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Autore: Ely79    26/12/2011    4 recensioni
Due stranieri rompiscatole, una donna ingegnere, due gatti meccanici, una airship da corsa guasta. E il tempo che scorre inesorabile nella campagna.
Storia prima classificata al contest "In sei ore" indetto da (Vienne) e partecipante all'"Ipse Dixit - Quote Challenge" indetto da Fabi_Fabi.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dalle 13:49 alle 14:21
Al termine del capitolo riporto il giudizio di (Vienne), la giudice del contest a cui ha parteciato questa storia, classificandosi prima!

(Vienne)

DALLE 13:49 ALLE 14:21


Cascina dell’Acqua,
Prato

Lo zeppelin ondeggiava pigro, in attesa della partenza. L’equipaggio stava terminando di agganciare con cinghie e catene l’Almond 312 nel vano apposito.
«Coraggio, firma» incalzò Prudenza.
Non aveva voglia di perdere altro tempo con quel casinista di Algernoon. E dire che, una volta, quel suo creare scompiglio le metteva un’immensa allegria. Prima che lui le voltasse le spalle.
«Ecco, malfidata» sbottò porgendo un rettangolo ornato dai decori della Imperial Bank of London. Prue osservò le ultime gocce della stilografica che si asciugavano. Al aveva persino indicato l’ora del pagamento: l’una e cinquantatré del pomeriggio.
«Ah, no. Malfidata non te lo concedo, perché credo d’essere la sola persona che paghi con regolarità e puntualità. Due cose che, di solito, non sai nemmeno dove stanno di casa» puntualizzò.
Algernoon grugnì, facendo una smorfia irritata mentre un valletto lo aiutava a indossare la giacca.
Nora ridacchiò alle spalle della sua interlocutrice, senza premurarsi di nascondere la propria ilarità.
«Spiacente, ma qui ti sbagli, mia prudente Prudenza» sghignazzò, riponendo nel taschino il carnet degli assegni, felice di potersi rifare dell’offesa. «C’è almeno un’altra persona che si è guadagnata questo privilegio. Non sei più sola».
«E chi sarebbe il fortunato? Ammesso si possa chiamare fortunato chi ha a che fare con te» rimarcò, decisa a non farsi prendere in giro.
L’uomo non raccolse la provocazione, nonostante gli dolesse ammettere che aveva ragione: aveva una lista di creditori piuttosto consistente, quasi tutti per via delle sue lungaggini.
«Spiritosa, davvero. Ma Name non è del tuo stesso avviso» ribatté con superiorità.
Gli occhi grigi di Prue si dilatarono all’improvviso, quasi fosse preda di violente vertigini.
«Name?» esclamò Prue, al colmo della sorpresa.
Sapeva che Noon era abile nello stipulare contratti, ma che fosse riuscito ad accaparrarsi il campione di turno, aveva dell’incredibile.
«Me la sono cavata benino, l’ammetto. Contratto quinquennale, premi in base alle vincite ed alle corse disputate, penale di rescissione pari a cinquanta migliaia tonde tonde di sterline inglesi tonde tonde…» canticchiò, aggiustando il bavero con nonchalance.
Il suo autocompiacimento era alle stelle.
«Tu… avresti convinto Name… a correre per te?» domandò di nuovo Prue, incredula.
Banks sembrò risentirsi della poca fiducia dimostratagli.
«Se non mi credi, domandaglielo tu stessa» la sfidò con l’aria di chi la sapeva più lunga di quanto volesse dare ad intendere.
«Te lo sei portato dentro al taschino, per caso?» sogghignò, pronta a sentirlo strillare perché gli portassero un telettrofono1 portatile.
