Roma, Anno del Signore 1504
La
calca
vivace della Città Eterna riecheggiava nei vicoli e nelle
piazzette, contornate
dall’aroma gradevole che si sprigionava dalle bancarelle di
cibo e di fiori,
mentre i bambini si rincorrevano giocosi, nascondendosi tra le botti o
dietro
le gonne delle dame di passaggio.
Una Roma
bella, viva, come non si vedeva da anni, finalmente libera
dall’oppressione dei
Borgia.
In mezzo a
quella confusa folla cittadina, non si udivano i suoi passi, mentre un
gruppo
di cortigiane ancheggiava sensuale, ammiccando e richiamando le
attenzioni di
alcuni possibili clienti. Poi,
all’improvviso, l’impercettibile scattare di una
lama in un vicolo più stretto,
una mano premuta con forza sulla bocca dell’ignara vittima. E
poi un unico colpo
silenzioso, alla gola, seguito da un fiotto di sangue, che
andò ad impregnare
di morte le mani del suo carnefice, ma che schizzò appena la
veste di un
passante, trovatosi per caso nel luogo sbagliato.Seguì un
tonfo sordo, di carne e metallo, mentre il corpo senza vita della
guardia,
cadeva a terra, scomposto, come una bambola di pezza.
Il
disgraziato che era appena passato di lì, percependo quello
strano rumore alle
sue spalle, si voltò, per accertarsi
dell’accaduto. Mai si sarebbe aspettato di
vedere ciò che si presentò al suo sguardo.
Ciò che più
lo colpì fu l’uomo in piedi a poca distanza da
lui. Aveva un abito bianco, con
finiture rosse, chiazzato di sangue sulle maniche, spallacci e corazza
di
pregevole fattura. Un cappuccio oscurava gran parte dei lineamenti,
lasciando
scoperta solamente la bocca, solcata da una lieve cicatrice ed
atteggiata in un
sorrisetto furbo. Intorno all’uomo, uno stuolo di cortigiane
civettuole,
continuava a sorridere e a mostrare le proprie grazie come nulla fosse.
Il
corpo morto della guardia separava l’assassino dal passante,
mentre una pozza
sempre più ampia di sangue si allargava sotto quel corpo
senza vita.
L’incappucciato
prese parola per primo:-Perdonatemi Messere! Non era mia intenzione
imbrattarvi
le vesti!-disse con un sorriso sornione, abbozzando un inchino, che
appariva
quasi una presa in giro, data la situazione.
L’altro
rimase interdetto qualche istante, non riuscendo a staccare lo sguardo
dalla
figura che si stagliava davanti ai suoi occhi.
–Ezio!-esclamò semplicemente,
non appena si fu ripreso dallo spavento e dalla sorpresa.
L’uomo che
era stato appellato come Ezio, sollevò il busto
dall’inchino e alzò il capo in
direzione di colui che l’aveva appena riconosciuto,
permettendo ai suoi occhi di
incatenarsi per qualche istante in quelli del suo interlocutore.
- Leonardo?-chiese
Ezio, meravigliandosi di chi aveva appena incontrato sul suo percorso,
in
maniera decisamente singolare.
-Quanto
tempo, amico mio!-disse allora l’artista, avvicinandosi
all’assassino, non
curandosi assolutamente del cadavere in mezzo a loro e superandolo con
un ampio
passo.
Un abbraccio
fraterno seguì quel saluto, accompagnato da una pacca sulla
spalla da parte di
Ezio.
-Mio Dio!
Ezio Auditore! Un incontro degno del tuo stile!- continuò
Leonardo, felice di
poter rincontrare l’amico dopo diversi mesi.
Leonardo ed
Ezio avevano avuto modo di vedersi assai raramente lì a
Roma, a differenza di
Firenze e Venezia, dove la loro collaborazione era stata ben
più intensa.
Leonardo era venuto a Roma per svolgere alcuni lavori commissionatigli
dai
Borgia e ovviamente i suoi rapporti con gli Assassini erano stati molto
vaghi,
per paura che l’inventore non rimanesse compromesso. Anche
dopo la caduta degli
oppressori si erano però raramente incontrati.
-Non sei più
passato dalla mia bottega!-disse ancora Leonardo, con voce un
po’ risentita, ma
al tempo stesso velata di tristezza.
