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Autore: swiebers    22/12/2011    1 recensioni
Catherine ha sedici anni e può essere considerata la persona più sola al mondo.
Non un amico, non un genitore che sia presente nella sua vita. Nessuno. La sua unica certezza è Edward che, inconsapevolmente, le è più vicino di quanto creda.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- E così Alessandro Magno vinse a Gaugamela... -
Catherine sentiva le parole pesanti e monotone che uscivano dalla bocca del mostro, come lo definiva lei, ma non ascoltava: la sua mente era altrove, rivolta costantemente a Edward. 
In più, Storia era la materia che più odiava: trovava difficile e noioso stare ad ascoltare la lezione per più di cinque minuti e, come se non bastasse, tra lei e il prof. c'era un odio reciproco.
- Signorina Hill, stia attenta per favore -, odiava essere chiamata per cognome e, quasi come se lui lo sapesse e godesse nel vedere ogni volta l'espressione di disgusto e odio che si accendeva sul volto della ragazza, evidenziava sempre quell' Hill, per il semplice gusto di darle fastidio.
- Come stavo dicendo... -
Il suono metallico della campanella segnò la fine di quello strazio. 
"Oh, l'intervallo. Magari posso vedere Edward" pensò Catherine uscendo dall' aula.
Camminava silenziosa e invisibile nel lungo corridoio che separava la sua classe da quella del ragazzo, mentre pensava a cosa le avrebbe detto di quanto successo alla festa. 
Ma una volta arrivata davanti alla porta della IIIC, fu spettatrice di uno spettacolo che le fece raggelare il sangue nelle vene: Edward, non accortosi della presenza della ragazza, stringeva tra le mani il volto di Marie, come per baciarla.
Catherine non volle guardare altro, o meglio, non riuscì a guardare altro; sentì la terra mancarle sotto i piedi e si voltò automaticamente dalla parte opposta ai due. Un gesto forse dettato dal cuore che per una volta aveva voluto aiutarla.
In giro si vociferava che tra Marie e Edward ci fosse qualcosa, ma Catherine preferiva non credere alle chiacchiere delle compagne pettegole; in fondo le conveniva.
Quel giorno però si accorse suo malgrado che le voci non erano del tutto infondate, che quei due condividevano qualcosa e non si trattava certo della merenda.
Con gli occhi pieni di lacrime e la vista annebbiata, Catherine tornò in classe, dove nessuno si accorse o volle accorgersi delle lacrime che le rigavano il viso, scendendo lente e dolorose.
Tirò fuori dalla borsa l' I-Pod e cominciò ad ascoltare qualcosa, nel vano tentativo di risollevarsi. La prima canzone riprodotta fu "You belong with me".
"Guarda caso" pensò Catherine abbozzando un sorriso tra le lacrime, mentre le risuonavano in testa le parole del ritornello:

Se tu potessi realizzare che sono la sola che ti capisce, 
Che è stata qui tutto il tempo, 
Perché non riesci a capire?
Tu appartieni a me.


Da quel che aveva visto, Edward le apparteneva ben poco, ma un fondo di verità in quella canzone c'era: lui non avrebbe mai capito chi c'era sempre stata e chi era sempre riuscita a tirarlo su di morale, a farlo sorridere.
Non avrebbe mai capito che il suo cuore in fondo apparteneva a Catherine, che erano legati indissolubilmente, anche se non se ne rendeva conto.
La ragazza tornò a casa con l'immagine dei due fissa nella testa, pronta a ricordarle che era arrivata tardi e il suo posto era stato preso da qualcun'altra, pronta a riaprire una nuova ferita. 
Entrò sbattendo la porta, suscitando la preoccupazione della madre, che non la vedeva mai di malumore.
- Cat, è pronto in tavola - disse quasi come se fosse in soggezione.
- Non ho fame - una risposta fredda e diretta, abbastanza da farle capire che doveva lasciarla sola.
- Qualsiasi cosa sia successa, vuoi parlarne? Guarda che se hai preso un brutto voto non importa, ti vedo sgobbare ogni giorno sui libri e ogni tanto può capitare di cadere -
- Cosa dovrebbe essere successo?! No, per la tua gioia non ho preso nessun brutto voto. Lasciami stare - quel tono fece capire alla madre che effettivamente avrebbe fatto bene a lasciarla sola per un po' fin quando si sarebbero calmate le acque, quindi uscì chiudendo delicatamente la porta dietro di sé. 
Quel pomeriggio Catherine pianse più di quanto avesse mai fatto: non piangeva quasi mai, preferiva tenere tutto dentro in modo da non suscitare la compassione, il riso o quant'altro tra coloro che la vedevano. 
Ma quella situazione era insostenibile e, per quanto l'avesse voluto, non riuscì a trattenersi e le lacrime le scesero a fiumi.
Non studiò, cosa che non le accadeva mai. Si limitò a connettersi a Facebook in attesa di qualcosa, una parola, un commento, ma niente; quindi decise di trascorrere il resto del pomeriggio in totale apatia. 
Le squillò il telefono una ventina di volte, era come sempre Nicole, ma non volle rispondere: non aveva voglia di parlare neanche con la sua migliore amica, e questo era grave; le aveva sempre raccontato tutto ma quella volta, per qualche strano motivo, la sentiva lontana.
Prese ancora una volta l' I-Pod, che la accompagnava tutto il giorno, e impostò la riproduzione casuale: le piaceva ascoltare la musica senza un ordine preciso, anche perché poteva riaccendere vecchi ricordi con canzoni che non ascoltava da tempo.
La prima fu proprio "Goodbye".
"L' I-Pod mi conosce meglio di chiunque altro" pensò ironicamente.

L'unica cosa che vorrei 
è poter dimenticare 
un ricordo che voglio cancellare: 
il nostro addio.


Dopo un po' si abbandonò al sonno sulle note di quella canzone, ricordando il loro addio.

  
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