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Autore: Kuruccha    12/12/2011    4 recensioni
"Hachimaki?"
"Dimmi."
"Se un giorno vedrai di nuovo quella neve così diversa da come la descrivono tutti... la fotograferai per me?"
Genere: Generale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Piccola e doverosa premessa a questa fanfiction.
Mi rendo conto che Planetes è sconosciuto ai più, ma ci tenevo davvero molto a scrivere questa storia. Analizzare il tema focale dell'inverno nell'ambito di un anime che parla di astronauti mi è sembrata una sfida interessante fin dal primo attimo.
Non ho mai letto il manga da cui questo anime è stato tratto, anche se sto cercando disperatamente di recuperarlo; i personaggi e le vicende a cui faccio riferimento sono perciò solamente quelle dell'anime. E, proprio per questo motivo, mi sembra giusto avvertirvi prima dell'inizio della lettura: molte situazioni che cito sono tratte direttamente dal finale della serie. E' un vero peccato rovinarsi già dal principio la visione di un'opera bella e completa come Planetes, perciò sappiate - a vostro beneficio - che in questa fanfiction ci sono spoiler un po' dappertutto.





Neve in dirittura d'arrivo


- Senti, Hachimaki.
Lo sguardo di Nono è fisso sul pianeta che volteggia sopra alla sua testa, davanti ai suoi occhi, oltre il vetro spesso dell'oblò dell'ospedale. Il ragazzo risponde senza nemmeno voltarsi; anche lui sta osservando la Terra. È di un blu intenso, vista da lassù; di quel blu di cui Nono immagina siano dipinti gli oceani e i cieli.
- Che c'è?
- Hachimaki, è vero che sulla Terra la temperatura cambia in modo naturale?
Il ragazzo si volta. Il profilo di Nono è illuminato dal riverbero della luce solare sulla superficie del Mare della Tranquillità. Le lampade notturne dell'ospedale rischiarano fiocamente l'atrio e i corridoi.
- Beh, ci sono le stagioni, se è questo che intendi.
- Sì. Ecco. Sulle riviste scrivono sempre che d'estate è più caldo, e d'inverno più freddo. Anche la mamma dice che è così. Ma non è strano?
Hachimaki si lascia sfuggire una risata; guarda ancora la Terra, immobile nel cielo nero pieno di stelle.
- Oh, no. Non è per niente strano.
Nono non sembra soddisfatta dalla sua risposta.
- Non riesco nemmeno ad immaginarmelo. E come può variare così rapidamente? Gli esseri umani riescono ad accorgersi del cambiamento? - chiede. - E come funziona? Una mattina ci si sveglia e improvvisamente zack!, e la temperatura si è abbassata?
- Beh, il processo è un po' più graduale, a dire il vero. Tutto cambia piano piano.
- Ma succede sempre nello stesso giorno dell'anno? - domanda ancora Nono, sporgendosi con la testa verso l'amico. - Il quattro di dicembre di ogni anno c'è sempre la stessa temperatura?
- No, certo che no. Cioè, può anche succedere, ma... - inizia a spiegare Hachi; Nono lo vede ammutolirsi per elaborare meglio la propria risposta. In pochi secondi ricomincia a raccontare. - Il tempo atmosferico sulla Terra è molto variabile. Il quattro di dicembre potrebbe esserci il sole, e così la temperatura potrebbe forse arrivare anche a otto o nove gradi, almeno nella zona in cui c'è casa mia; oppure potrebbe piovere, e quindi fare più freddo. In alcune zone potrebbero anche esserci delle nevicate, anche se ormai è un evento più unico che raro.
- Hachi - lo interrompe, - Tu hai mai visto la neve?
Hachimaki apre la bocca, come a voler iniziare un discorso, ma non dice nulla.
- Scusami. Forse sono stata inopportuna.
- No, no, assolutamente.
Solleva ancora lo sguardo verso la Terra.
- È successo solo una volta - comincia poi. - È stato durante la gita scolastica del secondo anno di liceo. La nostra scuola ci aveva portato tutti in Hokkaido... aspetta, tu lo sai dov'è l'Hokkaido?
Nono scuote la testa.
- L'Hokkaido è una delle isole del Giappone, quella più a Nord. Dicevo, la scuola ci aveva portato lì nell'ambito di un progetto che analizzava i metodi di allevamento più produttivi, o almeno mi sembra fosse qualcosa di questo genere, sì. Ecco... è stato durante quei giorni. Non ricordo assolutamente nient'altro. Solo la neve.
- E com'era?
- Umida e pesante. E grigia. Era diversa da come me l'aspettavo; non è affatto bianca e soffice come la mostrano nei film, e non è vero che si posa a terra e fa diventare tutto candido e luminoso. Forse la neve come la descrivono non esiste nemmeno più. Però...
Lo sguardo di Hachimaki si perde.
- Però...?
- Ricordo di essere stato molto deluso, all'inizio. Ogni film, ogni libro, ogni opera dell'uomo descrive la neve come qualcosa di meraviglioso, e il mio primo e unico pensiero era stato "È tutto qui?" - spiega.
Hachi e Nono ridacchiano insieme.
- Poi, però, alzando gli occhi al cielo, ho visto i fiocchi cadere dalle nuvole. Erano meno veloci della pioggia. Erano irregolari, e più gentili, anche se si scioglievano appena toccavano il suolo. Il modo in cui precipitavano verso terra... mi ha stupito, ecco. Non avevo mai visto niente del genere. Ricordo di essermi chiesto con quale tipo di moto fisico cadesse la neve, e di essermi fermato ad osservarla per un bel po'. In fondo, non sono certo cose che si vedono tutti i giorni, no?
La ragazza rivolge di nuovo lo sguardo verso la Terra.
- Hachimaki?
- Dimmi.
- Se un giorno vedrai di nuovo quella neve così diversa da come la descrivono tutti... la fotograferai per me?
- Contaci - risponde, senza esitazione.
Nono sorride con tutto il cuore.
- Magari sarò io a vederla per prima. Sono certa che in questi sette anni riuscirò finalmente a fare il mio viaggio sulla Terra; e allora andrò in Hokkaido e cercherò la neve. Se la troverò, sarò io a mandare una foto a voi della Von Braun, per non farvi sentire nostalgia di casa.
Hachimaki tende un mignolo verso di lei.
- Ci conto - le dice, semplicemente.
- In fondo, devo pur ripagarti per la foto dell'oceano che mi hai portato, no? - aggiunge, sorridendo e intrecciando il mignolo con il suo.