«Oh, Prue! Non ci sarei mai stata là dentro con un vestito così» rise Nora, battendo una mano sulla balza di pizzo della gonna.
La donna si girò a guardare l’accompagnatrice di Banks, rischiando un capogiro per la troppa fretta.
«Vorresti farmi credere che tu sei…» iniziò scettica.
«Nora, alias Nicholas “Nick” Name» annuì decisa.
Prudenza avrebbe voluto esplodere in una risata e per poco non le riuscì; tuttavia di fronte all’improvviso cambio d’espressione dell’americana sentì qualcosa tapparle la gola. D’un tratto non assomigliava più alla loquace rompiscatole che l’aveva tormentata quella mattina. Sembrava più sicura, determinata, quasi aggressiva.
«So cosa pensi. È ridicolo inventarsi un alter-ego con un nome tanto stupido, però funziona: se la sono bevuta tutti quanti» spiegò. «E poi non mi andava di far cambiare le iniziali ricamate sulle divise» soggiunse, mostrando quanto fosse incapace di rinunciare alle frivolezze. «Sai, nel mondo delle corse le donne non sono ben viste. Per questo mi faccio passare per un uomo. Prima o poi lo dirò, quando avrò accumulato abbastanza premi e vittorie da far morire di vergogna i miei stimati colleghi. Per il momento, se lo chiedono, quello che corre è mio fratello e io mi limito a fargli da portavoce».
Ecco spiegato il perché di tanto riserbo attorno al fantomatico Nick e del suo vezzo di portare una sciarpa fin sotto gli occhialoni da volo – oscurati anche durante le corse in notturna- : Nora doveva mantenere segreta la propria identità. Non che esistessero leggi che vietassero alle donne di correre, ma Prue sapeva bene che l’ambiente era una sorta di casta chiusa e maschilista. Era più o meno la stessa cosa nell’ingegneria del vapore, lo sapeva bene.
«Ma alla Xadios sanno che sei una donna. Potrebbero mandare a monte il tuo bel piano» osservò, riscuotendosi.
«Qui intervengo io» s’intromise Algernoon. «Ho rilevato l’intero team che lavorava per lei, dal primo caposquadra all’ultimo sguattero, lasciando in pegno una bella lettera di cambio con annesso documento di vincolo, che impedisca d’incassarlo finché Nora non dichiara pubblicamente chi è. Solo allora potranno riscuotere. E credimi, Prue, quelli della Xadios preferiranno aspettare cent’anni piuttosto che giocarsi la possibilità di accedere a quella cifra».
«Quanto li hai pagati?» s’informò pensierosa la Baldovini.
«Abbastanza» replicò serafico, avviandosi sulla scaletta per chiudere la spinosa conversazione.
In genere, quella parola sottintendeva cifre a cinque zeri.
«Spero di rivederti, Prue» salutò Name, stringendole la mano.
«Eh? Ah, certo. Anch’io. In bocca al lupo per New York».
«Crepi» rise, sollevando di nuovo la lunga gonna scozzese e salendo impacciata, accompagnata da tintinnii ad ogni passo.
«Sta attenta a non esagerare con la manetta dell’aria quando entri in curva!» le urlò.
L’aeronauta si girò, appena oltrepassata la porta.
«Sì, me l’hai detto! Rischio lo stallo del circuito di raffreddamento!» rispose.
«Allora ascolta…» mormorò stupita, guardando il portellone chiudersi.
Pochi attimi dopo, una finestra della navicella si aprì. Nora si sporse oltre il bordo, sbracciandosi allegramente mentre Algernoon si limitava ad un semplice cenno col cappello.
«Arrivederci, Prudence!» salutò.
«Prudenza, non Prudence, stupidissima coloniale!» strillò lei, ma il Paloma era troppo in alto perché la sua voce potesse raggiungerla.

