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Autore: habanera    02/01/2012    2 recensioni
Area di combattimento O, Stanza ø.
Configurazione.
Schieramento del sistema.
- - -
Challenger entra nella stanza.

Delic | Psyche
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Liberi, però senza vie d’uscita
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

Area di combattimento O, Stanza ø.
 
Configurazione.
 

Schieramento del sistema.

 
- - -
 
Challenger entra nella stanza.
 
 

 
Il fumo di una sigaretta che si innalza in pigre volute verso l’alto non ha odore, come ogni cosa che lo circonda. A dire il vero gusto e olfatto sono gli unici due sensi che gli mancano, dal momento che non sono necessari per la sua vita in uno spazio virtuale. Una mela non avrebbe sapore, e dopo il primo morso si frantumerebbe in una cascata di pixel.
Delic, Combattente di un Sistema di Combattimento Binario (SCB), siede nel nulla. È sospeso a mezz’aria, quasi come la sua stessa esistenza; pensare per lui è inutile: non è umano, è solo un programma – e come tale, la sua unica funzione è quella di eseguire ordini. Il pensiero gli è accessorio, ha detto il suo Giocatore. Non è altro che un burattino nelle sue mani, in balia delle parole che escono da quella maledetta bocca.
Tuttavia al momento non può fare a meno di rimuginare: può permetterselo, non ha combattimenti in programma. O meglio, il Creativo non ne ha impostato alcuno.
La faccenda è semplice; la sua esistenza cibernetica si basa su una gerarchia assoluta, che per uno come lui è irreversibile. In cima alla ‘piramide’ c’è il Creativo, che possiede i dati fondamentali per la vita dei programmi in quel mondo virtuale. È un essere umano, un programmatore. È giusto che sia lui a detenere un privilegio come quello di poter disporre a suo piacimento della forza dei personaggi adibiti ai Giochi a lui soggetti. Delic e il suo compagno di lotta, sono totalmente sottomessi alla volontà del Creativo; tuttavia al loro interno sono divisi: l’altro è quello che nello scontro combatte con le parole, mentre quello che combatte con la forza fisica è la ‘fanteria d’assalto’. O carne da macello, che dir si voglia. Sono suo compito l’attacco del Combattente avversario e la difesa del proprio Giocatore. Ad esempio, se il Giocatore di Delic venisse terminato, anche lui scomparirebbe.
A volte vorrebbe essere umano e poter avere una vita tranquilla, lontana dai combattimenti: non gli piace la violenza. Quando ha tempo da perdere – come ora – si sofferma spesso come sia la vita di un umano, lo svegliarsi la mattina e farsi il caffè, sentirne l’odore, il sapore e la temperatura senza dover temere di incorrere in un surriscaldamento del sistema e una conseguente perdita quasi totale di dati. Anzi, magari senza il ‘quasi’. Non ha mai sentito il gusto del fumo, nonostante da quando è stato programmato abbia sempre la sigaretta in bocca – come stessero le cose prima non lo sa, l’unico che a quanto pare ricorda qualcosa che risalga al prima delle modifiche che il Creativo ha fatto su di loro è il Combattente; e non per scelta. A quanto pare la funzione del suo compagno è anche quella di archiviare ogni cosa, in caso ne venisse fuori la necessità – e dire che ci riesce bene è un eufemismo.
Di tutto ciò che lo circonda, nulla è suo. Non la Stanza, non il Giocatore, non le armi, i vestiti, il suo corpo, la mente stessa. È solo un’intelligenza artificiale, si ripete, nato per intrattenere chi sta dall’altra parte dello schermo: la sua volontà è annullata nel momento stesso in cui entra in contrasto con quella del Creativo, sempre che ne abbia veramente una e che non sia tutto un’illusione.
Non che propriamente agogni la libertà che va ponderando, sarebbe troppo vuota, caotica e anarchica. No, non fa decisamente per lui. A Delic piace l’ordine, le cose disposte non a caso, ma bensì con un criterio preciso; trova solo snervante sottostare agli ordini di un Giocatore mingherlino e per di più con la stessa faccia del Creativo. Gli fa prudere le mani, e la voglia di impostare l’assetto da battaglia per rivolgere le armi contro entrambi è veramente forte – se non fosse che i suoi circuiti non concepiscono un azione simile, specie se è una disposizione che proviene dall’interno piuttosto che da qualcun altro.
Delic è un leone in gabbia, che tutto il giorno non fa che sognare la morte dei suoi padroni e carcerieri; un giorno sa che uno di loro commetterà un errore – specie l’umano – e lui potrà azzannare tutti e due alla giugulare e godere nel vedere la loro vita spegnersi.
E dopo? Dopo scomparirebbe, e se così non fosse se ne andrebbe a cercare un nuovo proprietario. Un nuovo collare, nuovi ordini. Magari da un volto più simpatico, con un compagno meno irritante e più comprensibile di quello che ha ora.
Al Combattente piace l’idea di appartenere a qualcuno, lo fa sentire meno solo. Lo fa sentire meno oggetto e più essere vivente – perché quando c’è una vera appartenenza, si crea un filo sottile che congiunge i due corpi che difficilmente può essere spezzato.
La sua situazione attuale non rispecchia minimamente questo ideale: è schiavitù. Sottomissione a due insetti dal medesimo volto.

