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Autore: Abraxas    01/01/2012    5 recensioni
La lista delle cose odiate da Catherine Koheler era parecchio lunga, ma in cima svettava chiaramente la categoria delle persone insopportabili: una categoria che raggruppava senza un ordine preciso taccheggiatori, bambini rompiscatole, politici, bulli e ispettori del fisco. Aveva un certo naso nell’individuare le potenziali persone insopportabili nascoste tra le fila dei suoi studenti, e ne andava ragionevolmente fiera.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quil Ateara V, Quileute
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La lista delle cose odiate da Catherine Koheler era parecchio lunga, ma in cima svettava chiaramente la categoria delle persone insopportabili: una categoria che raggruppava senza un ordine preciso taccheggiatori, bambini rompiscatole, politici, bulli e ispettori del fisco. Aveva un certo naso nell’individuare le potenziali persone insopportabili nascoste tra le fila dei suoi studenti, e ne andava ragionevolmente fiera.

Perciò, nell’esatto momento in cui la signorina Young aveva fatto il suo timido ingresso nella palestra dell’istituto accompagnata da una sorta di Schwarzenegger amerindio infiocchettato in un costume da Shrek di seconda mano – perché andiamo, quel coso quasi sicuramente saltava fuori da chissà quale mercatino delle pulci – e il suo istinto aveva annusato puzza di persona insopportabile, era planata come un falco sul potenziale pericolo.

Poi però aveva riconosciuto il potenziale pericolo, ed era rimasta un attimo sorpresa, doveva ammetterlo. Ma solo un attimo, giusto il tempo si sbarrare gli occhi, prendere un profondo respiro per calmarsi e poi lanciarsi attraverso la folla di studenti zompettanti a ritmo di musica, dritta verso il suo obiettivo. Operazione facilitata dal fatto che i suddetti zompettanti si affrettavano a levarsi dalla traiettoria verso il suo mortale nemico.

Ateara.
 

* * *

 
“Oh-oh.”

La lista delle cose odiate da Quil Ateara IV era parecchio lunga, ma in cima svettava chiaramente la categoria delle robe assurde: categoria che raggruppava senza un ordine preciso i succhiasangue, i turni di ronda notturni, i pannolini della Huggies, la letteratura angloamericana, i calzini spaiati e la danza. Soprattutto la danza delle feste scolastiche.

Naturalmente si era fatto fregare dagli occhioni supplicanti di Claire, che a suon di “Ti preeeeeehgo, Quiiiiiiil!” l’aveva costretto ad accompagnarla al ballo di fine anno ignorando la sua ferma convinzione che dalla danza non potesse arrivare nulla di buono, ed era pure riuscita a ficcarlo in un costume da Shrek. Se Paul avesse visto le foto lo avrebbe preso per il culo a vita, poco ma sicuro… ed il fatto che fosse l’unico costume della sua taglia non sarebbe servito minimamente come giustificazione.

Perciò, già di malumore, quando Claire sussurrò il suo “oh-oh” fu tentato di sbottare un te l’avevo detto, anche se ancora non sapeva esattamente quale fosse il problema.

“Che c’è, Claire?”

“La preside Koheler sta puntando dritta da questa parte.”

“Ma porca tr…”

“Quil!”

“Scusa. Non è che magari, non so, sta venendo da questa parte così, per puro caso, eh?”, borbottò, lo sguardo fisso sulla figura severa della preside che si avvicinava con il secco tap tap tap dei tacchi in sottofondo. Poi c’era anche il suo respiro, con il tipico fiii fiii delle adenoidi. Insieme erano una marcetta decisamente inquietante.

Tap tap fiii tap tap fiii tap tap fiii…
 
 

#*# *# *#

 
 
Hai venticinque anni, ti sei laureata con il massimo dei voti, hai appena finito il tirocinio e ti sei presentata all’ufficio collocamento piena di ideali e di belle speranze. E, giustamente, loro ti collocano nel posto più inutile d’America. In una stramaledetta riserva indiana.