- E così alla fine sei riuscito a vedere anche Nono, prima di partire!
È il viso raggiante di Ai ad accogliere il racconto della sua giornata, l'ultima all'interno dell'orbita terrestre prima dei sette lunghi anni da pioniere che lo aspettano. È carina come al solito, anche attraverso lo schermo per le videochiamate.
- Sì. Abbiamo parlato della Terra, e mi ha fatto venire una gran nostalgia di casa.
- Bugia!
- No, sono sincero.
- Ripensamenti dell'ultimo minuto, Senpai? - lo prende in giro lei.
- Chissà.
- Stai scherzando, vero, Hachimaki?
Ora Ai è preoccupata; le sue sopracciglia sono corrucciate, e la sua espressione ricorda ad Hachimaki quella che le ha già visto stampata in viso durante il periodo della propria convalescenza dalla sindrome da smarrimento spaziale.
Nemmeno Hachimaki sa bene se sta scherzando o meno; non vuole dirle bugie, perciò glissa la domanda.
- Tu, piuttosto, sei ancora convinta di volermi permettere di partire?
- Ne sono sicura, Hachirota - risponde, decisa. - Non devi preoccuparti per me. Non sono sola.
La sua risposta lo spiazza come ogni singola volta.
- E poi - continua Tanabe, - anche se non potremo telefonarci, potrai comunque mandarmi delle mail. Certo, ci metteranno un po' ad arrivare*, ma è sempre meglio di niente. Piuttosto, la mia preoccupazione principale è che sia tu a dimenticare di scriverle.
Hachimaki ride.
- Sai? Nono mi ha ripetuto mille volte che non devo preoccuparmi, perché sette anni nello spazio passano in fretta. "In fondo io ne ho già tredici, e ho sempre vissuto qui. I mesi trascorrono fin troppo velocemente, e mi sembra di non aver ancora fatto niente", ha detto. Riesci a crederci?
- Quella ragazzina è fin troppo saggia.
- Mi ha dato molto da pensare, questo è certo.
Tanabe ridacchia nel vederlo imbarazzato, intento a grattarsi una guancia.
- Ai, tu hai mai visto la neve? - riprende, poi.
- La neve?
Hachimaki, davanti allo schermo, annuisce.
- Sì, certo! Era neve artificiale, però. Una specie di ghiaccio che viene creato per gli impianti sportivi. I posti di quel genere hanno avuto un certo successo dopo tutti i problemi del surriscaldamento del pianeta, non è vero?
- Quando tornerò vi porterò a vedere la neve vera - afferma Hachimaki. Il suo sguardo è fermo; ha gli occhi puntati in quelli di Ai.
- Ci conto, eh. Ti aspetteremo - gli risponde, sorridendogli. Anche Hachi le sorride.
- Ora vado. Ti richiamerò più tardi, e anche domani prima di partire - la rassicura.
È il viso raggiante di Ai a concludere la videochiamata.