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- Ding dong, the witch is dead! –
Una voce allegra, un po’ metallica, risuona improvvisamente nella stanza pavimentata a grandi quadri bicolori – bianco nero, nero bianco, come una grande scacchiera -, segno che Psyche è appena entrato nella stanza. Delic riconoscerebbe quel timbro anche in mezzo a mille voci dissonanti, tali sono le reazioni contrastanti che suscita in lui; da una parte è sollevato, il suo corpo tira un sospiro di sollievo quando la sua metà è lì. Dall’altra è seriamente infastidito: non è lì per sentirsi dire di dover fare chissà quale cosa assurda – l’ultima volta l’ha obbligato a fare a scambio di vestiti per un giorno e visto che gli ordini di Psyche non possono essere trasgrediti, lasciamo alla fantasia dei posteri immaginare in che condizioni il Combattente sia stato costretto a girare. Soprattutto vista la differenza di corporatura.
Ma tornando al Giocatore appena arrivato, tutto intento a canticchiare, c’è da dire che neanche lui sa cosa stia riproducendo la sua voce inumana. Ha trovato un file audio mentre il Creativo stava dando un’occhiata sul web poco prima e così ha trovato un punto di accesso per navigare anche lui dove gli pareva - a differenza del solito, visto che gli è concesso esplorare solo una parte della rete. Solo che quella melodia era così orecchiabile che non ha saputo resistere: l’ha scaricata di getto, cancellandola dai download del pc del Creativo e nascondendola tra i propri file personali.
A Psyche la musica piace, trova che – per quanto sia a lui preclusa per ordine del padrone – dia un ritmo ai combattimenti, oltre a fornirgli ispirazione per nuovi incantesimi. Da’ un tema alla monotonia del solito cozzare di corpi tra Combattenti e sibilare di incantesimi. Per lui il suo ruolo nella lotta non è solo qualcosa di spontaneo, ma è anche un’arte; gli piace intrecciare parole, combinarle, sentire i suoni ora duri, ora dolci dei vocaboli, la disposizione e il conteggio delle sillabe – senario, settenario, quartine, dodecasillabi, decasillabi e trittici -, fino a quando questi non diventano ancora più potenti ed efficaci. Vedere gli avversari piegarsi in due dal dolore come effetto di una sua frase è ciò che lo rende più orgoglioso. Un Giocatore incapace di giocare con le parole ha già perso in partenza un combattimento. È anche inutile schierare il Sistema.
La lingua è un’arma migliore della lama o del piombo: più affilata e di gran lunga più letale, non fiacca la struttura esterna come fanno le armi dei Combattenti, ma sconvolge l’anima e ti porta all’autodistruzione. Stravolge la struttura intima, quello a cui si tiene di più. Dilania un’anima che non esiste, essendo anche l’avversario un programma – ma questo non importa: ferisce a tal punto che si arriva alla convinzione di possederne una.
Si può dire che il Sistema di Combattimento Binario (SCB) Psychedelic Dreams è il migliore in assoluto. Attacco e difesa perfetti, stabilità energetica ideale, incantesimi impeccabili. Non c’è nessuno nella Rete in grado di sconfiggerli, né è mai capitato fin’ora – certo, le sfide non mancano. Né l’entusiasmo degli sfidanti; il punto è che sia Psyche che Delic sanno fin dall’inizio come andrà a finire il combattimento. È una partita vinta a tavolino.
Il Giocatore saltella, portandosi dietro la schermata musicale sospesa a mezz’aria – un pannello semi trasparente che indica i soliti valori riportati su qualunque programma di riproduzione per file audio – fino a che non si trova in prossimità di Delic. O meglio, sotto di lui. Alza lo sguardo, il naso piccolo e sottile per aria. Sorride.
- Ehi, Dee~eelic! Calami la treccia! – esclama, ricevendo come risposta a tutto il suo entusiasmo soltanto un grugnito contrariato e non può fare a meno di rimanerci un pochino male. A differenza dell’altro – per quanto questi non ne abbia memoria – sa che quelli non sono i loro veri caratteri, che il compagno prima della programmazione del Creativo non era così. Chissà come era lui stesso, prima di diventare un Giocatore.
PsycheDelic Dreams è il Sistema più forte perché unisce due importanti caratteristiche: è autoctono ( non inteso con la valenza che si usa per gli esseri umani, ma con un significato più etimologico: αύτóς = da sé, spontaneamente, τíκτω = generare; quindi sono nati da soli, nessuno li ha creati, nessuno ha deciso che loro dovessero esistere: semplicemente, un giorno sono comparsi), ma ha subito migliorie da parte di un essere umano che ha dato a entrambi i componenti schemi di combattimento, un pensiero razionale, armi con cui difendersi e vestiti con cui coprirsi. Ha donato loro tutto ciò che un nullatenente può desiderare, ha portato loro la civiltà.
La stessa civiltà che ora logora gli occhi di Delic, la stessa civiltà che lo spinge ad isolarsi, la stessa civiltà da cui ora il Combattente sta tornando mentre i suoi piedi toccano nuovamente – e malvolentieri – terra.
Il programma smaterializza la sigaretta in un turbine di pixel che si dissolve piano piano, lasciando dietro di sé soltanto l’effimera traccia del ricordo.
- Chi dobbiamo terminare, stavolta? –
Terminare. Che verbo diplomatico; di certo non si può ‘uccidere’ un programma, così il Creativo ha inventato per loro un nuovo sinonimo, una parola che fino ad allora era in uso per indicare quando era necessaria una chiusura forzata di un’applicazione difettosa. Per associazione di idee, anche uno sconfitto lo è diventato. E la paura di perdere è aumentata.
- Sempre al sodo, eh? –
Psyche si stringe nelle spalle e fa per dire che – insomma – per una volta potrebbe anche prendere le cose più alla leggera. Vorrebbe anche dirgli che stavolta non sarà come lo scorso combattimento, non avranno a che fare con dei ragazzini, quindi non ci saranno problemi. E invece no. Il fastidioso brusio che da sempre fa da sottofondo ai silenzi di entrambi si fa più forte, come l’onda di un messaggio in arrivo sul telefono cellulare fa ronzare violentemente gli altoparlanti e gli stereo. Un attimo dopo perde il controllo di ciò che sta accadendo, conscio che non può far nulla per impedirlo: è arrivato il Creativo, vuole parlare con il Combattente attraverso di lui. Non è che gli dispiaccia, solo che trova curioso il cambio di espressione che subisce l’altro quando si trova davanti uno Psyche ‘posseduto’.
Delic inarca un sopracciglio, perplesso. Il Giocatore d’un botto è diventato quieto, forse anche fin troppo. La solita allegria spensierata che ha sul volto è  stata rimpiazzata da un’espressione neutra, ma con un che di arrogante e beffardo. Un sorrisetto sornione squarcia il taglio roseo delle sue labbra.
- Allora…? –
Ripete, sempre più nervoso. Meno l’altro parla, più gli sale la voglia di prenderlo a craniate – o in alternativa tramortirlo e iniziare a saltare a piè pari sulla sua testa fino a quando non saranno rimasti che tanti piccoli mucchi di pixel.
Gli sbalzi d’umore di Psyche non solo sono imprevedibili, ma lasciano facilmente intendere quando sono causati dal medesimo o dal Creativo. Anche la voce diventa meno metallica, come se nella sua gola piuttosto che un vocalizzatore fossero presenti vere e proprie corde vocali in vibrazione. In realtà Delic sa che è molto più semplice di quanto sembri: il Creativo sta parlando attraverso il suo Giocatore. Con un collegamento che per fortuna lui non ha in dotazione, altrimenti si auto-terminerebbe più che volentieri. Tutto, pur di non avere Orihara Izaya nei propri circuiti.
- Sono un sistema autoctono. – Finalmente ha parlato. Allegria.
- Selvaggi? –
- Ingenerati. Il loro nome non compare. –
Degli Sfidanti – o Challenger, per dirla in inglese, ché fa-più-figo. Delic non è affatto contento di ricevere una notizia simile: gli Psychedelic Dreams non si sono mai scontrati con un Sistema a loro affine per nascita.
- Tuttavia– continua il Creativo – hanno la vostra stessa disposizione su campo.-
Se prima la situazione non gli andava a genio, ora il Combattente sta seriamente iniziando a pensare che sarebbe stato meglio ignorare Psyche e rimanere a fluttuare a mezz’aria a gambe incrociate a godersi in santa pace il sapore inesistente di una sigaretta virtuale.
- Non ho scelta, immagino. –
- Non ne hai – conviene con lui Izaya, facendo sfoderare al volto del Giocatore un ghigno che non gli appartiene. Se solo ci fosse un dio in quella dimensione virtuale, Delic lo starebbe già pregando da molto tempo in ogni lingua da lui supportata – e sono molte, quelle che gli sono state installate – di far venire un arresto cardiaco a quell’insignificante uomo fatto di carne e sangue e ossa, e di poter essere finalmente libero di scegliere da solo chi servire. Ma ovviamente in quel mondo tutto bianco l’unico che può forse assomigliare ad un qualunque essere superiore e divino è proprio quello che vorrebbe morto.
- Dove li troveremo? –
Il ghignetto diventa una smorfia da predatore, la stessa del felino che ha puntato la sua preda, del leone che punta la sciocca gazzella che si  è allontanata dal branco. Poi si porta l’indice alla tempia e vi picchietta leggermente, mentre le labbra scandiscono parole che non trovano voce.
“ RE–GI–STRA–TO~”
Delic vorrebbe veramente uccidere Izaya.
 