Ora, nulla contro le riserve indiane, eh, però… sì, insomma, non era proprio l’idea che Catherine Koheler aveva dell’inizio della sua brillante carriera nell’insegnamento della letteratura angloamericana.

Ma poi, gli indiani sanno cosa sia la letteratura?

Ovvio che no, dato che “Letteratura? Sì, ma a noi serve un insegnante di inglese. Vedo che comunque lei è abilitata…”

Forse era il modo sbagliato di iniziare il tutto. Insomma, ci sono anche numerosi lati positivi. Numerosissimi. Per esempio… beh, aveva trovato subito lavoro. Eeee… aveva anche trovato un alloggio alla periferia di… Knives? No, cos’era… Forks? Sì, Forks. E poi… poi… oh, avanti, possibile che non ci sia nient’altro di buono?

Beh, sì, c’è la pioggia. A lei piace, la pioggia. È rilassante e… e… porca merda, a lei piace la pioggia, non quel cazzo di diluvio universale che non le fa vedere due spanne più in là del parabrezza. A quanto pare La Push gode di un microclima tutto particolare.

Un microclima di merda.

Al solito, il riscaldamento fa i capricci, e si ritrova a pulire con lo straccio il parabrezza dalla condensa. Perché naturalmente il microclima di merda fa coppia con una delle strade più merdose dell’intera merdosa costa Ovest. Il suo solito culo. Nemmeno cantare a pieni polmoni insieme alla voce di Nancy Sinatra proveniente dall’autoradio riesce a calmarla.
 
“These boots are made for walking fiii, and that's just what they'll do fiii…one of these days these boots are gonna walk all over you fiii!”
 
E merdosissime adenoidi col loro cazzo di fiii fiii. Uno di questi giorni farà anche quel merdosissimo intervento, eh. Quando avrà tempo… e un’assicurazione sanitaria magari un poco più decente.

Alla fine arriva nella famosa riserva indiana – o meglio, crede di arrivarci. Ci sono dei cosi quasi invisibili che potrebbero passare per segnaletica stradale, anche se ovviamente non c’è uno straccio di cartello con su il nome della merdosissima via che sta percorrendo, e ciò rende un filo difficile trovare questa fantomatica Spruce Street in cui dovrebbe svoltare. È assurdo non vedere un accidenti in un posto che avrà sì e no due strade e mezza, e che…

Eccola!

Il cartello mezzo divelto diceva proprio Spruce Street, e quindi ha svoltato tutta convinta in quella sottospecie di viuzza. Naturalmente il fondo stradale non era dei migliori e a momenti rischiava di finire con l’auto dentro la baracca all’angolo, ma pazienza. Un po’ se l’aspettava… quello che non si aspettava era che i fanali illuminassero tre sagome scure che sembrano urlare investimi!

“Ma porca merda santissima!”

Sterza di botto e fa il pelo al muro di quella che l’insegna dichiara essere la sede del consiglio tribale. Proprio qui dovevano costruirla? Dopodiché è tutta una serie di bump bump bump mentre finisce fuori carreggiata.

In qualche modo l’auto si ferma – con un poco rassicurante squish! delle gomme – e quando si sporge contro il finestrino del passeggero per vedere cosa cazzo erano quei tre cosi riesce a vederli sparire dietro la casa dall’altra parte della strada.

Bambini.

Per un attimo nell’abitacolo si sente solo il maledettissimo fiii fiii mentre cerca di riprendere fiato. Ma è solo un attimo.

“Pezzi di merda!”, urla di nuovo, sperando che riescano a sentirla. Poi Catherine si rende conto che, molto probabilmente, quelli sono i bambini a cui dovrà fare lezione.

Ops.
 

* * *

 
“Ecco, sentite qui!”

Embry, seduto sul pavimento, si schiarisce la voce per cominciare a leggere. Quil finisce di fare la punta alla matita e si sporge dal suo posto sul divano, attento a non perdere nemmeno una parola del libro. Persino Jake è concentratissimo.

