Salve a tutti!
La trama di questa storia
mi è venuta abbastanza per caso, stavo cercando un’idea per
una one-shot o comunque per una fanfiction abbastanza breve e mi è
venuta in mente questa. Alla fine si è dimostrata più lunga del previsto per
essere un capitolo unico e quindi ho deciso di spezzarla in più parti…Non sono
proprio capace di scrivere qualcosa di corto! >.<
Il titolo è un po’ un gioco
di parole (lo so, sono pessima in queste cose…) perché “iocum” in latino
significa sia “gioco” che “scherzo”. Volevo sottolineare con ciò il fatto che la
natura dei gemelli è appunto una sorta di “gioco” del destino che li costringe
a “giocare” la loro partita contro Satana, ma è anche uno “scherzo” parecchio
di cattivo gusto proprio perché i due si ritrovano a dover combattere con il
fatto di essere a metà tra i due mondi, e quindi resta sottinteso che forse
anche se vinceranno la loro battaglia contro i demoni non riusciranno mai ad
avere la vita normale che sognano, cosa che risulta un po’ essere tema di fondo
della storia.
Sono piuttosto nuova del
fandom quindi spero mi perdonerete eventuali OOC, anche se mi sono impegnata
per evitare steccate colossali perché non le sopporto neanche io. Ci tenevo
però a dedicare qualcosa ai due gemelli Okumura perché li adoro come
personaggi (Yukio in primis è il mio preferito tra tutti) e in più sono anche
la mia coppia preferita (sì, non mi importa se sono gemelli e storie varie).
L’ho postata proprio oggi perché il 27 dicembre è il loro compleanno e mi
pareva carina come idea, anche perché il tema è presente anche nella storia.
Spero che possiate
apprezzare il mio lavoro! Ogni genere di commento, negativo o positivo, sarà
più che gradito, quindi se pensate che ne valga la pena lasciatemi anche un
paio di righe, ci tengo veramente molto a sapere come sono andata. Voglio
migliorare e quindi il confronto con le opinioni altrui è fondamentale per
questo scopo.
Grazie per la vostra
pazienza! Vi auguro una buona lettura!
----------------------------------------------------------------
Aveva
nevicato abbondantemente per tutta la notte e ora sotto il cielo pallido il
paesaggio si estendeva candido, baciato dai deboli raggi del sole invernale che
facevano scintillare i cristalli di ghiaccio che lo ricoprivano. La spessa
coltre di neve attutiva i suoni creando un manto di silenzio che pareva
avvolgere il mondo ancora addormentato in un abbraccio protettivo, mentre
l’aria mattutina era resa ancora più frizzante dal gelo pungente.
Appoggiato
al davanzale della finestra della stanza che divideva con suo fratello, Yukio
ammirava rapito quella vista, la mente persa nei ricordi della sua infanzia,
quando in inverno lui e Rin si svegliavano all’alba apposta per potersi gettare
in quel mare bianco e poi trascorrevano ore intere a rotolarvisi, incuranti del
gelo, mentre Shiro rimaneva ad osservarli sorridendo, seduto sui gradini della
chiesa. Le loro risate cristalline rimbombavano allegre nel silenzio del
cortile salutando la luce che sorgeva da dietro il cielo plumbeo mentre loro si
ricoprivano a vicenda di palle di neve o si cimentavano nella costruzione di
qualche strano pupazzo. Erano bei tempi, così allegri e spensierati, così
innocenti. Certo, lui era venuto a conoscenza fin troppo presto del segreto che
avvolgeva la nascita sua e del suo gemello, ma, almeno finché il loro tutore
era rimasto in vita, aveva avvertito quella grave consapevolezza come lontana,
come staccata dalla realtà in cui viveva, e, pur addestrandosi per diventare
esorcista, era riuscito a conviverci senza avvertirne veramente il peso. Poi,
tutto d’un tratto, quell’illusorio equilibrio si era spezzato e gli eventi
erano degenerati senza preavviso, costringendolo a scontrarsi violentemente con
la verità dei fatti. Vedendo i tratti tipici dei demoni sul corpo di Rin e stando
in ginocchio di fronte alla tomba di Shiro tutto quello che prima era stata
solo un’idea indefinita e vaga si era trasformata davanti ai suoi occhi
sconvolti in cruda realtà e lui non aveva potuto fare altro che prenderne
stancamente atto. Era ormai passato del tempo da quel giorno, ma, nonostante lo
shock iniziale fosse stato superato, non era ancora riuscito ad adattarsi
completamente alla sua nuova situazione.
Con un
sospiro spostò lo sguardo dal paesaggio innevato al letto in cui suo fratello
giaceva ancora addormentato, lasciando che quei cupi pensieri sfumassero. Non
voleva perdersi di nuovo in quelle riflessioni, non quel giorno. L’unica cosa
che desiderava era passare una bella giornata con il suo gemello. Un sorriso
triste gli increspò le labbra mentre si alzava per andare a sedersi sul letto
dell’altro. Nonostante tutto, quella storia aveva avuto un lato positivo: dopo
l’iniziale conflitto, lui e Rin erano tornati vicini come quando erano bambini,
e forse anche di più visto che ormai non c’era più alcun segreto a dividerli. A
volte, nei momenti di rabbia, suo fratello lo accusava di non essere in grado
di capirlo perché l’unico ad aver ereditato i poteri di Satana era lui e che
quindi non aveva diritto di biasimarlo per le sue decisioni o di avere pretese
nei suoi confronti, ma alla fine il contrasto veniva superato e dimenticato
velocemente con un abbraccio o un sorriso. Yukio preferiva non controbattere a
quelle accuse, anche se troppo spesso avrebbe voluto urlare che anche lui
restava pur sempre figlio del principe dei demoni, che poco importava se aveva
un aspetto umano perché il presentimento che un giorno anche lui si sarebbe
risvegliato lo assillava costantemente, che anche lui viveva con sofferenza
quel loro essere a metà anche se non lo dimostrava per non dare ulteriori
angosce a suo fratello. Era sicuro che Rin conoscesse il suo stato d’animo e
proprio per questo alla fine riuscivano sempre a riappacificarsi. E poi, per
quanto odiasse discutere con il suo gemello, quelle liti rappresentavano per
loro un momento per sfogare la loro frustrazione e condividere il loro
reciproco malessere. Quella guerra continua non faceva che legarli sempre più
strettamente l’uno all’altro.
Il
giovane esorcista allungò una mano e accarezzò con delicatezza i capelli
arruffati di Rin, godendosi la sensazione di morbidezza sotto le dita. L’altro
mezzo demone emise un mugolio infastidito affondando la faccia nel cuscino per
un attimo prima di alzare lo sguardo assonnato verso il suo gemello.
“Buongiorno,
Nii-san”lo salutò il minore con un sorriso ritirando la mano. “Dormito bene?”.
“Abbastanza”
borbottò lui sbadigliando e cercando con lo sguardo l’orologio. “Ma, Yukio, che
ore sono?”.
“Quasi le
sei e mezza, Nii-san. Non volevo svegliarti, perdonami”fu la risposta dispiaciuta.
“Se vuoi puoi tornare a dormire”.
“Le sei?!
Ma è prestissimo!”gemette Rin tornando ad affondare il viso nel cuscino con uno
sbuffo. “Cosa ci fai già sveglio a quest’ora?! Tu sei pazzo! Non abbiamo
neanche scuola visto che ci sono le vacanze e tu ti svegli all’alba!”.
“Avevo un
paio di rapporti da completare entro oggi pomeriggio per Mephisto e così mi
sono dovuto alzare. Più tardi andrò a portarglieli. Sai bene che con il mio
lavoro di esorcista non ho solo la scuola di cui preoccuparmi”spiegò Yukio
indicando i fogli impilati ordinatamente sulla scrivania. “E poi stanotte ha
nevicato, Nii-san! Il paesaggio è davvero splendido e io non volevo perdermi
l’alba. Mi è sempre piaciuta la neve”.