 
 
 
 
 

 
 
 

 
--- (SCB) PsycheDelic Dreams entra nell’area di combattimento O, Stanza ø.
 
La stanza è già occupata.
 
Sistema di Combattimento (SC) già schierato.
 
Procedere?
 
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(SCB) PD-D ha scelto di procedere.
 
 
 
 
 

La prima cosa che Psyche e Delic notano appena entrati nella Stanza è la completa assenza di un ordine logico. Chiunque abbia schierato il Campo di combattimento non deve essere molto capace, anzi. Come un novellino alle prime armi che, per provare tutte le aree di gioco, finisce per sovrapporle come strati di una torta guasta, così il campo appare ai due che non possono fare altro che fissarlo costernati. Riescono a riconoscere il Dungeon, la Foresta, il Deserto, il Palazzo, le Rocce, la Scuola, Sottmondo, la Città, la Scacchiera. E sono tutti rovinati, rotti, mescolati; ma ciò che turba più di tutto i due programmi appena arrivati è la visione della grande superficie a quadri bicromatici sfalzata, con blocchi di marmo spezzati e innalzati come moderni Menhir, squallidi e senza storia. Obelischi di materia virtuale. Il tutto, unito alla cacofonia creata dalla convivenza di ambienti tra loro tremendamente diversi, è un’accozzaglia di colori, una discordanza disarmonica che fa arricciare ad entrambi il naso. Un pesce grande quanto una macchina attraversa la loro visuale, coi suoi colori caldi e solari.
Al centro di tutto quel puttanaio di ambienti c’è una piccola radura, un minuscolo spazio erboso in mezzo al quale svetta un alberello dai fiori rosa – ciliegio, registra Psyche, per poi passare l’informazione a Delic.
L’unica presenza visibile è un ragazzo in kimono rosa seduto sui rami del giovane arbusto; li vede entrare, ma non si muove: sorride. Placido, calmo. Sorride. Non coi denti, ma con un guizzo debole delle labbra, come se la vista del Sistema di Combattimento Binario (SCB) non suscitasse in lui alcuna reazione notevole.
Tuttavia dona loro la grazia di un minimo sorriso, così da dar cenno che effettivamente li ha visti.
- Manca il Combattente. –
La voce di Delic – un sussurro – rimbomba come se avesse urlato al volume massimo dei suoi circuiti. Devono essere stati sbalzati anche i parametri audio della Stanza. E quando nessuno parla, il silenzio pesa come un macigno: non c’è musica, non ci sono suoni di sottofondo. Anche il mormorio che PsycheDelic Dreams di solito sente – manifesto della presenza di Izaya – è smorzato, debole, sfocato. C’è solo il suono che fanno i tacchi delle scarpe di Delic mentre cammina misto allo ‘gneek gneek’ provocato dalle suole di gomma di Psyche. Non gli piace, non gli piace, non gli piace, non gli piace, non gli piace, non gli piace, non gli piace, non gli piace, non gli piace, non gli piace. Il Giocatore dovrebbe parlare con la persona sul ciliegio, ma la stretta che sente in prossimità dello stomaco – o almeno, di dove questo dovrebbe essere – non lo lascia in pace. Ha bisogno di sedersi.
Guarda il compagno, supplice e con uno sguardo d’intesa è come se gli dicesse ‘fai tu’. Un ‘fai tu’ e Delic mangia la foglia, anche se non riesce a capire cosa prenda al compagno; lascia che Psyche sieda su un masso lì vicino e raccolga le ginocchia al petto, la fronte contro le medesime.
È lunatico, si ripete, è fatto così. Decide di non pensarci più.
Senza fretta si avvicina al ragazzo col kimono, contrariamente al suo forte desiderio di piantargli una pallottola in mezzo alla fronte; man mano che si avvicina i lineamenti dello sfidante si fanno sempre più familiare – ahimé – provocandogli una smorfia infastidita.
‘Un altro…?’
A quanto pare è il suo destino: essere circondato da seccature con occhi rosa e capelli neri. Il ragazzo col kimono ha lo stesso volto di Psyche, ma con gli occhi di un colore meno intenso, quasi più tendenti al pastello. Senza reprimere il proprio fastidio si ferma di fronte all’altro, che ora lo fissa con espressione immobile – quasi fosse cosciente di ciò che sta per uscire dalla bocca del Combattente avversario.
Ma la procedura è la procedura, e Delic non si sognerebbe mai di iniziare un combattimento senza prima sapere il nome dell’avversario.
- Sono il Combattente di (SCB) PsycheDelic Dreams, Delic. Siamo qui per la sfida. – Silenzio. – Chi siete? – Chi sei?
Lo fissa per attimi che sembrano infiniti. Si osservano. Il ragazzo col kimono non risponde, si limita a scrutarlo con quel suo sguardo imperturbabile, il sorrisetto che si è un poco smorzato sul volto, ma non di certo scomparso. Come se sapesse ogni cosa, come se si stesse facendo beffe di lui, come se possedesse le chiavi di un segreto del quale chiunque là dentro ignora a parte lui stesso.
Dal canto suo, Delic è pesantemente irritato da un comportamento simile – già il tipo non è nelle sue simpatie a colpo d’occhio, vista la sua sospetta somiglianza a Psyche e Izaya, figurarsi se lo guarda a quella maniera. Lascia quindi perdere le sue riflessioni riguardo al volto del ragazzo sul ciliegio e lo studia nel complesso, valutando se potrebbe essere o meno un Combattente – cosa improbabile, ma cosa è impossibile in quel mondo? Giusto pochi giorni prima lui e Psyche hanno combattuto contro un sistema trino, dove tutti erano al contempo Combattenti e Giocatori; erano solo ragazzini, ma uno dei tre – tutto giallo, a quanto ricorda, giallo e bianco – aveva un’abilità particolare che gli rendeva possibile alterare la stabilità elettronica altrui, lo spin o chi per esso. Delic non si intende di queste cose, non è nemmeno sicuro che il suo sistema sia composto da atomi. Il suo compito è lottare, vendere cara la pelle per il bel faccino di Psyche, per il suo naso piccolo e grazioso, impertinente, per quegli occhi contornati da ciglia scure, per le clavicole bianche e per le sue spalle magroline. Offrigli una schiena dietro alla quale ripararsi di fronte a un’esplosione, accusare colpi al posto suo. Proteggerlo. Proteggerlo per avere in cambio un suo ordine, per un nuovo danno ai suoi circuiti. A pensarci bene, è masochismo puro. A Delic non interessa, fintanto che è ciò per cui è nato.
Non spetta a lui pensare, eppure è ciò che sta facendo – sempre per Psyche, per salvaguardarlo dalla sua fragilità emotiva, anche se stavolta c’è da dire che anche il ragazzo col kimono stia facendo la sua parte. Che odio. Non sopporta gli scambi di ruoli, e men che meno regge il notare particolari scomodi – e lo sfidante ne è pieno. Ad esempio? Ad esempio ha un’ombra. Gli PsycheDelic Dreams non ne hanno una, né da quel che ha memoria l’ hanno mai avuta. Nessuno lì ce l’ha, nemmeno l’unico Sistema autogenerato presente in rete. O meglio: nemmeno l’unico Sistema autogenerato presente in rete fino ad oggi.
Serra la mascella, è irritato. Non va bene, non va bene, non va bene, non va bene, non va bene. Non. Va. Bene.
Apre una conversazione privata con Psyche, ignorando il muro psicologico che l’altro ha eretto per chiudersi a riccio in sé stesso. Non gli piace la mente del compagno, è troppo al di fuori della sua comprensione; non che sia caotica, ma c’è un retrogusto di repressione che lo mette a disagio. Il punto è che Psyche neanche se ne accorge, di questa sua amarezza.
Senza riuscire a scrollarsi di dosso la solita serie di cattivi presentimenti che gli mette addosso usare un canale di comunicazione così intimo ed esclusivo, si limita a trasmettere a Psyche la serie di informazioni raccolte, nella certezza che lui sia in grado di ricavarne qualcosa di utile. L’unica risposta che riceve è un ‘Sta per succedere qualcosa di brutto’ smorzato. Anche lui lo sa. Forse è proprio l’ignoto ad inquietarlo.
Torna a scrutare il volto del ragazzo col kimono, ma non vi trova più il sorriso; al suo posto, labbra che si muovono mute. Delic si congela, sa di cosa si tratta. Un incantesimo di costrizione.