“Nelle favole, le streghe indossano sempre stupidi cappelli neri e mantelli scuri, e vanno in giro a cavallo di scope volanti. Ma!”

“…ma?”

“…ma?”

“Ma questa non è una favola. Questo riguarda le VERE STREGHE.”

“Oooooh!”

“Le VERE STREGHE si vestono normalmente e sembrano signore normali. Vivono in case normali e fanno LAVORI NORMALI.”

“Proprio come la signorina Koheler!”, esclama Jacob. “La mamma dice che è una normalissima maestra!”

“Però ha provato ad ammazzarci appena è arrivata.”

“Shhht! Non distraetevi!”

Embry rivolge loro un’occhiata severa prima di continuare:

“È per questo che sono così difficili da scoprire.”

“Sì, ma noi come facciamo a scoprirle? Il libro non dice nulla?”

“Jake, smettila! Lascia finire Embry!”

“Sì, Jake, devi smetterla! Comunque, per nostra fortuna sì. C’è una lista di cose che servono per trovare una vera strega.”

“Davvero?”

“Sì. Ascoltate…”

Embry sfoglia rapidamente le pagine, controlla di avere tutta la loro attenzione, sorride e comincia:

“Tanto per cominciare, una VERA STREGA indosserà praticamente sempre dei guanti, quando la incontrerai.”

“La signorina Koheler ha sempre su quei guantacci neri!”

“Jake!”

“È vero! Mia mamma dice che la fanno sembrare una vera signora! Ecco a cosa le servono, a passare per una vera signora!”

“Ma perché una strega porta i guanti?”

Perché non ha le unghie. Al posto delle unghie, ha lunghi artigli ricurvi, come un gatto, e li porta per nasconderli.

“Ma la signorina Koheler non ce li ha sempre addosso. E quando è senza guanti ha le unghie, come tutte le signore.”

Per qualche secondo c’è assoluto silenzio. Poi Quil azzarda:

“Forse è perché se li è tagliati. Così da passare per una signora normale anche senza i guanti! Deve sapere di questo libro, e cerca di non farsi beccare.”

“È vero! Hai ragione!”

“C’è altro?”

“Certo! La seconda cosa da ricordare è che una VERA STREGA è sempre calva.

“Ehi, un attimo! Non riesco a scrivere!”, borbotta Quil, cercando di segnare tutti gli indizi utili che stanno trovando.

“Però lei ce li ha, i capelli.”

“Sì, ma una VERA STREGA indossa sempre una parrucca per nascondere la sua caldiz… caliz…calvizie.

“Calvizie?”

“Vuol dire che è senza capelli, Jake.”

“Ah!”

Indossa una parrucca di prim’ordine. Ed è praticamente impossibile distinguere una vera parrucca di prim’ordine dai capelli normali, a meno che tu non tiri per vedere se viene via.

“Ecco cosa dobbiamo fare! Dobbiamo riuscire a dimostrare che quella della signorina è solo una parrucca. Quando i grandi vedranno che è ca… ca… che è senza capelli, ci daranno sicuramente ragione!”

“Giusto!”

Quil scribacchia un’altra riga sul foglio.

“Allora, abbiamo i guanti e i capelli. Poi?”

“Qui dice che dobbiamo anche stare attenti al naso. Le streghe hanno narici leggermente più grandi di quelle delle persone comuni.”

“A me il naso della signorina sembra giusto”, borbotta Jacob, sgranocchiando una patatina.

“Sì, però fa sempre quel rumore strano quando respira. Sembra che fischia.”

Una VERA STREGA ha un olfatto eccezionale. Può annusare un bambino che si trova dall’altra parte della strada in una notte buia e senza luna.

“Dici che è per questo che fa quel fiii fiii? Perché ci annusa?”

“Magari è una strega poco potente. Ha un naso difettoso, ecco perché fa rumore.”

“L’hanno mandata da noi perché qui ci sono pochi bambini. Le streghe più potenti sono dai bianchi.”