“Anche a
me!”esclamò il mezzo demone, rianimandosi un poco e mettendosi a sedere per
riuscire a vedere uno scorcio del paesaggio candido al di fuori del vetro. “Ci
divertivamo un sacco da piccoli, ti ricordi? Giocavamo finché il freddo non
aveva la meglio e nostro padre ci costringeva a rientrare perché tremavamo come
delle foglie…”. Sul suo volto si aprì un sorriso quasi nostalgico. “Erano bei
tempi…Sai cosa potremmo fare? Visto che ormai sono sveglio e col cavolo che
riesco a riaddormentarmi, potremmo uscire a goderci la nevicata!”.
“Con
piacere, Nii-san. È passato un po’ dall’ultima volta che ci siamo presi una
giornata da passare in famiglia. E poi Natale e il nostro compleanno sono
vicini, potrebbe anche essere l’occasione per comprarci un regalo”accettò
l’altro allegro, alzandosi. “Va’ pure a farti la doccia, io intanto apparecchio
e preparo la colazione”.
Rin annuì
vigorosamente scostando le coperte e appoggiando i piedi nudi sul pavimento
freddo. “Yukio?”lo richiamò. “Se mangiassimo fuori? Dai, c’è quel bar in centro
al paese che fa delle brioches che sono la fine del mondo!”propose
con gli occhi che scintillavano al solo pensiero
dei croissants caldi. “Per favore!”.
“Come
preferisci, Nii-san. Allora ti aspetto e intanto ne approfitto per
ricontrollare uno di quei documenti. Prenditela con calma, abbiamo tutto il
tempo”sorrise Yukio scuotendo il capo divertito. Certe volte suo fratello si
comportava proprio come un bambino, ma lui non riusciva a biasimarlo. Il fatto
che riuscisse ad essere così spensierato nonostante la loro situazione lo
rendeva a sua volta più sereno e aumentava la sua determinazione a volerlo
proteggerlo da tutto e da tutti. Erano quei momenti che gli davano la forza di
andare avanti e di affrontare la realtà, di combattere per poter vedere il
sorriso aprirsi ancora sulle labbra di Rin e per ridare una vita ad entrambi.
Scompigliò leggermente i capelli di suo fratello guadagnandosi un’occhiataccia
un po’ infastidita e poi andò a sedersi alla scrivania, afferrando uno dei
fogli ed immergendosi nella lettura.
Rin
rimase a fissarlo per un attimo, poi scosse il capo e si affrettò ad infilarsi
in bagno. Suo fratello lavorava troppo, su questo non aveva dubbi. Era sempre
dietro a svolgere questo o quell’altro compito o via per qualche missione o
impegnato a compilare un rapporto su qualcosa. E, quando non era il suo lavoro
di esorcista a tenerlo occupato, era chino sui libri a studiare. Lui al posto
suo sarebbe morto dopo neanche una settimana, ma Yukio sembrava quasi
divertirsi a farsi caricare di impegni, come se la sua vita dipendesse dal
fatto di mantenersi costantemente occupato. Non rifiutava mai un incarico, a
meno che non fosse già impegnato con qualcosa di più importante. Il mezzo
demone si era più volte chiesto dove trovasse l’energia per star dietro alla
fila infinita dei suoi impegni senza affogarci in mezzo. Bisognava essere dei
veri masochisti per poter desiderare una cosa del genere, non c’era altra
spiegazione. In più, non contento di tutto ciò, pretendeva anche di occuparsi
di lui quasi ventiquattro ore su ventiquattro, trattandolo come se non fosse in
grado di restare solo per più di qualche ora senza combinare guai o finirci in
mezzo. Quella era la cosa che meno capiva e meno sopportava in tutta la
frenesia del suo gemello.
Si infilò
sotto l’acqua calda, sbuffando infastidito. Era vero, spesso lui si era
dimostrato impulsivo e inaffidabile, ma aveva sempre agito per il bene delle
persone a cui teneva, Yukio prima di tutti. Quell’atteggiamento protettivo e
quasi diffidente lo disturbava non poco, soprattutto considerando il fatto che
quando erano bambini era lui quello che consolava il suo gemello e lo difendeva
dal mondo. Non avrebbe saputo contare le volte in cui era tornato a casa pieno
di graffi e lividi dopo una rissa per aver preso le sue difese. Ma lui non si
era mai lamentato e aveva sempre subito quel dolore quasi con orgoglio perché
sapeva che lo stava facendo per la persona a cui teneva di più al mondo. Ora
invece le cose erano decisamente diverse e lui non sopportava quello scambio di
ruoli che gli dava un senso sofferto di frustrazione. Era Yukio quello che si
preoccupava e che pretendeva sempre di occuparsi di entrambi, cercando di
caricarsi di tutti i problemi che si presentavano per tenerli lontani da lui,
anche se spesso rischiava di soffocare sotto il loro peso. Rin capiva che suo
fratello si comportava in quel modo perché gli voleva bene, ma lui non poteva
tollerare che qualcuno stesse male per colpa sua. In fondo era sempre lui il
problema alla fine, lui e la sua natura di demone. Strinse in pugni sollevando
il viso in modo che il getto caldo potesse scorrevi sopra. Le persone che gli
stavano intorno finivano per pagare un prezzo troppo alto e che non meritavano
solo perché si intestardivano a rimanergli accanto nonostante tutti i rischi
che ciò comportava. Sua madre era morta per darlo alla luce, Shiro aveva
sacrificato la sua vita per proteggerlo da Satana e Yukio aveva rinunciato
prima ai suoi sogni poi alla sua felicità per continuare la missione del loro
tutore. Vedere le bruciature sulla pelle di suo fratello, quelle stesse che lui
e le sue maledette fiamme gli avevano procurato, lo faceva stare male più di
qualunque altra cosa, forse persino di più che trovarsi davanti alla tomba del
suo padre adottivo. Si lasciò scappare un sospiro, passando distrattamente una
mano sulle mattonelle della doccia. Quante volte aveva cercato di spiegare a
quel testone che lui non necessitava di tutta quella protezione, che sapeva
badare a sé stesso. Ma l’altro si era sempre rifiutato di ascoltarlo e aveva
continuato a prendersi tutte le responsabilità, anche quando non doveva. E Rin
lo odiava per questo, tanto quanto Yukio doveva odiarlo per la sua natura,
eppure non poteva fare a meno di provare un piacere confortante nel vedere che
al mondo esisteva qualcuno che si curava così tanto di lui. Non poteva evitare
di cercare quasi disperatamente l’appoggio di suo fratello e non avrebbe saputo
descrivere il suo sollievo nel saperlo sempre e comunque al suo fianco. Perché
senza di lui, anche se non l’avrebbe mai ammesso neanche con sé stesso, sarebbe
stato perduto.
Un
leggero bussare interruppe i suoi pensieri, riportandolo alla realtà. Rin si
riscosse, preso alla sprovvista, e si affacciò in fretta da dietro la porta
scorrevole della doccia. “Sì?”chiese.
La testa
di Yukio apparve dall’ingresso del bagno. “Volevo solo sapere se andava tutto
bene, Nii-san”disse con un sorrisetto. “È mezz’ora che l’acqua scorre…Pensavo
ti fossi addormentato sotto la doccia!”.
“Spiritoso…”borbottò
infastidito il mezzo demone scoccando un’occhiataccia al gemello per nascondere
il suo imbarazzo. Mezz’ora? Era talmente immerso nelle sue riflessioni che
aveva perso la cognizione del tempo. “Mi hai detto di prendermela con calma e
io l’ho fatto! E poi mi hai svegliato all’alba dopo che ieri siamo andati a
letto tardi, quindi non puoi pretendere che io sia sveglissimo! Non sono mica
un computer come te a cui basta andare in stand-by un paio d’ore per essere
completamente carico! E comunque non avevi del lavoro da fare tu?”.
