Raccontami di te, se hai voglia ancora di parlare;
un po' di verità stasera non può farmi male. Aiutami così almeno a non dimenticare la vita che cos'è, raccontami, raccontami di te...”
“Che ci fai qui?” chiese.
“Diciamo che sono venuto per farti una sorpresa.”
Sasuke fissò per qualche secondo il viso di Itachi, poi fece
spallucce e procedette lungo la strada che si allontanava
dall'accademia.
Il maggiore, che in pochi passi gli si portò affianco,
sorrise, non visto. Anche se era stato abile a nasconderla in fretta,
non gli era infatti sfuggita quella scintilla negli occhi del
fratellino.
“Non ti interessa sapere cosa facciamo?”
disse quindi, una volta che ebbe superato l'altro, girandosi verso di
lui.
Sasuke corrucciò la fronte, perplesso. Alzò lo sguardo
al viso di Itachi e aprì la bocca, come se volesse dire
qualcosa, poi cambiò idea.
Volgendo di nuovo gli occhi a terra chiese: “Allora? Cosa
facciamo?”
“Non te lo dico!” Itachi rise, colpendo la nuca del
fratello con una pacca e scuotendo la sua chioma scura, intrappolata
fra le dita.
Ancora una volta lo sguardo iroso che il più piccolo gli
rivolse fu macchiato da una luce diversa da quella della rabbia,
dolce come il sorriso che nascondeva.
*
“Siamo arrivati!”
Sasuke si guardò intorno e seppe finalmente che i sospetti
riguardanti la loro destinazione, che aveva nutrito per tutto il
tragitto, erano esatti. In quel momento, in cuor suo, urlò
di gioia.
“Beh, che ci fai ancora lì? Tira fuori i kunai.”
Itachi gli sorrise, cominciando a togliersi di dosso tutto ciò
che avrebbe potuto costituire un impiccio per l'allenamento.
Senza nascondere l'entusiasmo, l'altro obbedì immediatamente,
imitando il fratello.
Iniziarono subito ad allenarsi, senza risparmiare fiato ed energie;
senza fare pause – se non per dissetarsi – rimasero lì,
circondati dagli alberi graffiati, fino a sera inoltrata.
Il primo a cedere fu Itachi, che sedendosi, la schiena appoggiata ad
un fusto disteso, annunciò il proprio ritiro.
“Ma come? Abbiamo appena cominciato e tu sei già
stanco.”
“Sasuke, è tardi. La mamma sarà
preoccupatissima.” ribatté Itachi, la voce smorzata
dalla stanchezza.
Il più piccolo sgranò gli occhi. “Non gliel'hai
detto?”
“No, io... l'ho deciso all'improvviso.”
Sasuke si chinò, cedendo alla fatica, e si avvicinò al
fratello per sedersi, sentendo che le forze l'avevano abbandonato.
Il silenzio, reso imperfetto inizialmente solo dal loro ansimare, li
avvolse. Unito all'oscurità ebbe un effetto rilassante sulle
loro menti e sui muscoli affaticati. O almeno, lo ebbe per Sasuke.
Senza muovere un arto, il corpo completamente abbandonato al tronco,
osservava lo scorcio di foresta che aveva davanti. Non gli capitava
di frequente di guardarsi attorno in quel modo e si ritrovò a
pensare che forse avrebbe dovuto farlo più spesso; si sentiva
infatti pervaso da una strana sensazione di benessere.
Sorrise istintivamente e sbirciò a lato il viso del fratello.
Si sorprese nel vedere che a suo contrario, Itachi non sembrava per
niente tranquillo. Anzi, pareva teso; il suo corpo era innaturalmente
rigido e il suo sguardo era adombrato, rivolto verso il cielo.
Sasuke tornò a fissare gli alberi che si stagliavano di fronte
a lui, senza riuscire a riacquistare la pace da poco guadagnata e
persa altrettanto velocemente.
Dentro di lui era sgusciato un sentimento d'ansia, che sapeva non
essere sua, a formare delle pieghe sulla sua fronte chiara. Avvertì
nell'aria, divenuta pesante, un'atmosfera di attesa, come se di lì
a poco avesse dovuto accadere qualcosa.
