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Autore: Daenerys_Snow    31/12/2011    5 recensioni
Possibile che per diventare migliore abbia dovuto uccidere il suo primo amore?
Possibile che nessuno le abbia detto che era sbagliato ciò che stava facendo?
Possibile che nessuno le abbia spiegato che cos’è l’amore?
Queste parole sono state prese dal 2° capitolo...
Spero tanto che leggiate questa fanfiction, che all'inizio doveva essere lunga solo un capitolo, ma poi ho cambiato idea, perché una storia non deve essere interrotta...
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più libri/film
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25 Dicembre. Natale.
Una ragazza alta, bella, con occhi verdi prato e capelli castani chiaro si stava vestendo. E la scelta dei vestiti di quel giorno era davvero importante. Sì, perché era Natale. E a Natale per tutti è naturale sembrare migliori di quanto già non lo siamo.
Optò per dei jeans scuri con una maglia blu accesa. Le scarpe alte nere e grigie decoravano il tutto, che comprendeva anche un cerchietto con un bel fiocco nero. Matita, rossetto e ombretto. Niente di più.
-    Erika, ti vuoi sbrigare? – urlò un bambino che avrà avuto 10 anni.
-    Arrivo, aspetta 5 minuti, Fabrizio. – rispose. – Fatto. Ora possiamo andare. Mamma e papà? Dove sono?
-    Sono pronti: ci aspettano in giardino. Dobbiamo sbrigarci: dovevamo essere lì alle 13:00, e indovina che ora sono ora? – chiese il bambino con gli occhi castani e i capelli corti del medesimo colore.
-    Non lo so… forse le 12:15?
-    No!! Sono le 12:45, e ti voglio anche ricordare che ci vogliono quaranta minuti buoni per arrivare!
– disse nervoso prendendo il cellulare dalla tasca e trascinando la sorella fuori dalla porta.
 
Scesero velocemente i 3 piani di scale. Salirono in macchina dove i genitori li stavano aspettando – Ce l’hai fatta, finalmente! – disse Amanda, una donna con lunghi capelli rossi mogano e con occhi verdi vivaci.
-    Non mi dire che ci hai messo così tanto per metterti quella vernice sugli occhi!! – disse nervoso Valerio, un uomo sulla quarantina con capelli neri, quasi grigi, e di statura media. Lui odiava il fatto che sua figlia si truccasse. Specialmente con dei colori troppo accessi, proprio come quella mattina: Erika si era messa l’ombretto blu.
-    Mi dispiace… ora andiamo che si sta facendo veramente tardi e Roma in questo periodo è piuttosto trafficata. – detto questo, si mise l’MP3 con un Joe Jonas che le spaccava i timpani con See No More.
 
In quei santi quaranta minuti la ragazza pensò, e non poco. Pensava a quanto le mancassero la sua amica Debora e il suo migliore amico Luca.
Pensava al ragazzo che le piaceva fino a qualche tempo fa, cioè un moretto con occhi profondi, Samuele, con il quale ha avuto una mezza tresca.
Pensava a quella cavolo di scuola che aveva scelto di frequentare per 5 lunghi anni, rovinandosi la vita per sempre…
 
I suoi pensieri furono interrotti dopo circa trentacinque minuti.
-    Ma quelli sono Alessia e Fabio! – pensò ad alta voce Erika togliendosi immediatamente dalle orecchi le cuffie che suonavano Set The Fire To The Rain di Adele.
-    Già… senti Erika, prima che tu scenda da questa macchina, ti devo dire una cosa… - il padre poi continuò – attenta… non voglio che proprio il giorno di Natale accada qualcosa…
-    Stai tranquillo, papà… andrà tutto bene!! – e scese velocemente dalla macchina per andare ad abbracciare i due cugini più piccoli. Alessia aveva 11 anni e frequentava la prima media in una scuola di Rieti; mentre Fabio ne aveva 12 e andava in una scuola di Roma. Non li vedeva da quest’estate… le erano mancati…
 