“Ho
terminato. Se eri stanco potevi restare a letto ancora, Nii-san. Ti ho detto
che non era mia intenzione svegliarti”si scusò l’esorcista alzando le mani.
“Non sei obbligato a venire fuori con me se non hai voglia. In effetti magari
avevi altri piani per oggi…”.
“No, no,
non è quello! Ci tengo a passare la giornata con te”si affrettò a dire il
maggiore dei gemelli a disagio. “Non volevo risponderti male. È solo che…stavo
riflettendo, non mi sono accorto che era passato così tanto tempo. Dammi dieci
minuti e sono fuori”.
Yukio
sorrise. “Tranquillo, Nii-san. Volevo solo accertarmi che tu non lo facessi
contro voglia”spiegò imbarazzato. “Intendo, adesso che sei finalmente riuscito
a farti degli amici e tutto il resto…Non mi stupirebbe se volessi uscire con
loro piuttosto che con me. Magari ti andava di vedere Shiemi”.
Rin
distolse lo sguardo avvertendo un po’ di calore invadergli le guance. “Loro li
posso vedere un altro giorno, anche Shiemi. E poi non avevamo organizzato nulla
per oggi!”lo rassicurò tornando ad infilarsi sotto l’acqua. Quell’idiota era
sempre il solito, lui e le sue fisime del cavolo. Possibile che, genio qual
era, non si rendesse conto che anche a lui faceva piacere passare del tempo con
suo fratello?! “Smettila di farti questi complessi! Ho detto che passo la
giornata con te e così voglio fare. Esci, così finisco di lavarmi e andiamo.
Sta iniziando a venirmi fame tra l’altro”.
“Grazie,
Nii-san”mormorò il minore dei gemelli tra sé e sé. Poi a voce più alta: “Allora
facciamo così: visto che ho finito con i rapporti, vado adesso da Mephisto mentre
tu finisci di prepararti, poi quando torno andiamo a fare colazione”.
Suo
fratello borbottò qualcosa che somigliava a un “Ok, ma sbrigati” e lui uscì
dopo aver lanciato un’ultima occhiata al vetro opaco e appannato della doccia.
Era contento di sentire quelle parole dalla bocca di suo fratello perché era
con quel tipo di atteggiamento che Rin gli dimostrava il suo affetto. Non gli
faceva quasi mai dichiarazioni esplicite, le trovava imbarazzanti, però a modo
suo riusciva sempre a fargli capire quanto teneva a lui.
Sospirò
passandosi una mano nei capelli e avviandosi fuori dall’appartamento, i
rapporti stretti al petto. Prima andava, prima avrebbero potuto uscire e quindi
godersi la loro giornata insieme.
Circa
un’ora e mezza dopo i gemelli erano seduti ad un tavolino in un angolo del bar
di cui aveva parlato Rin, ciascuno con davanti una tazza fumante di cioccolata
e una brioche. Yukio ci aveva messo più del previsto perché Mephisto, avendo
capito che andava di fretta per qualche motivo, aveva fatto di tutto per
trattenerlo, trascinandolo in una serie di considerazioni su come andavano i
suoi studenti e la sua vita privata, tutte cose che al preside interessavano
chiaramente poco ma che erano un ottimo modo per impedirgli di lasciare
l’ufficio. Inoltre, proprio quando aveva creduto di essere finalmente riuscito
a liberarsi dalle chiacchiere senza senso del demone e a farsi quasi congedare,
Amaimon, il fratello del suo superiore, aveva fatto il suo ingresso nella
stanza con un’aria vagamente irritata. Il ragazzo era stato così costretto ad
assistere a una discussione piuttosto accesa tra i due su non aveva capito bene
che cosa, cercando di fare del suo meglio per non ascoltare e aspettando che
Mephisto si ricordasse di lui e gli desse il permesso di andarsene, cosa che
era accaduta soltanto dopo un quarto d’ora buono quando il demone coi capelli
verdi aveva borbottato qualcosa sul fatto che la sua presenza disturbava il
discorso.
“Accidenti,
non ci credo! Per una volta Amaimon si è dimostrato utile”aveva commentato Rin
mentre scendevano in strada. “Di solito non fa altro che darci grane”.
“Vero. Ma
se avesse aspettato altri cinque minuti prima di entrare me ne sarei potuto
andare anche prima!”aveva ribattuto lui, scuotendo il capo esasperato.
Nonostante
tutto era ancora abbastanza presto e, a causa del clima, la gente aveva
preferito attendere prima di iniziare le ultime spese per negozi in previsione
del Natale ormai prossimo, quindi i due avevano camminato nelle strade quasi
deserte godendosi l’aria frizzante e lo spettacolo della neve ancora fresca ed
intatta che ricopriva ogni cosa. Il locale era ancora quasi praticamente vuoto
e il barista li aveva accolti con un sorriso allegro lasciando che scegliessero
il posto che preferivano e prendendo immediatamente le ordinazioni, con la
promessa che avrebbe portato loro i dolci migliori.
“Dovremmo
venire qui più spesso”fece Rin azzannando la sua brioche. “È un posto davvero
fantastico! Non ho mai bevuto una cioccolata così buona!”.
“Sei
davvero goloso Nii-san”ridacchiò Yukio girando il cucchiaino nella bevanda
bollente. “Se fosse per te dovremmo uscire a mangiare dolci a tutte le ore”.
“Uff, non
sai apprezzare la vera bontà!”scherzò il mezzo demone. “E poi non è vero che
passerei tutto il giorno a mangiare! Eviterei di andare a scuola, questo sì, e
uscirei con i miei amici a divertirmi. E ti prego, non partirmi con la storia
che l’istruzione è importante. Lo so bene, ma è una tale noia! Anche
alla True Cross, secondo me facciamo troppa teoria e poca pratica. Come
potete pretendere che impariamo ad affrontate i demoni se non fate altro che
imbottirci di nozioni?!”.
“Senza
teoria combattereste a caso contro degli esseri che non conoscete, esattamente
come fai tu fin troppo spesso, Nii-san. E si è visto con quali risultati.
Conoscere il proprio nemico è essenziale per evitare errori che potrebbero
esserti fatali”rispose l’esorcista, paziente. Quando suo fratello partiva con
quei discorsi gli veniva voglia di strapparsi i capelli dall’esasperazione.
“Quando inizierai a far pratica sul serio con un gruppo di esorcisti esperti
capirai a cosa ti serve tutta questa teoria che tu odi tanto. Quindi vedi di
impegnarti e di studiare. Fidati, ci sono già passato”.
“Se lo
dici tu…Non mi fido troppo del tuo giudizio, in fondo studiare ti piace da
morire, quindi sei troppo di parte”bofonchiò l’altro testardo, raccogliendo le
briciole che erano rimaste nel suo piatto e portandosele alla bocca. “Sei
sempre stato un secchione e lo sarai sempre. Dopo tutto ti considerano
addirittura un genio, no? Be’, sinceramente secondo me tu hai il problema
opposto al mio: studi e lavori troppo e vivi poco”.
“Non è
che se uno non si dà alla pazza gioia non appena ne ha l’occasione non vive.
Esistono persone che amano stare in tranquillità quando possono”ribatté il
minore dei gemelli finendo la sua cioccolata. “Di azione me ne dà fin troppa il
mio lavoro, quindi cerco di evitare i guai almeno quando non sono in giro a
scaricare i miei caricatori addosso a qualche demone”.
“Posso
anche capirlo questo, ma andiamo, Yukio! Hai sedici anni, non sei un adulto!
Dovresti smetterla di comportarti come tale almeno nella tua vita
privata!”esclamò Rin con forza. “Avrai tutto il tempo di fare l’asociale
serioso più avanti!”.
“So come
la pensi, ma ti assicuro che sto benissimo così”fece Yukio alzandosi. “Dai,
andiamo a pagare. Scommetto che con la neve il parco è uno spettacolo”.