Alle sue spalle un rumore stridente, come una lama che viene sfoderata – il suo pensiero corre unicamente a Psyche, alla sua figura rannicchiata e difesa. Psyche che poco prima aveva accusato una strana debolezza; Psyche non è mai debole. Spensierato sì, distratto, un po’ troppo intelligente, saputello, che fa notare gli errori altrui anche quando non è il caso, fastidioso, troppo allegro. Ma non debole.
Psyche, Psyche, Psyche, Psyche.
È già iniziato il combattimento? Probabilmente era già iniziato non appena sono entrati nella stanza. Non sanno neppure il nome degli sfidanti. Psyche è scoperto, deve proteggerlo.
Psyche, Psyche, Psyche, Psyche.
Non sente nemmeno le gambe scattare, sa solo che sta tornando indietro senza nemmeno temere un attacco da parte del ragazzo col kimono; ha spalle forti, potrà sopportarlo. Non vede nemmeno i fiori di ciliegio fiorire sul tessuto della veste di questi.
L’unica cosa che sa è che adesso la rassicurante sensazione delle armi strette nelle sue mani è reale, che le sue armi da fuoco sono lì, carice e pronte a sputare morte. Psyche, Psyche, Psyche. Deve salvarlo. È prezioso per la sua esistenza. Psyche, Psyche, Psyche. Psyche è Amore, per quanto lo detesti non può non desiderare di proteggerlo. L’unico combattimento che Psyche conosce è quello verbale.
Delic spara contro la figura venuta all’improvviso da chissà dove, ingoiando l’amara consapevolezza che li stava osservando fin dall’inizio, in attesa di un momento propizio per sferrare il proprio attacco. Anche il nuovo avversario ha un kimono. Azzurro. Capelli biondi. È un ragazzo, è un Combattente.
Questi si ritira di scatto, la lama della sua katana ormai in prossimità della gola di Psyche che viene ritratta. Evita le pallottole con maestria, deviandole con la spada quando indispensabile. Deve farlo arretrare, si dice. Deve farlo arretrare per poter constatare che le condizioni del Giocatore siano buone e che non abbia alcun trauma fisico. Se così non fosse, non saprebbe perdonarlo a sé stesso.
Quindi fa tutto ciò che gli viene in mente, tutto ciò che è in grado di fare da sempre, tutto ciò che riesce ad elaborare al momento: continua a sparare. E ad ogni scarica di pallottole, il Combattente avversario arretra di un passo, due, tre, quattro. L’unica cosa buona che Izaya ha fatto è stata rendere il gioco facile a Delic fornendo le sue pistole di munizioni illimitate. Al programma non piace perdere.
Piano piano si crea una distanza accettabile per una fuga temporanea, che permette ad entrambi una fuga verso un luogo più riparato. Lì sono in campo aperto, con nulla a coprire loro le spalle e con due fronti d’attacco molto diversi tra loro. Se Psyche non si riprende dal torpore mentale in cui è caduto da quando ha visto quel ragazzo col kimono, sarà la prima volta che assaggeranno il sapore amaro della sconfitta. E forse anche l’ultima.
Trovano riparo dietro a un blocco sfalzato di quella che un tempo era una scacchiera, ma il Giocatore è ancora più confuso di prima. Fissa Delic e apre la bocca, fa per dire qualcosa, la richiude. Quindi prende coraggio, e parla.
- Delic, chi sono quelli? –
- … - nessuna risposta. L’altro non lo sa, non vuole pensarci, probabilmente nemmeno gli interessa. Lui è un cane alle dipendenze dell’altra sua metà – quella che da’ ordini – e ha unicamente bisogno di quelli. Del resto non si preoccupa, non è sua mansione affrontare questioni simili.
- Perché il loro Combattente ha la tua stessa faccia? –
E stavolta Delic trasale. No, non può essere. È impossibile. Di Psyche lo sapeva: è un Giocatore, ha lo stesso volto del Creativo, è scontato che abbia anche solo una copia di supporto. Non conosce nessun altro programma in grado di creare magie con le parole come fa lui, un corpo così minuto non può contenere una così grande quantità di informazioni senza esserne schiacciata. Ma lui…? Non è altro che un Combattente, carne da macello, un maiale da mandare al mattatoio senza rimorsi. Ha un software rapido e leggero, non ha dati obsoleti, non ha una raccolta cronologica di fatti e notizie – o meglio, ciò che Psyche continua a definire ‘ricordi’. Le cose antiche nella sua mente dopo poco vengono sostituite da informazioni fresche fresche. Delic non ha bisogno di un programma di sostegno.
Poi una frase sboccia sulle sue labbra come un fiore violento, tinto di rosso sangue e al contempo preciso, con bordi definiti. Con un aspetto di malcelata brutalità che non si preoccupa affatto di velare.
- Terminiamoli – il Giocatore lo fissa, sorpreso. L’ha sentito per davvero? Esterrefatto, si chiede se è da Delic – dal suo Delic – eludere una domanda e rispondere con un’affermazione che non c’entra niente. Ovviamente la conclusione è una sola: no, non è assolutamente da lui. Dev’essere furioso. – Siamo gli unici a poter avere questi volti. –
- Eliminiamo i bug? – domanda Psyche, con una sorta di finta allegria. O forse è veramente contento, è raro che sia il Combattente a parlare più di lui. Non si sarebbe mai aspettato che un giorno del genere potesse arrivare, né che Delic fosse in grado di mostrare un tale accoramento per quella che alla fin fine è a tutti gli effetti quella che viene definita una questione di forma.
- Fa sempre bene un po’ di pulizia del server – ribatte l’altro, irremovibile. È una fermezza degna di un Giocatore, generalmente chi ricopre il ruolo del ‘fante’ si limita a chinare il capo ed accettare gli ordini, qualunque essi siano. Anche di auto-terminarsi, se così gli fosse richiesto: l’unica finalità del programma è quella di concorrere alla migliore strategia per vincere il combattimento, indipendentemente dall’istanza.
Non tutti i Combattenti riescono ad accettare una condizione simile, ecco perché Psyche ritiene che il compagno sia speciale, esemplare nella sua sottomissione assoluta – senza però realizzare che l’altro sia veramente in continua ricerca di vie di fuga.
- Un’ultima cosa, Delic. –
Il Combattente volge di nuovo la propria attenzione sul Giocatore, ma la sua mente è già lontana – sull’avversario, sul nemico da abbattere – all’opera per cercare uno schema vincente. È meglio affrontarlo in un duello ravvicinato o è meglio attaccare a distanza? Quali sono i pro? Quali i contro? È distratto. Lo sguardo non indugia sul volto di Psyche, sui suoi occhi che cercano un contatto visivo. Perciò, quando i suoi sensori avvertono una vicinanza, trasale; le braccia del più piccolo gli abbracciano il busto, la fronte è poggiata contro il suo petto. Non dice niente, limitandosi a un silenzio interrogativo – perché mai la sua controparte dovrebbe darsi a questi slanci d’affetto simulato proprio in una situazione simile? È la solita incoscienza di Psyche.
- Grazie per il tuo amore. –
Delic non muove un muscolo, rimanendo rigido e impacciato. Amore. È così che il Giocatore definisce il loro rapporto? Non capisce proprio come faccia l’altro a non realizzare che quella non è altro che un’imposizione nata dal profondo. La natura stessa del Combattente non permette a questi di abbandonare colui che deve salvaguardare, rendendolo suo servo in eterno. Se dovesse scegliere un termine, probabilmente definirebbe ciò che lega i due ‘senso di protezione’ – e la differenza tra le due definizioni date è notevole; è proprio da qui che si vede la concezione che hanno l’uno dell’altro. Sono programmi, che razza di amore potrebbero provare? ‘I miei byte saranno tuoi in eterno?’
Così Delic rimane immobile, in attesa che Psyche sciolga quell’abbraccio incomodo; lo sta sottraendo ai suoi doveri, uno come lui non può perdere tempo dietro a simili frivolezze e frasi fatte: ogni attimo che passa lì fermo, è uno sottratto all’eliminazione dell’avversario.
Finalmente il Giocatore decide di mettere fine a quel momento imbarazzante e futile, così al Combattente è possibile ritrarsi, aumentando inconsciamente la presa sull’impugnatura delle armi da fuoco.
Andiamo. – Non guarda Psyche in faccia, non vuole vedere la delusione nei suoi occhi – inutili sensi di colpa come quelli che ne deriverebbero sono esattamente ciò che riuscirebbe a fargli perdere la concentrazione in campo di battaglia. – Intessi incantesimi bellissimi. –
- Per te. –