Dopo mille abbracci, la ragazza dai capelli castani salutò tutti i suoi parenti presenti nel parcheggio fuori dal ristorante.
-    Ehi, cuginetta… sei pronta per salutare altre 100 persone? – le chiese il cugino sarcasticamente.
-    Cosa? Spero tu stia scherzando! – ma si dovette ricredere: non appena aprì le porte del ristorante, si trovò difronte a 100, se non di più, persone, tra cui molte che non aveva mai visto in vita sua. Ma era una cosa normale per una ragazza che portava il suo cognome: per Natale erano venuti anche i parenti dall’ Australia. Era normale che lei vivesse in questo mondo: a scuola fingeva di essere una di quelle ragazze poco popolari, tutti sapevano chi era ma nessuno ne parlava. Era intelligente, era forte… sì, ma cercava di rimanere sullo stesso piano degli altri, perché non voleva essere la “migliore” anche a scuola. No… per una volta voleva essere una ragazza normale, proprio come tutte le altre…
-    E pensa che ne mancano più della metà! – le disse la cuginetta ridendo.
-    Lo so… bhè: cominciamo a salutare, allora! – rispose Erika. Cominciò a salutare così tante persone che dopo 5 minuti non si ricordò neanche chi fosse presente alla festa.
-    Eri! Ma io non conosco quasi nessuno! – le disse Alessia quasi terrorizzata. Anche quella bambina ormai si doveva abituare a questa vita: salutavi tanta gente, ma poi alla fine la vedevi solamente alle cerimonie, alle grandi feste e ai funerali. Poi basta. Non c’erano più tutti quei zii che a Natale ti fanno gli auguri. Non c’erano più tutti quei cugini con cui scherzare, giocare… no. Finito il Natale, finiva tutto. Ed ormai i ragazzi tra i 10 e i 18 anni se l’erano imparato, soprattutto in quella famiglia in cui si portava quel maledetto cognome.
-    Ale, sorridi e annuisci… qualsiasi cosa ti dicano! Ricordatelo. – rispose la ragazza di 14 anni. Lei sapeva come funzionavano queste feste: ci si vedeva una volta l’anno e poi… poi basta, perché non c’era un seguito.
 
-    Allora, che mi raccontate? – chiese di fronte ad Erika Marco, suo cugino di 13 anni. Lo vedeva ogni tanto, nonostante abitassero vicini. Erano a tavola e stavano servendo l’antipasto.
-    Niente di che… sai perfettamente cosa ne penso di tutto questo, no? – chiese la ragazza con gli occhi verdi a quello davanti a lei.
-    Sì… e purtroppo nulla potrà mai cambiare…lo sai bene. – rispose sempre lui facendo un finto sorriso poiché gli adulti lo stavano guardando dall’altro lato della tavolata.
-    Ti stanno guardando, vero? – chiese Alessia ridendo.
-    Già… non ce la faccio più ad essere un angelo. Se solo conoscessero come siamo, non credo ci permetterebbero di uscire per festeggiare il Natale.
-    Non me ne parlare…
- disse Fran con la testa bassa. Lui anche era un “santo” davanti a tutti. Solo due persone non lo erano, cioè suo fratello gemello Sergio e l’altro cugino Luigi. Solo loro riuscivano ad essere loro stessi davanti a tutti, anche difronte a quella mandria di adulti che portavano tutti lo stesso cognome.
Sì perché davanti a tutta quella gente bisognava essere educati, migliori degli altri, perfetti: a tavola non doveva essere utilizzato il cellulare, né bisognava parlare a bocca piena, non bisognava alzare la voce se no si dava fastidio agli altri… non bisognava correre mentre si giocava, non bisognava sporcarsi, quindi giocare a calcio era proibito. Tutte stupide regole che sicuramente a casa vostra ci sono, ma nella loro famiglia erano molto, troppo importanti.
 
Finalmente arrivò il secondo: arrosto con patate. Appena lo portarono, i ragazzi fecero una faccia schifata. E chi mangiava dopo 2 primi e 2 secondi con tanto di antipasto e contorno? Non credo molti. Anzi no: c’erano circa un’ ottantina di persone che mangiavano ancora. Gli adulti.
-    E pensare che un giorno noi saremo come loro… - disse Erika guardando qualche suo zio che le faceva cenno di mangiare.
-    Non me ne parlare… non ho intenzione di essere come quella mandria di bufali che hanno il nostro cognome. – risposero in molti.
 
