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Autore: mise_keith    16/08/2006    9 recensioni
L’immagine ed il grido di Sophie che precipitavano in un buio inesistente e sconosciuto furono per me fatali, incancellabili, una folata improvvisa di vento invernale. Che gela il cuore, per quanto qualunque demone possa tentare di scaldarlo. Mi dissi che, chiunque fosse, prima o poi sarebbe riapparsa, e che allora, quando ciò sarebbe successo, avrei compreso molte cose. Vuoti inaspettati ed inconsolabili. Ansie insoddisfatte. Nel frattempo, tutto ciò che avrei dovuto fare era sforzarmi di vivere.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Everything We Call Beauty

Autrice: mise_keith

Disclaimer: I diritti di "Howl’s Moving Castle" sono di Diana Wynne Jones, Hayao Miyazaki e di un bel po’ di persone a loro legate.

Beta reader: Thilwen.

Rating: PG13.

Data di creazione: 26/27 Gennaio 2006.

Genere: Romantico/Malinconico.

Personaggi: Howl, Calcifer, Sophie di sfuggita, ancor di più la Strega delle Lande.

POV: Howl’s POV.

Note: One-shot.

Sintesi: L’immagine ed il grido di Sophie che precipitavano in un buio inesistente e sconosciuto furono per me fatali, incancellabili, una folata improvvisa di vento invernale. Che gela il cuore, per quanto qualunque demone possa tentare di scaldarlo.

Mi dissi che, chiunque fosse, prima o poi sarebbe riapparsa, e che allora, quando ciò sarebbe successo, avrei compreso molte cose. Vuoti inaspettati ed inconsolabili. Ansie insoddisfatte.

Nel frattempo, tutto ciò che avrei dovuto fare era sforzarmi di vivere.

Ringraziamenti e dediche: A Chiara (Thilwen), che, come sempre, trova il modo di riempire le miei ormai troppo brevi estati. Sebbene io stessa sia oramai così piena di cose inutili. Grazie, tesoro, sempre.

Note dell’autrice: Non è qualcosa in cui m’impegni, pubblicare tanto a distanza di tempo ed in momenti tanto strani, ma purtroppo sembra che mi riesca piuttosto bene. Era un bel po’ che volevo liberarmi di questa one-shot, scritta per una vera e propria necessità, e che probabilmente potrà sembrare inutile ed incomprensibile alla maggior parte dei lettori. Ma, essendo umana, e non una progressione geometrica, ammetto che anch’io ho a volte bisogno d’inguaiarmi in questo colloso romanticismo. Ne approfitto per chiedere perdono, e per augurare a chi si arrischierà, buona lettura. Grazie.

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Calcifer entrò dentro di me con l’entusiasmo sfocato di un calore autunnale. Si prese il mio cuore, ed io gli lasciai necessaria giurisdizione, attraverso le sue tiepide lingue di fiamma, sulla mia vita. Unico pegno, per le prime carceriere del mio tormentato destino.

Un patto è un patto. E un patto con un demone è un passo verso un lungo futuro, costretto da pesanti, ma invisibili catene. Sempre più numerose, aberranti ma indispensabili garanzie di una desiderata libertà. La mia tanto agognata e paventata libertà.

Nonostante imprigionarsi in troppe identità ed affidarsi a troppe mani sia sempre, ed inevitabilmente, causa di molti mali. Ogni maschera è infine destinata a cadere, per quanto salda possa essere la propria presa.

Il Carnevale non è mai eterno. Figuriamoci l’ingenua incolumità dei suoi sorrisi, avrebbe detto Suliman.

Ma c’era qualcosa che sapevo di dover attendere, e sapevo anche che, in un modo o nell’altro, avrei dovuto essere libero quando questa sarebbe arrivata.

Libero.

L’immagine ed il grido di Sophie che precipitavano in un buio inesistente e sconosciuto furono per me fatali, incancellabili, una folata improvvisa di vento invernale. Che gela il cuore, per quanto qualunque demone possa tentare di scaldarlo.

Mi dissi che, chiunque fosse, prima o poi sarebbe riapparsa, e che allora, quando ciò sarebbe successo, avrei compreso molte cose. Vuoti inaspettati ed inconsolabili. Ansie insoddisfatte.

Nel frattempo, tutto ciò che avrei dovuto fare era sforzarmi di vivere.

°

- Sei tornato.

La voce roca, fumosa, di Calcifer, mi accolse, accompagnata dal basso bisbiglio di qualche sbuffo di cenere dal focolare.

Mi sedetti davanti al fuoco e sospirai, liberandomi della magia che mi ero tessuto addosso, in un vortice di piume e polvere dal pavimento.

- Sei stato in città?

Non potei fare a meno di sorridere, distendendo il capo all’indietro e lasciando spiovere i capelli, biondi, oltre la spalliera della sedia. Emisi un risolino deliziato.

- E come si chiamava, stavolta? – mi domandò a metà fra il petulante e il compiaciuto.

Distesi le labbra. Poi sollevai la testa, per fissare i suoi occhi scuri e caldi accendersi e spegnersi fra i giochi delle scintille.

- Non lo so. Non ricordo. – sospirai ancora – Però aveva gli occhi color del cielo.

°

Gli anni passano e sedimentano nella memoria sempre più veloci ed incuranti. Lasciano strascichi di malinconia sulla pelle e tra i pensieri. E nei ricordi e nel presente l’importanza di qualche fascinosa, fragrante apparenza.