 
(SCB) PsycheDelic Dreams, schieramento del Sistema.
 
--Assetto da combattimento.
 

Il Combattente con la katana è lì, nello stesso punto in cui PsycheDelic Dreams ricorda di averlo lasciato quando i suoi due componenti hanno effettuato una ritirata strategica – ovvero: sono fuggiti al riparo. Non si muove, concedendo agli avversari il privilegio di riorganizzarsi dall’attacco a sorpresa e di conseguenza perdendo tutto il vantaggio acquisito con una mossa a tal punto ingegnosa. Rimane fermo anche quando i due ritornano, incedendo sicuri: si limita ad osservarli con sguardo pacato e sereno, ma in maniera del tutto diversa dal ragazzo col kimono rosa. L’azzurro dei suoi occhi è limpido, genuino. Contiene la stessa ingenuità dello sguardo di Psyche, la stessa bonaria visione del mondo; non combatte con l’intenzione di uccidere, ma di giocare, di divertirsi. Ed è una cosa che Delic non sopporta: le persone che non prendono sul serio qualcosa di importante come una sfida che ha come penalità per lo sconfitto l’eliminazione, sono solo perditempo. Non durerebbero molto già di loro, ma un comportamento simile mette nel Combattente di PD-D una tremenda voglia di distruggerli con le sue stesse mani, di terminarli così lentamente da spegnere loro un circuito alla volta così da far loro provare come ci si sente a sentir scemare l’energia ogni secondo che passa. Per i Sistemi di Combattimento – a differenza dei Creativi – non si tratta di intrattenimento, ma di sopravvivenza: nessuno vuole essere considerato un’applicazione guasta, nessuno vuole essere terminato. Nello sguardo dello spadaccino manca questa consapevolezza.
- Siamo pronti. –
La voce di Psyche spezza il silenzio che si è creato, risuonando chiara e metallica, come al solito. E sempre come al solito, è veramente affascinante. Non è il timbro di un bambino, ma ne conserva la gioia infantile, arricciandosi talvolta in toni vezzosi o capricciosi, sottili e taglienti, ma anche così duri da risultare spietati e crudeli, intrisi di un sadismo al contempo puerile e calmo, algido. Come ghiaccio eterno.
Un attimo dopo lo sfidante punta nuovamente contro Delic e Psyche la katana, pronto a scattare sulle gambe – il combattente di PD-D fa la medesima cosa. Incantesimi rapidi vanno a rafforzare le difese; i due si corrono incontro, diminuendo a gran velocità la distanza che li seprara – tuttavia a pochi metri l’uno dall’altro Delic salta ( e sì che a lui riesce bene ), mantenendo le gambe piegate: un attimo dopo apre il fuoco. Una serie di colpi viene rapidamente parata dall’avversario, ma non è altro che un semplice difendersi, un evitare un attacco – anche perché i due posseggono armi idonee a due tipi di combattimento sostanzialmente differenti tra loro. Ma fino a quando il Combattente si terrà fuori dalla portata del ragazzo dal kimono azzurro, il vantaggio sarà tutto suo; e di certo un dato così importante non può sfuggire al ‘fante’ di Psyche, tanto che perfino nel suo iniziale attacco è racchiuso l’incipit della difesa: il contraccolpo lo spinge sempre più in alto in aria, ritardando così il momento in cui i suoi piedi toccheranno terra.
Sotto di lui risuona un risucchio sinistro – e gli basta una rapida occhiata per fargli stirare le labbra in un sorrisetto compiaciuto: il suo Giocatore sta facendo pulizia dall’eccedenza di ambientazioni di gioco. Lo ringrazia mentalmente, quando non rimane che la loro pavimentazione solita, riparata dai danni subiti: la scacchiera è nuovamente loro, per loro, con loro. Ora si sentono entrambi più a loro agio.
Notando la distrazione di Delic, il Combattente avversario carica a sua volta sulle gambe, prendendo lo slancio e saltando con la lama puntata nel preciso punto dove ha inizio la cassa toracica, dal basso. Passando tra costola e costola, ha intenzione di trapassarlo completamente e distruggere il generatore di energia del Sistema. Se il colpo andasse a segno, questi verrebbe terminato sul colpo.
Psyche solleva lo sguardo, i suoi occhi si fanno atterriti, la bocca è arida e la mente cerca parole per intessere un incantesimo che possa evitare una simile disgrazia – ma come puoi incantare un Combattente senza nome? Tutto ciò che può fare è agire sul proprio e toglierlo immediatamente dalla traiettoria della lama – no, non spostarlo e basta, toglierlo proprio. La spada non deve nemmeno sfiorarlo, il Giocatore non potrebbe sopportarlo. La costrizione esce dalle sue labbra automaticamente, la nenia velocemente recitata senza il minimo errore, esitazione, inclinazione della voce. Se fosse umano a quest’ora sarebbe già nel panico, avrebbe già sbagliato tre volte e avrebbe dovuto ricominciare da capo più volte – ma lui no, lui è perfetto, è una macchina. Il suo accento non conosce esitazioni.
Poco prima che Delic si trovi sulla linea dell’attacco dello sfidante, riesce a far spuntare una catena dal pavimento che va ad avviluppare la caviglia del compagno, trascinandolo sul pavimento. Ora l’altro lo odierà ancora di più, accidenti.
- Si può sapere cazzo che ti passa per la testa?! –
Appunto. Il tono con cui quella frase viene abbaiata è significativo, direttamente proporzionale con lo stato emotivo attuale del Combattente – ossia, una genuina incazzatura. Ora che la catena della Costrizione ha sortito il suo effetto si dissolve, lasciando il suo bersaglio sul pavimento, stravolto.
- Scusamiscusamiscusamiscusamiscusamiscusamiscus–  -
Con una scrollata di spalle Delic gli fa cenno di lasciar perdere, limitandosi a rialzarsi senza fare un lamento. Sta bene, è questo l’importante: piuttosto che pigolare scuse all’indirizzo del compagno, è meglio che Psyche rivolga la propria attenzione al suo combattimento, che è di gran lunga più impegnativo di quello del ‘fante’. Il Giocatore socchiude gli occhi, allontanando dalla mente l’eco degli spari e dello stridere di metallo contro metallo, lo sguardo vaga, fino a che non incontra l’unico elemento della precedente ambientazione rimasto oltre alla scacchiera; l’arbusto di ciliegio è ancora lì e il ragazzo dal kimono rosa è ancora seduto fra i suoi giovani rami. Nulla è cambiato, o quasi: non il suo sorriso, non quell’aria di chi sa qualcosa di importante, non un mignolo in una posizione differente rispetto a prima. L’unica cosa diversa è il kimono, ora decorato da tanti piccoli fiori.
Psyche ricorda chiaramente il volto di Delic quando questi l’ha protetto. Era spaventato. Per lui. Non vuole che il suo combattente abbia paura, né che sia per causa sua. Delic è forte, Delic lo protegge.
Delic, Delic, Delic, Delic, Delic.
Delic con la sua aria perennemente seccata, Delic con la sua schiena grande, Delic col naso dritto e le labbra sottili.
Delic, Delic, Delic, Delic, Delic.
È un nome che scandisce il funzionamento dei suoi file vitali, un tamburo di guerra nel suo petto.
Delic, Delic, Delic, Delic, Delic.