Stavano per portare tutti i tipi di frutta possibile, ma qualcuno arrivò all’improvviso e due mani diverse tra loro si poggiarono sugli occhi di Erika. Una mano grande, ma l’altra era leggermente più piccola.
-    Ma chi siete? – chiese lei spaventata. Nessuno dei suoi cugini poteva fare una cosa del genere, visto che era poco educato mettere le mani in faccia agli altri, specialmente a tavola.
-    Non posso crederci! – disse Marco difronte a lei.
-    Ma di cosa… - non finì la frase che si ritrovò dietro a sé due ragazzi. – Luca! Samuele! Che bello rivedervi… ma che ci fate qui? – disse lei abbracciandoli insieme. I due ragazzi, però, non si sopportavano, neanche un po’. Ma erano entrambi amici di Erika, quindi facevano di tutto pur di non fare pazzie.
-    Niente di che… siamo più che altro venuti per giocare a calcio al campo qui vicino; ci siamo incontrati per caso qui fuori e ci siamo ricordati che oggi tu avevi quello strano pranzo con tutti i tuoi parenti… - iniziò Luca.
-    E ci siamo detti: Perché non entrare qui, che magari troviamo la piccola Erika? – finì Samuele.
-    Mi siete mancati… - disse lei arrossendo, visto che si rese conto che aveva un centinaio di sguardi puntati su di sé.
-    Tranquilla ci pensiamo noi. – dissero insieme i due.
-    Salve a tutti. Io sono Luca, il migliore amico di Erika.
-    Mentre io sono Samuele, il suo…
- non riuscì a finire quella stupida frase. Erika lo guardò storto. Si alzò per finire lei.
-    Un mio amico, sì. Lui è mio amico. – disse sorridendogli. Lui le rispose allo stesso modo.
 
Si allontanarono dai cugini e si misero al centro della sala, in mezzo alle grandi tavolate che aveva preso la sua famiglia. Già: per quanti erano avevano affittato tutto il ristorante. Stavano parlando amabilmente sotto lo sguardo di tutta quella gente.
-    Vuoi venire a fare una partita? – le chiese Samuele.
-    Ecco… non posso… - rispose Erika triste.
-    Perché? Non mi dire che… - disse Luca.
-    Già… tu sai benissimo come stanno le cose.
-    Ma di cosa state parlando?
– chiese l’altro, che ora si sentiva escluso da quella conversazione.
-    Nulla, non ti preoccupare. – dissero all’unisono.
 
Ancora sotto tutti quegli sguardi, i ragazzi continuavano a parlare. Ma c’erano persone che non accettavano un comportamento del genere, tant’è che a Valerio, padre della ragazza, arrivarono occhiatacce. Quella famiglia era normale agli occhi di tutti, ma solo alcune persone sapevano il grande segreto di questa. Già… qualcosa di immensamente grande, ma che in pochi ne erano a conoscenza. Perfino i ragazzi di quella stessa famiglia non ne sapevano molto. Neanche Erika. Sapevano qualcosa che veniva tramandato di generazione in generazione, ma non sapevano nulla della fase successiva…
 
-    Ma quindi voi due non state più insieme? – chiese Luca.
-    Ma di cosa stai parlando? Sai benissimo che non ci siamo mai messi insieme!! – disse lei arrossendo sotto lo sguardo di Samuele.
-    Sì, è vero, ma vi siete baciati, no?
-    Cosa? Tu gli hai detto del bacio?
– chiese furioso Sam ad Erika. La ragazza era spaventatissima: non l’aveva mai visto così arrabbiato.
-    M-mi dispiace… non volevo… - disse lei indietreggiando man mano che l’altro si avvicinava. Luca guardava la scena divertito: sapeva benissimo che non le avrebbe mai toccato capello.
-    Ah sì? E allora perché gliel’hai detto, è? – ormai erano arrivati al limite: stavano toccando il tavolo dove i genitori di Erika stavano mangiando tranquillamente.
-    Erika, ricorda chi sei… tu sei una Dark, non sei una persona qualunque… - le disse a bassa voce Valerio, senza farsi sentire dal ragazzo infuriato.
Quelle parole rimbombarono nella testa della ragazza: lei non era normale, no. Lei era Erika Dark. Lei era diversa, superiore, migliore degli altri. Dopotutto glielo dicevano sempre tutti i suoi parenti.
 