L’altro
annuì e attese che lui pagasse, poi, dopo aver scambiato due chiacchiere con il
barista, si avviarono verso il luogo stabilito, camminando fianco a fianco in
silenzio. Il mezzo demone teneva lo sguardo davanti a sé, pensoso, come se
stesse considerando qualcosa, mentre l’esorcista gli lanciava continue
occhiate, chiedendosi se per caso suo fratello se la fosse presa per qualcosa
che aveva detto o magari perché aveva troncato così bruscamente il discorso che
stavano facendo. Le vie si erano riempite e le persone camminavano
chiacchierando allegramente in coppia o in gruppi e fermandosi ad ammirare le
vetrine riccamente decorate e ben illuminate. Il parco era pieno di bambini che
giocavano e si rincorrevano, ingaggiando vere e proprie guerre di palle di neve
e rotolandosi nei cumuli più profondi. Yukio li guardava con nostalgia e anche
con un po’ di invidia, seguendo i loro movimenti spensierati e sovrapponendoli
ai suoi ricordi. Alla fine i gemelli, dopo aver passeggiato per i vialetti
innevati, decisero di andare a sedersi su una panchina posta sotto un albero
spoglio, dai cui rami pendevano nastri colorati che qualcuno aveva deciso di attaccare
come decorazione in onore della festa in arrivo.
Quando si
furono accomodati spalla contro spalla, Rin si decise finalmente a parlare.
“Yukio? Ascolta…Dopodomani, la sera di Natale, Shima ha proposto di organizzare
un party per festeggiare tutti insieme noi del gruppo e altra gente amica
nostra. Perché non vieni? Ci sarà tutta la tua classe e sono sicuro che a loro
farebbe piacere se tu venissi, soprattutto a Shiemi”propose guardando suo
fratello speranzoso. “Era un po’ che volevo chiedertelo, ma non ho avuto
l’occasione giusta per farlo”.
“Non so
se è il caso, Nii-san. È una cosa tra voi, io sarei di troppo temo”si oppose
Yukio con il tono più gentile che riuscì a trovare. “E poi magari gli altri non
mi vogliono neanche. In fondo sono uno dei loro insegnati e di solito gli
studenti quando si trovano tendono anche a prendere in giro i docenti. Non
credo di voler sapere cosa loro pensano veramente di me!”.
“Oh, ma
quante scuse! Ti ho detto che sarebbero contenti di averti con loro! E poi se
vieni si renderanno conto che non sei solo quel pezzo di ghiaccio insensibile
che dimostri di essere in classe! Non ci siamo solo noi studenti, abbiamo
invitato anche Shura e un altro po’ di persone adulte, quindi non usare la
scusa dell’insegnate perché non sta in piedi”ribatté il mezzo demone. “Yukio,
ti prego! Sono certo che ti divertirai. Mi sentirei in colpa a lasciarti da
solo a Natale e io ci tengo davvero ad andare a quella festa. Andiamo, non
vorrai costringermi a scegliere tra le due cose! Non voglio far rimanere male
né te né i ragazzi. E poi pensala così: se vieni potrai controllare che io non
faccia cavolate”.
“Nii-san…Veramente,
non me la prenderei se tu ci andassi. Capisco quanto sia importante per te
avere dei nuovi amici. È proprio per questo che non…”tentò ancora l’esorcista,
ma fu interrotto.
“Yukio,
ti prego. Fallo per me”insistette il maggiore dei gemelli, distogliendo lo
sguardo. Odiava parlare in quei termini, era estremamente imbarazzante,
soprattutto se si trattava di Yukio. Ma quello era l’unico modo per convincere
quel testone a lasciarsi andare almeno per una volta. E poi lui voleva davvero
averlo con sé e divertirsi un po’ con lui. Tanto per dimenticare almeno per una
volta cos’erano e qual era il loro destino. “Ci terrei molto ad averti lì con
me. Sarebbe tutto più bello…Mi sentirei più felice se potessi condividere la
serata anche con te”.
L’altro
lo guardò preso alla sprovvista. Era raro che suo fratello si esprimesse così
direttamente nei suoi riguardi e la cosa non poteva che fargli piacere. Non
poté evitare di sorridere. In fondo non desiderava a sua volta altro che
passare del tempo con lui senza preoccupazioni o problemi da affrontare. “Se
proprio insisti, va bene, Nii-san. Verrò a quella festa. Devi tenerci davvero
tanto visto che arrivi ad umiliarti così tanto per chiedermelo”scherzò senza
cattiveria appoggiando una mano sulla spalla del suo gemello. “E ti prometto
che cercherò di sciogliermi un po’ e di non fare il guastafeste”.
“Prendimi
pure per il culo, intanto hai ceduto! E vedi di non fare il noioso per davvero
perché io a quella festa voglio mio fratello Yukio e non il
professor Okumura, chiaro?” borbottò Rin infastidito dal suo tono
canzonatorio, spingendo via la sua mano dalla propria spalla. “Guai a te se mi
rovini la serata!”.
“Tranquillo,
Nii-san, saprò comportarmi!”rise lui, afferrandogli le dita e stringendole.
“Sicuro di non aver freddo? Hai le mani gelate”.
Il mezzo
demone lo fissò imbarazzato. “Yukio! Che cazzo fai?! Sto bene!”esclamò cercando
di liberarsi dalla sua presa. Ogni tanto Yukio lo prendeva alla sprovvista con
quel genere di comportamenti che lui non sapeva mai come interpretare e che lo
mettevano a disagio come non mai. “Andiamo, non sono più un bambino!”.
Per tutta
risposta suo fratello gli prese anche l’altra mano stringendole entrambe tra le
sue. “Modera il linguaggio, Nii-san, quante volte devo dirtelo? Dovevi prendere
un paio di guanti, la temperatura è sotto zero stamattina. O quanto meno tenere
le mani in tasca come ho fatto io”lo rimproverò cercando di mantenere un tono
di voce neutro e ignorando le sue proteste, ma evitando per precauzione il suo
sguardo. E poi non aveva bisogno di vedere la faccia di Rin per sapere come lo
stesse guardando. Un misto di confusione e di imbarazzo, e forse anche un po’ di
fastidio. Ma lui non sapeva trattenersi, ogni volta che si presentava una scusa
doveva approfittarne. In fondo erano poche le situazioni in cui quel genere di
comportamenti potesse risultare poco sospetto, quindi non lo si poteva
biasimare se cercava di sfruttarle al meglio. Quello che gli si doveva
condannare era la ragione che lo spingeva a tali atti, erano le emozioni che
gli crescevano dentro e che si nutrivano di quei contatti. Era qualcosa che era
sempre stato dentro di lui, fin da quando poteva ricordare, un attaccamento
eccessivo nei confronti di suo fratello, spesso condito di gelosie immotivate e
desiderio di monopolizzare l’attenzione dell’altro. Quando era piccolo non
sapeva di che cosa si trattasse ma, nonostante i suoi stati d’animo lo sconcertassero
e lo confondessero spesso fino a diventare un tormento, si era sempre
trattenuto dal parlarne con qualcuno, persino con Shiro. C’era qualcosa dentro
di lui che gli diceva che se avesse confessato quello che provava ne avrebbe
subito le conseguenze perché quegli stati d’animo erano in qualche modo
sbagliati. Poi, crescendo, era arrivato a capire la natura dei suoi sentimenti,
ma si era inizialmente rifiutato di accettarla, esattamente come aveva fatto
con la scoperta di essere figlio di Satana, perché andava contro tutto quello
che gli era stato insegnato. Aveva cercato di non pensarci più, finendo però
per esasperare il suo attaccamento nei confronti di Rin e per mettere anima e
corpo nella sua decisione di proteggerlo dai piani del loro padre biologico.