È nel bel mezzo del primo inverno di Hachimaki a bordo della Von Braun che il bambino nasce.
Quel giorno, Hachimaki riceve un'e-mail che lo avverte del ricovero di Ai; è di sua madre, che pensa sia bene far vivere anche a lui le ansie tipiche di ogni marito al primo travaglio della moglie. La comunicazione gli arriva alle otto e mezza del mattino, due ore dopo essere stata spedita. L'intero equipaggio della nave si agita quanto lui.
- Tua madre è una vera esperta nell'usare le e-mail per creare un'ansia generalizzata. L'ha fatto anche con me, quando tu stavi per nascere - gli spiega suo padre. - Peccato che in realtà volesse solo farmela pagare e che io sia caduto in pieno nel suo tranello.
Hachimaki stacca gli occhi dal monitor ed incrocia lo sguardo di quell'uomo che non smette mai di stupirlo.
- Era davvero furiosa per il fatto che io facessi parte della spedizione su Marte e che fossi assente fin dal secondo mese della sua gravidanza. Era così arrabbiata che mi ha fatto aspettare più di tre giorni prima di dirmi che eri finalmente nato. È per quel motivo che ero sulla Terra il giorno in cui tuo fratello è venuto al mondo - conclude, ridacchiando. - Quelle che ho aspettato per te sono state settantadue ore infernali, credimi. Un'esperienza da non ripetere!
Dà una pacca sulla spalla di quel figlio ormai cresciuto e, scivolando indietro per il contraccolpo, lo lascia solo con il computer di bordo.
È la prima volta che Hachimaki chiede di non uscire per la ricognizione tecnica della sua astronave. Resta davanti al terminale per le comunicazioni e, per ogni minuto che passa senza ricevere notizie, pensa: Forse il bambino è nato due ore fa ed io non lo so ancora.
Sa bene che Ai non lo farà aspettare per troppo tempo. È sicuro che sarà lei a dargli la notizia, quando sarà il momento, così come è certo che non gli abbia detto nulla riguardo l'inizio delle doglie per non farlo preoccupare inutilmente.
Galleggiando immobile davanti al monitor, cercando di calmare i battiti del cuore, aspetta. Non riesce a fare a meno, però, di controllare ogni dieci minuti - il tempo standard d'attesa del server - se siano arrivate nuove mail.
Ed è con il cuore in gola che, dopo più di dodici ore e più di mille pensieri catastrofici e pessimisti, apre la foto allegata alla mail di Kyutaro e vede per la prima volta suo figlio. È avvolto in una coperta azzurra decorata con un motivo di fiocchi di neve stilizzati, e Hachimaki è sicuro che sia stata Ai a sceglierla.
È andato tutto bene. Ai sta sorridendo. Hachimaki sospira di sollievo e, da padre orgoglioso, chiama a raccolta i compagni per mostrar loro la foto.