-    Allora? Non parli più, è? Sei solo una sciocca ragazzina!!
-    Ma mi vuoi spiegare cosa vuoi, è?
– dicendo questo, fece un passo avanti e Samuele indietreggiò – Già sei piombato il giorno di Natale nel mio territorio, e ora vuoi anche sgridarmi per qualcosa che ho fatto? Ma chi sei, è? Tu non puoi trattarmi come ti pare, specialmente qui!! – ormai erano tornati al centro e ora tutti, ma proprio tutti gli sguardi erano puntati su di loro. Luca si spostò non appena arrivarono vicino a lui. La questione si faceva seria ora.
-    Mi hai stancata!!! – disse lei urlando ormai. Ma uno schiaffo le arrivò in pieno viso facendola rimanere per diversi secondi girata a guardare terra. Lui l’aveva picchiata.
-    Oh oh… - disse Luca ora spaventato: sapeva benissimo tutto su quella famiglia, e sapeva anche cosa sarebbe successo ora a Sam, a Erika e a tutti gli altri. – Samuele allontanati, svelto!!
 
Non molte persone si avvinavano a questa famiglia… era strana, misteriosa… non si sapeva un granché, ma si notava che c’era qualcosa di strano.
 
-    Ma cosa potrà mai farmi?! Al massimo si mette a piangere! – disse Samuele con una faccia divertita.
Ma qualcosa stava cambiando. Erika incominciò a tremare. Le mani si chiusero in pugni stretti. Aveva ancora lo sguardo rivolto verso il basso, con i capelli che le coprivano il volto. I capelli si scurirono divennero color argento a man mano che i secondo passavano. Alessia, Fabio e Marco non sapevano nulla di tutto questo e guardavano la scena meravigliati e spaventati allo stesso tempo. I suoi occhi si spalancarono. Uno scatto della sua testa bastò a far vedere a tutti i suoi occhi. Non erano più quel bel verde prato, ma erano di un altro colore: oro. Sì, color oro, proprio come gli occhi dei gatti… o dei vampiri.
-    Non può essere… - sussurrò Luca che allontanò dalla stanza i cuginetti più piccoli di  Erika.
La ragazza aveva uno sguardo furioso: le sue mani erano pugni, i capelli ondeggiavano lenti nell’aria circostante, i suoi erano cattivi, pieni d’odio e i suoi denti erano serrati e in bella mostra.
-    Ma cosa sta succedendo a nostra cugina? – chiese la piccola Anna.
-    Cos’ ha Erika? – anche Tiziano in cominciò a fare domande. Erano due bambini di 3 anni, ma sapevano bene certe cose.
-    Niente, state tranquilli… ora noi, però, ce ne andiamo fuori… ok? Anzi: voi andate e io porto anche tutti gli altri, va bene? – disse Luca per rassicurarli.
I bambini annuirono e scapparono fuori, alle spalle di Samuele che aveva uno sguardo timoroso nei confronti della ragazza che gli si presentava davanti.
-    Erika – la chiamò, ma lei non rispose e si arrabbiò finché non gli si scaraventò addosso. L’aveva buttato a terra. Lei dominava.
-    Erika, ti prego: torna in te!! – ma lei a cavalcioni su di lui, con un ginocchio infilzato nello stomaco, lo continuava a picchiare dandogli pugni sul petto.
-    Tu mi hai ferita! Come hai osato? – non era una domanda, ma un’affermazione… anzi: una vera esclamazione!
 
Intanto Luca era riuscito a mettere in fuga i piccolini, compreso il fratello di Erika, Fabrizio, e cercò di convincere anche tutti gli altri.
-    Te lo scordi: nostra cugina ha bisogno di noi! – rispose Marco per tutti.
Possibile che gli adulti erano lì fermi a guardare la scena? Insomma: una ragazza stava menando un ragazzo in mezzo a loro, e se lo uccideva non era una cosa da poco. Poi Luca si rese conto di una cosa: tutti quanti, compresi i ragazzini, avevano degli occhi strani… dello stesso colore di Erika, l’oro puro con una pupilla piccolissima nera al centro. Tutto finalmente era chiaro: non facevano nulla perché per loro era normalissima una cosa del genere…
 