Non può perdonare qualcuno per averlo fatto esitare, per avergli fatto temere di non fare in tempo a soccorrerlo: Delic riesce sempre, Delic lo salva in ogni situazione. Delic è il Combattente perfetto, una macchina bellica. Delic non vacilla. Mai.
Psyche sa esattamente ciò che sta facendo: auto convincimento, esagera i fatti, vi esaspera il pathos, induce i suoi circuiti a reagire in maniera violenta di primo impatto. La prima carica è importantissima, in un combattimento verbale.
« Spezza, schiocca, slabbra tagli di aghi che penetrano profondi, trucida carne con suoni sordi forti come stecchi secchi morti–»
Non gli piace, l’incantesimo che si sente pronunciare. Sono solo parole, non riesce a metterci abbastanza volontà. C’è qualcosa di strano, c’è qualcosa fuori posto, c’è qualcosa di storto. Non è in grado di elaborare qualcosa di abbastanza forte da arrecare un danno degno di nota all’avversario.
Il contrattacco è immediato. Senza un suono, senza che le parole echeggino al di sopra del clangore dell’altro scontro in corso, vede le labbra del ragazzo col kimono aprirsi come una ferita sul volto e pronunciare incantesimi che non trovano voce.
Respingi. Rifletti.
Non appena arriva a destinazione, l’attacco di Psyche torna indietro a velocità maggiore, incedendo verso il medesimo. Il Giocatore è spiazzato, mentre il suo istinto di sopravvivenza prende il sopravvento.
« Il dolore non mi tocca, il dolore non mi scalfisce. »
Vede il turbine di aghi che lui stesso aveva aizzato contro l’altro passargli attraverso come se fosse fatto di materia fantasma, e dissolversi. È andata bene. Il problema è che non sa se la prossima volta avrà una prontezza di spirito simile, vista la sua attuale difficoltà nel trovare le parole adatte a incantare. Nessuno gli ha mai rivolto contro i suoi stessi sortilegi e se queste sono le premesse, abbattere l’altro Giocatore sarà più che difficile; meglio trovare una strategia diversa: Psyche prende un bel respiro, notando che il ragazzo col kimono è ancora lì in attesa di una sua mossa. Pronto a ritorcergliela contro – ma stavolta non si farà fregare, si ripete.
« Costrizione! »
Catene emergono dal pavimento, ma non si muovono in direzione del ciliegio, andando piuttosto a bloccare il Combattente avversario. « Haste » ordina, una volta immobilizzato questi. Delic obbedisce, entrando in modalità e saltando sul vettore che gli si crea davanti. L’accelerazione è immediata; il ‘fante’ si abbassa per acquisire velocità, puntando le grandi armi da fuoco contro il Giocatore dalla veste fiorita. Una volta abbastanza vicino preme i grilletti, e il rumore degli spari si mescola a quello dei bossoli che cadono a terra e si scompongono in pixel.
Il ragazzo col kimono rosa rimane impassibile.
Corruzione della materia. Tutto muta, io rimango.
Come prima aveva fatto Psyche, si lascia attraversare dalle pallottole senza che queste lo tocchino veramente. Il Giocatore di PD-D aggrotta le sopracciglia: sta usando i suoi stessi attacchi? Serra la mascella, stringe le labbra. Trattiene un’imprecazione, intuendo la prossima mossa dell’avversario. « Torna. » Il vettore si curva, creando una rampa con multiple forze tiranti, dandogli una direzione obliqua che al contempo torna indietro con una parabola. Si dissolve esattamente poco sopra Psyche, lasciando che Delic atterri precisamente alle sue spalle, attirandolo a sé e creando uno scudo. Un attimo dopo che la barriera viene creata, entra in collisione con qualcosa: la lama del combattente avversario è già lì, atta a colpire il Giocatore in un punto vitale. Gli occhi del colore del cielo del ragazzo con la katana si incontrano col bersaglio del suo attacco, che lo fissa senza interesse. Le braccia di Delic si irrigidiscono. PsycheDelic Dreams estende lo scudo, sbalzando via il Combattente nemico.
- Siamo i più forti. –
- Sì. –
- Rimani con me. –
- D’accordo. –
Nessuno può battere il loro (SCB). Non è auto convincimento stavolta, è la realtà. Qualunque cosa siano stati prima dell’arrivo di Izaya non è importante, visto che ormai la loro condizione è irreversibile. A nessuno alla fin fine interessa se è così o meno, se dopo essersi liberati del Creativo tornerebbero ad essere quelli di un tempo. Probabilmente no, ma c’è sempre una minima possibilità. Entrambi hanno bisogno l’uno dell’altro, poiché si completano vicendevolmente. Il resto non conta: Psyche Delic Dreams è il Sistema di Combattimento Binario (SCB) regio. Farsi intimorire da due Personaggi senza nome è senza senso, visto che l’unica cosa a cui essi possono sfuggire sono gli incantesimi mirati: se non hai un nome, non esisti. E se non esisti, non puoi essere colpito da un incanto. Ma se Psyche li battezzasse? Se donasse loro un nominativo? Il Giocatore sorride, soddisfatto. Sono già come sconfitti, ormai. Sono deboli, piccole ombre silenti che cercano di diventare la pallida imitazione dei re della Rete. Tuttavia non accadrà mai che qualcuno rimpiazzi PD-D (SCB); loro erano là dal principio, dalla creazione della Rete, sono nati senza che nessuno lo decidesse, sono un piccolo miracolo della tecnologia. Vita cibernetica.
Ma la vera superiorità di Psyche non sta nella nascita, né nella sua struttura intima. Psyche ha qualcosa che loro non hanno: l’amore contorto di Delic. È tutto ciò che gli serve per vincere.
« Tsugaru. Sakuraya. »
Chi sei?
« Io creo, io distruggo. »
Nulla può toccarmi.
« La materia si corrompe. Il ciliegio sfiorisce. »
‘ Benvenuto a te, lento uomo legato, bolso intessitore di veloc– ’