Era stato solamente dopo la morte del loro tutore, quando aveva preso veramente
coscienza della sua natura demoniaca e di tutte le sue conseguenze, che aveva
deciso di iniziare a convivere con i suoi sentimenti, senza fuggirli o
reprimerli. Il suo affetto per Rin andava ben oltre il legame fraterno, lui lo
amava più di quanto avrebbe dovuto. Era uno dei peccati peggiori secondo la
Chiesa ed era anche un reato. Ma aveva deciso che non aveva importanza. In
fondo era già dannato in quanto figlio di Satana, nulla avrebbe potuto
redimerlo dal suo stesso sangue e inoltre non riusciva a sentirsi in colpa
davvero per quello che provava. Era un sentimento sincero, puro, niente di cui
ci si potesse vergognare. La sua ansia di nasconderlo era dovuta alla paura che
Rin potesse non accettarlo e che per questo decidesse di tagliare
definitivamente i ponti con lui. E Yukio non avrebbe potuto sopportarlo perché
il suo gemello era ormai la sua unica, vera ragione per vivere insieme alla
lotta contro colui che li aveva condannati a quella vita a metà e lui non
avrebbe saputo immaginare la sua esistenza priva di quel ragazzo testardo e
ribelle. Così si accontentava di sostenerlo e proteggerlo con tutti i mezzi che
aveva a disposizione e di godersi quei piccoli momenti in cui i suoi veri
sentimenti potevano salire un poco in superficie. Un contatto fugace e casuale,
un sorriso, un abbraccio e il calore che essi portavano con sé, come in quel
momento. Avvertì le proprie guance andare in fiamme mentre si concentrava sulle
mani di Rin, fredde contro la sua pelle. Non aveva bisogno di altro se poteva
averlo vicino, nemmeno che lui lo ricambiasse.
“Ehm…Yukio?”.
La voce
del mezzo demone lo strappò ai suoi pensieri, costringendolo a tornare al
presente. L’esorcista si costrinse ad alzare lo sguardo e si ritrovò ad
affondare i propri occhi in quelli così simili dell’altro. Bellissimi. Il
rossore sul suo volto aumentò e lui ringraziò il fatto che poteva essere
attribuito al freddo pungente del clima. “Sì, Nii-san?”.
“Sarebbe
il caso che mi lasciassi andare, non trovi?”fece Rin lanciando uno sguardo
significativo alle loro dita intrecciate e arrossendo leggermente a sua volta.
“Qualcuno potrebbe fraintendere, se capisci cosa intendo…”.
“E io
dovrei lasciare che le tue mani congelino solo perché hai paura che qualcuno
pensi male di noi?”ribatté il minore dei gemelli cercando di nascondere il
disagio. “Andiamo, Nii-san, la gente ha cose più interessanti da fare che
guardare cosa stiamo facendo e poi, anche se qualcuno lo notasse, è assai improbabile
che si ricordi di noi anche solo tra un’ora”.
“Uhm, hai
ragione, però…”balbettò l’altro non sapendo più dove posare gli occhi. Lo
odiava con tutto il cuore quando usava quella sua dannata logica per
distruggere i suoi tentativi di argomentazione perché in quel modo finiva
sempre per fargli fare quello che voleva lui. La cosa peggiore però era che in
quel momento non riusciva a capire dove Yukio volesse arrivare e cosa volesse
da lui. In più si sentiva confuso come spesso gli accadeva quando erano in
posizioni simili e non riusciva ad identificare le sensazioni che gli si
agitavano dentro. E poi, dannazione, arrossire in quel modo non era da lui. Per
colpa di suo fratello per di più. “Io non so se…”.
“Rin…”lo
chiamò piano l’esorcista, interrompendolo e sollevandogli appena il mento per
costringerlo a guardarlo di nuovo negli occhi. Quello che stava facendo era
maledettamente pericoloso e lui lo sapeva bene, era conscio che stava
rischiando di mandare in fumo tutti i suoi sforzi di tenere nascosti i suoi
sentimenti. Ma non riusciva a fermarsi. I loro volti non erano mai stati così
vicini e lui avvertiva il suo autocontrollo sgretolarsi velocemente.
Rin prese
coraggio ed alzò gli occhi, trovandosi a pochi centimetri da suo fratello.
C’era qualcosa che non andava in quella situazione, qualcosa che la sua mente
si rifiutava di afferrare. Lui e Yukio si stavano fissando intensamente a una
distanza minima, entrambi a disagio e con le guance leggermente arrossate.
Sembrava una di quelle scene dei manga che il minore ogni tanto leggeva, quella
in cui i due personaggi stavano per baciarsi. L’idea lo colpì con forza,
mandandolo in panico. No, non era possibile. Loro erano fratelli, dannazione!
Ma allora perché non desiderava altro che chiudere quel poco spazio che era
rimasto tra loro? “Yukio…”. Il nome dell’altro gli sfuggì dalle labbra in un
soffio senza che lui potesse impedirlo e fu in quel momento che capì che non si
sarebbe tirato indietro. Magari più tardi se ne sarebbe pentito, ma in quel
momento avrebbe accolto la cosa più che volentieri.
Gli occhi
di entrambi si chiusero ma, prima che le loro labbra si potessero incontrare,
il cellulare di Yukio prese a squillare, facendoli sobbalzare e strappandoli al
loro idillio. Si allontanarono bruscamente e il possessore del telefono si
affrettò a rispondere, il viso ancora in fiamme.
“Okumura Yukio.
Mephisto?! N-No, nulla…Sì, davvero! Cosa vuoi?”balbettò a disagio. Rimase in
ascolto per un attimo, poi i suoi occhi si spalancarono, preoccupati. “Cosa?
Dove?! Certo…Capisco. Maledizione!”. Il suo sguardo si posò per un attimo su
Rin. “Sì…Ovviamente!…Dammi dieci minuti e sarò lì. Certo che sono sicuro!…Sì,
sì…Mephisto, per favore, non…Ecco…Bene. Arrivo”. Riagganciò e si voltò a
fronteggiare suo fratello che lo guardava impaziente. “Una missione di massima
urgenza. Devo andare, Nii-san. Mi spiace per la nostra giornata”spiegò con fin
troppa calma, ma nei suoi occhi bruciava l’ansia. “Ci rifaremo presto, te lo
prometto”.
Il mezzo
demone lo afferrò per un braccio impedendogli di alzarsi. “Yukio, che succede?
Che razza di missione è?”domandò preoccupato. Non aveva mai visto suo fratello
così teso prima di un incarico e non gli era piaciuta l’occhiata che gli aveva
lanciato durante la telefonata. E poi aveva imprecato, seppure in maniera
minima, e quella era una cosa che non faceva quasi mai. “Adesso mi spieghi che
cazzo…”.
“Ne
parliamo quando torno”lo interruppe l’altro liberandosi dalla sua presa. “Non
ho tempo adesso. Torno presto, Nii-san. Ma tu promettimi che non mi seguirai.
Ti scongiuro, Rin”.
Il suo
tono dolce ma fermo non fece altro che aumentare l’angoscia del maggiore dei
gemelli. “Yukio! Che cazzo succede? Dimmelo! Io ho il diritto…”iniziò quasi con
rabbia.
Ma Yukio
lo interruppe di nuovo, questa volta afferrandolo per la felpa e premendo con
forza le proprie labbra sulle sue in un bacio casto ma appassionato. Rin sgranò
gli occhi, incredulo, senza però respingerlo, anzi ritrovandosi a rispondere
istintivamente al bacio. Il contatto durò pochi attimi ma fu tanto intenso che,
quando l’esorcista si ritrasse, ad entrambi rimase la sensazione di un vuoto
che chiedeva disperatamente di essere riempito di nuovo.
“Aspettami,
Nii-san, tornerò presto”mormorò il minore, lasciando la prese e allontanandosi
quasi di corsa un po’ per la fretta, un po’ per paura delle conseguenze della
sua azione.