La rissa continuava.
-    Sei solo uno stupido!!! – ringhiò lei contro il volto di lui. Poi con una mano gli prese il collo e lo strinse piano piano.
-    Mi… f-fai… - cercò di dire Samuele. Lo stava strozzando.
-    Erika! Uccidilo!! Subito! – le urlò il nonno.
-    No… lo voglio far soffrire piano piano… - rispose lei facendo un piccolo ghigno. Anche i nonni avevano gli occhi che brillavano d’oro.
Non se ne accorse, ma Samuele si liberò della sua mano al collo, e la spinse con i piedi via. Fece un lungo volo, finché non raggiunse il tavolo che andò in mille pezzi. Sam fece per scappare e, nonostante tutti gli zii di Erika lo cercarono di fermare, riuscì ad uscire dal ristorante.
-    Dove vai? – le chiese lei non appena riprese i sensi. Corse per uscire ma Luca la fermò.
-    Lo vuoi uccidere?
-    Sì… lui mi ha ferita!!! E non voglio che tocchi i miei parenti, proprio come ha fatto con me! – e riscappò all’inseguimento dell’altro. Dietro di lei centinaia di persone dagli occhi color oro la seguivano. Luca fece in tempo per tirarne fuori Alessia.
-    Ma cosa avete? Non mi dire che è questo il…
-    Sì, hai indovinato: questo è il Dark Circle – rispose lei sorridendo malvagiamente. Anche i suoi erano oro. Tutti, ormai anche Anna e Tiziano, avevano quegli occhi. Quei maledetti occhi. Luca capì all’improvviso tutto: questo era il famoso Dark Circle. Quello di cui tutti a Roma parlavano, ma nessuno sapeva di cosa si trattasse, se non che era un qualcosa dei Dark.
 
Samuele era nascosto dietro a un’auto, ma Erika lo vide e con una velocità sovrumana lo raggiunse e lo tirò fuori dal suo nascondiglio. Ma lui si strattonò velocemente e incominciò a correre via. Un attimo.
-    Ora mi hai stufata! – ringhiò lei da lontano. Incominciò a correre. Veloce. Come il vento. Finché qualcosa in lei cambiò. Si buttò in avanti e le sue braccia divennero molto lunghe e potenti… erano zampe. Le spuntò una coda grigia scuro. Due orecchie da cane fecero capolino sulla sua testa, facendo scomparire quelle normali. Il suo corpo si allungò a dismisura divenendo forte, potente e grigio. La sua faccia si allungò come il volto di una volpe. No… come un lupo.
-    Ma è… un lupo… - riuscì a dire Luca con uno sguardo scioccato: lei non gli aveva mai detto nulla di questa storia. Anche se erano usciti insieme migliaia di volte.
-    No… un lupo grigio… - precisò Valerio. – è la futura capo clan del gruppo. Lei è destinata a grandi cose. – disse felice con gli occhi oro che sprizzavano orgoglio.
-    C-capo clan? Ma quindi voi siete dei…
-    Già… siamo lupi… ma questa evoluzione si ha solo all’età di 14 anni. Prima si hanno dei “sintomi”, come gli occhi che cambiano colore con l’umore…

-    E i capelli? A Erika sono diventati argento – disse lui curioso.
-    Veramente quella cosa è strana: a noi non è mai capitato nulla del genere. – poi guardò meglio il ragazzo – Hai paura?
Luca continuava a guardare la scena: un’Erika che rincorreva un Samuele impaurito. – Un po’…
-    Non ti farà niente… ti vuole bene. Questa “cambio d’umore” l’abbiamo solo quando ci arrabbiamo. Bhè… noi adulti sappiamo controllarci bene, ma i piccoli no. Per Erika è la prima volta ed è normale.
-    Lo ucciderà? – chiese lui tremando.
-    Forse… non lo so… la prima preda è la più difficile… accade sempre con qualcuno a cui vuoi molto bene.
-    Ma è…