Zeppelin Van Hoefer “Paloma”
Saletta svago

Poco dopo le due, il dirigibile puntò il naso in direzione ovest, verso le Alpi che sembravano sbarrare l’orizzonte. Entro breve avrebbe raggiunto la velocità di crociera di sessantadue miglia orarie, che, con un po’ di fortuna, avrebbero consentito loro di raggiungere New York entro tre giorni. Giusto in tempo per sbrigare tutte le formalità, riposarsi e partecipare al Grand Prix delle Colonie Atlantiche.
«Al?» cinguettò Nora, abbracciandolo.
L’uomo, intento ad aggiustarsi i capelli nel riflesso di un ornamento del cilindro, sorrise. Lei non parlò, costringendolo a voltarsi.
«Sì?»
«Avrei bisogno di un favore piccolo-piccolo».
Le labbra di Algernoon si curvarono dapprima in un sorriso, poi in una smorfia di disappunto.
«Non farò riverniciare l’Almond. Non se ne parla!» protestò.
Conosceva la fissazione di Nora per i riti scaramantici pre-corsa, tra cui quello assolutamente femminile di indossare biancheria intima nuova di zecca e quello assai più ridicolo di dipingere la airship di giallo e verde menta. Questa volta avrebbe dovuto accontentarsi di uno solo dei suoi portafortuna. Se avesse potuto, avrebbe chiesto a Prue di concludere l’opera con la verniciatura, ma l’aveva indispettita a sufficienza ed il tempo stringeva dolorosamente, specie per il portafogli.
«Tranquillo, Al. L’Almond va bene com’è. Ora che conosco chi ci ha messo le mani, so di poterlo guidare ad occhi chiusi. Il colore non cambierà le sue specifiche tecniche».
Colpito dalla risposta, tornò a sorriderle maliardo.
«Molto bene» replicò sollevato. «E… di che si tratta, allora?»
«Vorrei usare il telettrofono. Conversazione privata» sussurrò Nora, languida.
«Sai che le regole internazionali dell’aviazione prevedono…»
«Lo so, ma è un caso speciale, questioni assolutamente vitali!» lo zittì, strusciandosi contro di lui per sottolineare la necessità della richiesta.
«Vitali quanto una seduta dal coiffeur o quanto un motore nuovo di zecca?» s’informò perfido.
«Al…»
Banks finse di trovare più interessante allentare il papillon.
«Suvvia, Algernoon Banks, mio signore e padrone. Esaudiscimi» mormorò dolcemente.
L’uomo levò gli occhi al ventre del dirigibile, simulando il massimo scoramento, prima di ammiccare.
«Mi piace quando mi chiami così. Non potresti ripetermelo nella mia stanza? Magari potresti esaudire tu qualche mio desiderio» suggerì, cingendole i fianchi con un braccio.
L’uomo si ritrovò a faccia in giù, a rimirare il riflesso di Nora sul pavimento. Se ne stava in piedi, le mani sui fianchi e l’espressione furiosa di chi ha visto oltrepassati i limiti della decenza. Aveva perso di colpo tutta la tenerezza e la sensualità di poco prima.
«Banks, questo esula dal nostro contratto. O devo essere più chiara?» latrò.
«No, mia signora e padrona. È sufficiente» si lagnò, rotolando sul fianco. «Entro quanto ti occorre quel telettrofono?»
In capo ad una decina di minuti, lo strumento fece bella mostra di sé sulla toeletta della camera di Nora. Un tecnico di bordo sistemò la ricezione ed avviò la chiamata, lasciandola sola subito dopo. Il crepitio all’altro capo della cornetta annunciò la connessione col sistema di centralini.
«Il sedici-sedici-centodue-novantuno di New York nelle Colonie Atlantiche, per cortesia».
«Devo avvisarla che, trattandosi di una chiamata intercontinentale, verrà applicato un coefficiente tariffario pari a due virgola sedici al minuto. La conversione nell’importo finale andrà effettuata nella valuta ed al cambio corrente nel punto di approdo del mezzo. Buona giornata».
Il tono godereccio le lasciò intendere che si sarebbe trattato, in ogni caso, di un valore cospicuo. Non importava: la chiamata era a carico di Al, poteva permettersela.
Trascorsa una manciata di secondi, una voce sostituì quella del centralinista: quella di una donna.
«Heather Jane Leather & Shoes, Ufficio Ordini e Acquisti. Come posso aiutarla?»
«Samantha, sono…».
«Nora!» esclamò la segretaria, impedendole di rispondere con un fiume di parole. «Tesoro, come stai? È un pezzo che non vieni a trovarci! Ti sto tenendo da parte qualche chicca che devi assolutamente provare. C’è un paio di scarpe che è un amore, ha degli inserti in cuoio rosso e seta che... ah, dovresti vederlo! Lo prenderei io se avessi i piedini come i tuoi, ma a te doneranno più che a me. Oh! Abbiamo visto il trionfo a Parigi di tuo fratello! Strepitoso, che scheggia! Dove sei? La linea è disturbata».
«Sono in viaggio, Sam. Non ho molto tempo. Devo parlare con Billy».
«Un ordine particolare, immagino» la stuzzicò.
La donna abbassò lo sguardo sugli stivaletti decorati e sorrise.
«Sì. Molto particolare».
Fuori, il sole del primo pomeriggio inondava le risaie verdi, insieme agli strilli di Banks che domandava dove fosse la sua fiches.