“Può darsi.”

“Piano…”, protesta ancora Quil. Odia scrivere… il cervellone è Embry, e invece gli tocca fare lo scriba solo perché ha perso a sasso-carta-forbice con Jake.

“Muoviti, Quil! Poi, qui c’è scritto che per non farsi scoprire dalle streghe non bisogna fare il bagno per quattro settimane, e mamma urla quando non lo faccio tutti i giorni!”

“Non siamo sicuri, però.”

“Dobbiamo controllare. Scrivilo, Quil!”

“Uffa! Fate piano!”

“Smettila di lamentarti!”

“Non è il momento di litigare!”, li rimprovera Embry. “Allora. Qua dice anche che le streghe non hanno le dita dei piedi.”

“No?”

“No. Hanno solo i piedi. Senza le dita. E sono piedi enormi, tutti quadrati.”

“Ma come facciamo a vedere i piedi?”

“Dobbiamo organizzarci. Potremmo…”
 

* * *

 
“Andiamo, Cath, sei solo stressata.”

Ruth le sorride da sopra la sua tazza di tè Tie Cuan qualcosa . Aggiunge mezzo cucchiaino di zucchero e mescola con eleganza – ding ding ding, fa il cucchiaino quando tocca la tazzina.

“Io. Non. Fiii. Sono. Stressata. Fiii.”

Merdosissime adenoidi. Decide di nascondere l’imbarazzo tracannando metà del suo succo all’arancia formato extra.

“È normale. È il tuo primo incarico e stai lavorando come un’ossessa…”

“Non è il lavoro a essere difficile. Sono… i bambini.”

“Un po’ vivaci, sì…”

Lo dice con accondiscendenza, prima di sollevare la tazza con due dita e prendere un piccolissimo sorso, mignolo rigorosamente all’insù.

“Un po’ vivaci? Ruth fiii, quelle tre pesti…”

“Tre?”

“Ateara, Black e Call.”

“Ah. Quelle tre pesti. Sì? Che han fatto?”

“Mi hanno fatto sparire le scarpe!”

“Oh, andiamo, Cath…”

“Le avevo lasciate un attimo sulla finestra di casa, e quando sono tornata non c’erano più!”

“E questo cosa c’entra con loro?”

“Ruth, tu non capisci… mi stanno pedinando. Ogni volta che vado in giro me li ritrovo tra i piedi! L’altroieri Black era col naso appiccicato alla vetrata dell’High Tide, mentre mangiavo. Ieri Call mi ha seguita fino all’ambulatorio, e quando sono uscita Ateara gli aveva dato il cambio!”

“Cath…”

Adesso lo sguardo di Ruth è un poco preoccupato.

“…forse dovresti chiedere mezza giornata di ferie.”

“Forse hai ragione.”

“E sono sicura che sia tutto un caso. Vedere i bambini dappertutto, dico.”

“Mah”, borbotta, dubbiosa.

“Su, su”, la incoraggia con un sorriso e sorseggia un altro po’ di tè. Catherine sospira – fiii – per poi spostare lo sguardo su quel pezzo di prato visibile dalla finestra della caffetteria… ed è pronta a giurare che la zazzera nera che ha intravisto sia quella di Ateara.

“Lui!”

“Cosa? Cath…”

“Niente, Ruth. Niente.”

Prende la fiaschetta dalla borsa e corregge il succo rimasto con mezzo dito di vodka.
 

* * *

 
“…e poi ha versato una pozione strana nel caffè! La signorina Irving l’ha guardata tutta spaventata, ma lei deve aver fatto un incantesimo, perché non ha fatto niente per fermarla!”

“È ovvio che sta per agire”, commenta Jacob, serio. Embry annuisce, e Quil sente il gelo nello stomaco. Solo che non è paura, eh, perché ha promesso che non avrebbe avuto paura. Il futuro di La Push è tutto nelle loro mani, e non c’è spazio per i fifoni. Però…

“Però ieri mia mamma mi ha costretto a fare il bagno…”

Quil!