-    Un controsenso? Sì… lo so. Ma se si riesce ad ucciderlo sei un vero lupo. Ed Erika ne sembra intenzionata. Lei ha il compito di guidare il nostro clan. Lei è la stella dei Dark.
-    Sarà sempre così?
-    Sempre… e nulla potrà mai cambiare. Erika non ne sapeva nulla: non volevo spaventarla. Ma ormai è successo. Stai tranquillo: non ti ucciderà.
-    Lo spero…

 
La ragazza-lupo l’aveva intrappolato sotto sé. Lo guardava con un’aria superiore. Samuele continuò a guardare i suoi a lungo. Erano oro, non più quel verde che lui amava. Dov’era finita la sua Erika?
-    Torna in te, Erika! – le urlò lui, ma lei non era la ragazza che conosceva… lei era la stella. Lei era la futura capo clan dopo suo nonno.
Si guardarono ancora. Poi un tonfo. Secco. L’aveva addentato al collo. Un urlo. Di dolore. Poi il silenzio. Si allontanò lentamente dalla sua vittima andando incontro al suo migliore amico. Luca non aveva paura ma continuava a fissare quel poco che era rimasto della vecchia cotta della sua amica. Sangue dal collo sgorgava in continuazione. Ancora si vedevano i canini infilzati nel collo. Dei buchi decoravano il collo di Samuele.
 
la ragazza-lupo man mano che camminava verso l’amico si ritrasformava. I suoi capelli tornarono castani, ma i suoi tornarono verdi. – Mi dispiace… - disse non appena si avvicinò tanto da potersi far sentire dal padre e dal suo migliore amico. Delle lacrime rigarono il suo volto.
-    Non eri in te… bhè… - poi sorrise – ora sai tutto sulla tua famiglia, no? Ora sei un lupo grigio…
-    Già… senti ma tu hai paura di me? – gli chiese lei timorosa della risposta.
-    Come potrei? So tutta la leggenda… io ti voglio bene, Erika Dark.
-    Anch’io… - e l’abbracciò sfogandosi e facendo uscire tutte quelle lacrime che si teneva dentro da troppo tempo.
-    Erika! – la chiamò il padre.
-    Dimmi
-    Ora sai tutto, ed è giunta l’ora che tu prenda il posto di tuo nonno.
-    Cosa…?

-    Hai ucciso un essere umano, non un lupo. Quindi ti spetterebbe la morte, ma tu sei la stella, e non possiamo permetterlo. Quindi, visto che devi prendere il suo posto, tuo nonno ti lascia il posto e si sacrificherà per te.
-    Ma io non voglio!
 
Parole inutili perché quel giorno il suo caro nonno se ne andò insieme al suo amico Samuele. Lei prese i pieni poteri. E rimase con Luca amica. Era il 1982. Dopo 4 anni la nostra Erika incontrò Billy Black. Anche lui lupo. I due si sposarono e dopo pochi anni ebbero un figlio: Jacob Black. Erika rimase comunque amica con il coraggioso Luca: lui era un semplice essere umano, ma visse molti anni con la sua migliore amica. Finché non la dovette abbandonare dopo una sparatoria avvenuta nel centro si Forks. Sì perché si erano trasferiti lì dopo aver conosciuto Billy. Erika non riuscì a salvarlo e dopo poco tempo partorì Jacob ma morì per delle emorragie fatali. Billy crebbe il piccolo fino a dirgli tutta la verità sulla madre: non era a conoscenza del fatto che la sua mamma fosse un lupo. Pensava fosse una semplice essere umana.
 
-    E così, mia piccola Ashley, ti posso dire che tu sei un po’ come tua nonna: metà e metà. Tu sei mezza lupo e mezza vampiro, lei era mezza umana e mezza lupo. – disse Jacob.
-    Ma papà, allora mamma è una vampira? – chiese la piccola.
-    Sì, tesoro, proprio così… - rispose Renesmee.
-    Ma quindi sono pericolosa? E dovrò uccidere qualcuno a cui voglio bene?
-    Sì… se sarai più lupo che vampiro. – disse Jake sorridendole.
-    Ucciderai la persona che amerai con te stessa, proprio come tua nonna, che ha ucciso il suo primo amore.
 

Spazio Autrice
Salve a tutti! Allora: è la prima ff che scrivo su Twilight. Spero tanto vi piaccia. È ambientata prima e dopo della saga. ^_^ spero in molte recensioni… ciau
  
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