
Non era possibile infondere l’anima di un vampiro lì dentro, perché come tali non ne avevano una. Tuttavia, il diabolico Gendo Hikari aveva lasciato alcune sue teorie e progetti per quanto riguardava il poter trasferire direttamente l’intero corpo di un essere vivente e quindi anche la sua coscienza, all’interno di un’Eva.
Erano riusciti a catturarlo, a renderlo prima schiavo e poi ad ucciderlo, rinchiudendolo lì dove ora lei stava prendendo i comandi.
Le grandi ali meccaniche sbattevano sospinte dal fuoco artificiale del jet, facendola precipitare a gran velocità verso l’obbiettivo. Li vide dall’alto, in quel paesaggio sperduto di una cittadina morta, disabitata e distrutta. Entrambi per terra, in attesa di essere salvati ed eccola che giunse, atterrando sulle punte dei piedi, brandendo una grossa lancia che non le serviva ad altro che a infilzare il mostro nel miglior modo che poteva.
- Sono arrivata qui per salvarvi, non temete, questione di poco.- un ghigno che non potevano vedere, un momento di puro e ribelle sadismo. L’unica a non essere collegata a nessun Vox, nessuna telecamera e con un tasso di sincronia del cento per cento. I suoi occhi s’illuminarono nel più totale anonimato, lasciando che tutta la rabbia la invadesse, che il costrutto prendesse possesso di lei, che venisse fatto ciò che doveva essere.


Berserk




Era passato un giorno da quando Sarah era arrivata in quel punto sperduto a salvare loro il culo. Poteva ancora ricordare come si fosse circondata di quella strana aura, di come avesse preso e infilzato l’angelo nel suo punto debole nonostante la forza del colpo infertogli.
La gigantesca esplosione a forma di croce era l’ultima cosa che ricordava di quello scontro e con tutta sincerità preferiva dimenticare l’umiliazione subita, il non essere stata capace di proteggere forse l’unica persona che avesse mai voluto proteggerla da quando aveva iniziato quella stramaledetta carriera.
Salvare il mondo? Non era per lei. Avrebbe tanto voluto tornare a giocare ad AVROS. Per quanto surreale fosse, per quanto dolore provasse, se moriva in game, allora poteva rendersi conto che era tutta finzione. Cosa sarebbe successo se fosse morta davvero? Se fosse morto qualcuno a lei terribilmente caro? Non l’avrebbe mai scoperto, per questo aveva paura ad affrontare di nuovo qualcosa là fuori.
Percorse il corridoio, tenendo la mano fasciata ben nascosta all’interno del suo lungo giaccone nero, dirigendosi presso la sala comandi dove il padre verificava il tasso di sincronia di Koichi.
-Come sta?- chiese non appena le venne dato modo di entrare e rivolgersi al padre.
-Bene. E’ un ragazzo forte, s’è ripreso velocemente dalle ustioni.- rispose lui senza distogliere lo sguardo dai monitor, dai quali si poteva intravedere la figura del ragazzo in una di quelle stanza per i test, anch’esse piene di liquido amniotico
Kuroi lo guardo, rimirandone il volto e proprio in quel momento, gli occhi di Koichi si alzarono quasi a rivolgersi direttamente a lei, come se sapesse che lo stava osservando. Ella sapeva che era un caso, ma non poté fare a meno che arrossire e girare i tacchi e andarsene senza proferir parola. Il suo compagno di battaglie idiota stava bene, per quanto l’odiasse non poteva fare a meno di rallegrarsene. Se fosse morto non sarebbe stata altro che colpa sua e non l’avrebbe mai sopportato.



Spostò le lenzuola, in modo da vederlo nella sua più completa bellezza scultorea. Amava guardare le sue forme, la sua pelle così perdutamente scura e calda, sentirla su di sé, tutto il suo corpo che la bramava e che osava toccarla. Estasiata dal suo odore e dal suo sapore, si lasciò pervadere da quel meraviglioso senso di quiete che l’avvolgeva ogni qual volta che l’atto passionale finiva, o meglio, perseguiva.
Era completamente distesa a pancia in su, la testa poggiata sul cuscino e Mezzo le stava sopra senza gravare il proprio peso su di lei. Le gambe ai lati dei fianchi e la fronte dolcemente e romanticamente poggiata su quella di lei che se la cingeva nel tentativo di non farlo allontanare.
-Riuscite ad essere sempre elegante anche se completamente esente da vestiti. Ditemi, qual è il vostro segreto?- chiese curiosa, con un fare estremamente giocoso nei suoi confronti, quasi avesse l’effettiva età che dimostrava.
Un sorriso da parte di lui e poi rivolse un attimo lo sguardo al libro poggiato sulla soglia del suo comodino, senza azzardarsi a toccarlo.
-Credo sia il caffè.- rispose abbassandosi lievemente, spostare la testa lievemente più in basso fino a sfiorare con le labbra quelle di lei che si spinse a sua volta verso quelle di lui, unendole appena per poi allontanarsi. La mano destra dell’uomo percorse lentamente il rispettivo fianco della vampira, scaldandola appena, accarezzandola come si farebbe con un gatto.
Resistette alla tentazione di miagolare ma non a quella di sfiorare a sua volta il petto dell’uomo, perdersi nella sua avvenente e mascolina peluria di Adone maturo.
-Ditemi mia cara- esordì poi richiamando istantaneamente l’attenzione di lei, che alzò lo sguardo color nocciola verso di lui continuando a sorridergli amabile, come sempre –cosa vi ha spinto ad accettare questo ruolo di pilota?-
A quel punto la vampira s’interruppe, picchiettando un attimo con le dita sulla carne di Mezzo, sentendo il suo cuore pompare attraverso la spessa pelle scura, tenendo d’occhio ogni sua piccola vibrazione mentre il sorriso svaniva per lasciar posto ad un volto tremendamente corrucciato.
-Volevo stare nuovamente con mio fratello.- rispose poi, dopo interminabili minuti di silenzio –Volevo semplicemente concedergli il ultimo dono.-
Lui la guardò per un istante, concedendole un sorriso radioso, dolcissimo, tremendamente sensuale –Non vi facevo così premurosa.- a quel punto Sarah sollevò lo sguardo verso gli occhi dell’uomo. Egli non poteva vedere il colore rosso. Non avrebbe mai potuto gustare il chiarore della colorazione dei suoi occhi in Berserk né quelli naturali di suo fratello Erick. Li sfiorò delicatamente, alzando una mano e protendendo le falangi sull’orbita del destro poi su quella del sinistro. Neri, come il caffé.
-Ed io vi facevo un’impressione sbagliata, Darling.- si pronunciò così, tornando a sorridergli. Le bastava poco per ritrovare il buon umore ed altrettanto per perderlo, ma ormai Mezzo sapeva perfettamente come prenderla.
Le loro labbra si toccarono nuovamente, stavolta più a lungo, in un gioco e una danza che richiamava a nuova voce la passione sopita. Eccola che si svegliava.


End

  
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