1
  Telettrofono: nome originario dell’apparecchio creato da Meucci



Prima classificata: “Almond 312” di ely79 | oggetto: fiche da poker
Grammatica e sintassi > 9,5/10
Stile > 14,25/15
Trama e personaggi > 15/15
Plausibilità delle azioni svoltesi nelle sei ore/ rispetto del limite temporale posto > 5/5
Utilizzo dell’oggetto > 3,75/5
Gradimento personale > 5/5
Totale > 52,5/55

Grammatica e sintassi, stile. Ho pochissime sviste da segnalare: qualche errore di battitura (“La lancetta scattò sul ventuno quando donna si affacciò etc.” diviene “La lancetta scattò sul ventuno quando la donna si affacciò etc.”; “Algernoon Banks giocherellava con un dischetto colorato e un’espressione allegramente compiaciuta dipinta sul volto” diviene “Algernoon Banks giocherellava con un dischetto colorato e aveva un’espressione allegramente compiaciuta dipinta sul volto”; “Noon era andato fuori di testa come molla d’orologio deformata” diviene “Noon era andato fuori di testa come una molla d’orologio deformata”; “una decina d’anni dal quest’ultimo” diviene “una decina d’anni da quest’ultimo”; “Banks ha il potere di devastarle in nervi, anche se etc.” diviene “Banks ha il potere di devastarle i nervi, anche se etc.”; “voleva” invece di “volveva”; etc.) e un paio di frasi che necessiterebbe di una riformulazione (“Trovarono Nove con le zampe anteriori ripiegate sul muso, dando l’impressione che stesse pensando” diviene “Trovarono Nove con le zampe anteriori ripiegate sul muso; ciò dava l’impressione che lui stesse pensando”; “Faticava a credere che una persona tanto scontrosa avesse trovato non solo chi la sopportasse, ma la sposasse e con cui avesse persino avuto un figlio” diviene “Faticava a credere che una persona tanto scontrosa avesse trovato non solo chi la sopportasse, ma chi l’avesse sposata e le avesse persino dato un figlio” giacché probabilmente è più opportuno mantenere il medesimo pronome; etc.) Vi sono, oltre a ciò, alcune virgole in eccedenza (“Per lei, quegli stivaletti, (senza virgola) erano etc.”, per esempio) e altre mancanti (“L’uomo disse qualcosa sottovoce a Nereo, che dopo un attimo di perplessità, ricominciò a etc.” diviene “L’uomo disse qualcosa sottovoce a Nereo, che, dopo un attimo di perplessità, ricominciò a etc.”, per esempio). Hai, poi, scritto “ahimè” con l’accento acuto e “fiches” anziché “fiche” (la S, infatti, ne caratterizza soltanto il plurale). L’espressione “mandare in stallo” si scrive in tal modo, e non “mandare installo”, in quanto l’“installo” senza spaziatura è la prima persona singolare del presente indicativo di “installare”.
Credo che il tuo stile di scrittura sia ottimo: è elevato senza, per questo, risultare pedante, è chiaro e molto scorrevole. Mi sono piaciute in particolar modo le descrizioni, che ho trovato sempre accurate e interessanti. A causa delle pochissime frasi che richiederebbero una riformulazione e di qualche ripetizione (“L’interlocutore sullo schermo era cambiato: ora c’era un uomo dal volto squadrato coi capelli brizzolati, il volto indurito dal sole” è una di queste), non hai, purtroppo, ottenuto il massimo punteggio in questa voce.

Trama e personaggi. “Almond 312” è una novella sicuramente originale, che reputo brillante, divertente e mai scontata. Hai creato personaggi a tutto tondo, dotati di differenti sfaccettature caratteriali e – cosa fondamentale – li hai fatti vivere, fornendoli di un background sociale e culturale e attribuendo a ognuno di loro pregi e difetti propri degli esseri umani di carne e ossa.
Uno scritto che, come questo, è talmente ricco di dettagli pregevoli (fra tutte, ho adorato l’immagine di Nora che, in attesa dell’atterraggio del dirigibile, osserva “il riverbero delle guarnizioni dorate [del suo] stivaletto sinistro, che [dondolano] al ritmo degli ultimi scossoni del gigantesco mezzo di trasporto”: è una scena che, forse, alcuni non si sarebbero premurati di descrivere, ma che favorisce l’immedesimarsi del lettore nel personaggio e crea una situazione vivida, ben nitida nella mente di quanti si approcciano al racconto); dicevo: uno scritto che, come questo, è talmente ricco di dettagli pregevoli non si può che ammirare.

Plausibilità delle azioni svoltesi nelle sei ore/ rispetto del limite temporale posto, utilizzo dell’oggetto. I miei più sinceri complimenti: la divisione in minuti è minuziosa, ma per nulla pesante; la fiche risolve, anche fisicamente, il problema centrale della vicenda e chiude il racconto.

Gradimento personale. Non ho nulla da aggiungere a quanto già detto; mi limito, quindi, a complimentarmi nuovamente per l’eccellente lavoro che hai svolto!
   
 
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