Dal canto suo, il maggiore stava cercando la serenità
necessaria per parlare a Sasuke del vero motivo che l'aveva spinto ad
organizzare quell'uscita improvvisata. Senza trovarla, si rassegnò
infine a cominciare, pensando che era effettivamente troppo tardi per
permettersi di indugiare oltre.
“Partirò. Questa stessa notte.”
Pensò che fosse il modo migliore per iniziare.
Sasuke si girò a guardarlo; avvertiva che non c'era niente di
positivo in quell'affermazione, ma ancora non sapeva cosa aspettarsi.
Non disse nulla. L'inquietudine si era ormai impadronita di lui e lo
rendeva teso come una corda di violino, quasi tratteneva il fiato,
non emetteva suono.
Qualcosa negli occhi di Itachi, che non aveva notato prima, insinuò
un nuovo, peggiore sentimento nel suo cuore: paura.
“Una volta partito non tornerò più.”
continuò il maggiore. Sentì il bisogno di distogliere
lo sguardo dagli occhi di Sasuke, ma non lo fece: si costrinse ad
essere forte, come per forza avrebbe dovuto essere da quel momento in
avanti.
Udite quelle parole il timore nato poco prima nel petto del più
piccolo, scoppiò violentemente. Si ritrovò stretto
nella morsa di un folle terrore.
Un addio.
Doveva continuare a parlare, far parlare Itachi, allungare quel
momento. Sapere.
“Perché?” chiese banalmente.
“Presto nessuno mi vorrà più qui al villaggio.”
Sasuke non ebbe bisogno di parlare, la domanda che avrebbe voluto
porgergli fu colta da Itachi nel suo sguardo. “È per la
missione che devo compiere stasera, prima di partire.”
“E tu non farla, qualsiasi cosa sia!” Urlò,
stupendosi della propria velocità di reazione.
Quel grido squarciò l'atmosfera che, satura di tensione, era
sembrata immobile fino a quel momento: fu come se il tempo
ricominciasse a scorrere dopo un periodo di stallo.
Agli occhi di Sasuke – in quel momento totalmente aridi,
incapaci di versare lacrime – la soluzione appariva semplice:
qualunque cosa avesse portato suo fratello lontano da lui non andava
fatta.
Un pianto sommesso cominciò a scuotere Itachi, colpito come da
una frusta dalla reazione del più piccolo, mentre cercava le
parole giuste per rispondere.
“Io
non posso.” disse, sentendosi debole, impotente. “Non
capisci, devo
farlo. Devo proteggere la Foglia.”
Sasuke non l'aveva mai visto così. Sembrava
piccolo, costretto a sopportare un qualcosa troppo più grande
di lui. Capì che le sue sterili opposizioni non sarebbero
servite, non avrebbe potuto in alcun modo tenere vicino a sé
Itachi. Doveva lasciarlo andare.
“Quindi... è un addio.” L'aveva solo pensato fino
a quel momento e pronunciare quella parola provocò
un'ulteriore rottura nel suo cuore. Scoppiò quindi anche lui
in un pianto liberatorio, infantile, che contrastava con quello
silenzioso e trattenuto del fratello più grande. Pianse
cercando con le mani i fianchi di Itachi per accoccolarsi contro il
suo petto, rifugiandosi nel calore del suo corpo.
Il maggiore non poteva fare a meno di pensare, sentendo le mani di
Sasuke stringerlo, che non avrebbe più potuto vivere dei
momenti simili.
Non avrebbe visto Sasuke diventare chunin, compiere le sue prime
missioni.
Non avrebbe più festeggiato un suo compleanno. Si sarebbe
perso le sue prime storie d'amore.
Vuoti che nessuno avrebbe mai potuto rendergli.
Alla fine tutto ciò che gli sarebbe rimasto di suo fratello
sarebbe stata, forse, una foto sbiadita.
Non se n'era reso conto, ma mentre lui era immerso in simili pensieri
il tempo era trascorso veloce; nel frattempo Sasuke aveva smesso di
singhiozzare, solo qualche lacrima silenziosa continuava a solcare le
sue guance.
“Sasuke” lo chiamò “qual'è il tuo
sogno?” chiese, ricevendo in risposta un'occhiata perplessa.