No, senza la bellezza, non varrebbe più la pena di vivere. Si svuoterebbe il senso di ogni grande passione, rimarrebbe solo vetro infranto, qualche essenza poco lesta ad evaporare e spegnersi. La bellezza è piacere e potere, forza sottile del fascino, potenza di ogni sfacciata innocenza. Autorità.

Senza di essa, si svuoterebbero i miei anni.

Ed ogni età diventerebbe più difficile da sopportare.

°

- Io... io non dovrei essere qui. È pericoloso girare per la città di notte, sai. Si dice... si dice che Howl, lo stregone, passi di qui e ghermisca il cuore delle ragazze, senza più tornarlo loro indietro.

Due occhi spaventati, due gemme nel buio, la voce acuta e spaventata mi scivolava nelle orecchie col tono spaurito che risponde ad una richiesta inaspettata e troppo ardita.

Risi, risi forte.

- Ghermire il cuore? E dimmi, io ho forse l’aspetto di uno stregone? – bisbigliai nelle sue orecchie, passandole una mano fra i capelli. La sentii rabbrividire.

- No. No! Solo... Chi sei? Io...

Fermai la mano sul suo collo caldo, scostando i riccioli sfuggiti impenitenti dal morbido chignon color rame, per poi allontanare il mio viso dal suo. Avvertii, gravosa, imprevista, l’inquietudine impadronirsi di me.

- Qual è il tuo nome? – mormorai, piano, trovando una nota cedevole nella mia richiesta di cui non riuscii a stupirmi.

- Eleanor. Ma...

Sorrisi fra me e me e mi chinai per impadronirmi delle sue labbra, sorpreso da una sconfinata leggerezza.

Dopo aver represso ogni nostalgico moto del fato dentro di me.

Sforzarmi di vivere.

°

Non ho mai fatto attenzione alle strade solcate dai miei passi, ai confini oltrepassati, lasciati miglia indietro in un unico volo ad ali spiegate, viso aperto. Brevi momenti di calore per lunghi tempi di solitudine, in compagnia del vento, di un passato rinunciato per vivere di presente, intensamente. O così avrei voluto credere.

Ogni attesa soppressa e forzata in un angolo buio della propria coscienza sembra estendersi oltre ogni, apparentemente negata, aspettativa.

E i limiti posti dai propri voleri vengono sfidati per credersi pieni di doti inimmaginabili, o semplicemente di qualcosa. Pieni di qualsiasi cosa.

In fondo ho bisogno solo di me stesso, Sophie.

°

L’ansia colmava la notte di nubi d’oscurità, si spingeva a toccare il cielo color pece, precipitava a terra in forme addensate e sgraziate colando sulla pietra delle strade cittadine.

Quando comunicai a Calcifer di voler incontrare la Strega delle Lande, lui diede un guizzo di meraviglia. Sfoderò la tonalità più stridula della sua voce per dirmi, in un agitarsi di albe e tramonti nel suo corpo vivido:

- Ci sono altri modi di attendere avventurosamente, e non avventatamente, Howl. Potrebbe essere pericolossso.

Fuggii dai suoi moniti lasciando che la porta sbattesse alle mie spalle. Tentando di non pensare al mio passato e al mio futuro intrappolati e custoditi tra le sue dita serpeggianti.

Probabilmente a volte mi si dimostrava più amico di quanto non dovesse.

- Howl, lo stregone. – tre parole basse e rimbombanti, sembravano nascondere un divertimento segreto, mi fecero voltare alla solitudine della via vuota.

Una figura nera, alta, imponente, apparve, scendendo da una portantina dai colori brillanti. Il viso ed il collo pallido spiccavano sul buio come segni distratti di una distante volontà lunare. Le labbra tinte di rosso, spesse e molli, contrastavano violentemente con la pelle lattea, flaccida, ruvida, coi segni di un violento verde attorno agli occhi.

Fui assalito dal terrore.

Era brutta.

- Co... cosa posso offrirle, mia signora? – mi ritrovai a mormorare con un filo di voce, tentando di nascondere il tremore spontaneo che sorgeva sulle mie labbra.

- Il tuo cuore, Howl. Sono qui per questo. – aveva bisbigliato facendo qualche passo avanti, sicura e perentoria come un presagio funebre.

Trattenni un urlo spontaneo.

Scomparvi senza rispondere, per rifugiarmi alla casa del mulino. In un angolo, stretto alle mie ginocchia e ad occhi sbarrati, attesi che passasse la notte.

°

La paura è un anti-sentimento, un autonomo fervore di contro-desideri nell’immaginazione. Nel realizzarsi di questa.

Quando la vidi nel castello, china sulla padella della colazione, nascosta dalla maschera raggrinzita che il suo amore le aveva imposto, provai un’incalzante, vasta serenità. Una sorta di purificazione dal dubbio che mi aveva sempre attanagliato.

Era la mia prima certezza.

Quella notte la sognai priva di ogni pelle, nuda nella discinta grazia della sua anima, mentre la abbracciavo, spingevo dentro di me, per scoprire la profondità delle sue voglie.

°

- Stringimi, Sophie.

Quando mi cinse e legò con le sue gambe sottili, capii che eravamo l’uno un prolungamento dell’altra.

mise_keith

 

  
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