Il mezzo
demone rimase paralizzato sulla panchina, a metà tra la confusione e lo
sconcerto per quello che era appena successo e la preoccupazione per la
missione che avevano affidato a suo fratello. Che cosa diamine era accaduto?!
Lui e Yukio si erano…baciati. No. Doveva esserlo immaginato. Eppure sentiva
ancora il calore delle labbra dell’altro sulle sue, sentiva ancora la
morbidezza di quel contatto fugace e i brividi che gli aveva dato. Si prese la
testa tra le mani. Cosa avevano fatto? Aveva bisogno di spiegazioni, di
qualcosa che calmasse il caos che gli era scoppiato dentro. Ma Yukio lo aveva
abbandonato lì con i suoi dubbi e lui aveva un orrendo presentimento rispetto a
quello che sarebbe avvenuto di lì a qualche ora.
La sera
era calata velocemente e il cielo si era tinto di scuro già nel tardo
pomeriggio, dando l’impressione di voler rubare il tempo, affogandolo nella
lunga notte che si avvicinava. Nel centro del paese le persone passeggiavano
ancora sotto i lampioni e davanti alle vetrine illuminate dei negozi, ma in
periferia le strade si erano svuotate al tramonto. Anche i dintorni del
dormitorio dei gemelli erano, come sempre d’altra parte, deserti, perché per
gli studenti della True Cross, gli unici a cui capitasse talvolta di
passare nelle vicinanza dell’edificio, era periodo di vacanza. Rin se ne stava
sdraiato a pancia in giù sul letto, sfogliando svogliatamente uno dei suoi
manga senza riuscire a concentrarsi né sulle vignette né sulle immagini, la
mente persa altrove, imbrigliata nell’ansia dell’attesa.
Ripresosi
dallo sconcerto, si era finalmente deciso a lasciare il parco e aveva trascorso
tutto il resto della giornata in giro, cercando di non pensare al modo in cui
lui e Yukio si erano lasciati e alla sensazione di pericolo che aveva gravato
su di lui sin da quando suo fratello era corso via per la sua missione,
abbandonandolo su quella panchina ghiacciata. Fortunatamente, mentre
considerava l’idea di tornarsene a casa, aveva incrociato Shiemi e la ragazza,
intuendo il suo pessimo stato d’animo, lo aveva invitato a passare la giornata
con lei nella speranza che la sua compagnia potesse in qualche modo aiutare
l’amico a tirarsi un po’ su di morale. Il mezzo demone aveva accettato
volentieri la proposta, grato che lei non gli avesse domandato spiegazioni e
speranzoso di riuscire a distrarsi almeno per un poco. I due erano stati nel
giardino della bionda, spalando la neve e cercando di costruire dei pupazzi che
somigliassero vagamente a degli animali anche se con scarsi risultati, per poi
rientrare a bere una delle tisane speciali che la ragazza preparava con le erbe
che coltivava personalmente per scacciare il freddo dai loro corpi. Rin si era
divertito un sacco e aveva sentito un dolce calore invaderlo ogni volta che
Shiemi rideva ai suoi vani tentativi di dare ai cumuli di neve la forma che
desiderava o per le facce confuse che faceva quando lei tentava di spiegargli
le varie proprietà delle erbe medicinali. Era sempre così serena, cristallina,
pura, anche se forse spesso e volentieri troppo ingenua e paurosa. Ma a lui
piaceva proprio così perché l’anima della ragazza possedeva quel candore
innocente che a lui era stato negato fin dalla nascita. Forse era quella la
ragione per cui lei lo aveva attratto fin dal loro primo incontro, per via
della calda luce rassicurante che le sue belle guance rosse e il suo sorriso
timido emanavano. Aveva creduto di essersi innamorato di lei, e forse per un
periodo lo era stato davvero, ma, con il passare del tempo, si era reso conto
che quello che provava non era altro che l’affetto forte e speciale che legava
due migliori amici. Lei, da parte sua, non aveva mai preteso nulla. Era felice
di stargli accanto, di essergli in qualche modo utile o anche solo di conforto
come quel giorno e, anche se quando la verità sulla doppia natura del ragazzo
era venuta allo scoperto la loro amicizia era entrata temporaneamente in crisi,
aveva cercato di recuperarla e di farsi perdonare per non essersi fidata di lui,
ascoltando le sue paure, e respingendolo invece di dargli il suo supporto nel
momento del bisogno. Rin comunque non l’aveva biasimata per la sua reazione
perché lui stesso trovava estremamente difficile accettare di essere il figlio
di Satana e l’aveva perdonata volentieri, desideroso di poter godere nuovamente
dell’affetto di lei.
Il
ragazzo si era congedato solo quando aveva iniziato a farsi buio. Prima di
lasciarlo andare Shiemi lo aveva avvolto in un abbraccio stretto,
sussurrandogli che tutto si sarebbe aggiustato di certo e che le cose avrebbero
preso di nuovo una piega favorevole. Lui era rimasto sorpreso da quelle parole
e l’aveva guardata confuso. Lei, per tutta risposta, gli aveva sorriso e gli
aveva raccomandato di portare i suoi saluti a Yukio prima di chiudere la porta.
Lo sguardo con cui aveva accompagnato quelle sue ultime parole avevano spinto
Rin a domandarsi se per caso la ragazza avesse intuito che il suo malumore era
legato in qualche modo al suo gemello, ma aveva scartato l’idea quasi subito.
Doveva aver interpretato male un’espressione del tutto priva di sottintesi. In
fondo era impossibile che Shiemi sapesse della missione di suo fratello e che
tanto meno fosse a conoscenza di quello che era accaduto tra loro al parco.
Erano solo sue paranoie, o forse illusioni del suo desiderio che qualcuno
potesse indicargli cosa fare senza che lui fosse obbligato a spiegare tutta la
faccenda.
Il mezzo
demone sospirò stancamente, chiudendo il fumetto e lanciando uno sguardo
a Kuro che dormiva beato rannicchiato ai piedi del letto. Non aveva
detto nulla del bacio neanche a lui, gli aveva solo confessato di essere in
pensiero per suo fratello per via del modo strano in cui aveva reagito quando
aveva ricevuto la telefonata di Mephisto. Il famiglio aveva cercato di
rassicurarlo rammentandogli che Yukio era un esorcista di un certo livello e
che non era uno che correva rischi inutili. Inoltre di certo, se la missione
era così pericolosa come era sembrata essere, di sicuro non sarebbe stato solo.
Quindi non aveva alcun motivo di preoccuparsi tanto. Rin aveva annuito ma,
nonostante avesse dovuto ammettere che Kuro aveva ragione, non era
riuscito a calmare del tutto la sua preoccupazione. Sentiva che qualcosa
sarebbe andato storto anche se non avrebbe saputo spiegare il perché.
Si rigirò
nel letto per un po’, cercando di prendere una decisione, e alla fine si alzò
sbuffando, attento a non svegliare il suo famiglio. Restare lì a rodersi
avrebbe solo peggiorato il suo stato d’animo. Non aveva altra scelta, doveva
sapere di che razza di missione si trattava e c’era solo una persona che poteva
dargli quell’informazione. Afferrò il giubbotto e lasciò l’edificio diretto
verso la sua scuola.
Percorse
a passo svelto la distanza che separava il dormitorio
dalla True Cross, troppo impaziente per prestare attenzione realmente
a ciò che lo circondava, la mente impegnata nella ricerca di un modo per
costringere Mephisto a parlare subito e in modo chiaro. La neve bagnata dalla
luce gialla dei lampioni brillava come cristalli di oro bianco mentre finissimi
fiocchi avevano ripreso lentamente a cadere. Normalmente lui si sarebbe fermato
ad ammirare il paesaggio, assaporando la sensazione di tranquilla bellezza che
quello comunicava, ma in quel momento i pensieri che occupavano la sua testa
gli permettevano a malapena di registrare il percorso che stava facendo.