-Me ne
dispiaccio, amico mio…-rispose Ezio-ma, come avrai notato,
sono stato occupato
a rimuovere l’ultima feccia dalla città. I pochi
sostenitori dei Borgia rimasti
andavano eliminati.-concluse l’assassino, cercando una scusa
per la sua lunga
assenza. –Ma mi farò perdonare…anzi,
per oggi ho terminato gli incarichi…quindi
posso accompagnarti dove desideri.-
Leonardo
annuì, consapevole che i Borgia li avevano a lungo tenuti
distanti. Troppo a
lungo. Solo ora,
osservando i lineamenti visibili attraverso quel cappuccio, si rendeva
conto di
quanto gli fosse mancato il fiorentino. Nonostante fossero passati anni
dalla prima
volta che l’aveva conosciuto, il suo volto di uomo maturo
esprimeva sempre
un’eguale bellezza, così come il suo fisico
altrettanto vigoroso. Sorrise in
direzione di Ezio, per notare come anche le labbra
dell’assassino si fossero
curvate sincere all’insù.
-Allora sei
ufficialmente invitato nella mia nuova bottega, dato che non vi sei
ancora
stato…-
-Con immenso
piacere, amico mio…-disse l’Auditore, per poi
voltarsi verso il gruppetto di
cortigiane che attendeva alle sue spalle.
–Leonardo…lascia che ti presenti le
ragazze della Rosa in Fiore. Sono le ragazze di mia sorella. Sono state
davvero
utili nella lotta contro i Borgia.-
Le ragazze
salutarono il pittore con urletti e moine, facendo arrossire il povero
Leonardo.
-Ragazze…-intervenne
dopo un po’ Ezio –Se volete potete andare. La
missione è conclusa.-disse con un
sorriso.
-Oh…no..Ezio…-dissero
alcune ragazze con tono melenso-prometti che verrai presto a trovarci
alla Rosa
in Fiore! E se vuoi porta anche il tuo amico…-
-Va bene,
ragazze…-rispose Ezio ridacchiando.
Le
cortigiane si allontanarono, non prima, però, di essersi
soffermate ad
accarezzare il petto rivestito d’armatura
dell’assassino, con piccoli e
sensuali gesti della mano.
Leonardo
osservò imbarazzato la scena, con lo sguardo che scendeva
spesso a fissare la
punta dei suoi piedi. Quando le ragazze si furono allontanate,
riportò gli
occhi su Ezio.
-Ti diverti
sempre, eh?- Nella sua voce c’era un misto contrastante di
emozioni, dalla
gelosia al disappunto, alla semplice constatazione.
-Che ci vuoi
fare, Leonardo. Lo sai che non mi piace annoiarmi…-disse il
fiorentino con un
sorrisetto furbo, non cogliendo l’inflessione
dell’inventore.-Ora ci conviene
andar via, prima che qualcun’altro
scopra il cadavere- concluse l’assassino,
iniziando a percorrere la
strada assieme all’artista. Ezio osservò il suo
volto, mentre procedevano nelle
viuzze di Roma. Neppure Leonardo era cambiato molto. Il suo fisico era
ancora
minuto, così come il suo volto, che appariva sempre come
quello di un fanciullo
e gli occhi vivaci, in un insieme di lineamenti eterei, a volte quasi
femminili. Amava la compagnia di Leonardo ed era felice di averlo
ritrovato a
Roma, sebbene in quel modo così singolare.
-Raccontami
di te, Ezio…-disse semplicemente l’altro, mentre
camminavano verso la bottega.
-Che dirti,
amico mio! Ho dovuto lavorare a lungo per liberare questa
città, ma alla fine
direi che ce l’abbiamo fatta. Anche il tuo contributo
è stato prezioso…nel
riparare la mia armatura e nel riuscire ad indicarmi
l’ubicazione delle
macchine belliche dei Borgia. Con quei mostri da guerra in mano,
sarebbero
stati molto più ostici da eliminare…-
asserì convinto. –Ma tu, piuttosto, cosa
hai fatto in tutto questo tempo?-
-A parte
costruire macchine mostruose per i Borgia e studiare la Mela, come ben
saprai, ho
aperto una piccola bottega qui a Roma, da quando ho terminato di
lavorare per
loro …-
-Pensavo che
saresti tornato a Firenze…-
-No…per il
momento resterò qui. Roma è una città
piena di attrattive per un artista come
me…-disse Leonardo. *E poi speravo maledettamente di
vederti…*pensò, senza
tuttavia esprimere la riflessione ad alta voce. Invece, sorrise.