Lo sguardo di Embry e Jacob è terrore puro.

“Eh, non è colpa mia!”

“Ma così riuscirà ad annusarti!”

In verità è sicuro che lo faccia già. Quando la signorina Koheler si avvicina al suo banco, in classe, sente sempre quel diabolico fiii fiii… e poi non lo perde mai di vista. E in più…

“E in più oggi mi ha detto che vuole parlare con mia mamma, quindi passerà da casa mia dopo la scuola!”

Embry boccheggia.

“Ma… ma…”

“Ma è terribile!”, conclude Jacob. “È sicuramente una trappola! Perché non ce l’hai detto prima, Quil?”

“Perché me l’ha detto alla fine della lezione, e dovevo seguirla! Non avevo tempo per dirvelo!”

“Dobbiamo fare qualcosa, e subito!”

“Devi toglierle la parrucca, Quil. Davanti a tua mamma… così finalmente lei si accorgerà che quello che dici è la verità!”

“Da solo?”

“Quil”, Jacob gli posa una mano sulla spalla e lo guarda fisso negli occhi, “Devi riuscirci, o non avremo scampo.”

“Beh… va bene, allora.”
 

* * *

 
I colloqui con i genitori sono una cosa massacrante, eppure parlare con la signora Ateara è stato… boh. Catherine è comunque convinta che le abbia fatto parecchio bene. Almeno lei non è una di quelle mamme che difendono il figlio anche quando ha appena dato fuoco alla scuola. Oh, beh.
Magari a breve quei tre smetteranno di seguirla ovunque… e poi vorrebbe tanto capire perché la seguono ovunque, se in classe sembrano terrorizzati da lei. Bambini… meno male che lei voleva insegnare al liceo. Sì, insomma, adesso insegna anche al liceo.

Adesso mi sfruttano per tenere tutte le classi della scuola. Poi ci vengono a dire che gli oppressi sono gli indiani.
Quello che vorrebbe davvero è insegnare in un posto un poco più serio. Certo, in un posto più serio probabilmente non le lascerebbero correggere il succo con la vodka. Non si può avere tutto, d’altronde. E poi…

E poi è l’istinto educato da otto anni di pallavolo che la fa voltare di scatto ed afferrare al volo il pallone diretto verso la sua testa. Un profondo respiro per calmarsi – fiii – e intanto cercare di capire chi l’ha tirato. Anche se un’idea ce l’ha.
 

* * *

 
“Insomma, Quil, basta!”

“Ma mamma!”

“Non puoi tirare pallonate alla gente così per così!”

“Ma non l’ho tirata a caso!”

“Esatto! Tu l’hai tirata intenzionalmente contro la signorina Koheler!”

“Ma…”

“Niente ma! Sei in castigo!”

Quil sbuffa e mette il broncio. I grandi proprio non capiscono.

“Ma mamma, io l’ho fatto per tutti!”

“Quil, ascolta…”, sospira e si inginocchia accanto a lui, “…la signorina Koheler è una bravissima insegnante, e soprattutto non è una strega.”

“Invece sì”, borbotta, “L’abbiamo scoperta, e adesso cerca di metterti contro di me. Ma non servirà a nulla, vero? Abbiamo le prove, mamma!”

“Le prove?”

“Sì! Embry ha letto un libro dove c’è scritto come scoprire una strega, e la signorina Koheler…”

“Oddio. Quil, è solo un libro…”

“E allora?”

“…niente. È che… non spiega bene tutto.”

“Perché no?”

Adesso si sente le idee un po’ mescolate.

“Perché… è una strega buona, ecco. Non è come quelle che odiano i bambini.”

“Ah no?”, domanda, dubbioso. Si può fidare della mamma, no? Se si fida quando mangia le sue torte…

“No. Per questo dovreste aiutarla, non combatterla.”

“Mmm. Sei sicura?”

“Certo, me l’ha detto il nonno.”