BANG. Uno sparo, un boato che squarcia il silenzio che circonda i due Giocatori. Una peonia cremisi sboccia in mezzo al petto di Sakuraya, mentre lo sguardo di questi si fa lontano. È una scacchiera, quella su cui combattono. L’alfiere ha mangiato il re. Da uno, i colpi si moltiplicano, si fanno due, si fanno dieci, si fanno cento, si fanno mille, fanno ballare le membra del ragazzo, fanno nascere tanti tanti tanti tanti altri fiori – papaveri, rose, tulipani, gigli rossi – su quel kimono bianco e rosa. C’è un giardino segreto in quel ragazzo, ora. Un giardino esotico, fatto di byte e circuiti, e di sangue e di fiori e di cavi e di olio e di vita che si sparge sul pavimento freddo, di capelli e di denti. Delic è fuori di sé, è incazzato con quel misero bug che non accetta il nome che Psyche  gli ha elargito. Tutti dovrebbero avere un nome, tutti dovrebbero avere un collare, nessuno escluso. Non esiste qualcuno così speciale da potersi dichiarare indipendente da qualcosa di così vitale come la definizione di sé stessi. Un nome, un nome! Le dita non abbandonano i grilletti, guarda quella brutta copia del suo Giocatore diventare una carcassa sanguinolenta, diventa il primo spettatore di quello spettacolo grottescoe senza fine. Diventa il burattinaio, fa muovere quella bambola ormai senza volontà. Ora anche lui è un Giocatore, e i suoi incantesimi sono i fiori che fa nascere, i suoi incantesimi sono la forza fisica. È così bello avere il controllo. Strano. Nuovo. Quella danza frenetica continua a scuotere le membra del bug. Bug! Bug!, strilla la sua mente. È un errore del Sistema, non dovrebbe esistere. Chi non si chiama in nessun modo è un’applicazione difettosa, e come tale è giusto che sia terminata. Ma chi stabilisce la giustizia là dentro? Chi si fa giudice al sopra delle parti? Lui, lui, lui, solo lui, l’(SCB) più forte, l’(SCB) che era lì prima di tutti gli altri. PsycheDelic Dreams. Chiunque contravvenga alla sue leggi non è degno di esistere. Qualunque tracotanza nei confronti di Psyche sarà punita. Un bug non può opporsi alla volontà di una divinità.
Delic spezza legami, collegamenti, è come saltare a piè pari su quel corpo ormai senza vita, sfoga una rabbia repressa che mai lo lascia, le rughe d’espressione sono più accentuate che mai. Si ferma solamente quando avverte una presa leggera al braccio, riconoscendo come vicina la presenza del compagno. Quest’ultimo non dice nulla, limitandosi a cingere il petto del Combattente, una volta che questo cessa il fuoco. Senza abbandonare le armi, Delic ricambia l’abbraccio con una possessività famelica. Amore distorto, amore distorto. Ecco cos’è, è un tumore sito dentro loro dal principio, un costante bisogno di cercarsi, di stabilizzarsi l’uno con l’altro. Sono compagni d’esistenza, per quanto possano provare a stare l’uno senza l’altro falliranno sempre.
Il clangore di metallo che cade a terra risuona nella Stanza. La Costrizione si esaurisce. Tsugaru corre verso il proprio Giocatore, il suono dei suoi passi riempie l’aria circostante e una volta che raggiunge quel corpo sfigurato si inginocchia al suo capezzale; Sakuraya apre gli occhi – o quello che ne rimane – con uno scatto meccanico e sinistro. Muove una mano disarticolata, le dita divelte, accarezza il volto senza macchia del Combattente e vi lascia una strisciata cremisi. I due bug si guardano ansiosi, si scambiano le ultime parole con sguardi; infine Tsugaru parla, dice qualcosa a voce bassa. Sakuraya lo fissa stranito e con grande sforzo gli sorride. Dice anche lui qualcosa, poi il Programma si termina; l’(SCB) B U G cessa di esistere.
Il Samurai non è più un Combattente, il Samurai è solo una bella bambola dal volto sporco di sangue. Pronuncia poche altre parole, richiama a sé la katana.
Delic osserva la scena, impassibile e partecipe allo stesso tempo: non lo riguarda ciò che sta per accadere, ma se Psyche terminasse non esiterebbe un solo secondo ad imitare l’ex Combattente avversario.
Vede la lama sollevarsi. Stringe più forte il proprio Giocatore al petto. Vede la lama abbattersi su Tsugaru, vede la lama affondare al centro del suo petto. Non chiude gli occhi, rimane ad osservare lo Spadaccino auto terminarsi, e in quello stesso istante avverte una strana nausea salire su per la gola, un’amarezza ignota. Gli contamina lingua e bocca, rendendole incapaci anche di formulare una qualche frase. Secche, stanti, gonfie. È autosuggestione, si ripete. È autosuggestione, ma un giorno subirà la stessa sorte, un giorno in cui il suo senso di protezione non sarà abbastanza forte e non farà in tempo a parare un attacco rivolto a Psyche. Un giorno anche gli dèi saranno terminati. Sa che perderà il suo Giocatore, sa che è inevitabile , che entrambi sono stati destinati a scomparire in quella stessa maniera nel momento stesso in cui si sono generati e hanno aperto gli occhi per la prima volta – lo ricorda come fosse successo qualche istante prima. Erano stesi accanto, i volti rivolti l’uno verso l’altro. Sono stati la prima cosa che hanno visto in tutta la loro esistenza, è stato questo a legarli.
È queste funesta certezza di morte, un senso futuro di perdita che incombe e grava sulle sue spalle come un macigno, che lo spinge a sollevare il volto di Psyche e a dargli un bacio di urgenza, di inquietudine. Un’apologia senza parole inutili, come muto è stato l’addio di Sakuraya a Tsugaru. Il Giocatore si stringe a lui, accoglie con accondiscendenza quel contatto irruento. Le braccia salgono fino a cingere il collo di Delic, i piedi si sollevano sulle punte per avvicinarglisi ancora di più. L’altro dal canto suo si abbassa, si piega sul compagno; si vengono incontro, si cercano, si commiserano a vicenda, si consolano, si stringono, si sospirano.
Si baciano di fronte ai resti delle loro copie, si baciano come se fossero arrivati al confine ultimo del mondo e stessero per buttarsi nel nulla. Come se corressero a perdifiato incontro all’Apocalisse.
- Grazie per il tuo amore. –
 