–Non siamo
affatto cambiati io e te, dopotutto…io sempre in giro per
inventare e
dipingere…-
-Ed io
sempre a cercar donne e nemici degli Assassini…-concluse
Ezio con un sorriso,
scatenando la risata sincera di
entrambi.
Era
incredibilmente vero come, a volte, lunghi anni di vita potessero
essere
riassunti in poche parole.
Ezio e
Leonardo continuarono a camminare tra il vociare allegro delle vie
romane, per
almeno un’altra quindicina di minuti: la città era
vasta e la bottega
dell’artista non era proprio vicina al loro punto
d’incontro. Oltretutto,
seguendo il passo tranquillo di Leonardo, l’assassino
impiegò molto
più di quanto ci avrebbe messo da solo.
Sbucarono in
una via tranquilla del centro, ricca di passanti, ma con pochi negozi:
una
strada principalmente residenziale, con bei palazzi.
-Eccoci
arrivati!-esclamò il pittore, conducendo l’amico
verso un portoncino di legno
ben curato.
Spalancò la
porta, facendo cenno ad Ezio di incamminarsi per primo
all’interno del locale.
La bottega
era ampia, con molte finiture in legno e poca tappezzeria alle pareti.
In compenso
l’arredamento era ricco di tutti i più strani
gingilli di cui necessitava un
artista creativo e poliedrico come Leonardo.
Lo sguardo
di Ezio si soffermò in diversi punti, scrutando con
curiosità disegni incompiuti,
tracciati con carboncini, tele ad olio ormai terminate, strani progetti
lasciati a metà, riportati sulla carta pergamena, in un
intrico di calcoli e
linee che agli occhi di Ezio non avevano significato.
-E’ davvero
meraviglioso, amico mio!-esclamò l’assassino
sinceramente colpito-Mi ricorda
tanto la tua bottega di Firenze…-continuò con
tono vago, quasi sognante, mentre
rimembrava la sua città natia, tanto cara anche
all’inventore.
Firenze…dove
si erano conosciuti la prima volta, in quella piccola bottega satura di
ricordi
piacevoli.
-Sì…la mia
bottega fiorentina mi ha decisamente ispirato…sono contento
che ti piaccia…-
Ezio
continuò a girovagare tra i tavoli, osservando piccole
invenzioni di cui
chiedeva spiegazioni all’amico, oltre ad una miriade di
ritratti e disegni, dal
tratto assolutamente perfetto.
L’assassino
non era certo un intenditore d’arte e Leonardo lo sapeva, ma
gli dava comunque
un grande piacere che Ezio osservasse le sue opere. Probabilmente
più del
giudizio positivo di un famoso critico.Sorrideva
felice, mentre rispondeva alle innumerevoli domande che gli venivano
poste, con
quell’entusiasmo sincero e fanciullesco che tanto piaceva ad
Ezio. Mentre
camminavano tra i tavoli, Ezio si soffermò su alcuni disegni
a carboncino,
uniti in una risma scomposta. Li sparpagliò sul tavolo,
osservando rapito
ritratti perfetti di dame e signori del tempo.
Ma, tra
quelli, due disegni lo colpirono
particolarmente…perché ritraevano lui.Uno
rappresentava l’assassino seduto su una panchina. Le braccia
appoggiate sulle
ginocchia, il volto semi-coperto dal cappuccio, lasciava intravedere
una
barbetta scura. L’altro disegno, ancor più bello,
a suo vedere, era un primo
piano. Il volto leggermente ruotato di profilo, il cappuccio
più sollevato, che
lasciava intravedere l’intero viso. Gli occhi erano carichi
di mille sentimenti:
talmente profondi e reali, che era difficile per Ezio comprendere tutte
le
emozioni che trasmettevano. Si chiese come lui stesso potesse essere
tanto
espressivo. Rimase in
silenzio, mentre li osservava rapito, senza riuscire a dire una sola
parola.
Leonardo,
appena distante, non si era accorto subito che Ezio aveva scovato i
suoi
ritratti.
-Oh…quelli
devo ancora fin…- Si interruppe quando notò che
l’assassino aveva in mano proprio
quei disegni.
Abbassò lo
sguardo, mentre le sue guance si coloravano di porpora.
–Quelli…quelli…non
dovevi vederli…-disse con un filo di voce.