“Io... voglio diventare un Anbu. Sarò capitano, come
te.” Rispose l'altro dopo qualche attimo d'esitazione,
asciugandosi una lacrima intrappolata nelle ciglia, quasi sorridendo.
Poi tornò a guardare Itachi stranito, non comprendendo il
motivo di una simile domanda.
Sentendo la risposta, il maggiore aveva a sua volta abbozzato un
sorriso e annuendo aveva continuato a domandare, ad interessarsi.
“E dimmi, ce l'hai un'amica speciale?” chiese ancora,
ammiccante.
“No, io... cosa sono adesso queste domande?” Sasuke era
diventato lievemente rosso in viso, imbarazzato e confuso, non
capendo davvero dove Itachi volesse andare a parare.
Quest'ultimo cinse le spalle del più piccolo con un braccio,
avvicinando il suo capo alla propria guancia.
“Fra qualche anno, dopo molto che non ci vedremo, non vorrei
che, pensando a te, non sapessi più come immaginare mio
fratello. Tu sei l'unica cosa che mi permetterà di alzarmi
ogni mattina, di continuare a vivere; quando sarò solo mi
consolerò col pensiero che da qualche parte tu ci sarai
ancora, che vivrai la tua vita serenamente. E se tu mi dai qualche
dritta, saprò come pensarti, Capitano Uchiha.”
Sasuke non comprese a fondo questo discorso, ma capì cosa
Itachi gli stesse chiedendo.
“Sappi allora che io sarò ricordato nella storia della
Foglia come il più grande difensore che il villaggio abbia mai
avuto; io dedicherò la mia vita a proteggerlo, come stai
facendo tu.” Gonfiò il petto d'orgoglio, pronunciando
questo discorso, per poi concludere a bassa voce, guardando di
sottecchi la sua guida con affetto.
Itachi fu ancora una volta sull'orlo del pianto, commosso da quelle
parole infervorate. Mise teneramente una mano sulla testa di Sasuke,
porgendogli l'altra, come per sancire quanto detto con un patto
solenne.
“Sasuke voglio che tu mi faccia ancora due promesse.”
disse, sempre tenendo stretta la mano del fratello, che annuì
con la testa.
“Io fra poco andrò, ma tu per favore rimani qua, dormi
qua per stanotte.” si fermò aspettando che Sasuke gli
desse la sua parola. Questi non sembrava convinto, ma prima che
chiedesse spiegazioni Itachi ripeté “Promettilo”
guardandolo intensamente negli occhi e ottenendo dopo poco un nuovo
cenno d'assenso.
“Secondo: dubita di qualsiasi cosa che ti verrà detta su
di me o che ti verrà da pensare su di me in futuro, per
favore. Prima di credere a ciò che sentirai, ricordati di
questo momento, ricordati di quanto ti ho detto.”
Sasuke si spaventò a queste parole, ma annuì
ugualmente, convinto dallo sguardo quasi implorante di Itachi. In
ogni caso gli sembrava di voler troppo bene al suo fratellone per
poter mai credere a qualcosa di negativo che lo riguardasse.
Itachi sembrò finalmente soddisfatto e, lasciando la stretta
alla mano di Sasuke, lo abbracciò.
Quando, dopo qualche minuto, sciolsero la presa, il maggiore si
allontanò di qualche passo e guardò ancora Sasuke negli
occhi, prima di scomparire nell'oscurità della foresta.
Sasuke, rimasto solo nella radura, lo salutò da lontano e lo
seguì con lo sguardo, per quanto fosse possibile, poi si
accucciò nuovamente accanto al tronco sdraiato e cercò
di dormire.
Non gli riuscì; continuava a chiedersi cosa mai avesse da fare
Itachi e perché non glielo avesse rivelato. Concluse che,
qualunque cosa fosse, lui avrebbe mantenuto le promesse fatte quella
sera, poiché suo fratello era il suo eroe e di lui non gli
sarebbe rimasto altro che i suoi ricordi e le sue promesse.
Note: La citazione all'inizio è tratta dalla canzone Raccontami di te di Marco Masini. Il titolo è tratto da November Rain, Guns 'n' Roses