Una volta
giunto a destinazione sollevò lo sguardo verso le finestre dell’ultimo piano,
dove era collocato l’ufficio del preside. Da dietro le pesanti tende che
coprivano il vetro filtrava una sottile lama di luce, molto fievole ma comunque
visibile anche a quella distanza. A quanto pareva per sua fortuna il demone era
ancora nell’edificio. In fondo anche Mephisto aveva degli incarichi da
svolgere, o almeno doveva fingere di averli per poter conservare l’immagine che
si era costruito. Poi, sul fatto che lavorasse sul serio il ragazzo aveva i
suoi dubbi, ma in fondo non gli interessava più di tanto. L’importante era che
quel pazzo fosse raggiungibile per soddisfare i suoi dubbi e rispondere a tutte
le sue domande.
Entrò
nell’edificio e si affrettò a salire le scale, diretto all’ufficio, e, quando
fu davanti alla porta, la spalancò senza curarsi di bussare, esclamando con
tono di accusa: “Tu mi devi spiegare che diamine sta succedendo e dove cazzo
hai mandato mio fratello!”.
Mephisto
alzò gli occhi dal giornaletto che stava leggendo e li fissò sul nuovo
arrivato, per nulla sorpreso dalla sua entrata, quasi come se lo stesse
aspettando. “Cosa ti avevo detto? È arrivato alla fine! Non sbaglio
mai”commentò divertito poggiando un gomito sul piano levigato della sua
imponente scrivania, rivolto ad Amaimon che se ne stava appollaiato sul
bracciolo del suo scranno, lo sguardo a sua volta fisso sul loro fratellastro.
“Anche se in effetti ci ha messo un po’ di più di quanto avevo previsto”.
“Adesso
ti toccherà spiegargli tutta la faccenda, Aniue”fece il demone con i
capelli verdi, mettendosi in bocca l’immancabile lecca lecca. “Che noia”.
“Questo è
ancora tutto da vedere, Otouto…”rispose piano il preside mentre un sorriso
poco rassicurante gli si allargava sul volto. “Da quand’è che io do
spiegazioni?”.
Suo
fratello lo guardò vagamente incuriosito e fece per ribattere, ma Rin lo
anticipò.
“Ehi, voi
due! Non ignoratemi!”esplose infastidito. “Mephisto! Ti ho fatto una domanda!”.
“A dire
la verità hai fatto irruzione in maniera decisamente poco gentile nel mio
ufficio strillando altrettanto poco elegantemente di dirti dov’è Yukio ~”lo
corresse canzonatorio Mephisto, fingendosi quasi offeso. “Pensavo che ti
avessero insegnato le buone maniere!”.
Il
ragazzo gli rivolse un’occhiata assassina, più irritato che mai. Quell’idiota
non solo aveva ignorato la sua richiesta, ma si stava anche prendendo gioco di
lui adesso. Doveva ringraziare che ci teneva troppo a sapere cosa stava
accadendo o non si sarebbe trattenuto dallo spaccargli la faccia a calci. “Che
razza di missione hai dato a mio fratello!”ripeté con un po’ meno foga
scandendo bene le sillabe.
“Aniue,
guarda che se non gli rispondi il fratellino va a fuoco un’altra volta”constatò
Amaimon atono. “Poi non prendertela con me se ti rovina l’ufficio”.
“Giusta
osservazione, Amaimon. Bene! Penso sia giunto il momento di farsi un giro in
terrazza! ~”esclamò allegro il preside decidendosi finalmente ad alzarsi.
“Aspettami qui, Otouto, e vedi di non finire i dolci come tuo solito. E
soprattutto non toccare le mie cose!”. Si avviò verso la porta prendendo Rin
sotto braccio e trascinandolo fuori contro la sua volontà. “A dopo!”.
Il demone
spinse il ragazzo su per le scale fino alla terrazza che copriva parte del
tetto della scuola, tenendolo stretto a sé per impedirgli di ribellarsi, e, una
volta lì, lasciò senza preavviso la presa facendolo quasi cadere per terra sul
sottile strato di nevischio che ricopriva il pavimento. Il mezzo demone imprecò
pesantemente tra i denti, ma lui lo ignorò andando ad appoggiarsi alla
balaustra.
“Certo
che la neve fa proprio un bello spettacolo in questo mondo, non trovi? Non
finirò mai di stupirmi. A Gehenna non si vedono mai paesaggi di questo
genere”commentò aprendo teatralmente le braccia e lasciando che i lievi fiocchi
che ancora cadevano si posassero sui suoi guanti bianchi. “Anche se fa un
pochettino troppo freddo al momento”.
“Se hai
finito con le cagate possiamo parlare della missione di Yukio”lo rimbeccò Rin,
acido. Col cavolo che lo avrebbe lasciato cianciare fino a stordirlo con le sue
stupidate. Questa volta avrebbe ottenuto le informazioni che voleva. O, almeno,
questo era quello che sperava. “E niente giochetti, chiaro? Non lo sopporterò”.
“Ma come
siamo scontrosi! Sei di cattivo umore per caso?”lo prese in giro il demone con
un ghigno. “Comunque, mi spiace per te, ma non ti dirò nulla di quello che sta
accadendo. In primo luogo perché è una missione importante e non posso certo
rischiare che tu mandi tutto a monte in uno dei tuoi attacchi di isterismo e
mania di salvare il mondo. Secondo, è stato proprio tuo fratello a farmi
giurare che non ti avrei detto nulla e, visto che sono un demone d’onore, farò
come mi è stato chiesto. Sai, ci tiene a spiegarti la questione di persona se e
quando torna…”.
“Come
sarebbe a dire “se e quando torna”?! Non mi starai dicendo che è andato a farsi
ammazzare spero!”lo aggredì nuovamente Rin, al limite della pazienza. In fondo
forse poteva rompergli lo stesso quel muso antipatico e poi costringerlo a
parlare. Di certo la cosa lo avrebbe aiutato a scaricare un po’ lo stress e
l’ansia che lo stavano lentamente facendo affogare. “E perché mai mio fratello
dovrebbe desiderare di impedirmi di sapere quello che sta succedendo facendomi
così angosciare ancora di più? È così…stupido!”.
“Pardon,
quel “se” mi è sfuggito, non intendevo implicare nulla! Sono talmente abituato
a mettere tutto in tragedia per dare fastidio che ormai lo faccio senza quasi
accorgermene! ~”commentò il suo interlocutore, ironico. “Non so perché tuo
fratello mi abbia chiesto una cosa del genere, anche se ammetto che sarei
curioso di capirlo, ma sta di fatto che mi ha espresso questo suo desiderio.
Probabilmente secondo lui questo è un modo per proteggerti. Di solito non
ascolto mai il nostro Yukio, e gli altri in generale, ma questa volta penso che
lo farò considerando le tue reazioni. Molto interessanti...Mi sembri un po’
stressato, o sbaglio?”. Si voltò finalmente a guardare il mezzo demone con un
sorrisetto allegro, ignorando bellamente la sua evidente frustrazione.
“Dovresti rilassarti un po’. Stare in quello stato di tensione non fa bene alle
tue fiamme. E Yukio non sarebbe contento se perdessi il controllo un’altra
volta!”.
“Delle
mie fiamme mi preoccupo io, tu pensa agli affari tuoi, razza di clown! E per il
mio stress, se fossi in te non riderei tanto perché potrei decidere di sfogarlo
sulla tua faccia”ringhiò il ragazzo minaccioso, lasciandosi poi sfuggire un
sospiro e andando ad appoggiarsi a sua volta alla balaustra, deciso a non
raccogliere del tutto la provocazione che gli era stata lanciata anche se
l’impulso di colpire per davvero l’altro si faceva sempre più forte. “Ci
mancava solo questa. Da quando abbiamo fatto pace dopo la morte di Shiro, Yukio
ha iniziato a comportarsi in maniera piuttosto strana in certi momenti e io non
so proprio come interpretare le sue azioni. Oggi poi ha superato ogni limite.