È durante quel viaggio che Hachimaki capisce perché Nono, nella loro ultima chiacchierata, abbia sostenuto che l'alternarsi delle stagioni sulla Terra fosse strano. In quei sette anni vissuti a diciotto gradi centigradi fissi, comprende perché l'uomo non possa vivere lontano dal proprio pianeta d'origine, perché abbia bisogno del caldo e del freddo e delle variazioni di temperatura, e scopre quanto monotona possa essere una vita trascorsa in una primavera perenne.
Senza le stagioni gli è impossibile quantificare il tempo che passa; come Nono aveva predetto, le giornate trascorrono piene e veloci, il lavoro lo assorbe, l'entusiasmo è il padrone assoluto del suo cervello, il tempo scorre. Quale sia il mese corrente non gli interessa più. Gennaio, giugno e ottobre sono identici; il paesaggio fuori dalla navicella cambia di poco; il Sole è sempre più lontano e più freddo.
Il tempo è scandito dai ritmi artificiali del giorno e della notte, imposti solo grazie alle luci a risparmio energetico che si accendono e si spengono sotto il controllo del computer centrale. Molti dei suoi compagni di viaggio si rivelano essere davvero simpatici, altri assai meno, ma sono comunque tutti professionisti: diplomazia e autocontrollo sono alla base di tutti i rapporti interpersonali di bordo. Nessun conflitto sfocia mai in guerra aperta. Tutto passa e scorre.
Le mail di Ai, degli ex-compagni della Sezione Detriti, della sua famiglia, e talvolta anche di Nono riempiono le settimane di Hachimaki. Il rapporto con suo padre si fa mano a mano più semplice. Suo figlio cresce e i suoi progressi gli appaiono stupefacenti.
Dopo il terzo capodanno passato a bordo, Giove è ormai in dirittura d'arrivo e riempie sempre più la sua mente.


È all'inizio del viaggio di ritorno che Hachimaki riceve una foto della vera neve.
È stata Nono ad inviargliela. Per un attimo Hachi è incredulo; non si aspettava che, in meno di cinque anni, la scienza avrebbe potuto fare progressi così grandi da permettere ad una Selenita di toccare il suolo terrestre. E, infatti, non ci è riuscita; lo scopre leggendo la mail.
"Papà ha scattato questa foto per me, durante il suo viaggio sulla Terra del mese scorso. Una volta, chiacchierando con lui, gli ho riferito quel che mi avevi raccontato riguardo alla neve; ha confermato in pieno ciò che hai detto, e si è un po' arrabbiato perché eri stato tu il primo a cui avevo fatto questa domanda. Così, una volta tornato a casa, pieno di gelosia, è andato fino in Siberia per scattare questa foto. È grazie a te, Hachimaki, se ora ho un'immagine che ritrae della neve vera; è proprio per questo che te la invio, come ti avevo promesso. Ora che l'ho vista, così vera e immobile, mi piacerebbe tanto anche osservarla cadere. Non sono ancora riuscita a fare il mio viaggio sulla Terra, ma vedrai che riuscirò ad arrivarci prima di te. Ho ancora due anni di vantaggio."
Nono è ormai un'adulta. Nella mail racconta dell'ingrandirsi progressivo dell'ospedale nel Mare della Tranquillità con l'aggiunta di una nuova ala; dice di essere diventata alta quasi due metri e venti e di aver conosciuto un'altra Selenita, di pochi anni più giovane di lei, a cui non importa nulla della Terra e dei suoi abitanti. Ammette di trovare molto strano il suo disinteresse.
Il minuscolo mondo di Nono si sta allargando sempre più. I piccoli progressi della civiltà sulla Luna sembrano renderla molto felice.
Hachimaki risponde subito all'e-mail della ragazza. La ringrazia, le assicura che tutto sta andando bene e le promette che, la prossima volta che si incontreranno, le porterà un video della neve vera in movimento.
Poi, istintivamente, senza nemmeno pensare, salva la foto che Nono gli ha mandato e la allega ad un nuovo messaggio diretto ad Ai e Yuki. Nel corpo della mail scrive solo una frase.
"Sto tornando a casa."