 
 
 

 
 
 

 
Area di Svago, φ.
Configurazione.
Impostazione grafica eseguita.
---
La Stanza è già occupata.
(SCB) PsycheDelic Dreams è al suo interno.



 

Giacca, camicia e cravatta sono a terra, sparse e appallottolate. Non come se fosse stato fatto con fretta, ma con svogliatezza. Come se dietro ci fosse una stanchezza indicibile. Delic si stiracchia, si massaggia i circuiti indolenziti; è stata una giornata pazzesca, ha avuto un sovraccarico di energia nei suoi sistemi ed ora è stanchissimo: le palpebre sono pesanti, ha bisogno di entrare in modalità stand-by per ripristinare le proprie funzioni.
Di fronte a lui sta Psyche – di fronte e addosso, per essere precisi. Mentre il Combattente è semplicemente seduto, il Giocatore si è comodamente sistemato sulle gambe dell’altro, circondandogli la vita con queste. Con il pollice e talvolta con l’indice traccia il contorno delle molte cicatrici del compagno, e per ognuna Delic gli racconta per l’ennesima volta come, quando e perché se l’è procurata. Ogni volta Psyche finge di non ricordarne la storia; è una bella recita, la loro, un piccolo rito dopo ogni combattimento. Ogni cheloide ha un punto comune, però: è arrivato sulla pelle del ‘fante’ per poter difendere Psyche, per poter rivedere quegli occhi illuminarsi d’entusiasmo un’altra volta, e ancora e ancora e ancora.
- Tu mi ami! – sorride il Giocatore, e posa un bacio leggero sulla cute provata del compagno. Delic storce il naso, sbuffa. Avvicina ancora più l’altro a sé, va a morderlo nell’incavo del collo con i suoi soliti modi poco delicati.
- Non è amore. –
Il Programma dai capelli corvini sorride contro la pelle dell’altro, baciandola nuovamente. Quando sa essere cocciuto il suo Combattente…! Rotea gli occhi, paziente. – A me piace chiamarlo così. –
- A me piacciono i tuoi ordini. –
Silenzio. Entrambi ripensano a quanto hanno udito l’uno dall’altro, entrambi cercano una via d’uscita a loro vantaggiosa. Non se la vogliono dare vinta.
Psyche parla.
- Allora ti ordino di amarmi.-
Delic non sa come rispondere.
 
 

 
 
 

 
Shinjuku,
Mondo reale.

 



Izaya guarda lo schermo per computer, un sorriso strano che si dipinge sul suo volto. Alla fin fine tutto è andato come aveva previsto, tutti hanno agito secondo la loro parte nella piccola tragedia che ha messo su apposta per il suo Sistema, per quelle strane copie sua e di Shizuo che sono spuntate dal nulla.
L’esperimento è andato a buon fine.
 
 
 
 

 
« Once there was a wicked witch
In the lovely land of Oz
And a wickeder, wickeder,
Wickeder witch that never, ever was! »

 

   
 
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