Prima al parco e adesso questa sua voglia improvvisa di tenermi all’oscuro di
tutto, dannazione a lui”borbottò rivolto più a sé stesso, il tono che tornava a
velarsi di rabbia ma anche di un certo imbarazzo ai ricordi di quella mattina.
“Avrò il diritto di sapere dov’è mio fratello e soprattutto cosa sta
rischiando, maledizione! Sono stufo di questa cosa che lui mi vuole proteggere,
me la cavo anche senza! Non ho bisogno della balia”.
“Sarà
anche vero, ma spesso e volentieri dimostri il contrario”constatò Mephisto a
cui non erano sfuggite le emozioni che avevano attraversato il volto del
ragazzo. “Converrai con me che certi episodi hanno dimostrato una certa tua
tendenza…all’irresponsabilità, correggimi se sbaglio. Quindi tuo fratello non
ha tutti i torti anche se spesso esagera con la sua iperprotettività…ma
d’altra parte siete gemelli, è normale che pecchiate entrambi di certi
eccessi”. Il sorriso sul suo volto si tramutò in un ghigno. “Quanto al
comportamento di Yukio, io ora non so cosa abbiate combinato voi due, ma
scommetto che c’è una ragione precisa dietro le sue stranezze”.
“E cosa
cazzo potrebbe spingerlo a fare cose che un fratello non dovrebbe assolutamente
mai fare, per nessunissimo motivo?!”sbottò Rin senza pensarci. Si pentì
immediatamente di quello che aveva detto perché negli occhi del preside passò
un lampo di comprensione che non gli piacque affatto. Sperò di esserselo solo
immaginato, in fondo quel giorno anche la sua paranoia sembrava essersi
improvvisamente messa a fare gli straordinari, ma qualcosa gli diceva che
l’altro aveva capito fin troppo bene a che cosa si riferiva la sua frase.
“Non puoi
usare termini di paragone umani per voi due. Che tu lo voglia o no, siete
demoni, e non dei demoni qualunque, siete i figli di Satana! Questo complica
parecchio le cose. O meglio, in un certo senso le semplifica. Per quanto voi
cerchiate di adeguarvi, i costumi umani non si addicono alla vostra natura e
mai lo faranno. Fidati, parlo per esperienza. Dopo secoli passati in questo
mondo ancora faccio fatica a comprendere certi costumi in uso tra i suoi
abitanti. Sono assurdi”fu la risposta vagamente divertita. “E poi, andiamo, mi
pare ovvio! Chi non ha un rapporto speciale ed esclusivo con il proprio
fratello?”.
A
quell’uscita Rin sgranò gli occhi e lo fissò basito, non sapendo come
interpretare quell’uscita che, da qualunque lato la guardasse, gli suonava
sempre e comunque veramente male. Mephisto lo stava prendendo in giro o pensava
davvero quello che aveva appena detto?! Per un attimo ebbe l’impulso di
domandarglielo, ma si trattenne decidendo che in certi casi era molto meglio
rimanere con il dubbio.
Il demone
osservò le sue reazioni con aria soddisfatta, quasi godendo dello sconcerto che
aveva provocato, poi si staccò dal parapetto mostrando l’intenzione di voler
tornare nel suo ufficio. “Ora è meglio che vada, ho delle faccende in sospeso.
E poi non voglio lasciare Amaimon da solo per troppo tempo! Il
mio Otouto purtroppo è molto…suscettibile alla noia e io non vorrei
che decidesse di buttarmi giù la scuola con un terremoto perché non ha
nient’altro con cui divertirsi. Sarebbe piuttosto irritante. Quindi è meglio
che torni in fretta da lui”disse avviandosi verso le scale. “Avrai capito che
da me non otterrai nessuna informazione! E dal momento che io sono l’unico che
sa quello che ti interessa riguardo questa faccenda, ti consiglierei di
startene buono e di aspettare che tuo fratello torni. È la cosa migliore. Non
affannarti a tornare nel mio ufficio, adesso ce ne andiamo a casa e faresti
bene a farlo anche tu”. Aprì la porta e vi si infilò, voltandosi un’ultima
volta verso il ragazzo. “E mi raccomando, Rin, cerca di non valutare con
parametri umani quello che non ha nulla a che vedere con essi. Potresti
pentirtene amaramente ~”. E senza dargli tempo di ribattere sparì all’interno
dell’edificio.
Il mezzo
demone rimase per qualche attimo a fissare il punto in cui era sparito, a metà
tra l’irritazione e la confusione. Non aveva ben afferrato l’esatto significato
dell’ultima frase di Mephisto. Possibile che quel pazzo avesse indovinato senza
bisogno di sapere nulla quello che stava capitando tra lui e Yukio? Che
l’avesse capito meglio e soprattutto prima di lui? Perché in effetti lui ancora
non riusciva a spiegarsi le azioni del suo gemello. O meglio, aveva un’ipotesi
che lo tormentava, ma preferiva non pensarci. Era assurdamente semplice, ma non
poteva, non doveva essere vera. Sospirò. In fondo aveva desiderato che qualcuno
gli dicesse cosa fare e, anche se a modo suo, il demone lo aveva appena fatto.
Quindi lui si sarebbe sforzato di non considerare la cosa secondo “parametri
umani”. Peccato che quelli fossero gli unici a cui lo avessero educato. Strinse
i pugni. Le chiacchiere di quel clown alla fine erano riuscite a confonderlo
nonostante tutti i suoi sforzi di non lasciarsi abbindolare. Non c’era nessun
dubbio, Mephisto era proprio un diavolo, in tutti i sensi. Non era riuscito a
cavargli nemmeno un indizio sulla missione di Yukio. Considerò di tornare
nell’ufficio e insistere, ma alla fine desistette in parte perché il preside
aveva detto che se ne sarebbe andato, in parte perché temeva di rischiare di
scoprire cosa Mephisto intendesse per avere un “rapporto speciale ed esclusivo
con il proprio fratello”. Di novità ne aveva già avute abbastanza per quel
giorno.
Rimase
ancora qualche minuto ad osservare la neve che cadeva sempre più rada sul
paesaggio dipinto di bianco e poi si decise ad avviarsi verso il dormitorio.
Ora non poteva fare altro che aspettare. Sarebbe andato a dormire e il giorno
dopo avrebbe cercato qualcosa per ingannare il tempo. Avrebbe potuto passare
ancora un po’ di tempo con Shiemi e magari andare a fare compere con Shima o
girovagare con Bon. Magari avrebbe potuto proporre ai suoi compagni di trovarsi
direttamente la mattina per organizzare in dettaglio la festa che si sarebbe
tenuta la sera di Natale. In fondo mancava poco. Quel pensiero lo rattristò un
poco. Non sapeva se Yukio sarebbe riuscito a tornare in tempo e lui aveva
sperato tanto che anche suo fratello fosse presente all’evento. Si sarebbe
rassegnato a fare a meno di lui, si disse non senza amarezza. L’importante era
che il suo gemello tornasse a casa come aveva promesso.
Proprio mentre usciva dalla True Cross il campanile
della chiesa batté la mezzanotte, salutando con il suo suono grave quella che
sarebbe stata la vigilia di Natale. Rin alzò gli occhi verso di esso,
avvertendo il suo cattivo presentimento farsi in qualche modo più acuto. C’era
qualcosa che non andava, se lo sentiva. Scosse il capo con decisione,
accelerando il passo, desideroso di trovarsi tra le mura rassicuranti del suo
dormitorio insieme a Kuro. Doveva essere solo la suggestione. Era anche
stanco, si era svegliato presto quella mattina. Tutto lì. Era una stupida
paranoia. Eppure quell’ombra che si estendeva su di lui, per quanto tentasse di
segregarla nel fondo della sua mente, non accennò a svanire.