Forse della mamma no, ma del nonno si può fidare eccome. E poi lui capisce tutto di spiriti, magie e quelle cose lì.

“Allora ok.”

“Sono sicuro che lui saprà spiegartelo meglio di me”, gli sorride.

“…anche a Embry e Jake?”

“Anche a Embry e Jake. Ora che ne diresti di aiutarmi a preparare una torta?”

“Sììììì! Quella alle mele?”

“Certo. Vai a lavarti le mani, però…”
 
 

#*# *# *#

 
 
“Quil, insomma, che ti prende?”

Effettivamente forse era stato un po’ brusco quando aveva spinto Claire verso i bagni, però…

“Forse qui non ci trova.”

“Quil, senti, capisco che tu non voglia parlarle del nostro rapporto…”

“Non è solo per quello. Claire… quella donna è una strega.”

“…sì, Quil. Si chiama costume. E questa…”

Allargò le braccia ad indicare tutta la sala – in questo caso tutto il corridoio dei bagni.

“…si chiama festa di Halloween. La gente si maschera.”

“Grazie per la spiegazione.”

“A tua disposizione”, sorrise. “Ora, che ne dici di tornare di là?”

“Di già?”

“Vuoi forse passare tutta la festa qua dentro?”

Beh, non era una bruttissima idea, però lo sguardo di Claire suggeriva che non fosse la risposta giusta. Sospirò un “Certo che no” e a malincuore la seguì verso la porta della palestra. Magari la Koheler aveva perso le loro tracce. Magari…

Tap tap fiii tap tap fiii tap tap…

…era davvero una strega.
 

* * *

 
Tap tap tap.

“Buonasera, signora Koheler.”

Young le stava mostrando il suo sorriso migliore, quello che puzzava di malefatta da un miglio di distanza; Ateara invece sembrava aver appena visto un fantasma. Sorrise.

“Salve, Young. Vedo che è in buona compagnia, stasera.”

“Sì, lui è Quil. Il mio f… migliore amico.”

“Nonché il mio ex-studente preferito! Le ha raccontato di cosa combinava quando era un discolo alto solo un metro e un tappo?”

“No. Non me l’hai mai raccontato, Quil!”

La piccola sorride ad Ateara, e lui sembra sciogliersi. Ma che carini!

“Sì, lui e la sua allegra brigata erano convinti che io fossi una strega mangiabambini. Buffo, eh? A proposito, Ateara… proprio bello il costume da orco.”



***

N.d.A.: Questa storia è stata scritta per il contest "Ricordi - Only Quileutes and Volturi" indetto da Palm sul forum di Efp, e si è classificata seconda. Avevo scelto il pacchetto giallo, che conteneva il personaggio di Quil ed il prompt "respiri", e in aggiunta ho usato anche i prompt "pioggia", "libro", "finestra", "vodka", "pallone" e "torta".

Il libro che viene letto da Embry è Le streghe di Roald Dahl. Le frasi totalmente in corsivo in quella parte sono citazioni dirette dal testo. Nello stesso pezzo vi sono alcuni errori voluti di tempi verbali (i congiuntivi): è un modo per cercare di rendere la parlata dei bambini e non un errore, dato che la shot è stata betata & Kukiapprovata e quindi è stato ucciso il 99,9% degli errori. Il titolo è lo stesso del film tratto dal romanzo.

Diciamo anche che questa storia è tanto merito della suddetta Kukiness quanto del sottoscritto, se non più suo che mio, dato che a due giorni dalla consegna avevo prodotto un bellissimo foglio bianco, e quindi ero intenzionato a ritirarmi dal contest. La nostra Kuki, con la delicatezza che la contraddistingue, mi ha preso a randellate sulle gengive finché non ho cominciato ad impegnarmi, dopodiché è cominciata la fase di brainsterminazione. Il risultato è quanto avete appena letto. Ci tengo a dire che il libro da far leggere a Quil e co. è stato un suo colpo di genio.

Non credo ci sia altro da aggiungere. Nate offre sempre abbracci & coccole!
   
 
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