È nel bel mezzo del suo ultimo inverno a bordo della Von Braun che Hachimaki riceve la prima e-mail da suo figlio.
È un messaggio semplice e sgrammaticato, con troppi spazi tra i caratteri e nessun segno di interpunzione. È esattamente come se lo aspettava, ed Hachimaki pensa che sia meraviglioso. Ha l'impressione che quella sia la prima volta che parla direttamente con lui.
Alla fine della mail, vicino al suo nome, Yuki ha digitato una lunga fila di asterischi che sembrano fiocchi di neve.


Succede nell'esatto momento in cui Hachimaki respira per la prima volta, dopo sei anni e mezzo di atmosfera controllata e sei mesi di adattamento graduale, dell'aria vera.
La colossale nave, dopo il suo lunghissimo viaggio, rientra nel porto preparato per lei negli immensi spazi della Siberia; una zona ormai quasi temperata, ma ancora a densità di popolazione relativamente bassa.
Sono stati i vari movimenti per il pacifismo delle nazioni a volerne il ritorno a quelle condizioni. Ancor prima della partenza della spedizione verso Giove, era stato deciso che le risorse provenienti da quella esplorazione sarebbero state a disposizione di tutte le popolazioni della Terra; proprio per quel motivo, è la Terra - deve essere la Terra, e non la Luna - ad accogliere il ritorno dell'astronave e del suo equipaggio.
È nell'attimo in cui il portellone della navicella si apre che Hachimaki, steso sulla barella che lo porta fuori dalla Von Braun e schiacciato dall'enorme peso della gravità terrestre, vede di nuovo la neve.
È leggermente diversa da quella dell'Hokkaido; è colorata dello stesso bianco sporco, ma sembra più leggera e si appoggia più lievemente sul casco delle tuta che gli hanno fatto mettere per precauzione. Con non poca fatica solleva il braccio e clicca sulla visiera per azionare il registratore d'immagini. Il movimento con cui la neve cade, nonostante tutto, è lo stesso moto irregolare di tanti anni prima. Niente è cambiato.
Dopo anni vissuti in assenza di gravità, il nodo della fascia che indossa preme sulla sua nuca, schiacciata contro il fondo del casco, in modo quasi doloroso. La neve scompare oltre il soffitto dell'edificio che è stato predisposto per accogliere l'equipaggio della Von Braun. Hachimaki, con uno sforzo grande quanto il precedente, ferma la registrazione cliccando ancora sulla visiera.
La marea di sensazioni fisiche che lo sommerge gli fa improvvisamente realizzare di essere finalmente tornato davvero sulla Terra.
Poi, oltre il vetro convesso, vede Ai e tutti gli altri, e non è più il tempo dei ricordi e delle promesse.



*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*^*


Note alla storia:

* = Pochi giorni fa ho scoperto che - parlando in termini teorici, con le nostre conoscenze attuali in fatto di reti ed internet e quant'altro - una mail inviata da Marte dovrebbe raggiungere la terra in più o meno in una quarantina di minuti. Mettendo a confronto la distanza media tra la Terra e Marte e quella tra la Terra e Giove, ho calcolato che il tempo di ricezione dovrebbe salire un po', ma che si manterrebbe comunque sotto le sei ore totali. Tutto ciò sperando che l'articolo a cui ho fatto riferimento fosse affidabile e che i miei calcoli non mi abbiano ingannata bellamente, ecco XD Nel caso ciò non fosse vero, comunque, immaginate che questo riferimento allo scambio di mail sia un'invenzione fantascientifica alla Planetes. In fondo i dialoghi al telefono tra la Luna e la Terra (o lo spazio) avvenivano solo con un piccolo ritardo nella risposta dell'interlocutore, no? Penso che una mail sia in ogni caso molto più semplice da gestire di una videochiamata :)

   
 
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