-Sono
bellissimi…-disse semplicemente Ezio, non curandosi
dell’imbarazzo dell’amico,
avvicinandosi a lui.-Quando li hai disegnati?-
Leonardo
rialzò appena lo sguardo, ancora imbarazzato.
–Dopo averti rivisto per la prima
volta qui a Roma…mi…mi…hai
ispirato…-
Ezio sorrise
semplicemente, nel vedere quanto la situazione creasse
disagio nel pittore. Ma era un sorriso
sincero, che lo invitava a proseguire, non certo un sorrisetto di
scherno.
-Anche se
non ero del tutto soddisfatto del lavoro svolto, dato che ho dovuto
dipingere a
memoria, senza il soggetto davanti…-disse il pittore
spiegando le sue
preoccupazioni.
-Non avresti
nulla da aggiungere, davvero…anzi, mi hai ritratto in un
modo perfetto, profondo,
come io stesso non immaginavo di essere…-disse Ezio con un
tono di voce diverso,
quasi ispirato.
-Sono
convinto che se potessi ritrarti dal vivo, potrei fare molto, molto di
più…-disse Leonardo, con un velo di rossore sulle
gote. –Perché tu sei molto
più di così, Ezio Auditore…-concluse,
sussurrando il suo nome. Abbassò lo
sguardo, mentre Ezio si avvicinava a lui, tanto da colmare il poco
spazio che
separava i due corpi. Con il pollice e l’indice della destra,
sollevò il mento
abbassato dell’artista, per portare i suoi occhi
d’onice, profondi, sensuali,
ad incatenarsi in quelli cerulei, vivi ed imbarazzati di Leonardo.
Rimasero
così per alcuni istanti, infinitamente persi l’uno
nello sguardo dell’altro, in
quegli istanti in cui il tempo sembra fermarsi e il cuore smette di
battere,
mentre i polmoni trattengono convulsamente il fiato, in attesa. Da
quanto tempo
non erano così…soli, vicini…
Probabilmente
erano passati anni, in cui Ezio aveva combattuto, pur senza farsi
mancare i
piaceri della carne, mentre Leonardo, tra un progetto e
l’altro, lo aveva
aspettato, con dolore e sofferenza. Ed ora che erano lì, uno
di fronte
all’altro, l’artista non sapeva come reagire,
paralizzato da quella mano
gentile che lo tratteneva per il mento.
Poi fu un
attimo.
Le labbra di
Ezio si premettero decise su quelle del pittore, mozzandogli il fiato.
Leonardo, ripresosi dopo qualche istante dall’inaspettato
contatto, rispose a
quel bacio troppo a lungo atteso. Ezio spinse
quell’esile corpo contro il muro poco distante, mentre con la
sua lingua
cercava un anfratto per superare la barriera dei denti. Leonardo non
attese
oltre, schiudendo con passionalità la sua bocca, per
permettere alla sua lingua
di incontrare con foga quella del fiorentino. Ezio
premette il suo corpo ancor più contro quello di Leonardo,
facendo intendere al
compagno la sua intenzione di voler proseguire oltre, di non fermarsi a
quel
semplice bacio.
Leonardo
poteva sentire la virilità intensa di Ezio crescere contro i
suoi pantaloni, in
un modo che gli procurò una certa soddisfazione. Eppure, in
quell’istante, non riuscì a non pensare a tutte le
persone che avevano gioito
con quel corpo statuario. Persino quelle puttane da quattro soldi
avevano
condiviso quel corpo. Corpo che Leonardo avrebbe voluto avere per
sé, ogni
giorno della sua vita. Un corpo che solo lui voleva ammirare e
dipingere in
tutta la sua perfetta voluttuosità. Ed invece da sempre lo
aveva diviso con
stuoli di donne dei più disparati ceti sociali, dalla nobile
dama, alla
prostituta senza famiglia.
-Io…io…non
posso, Ezio…-disse con un filo di voce, cercando di
allontanare l’assassino dal
suo corpo, prima che il desiderio della carne si facesse
così intenso da
sopprimere la ragione.
Ezio si
bloccò stupito, guardando la sofferenza dipinta sul volto
dell’amico.
-Cosa c’è
che non va?- chiese. –Non ti ricordi come si
fa?-domandò per sdrammatizzare.
-No…Ezio…non
è per quello…-disse abbozzando un sorriso
amaro.-Ho saputo che hai avuto molte
amanti…si vociferava anche Caterina Sforza, tra i
Borgia…-
-Sì…un’amante
come tante…-rispose Ezio- Ma non vedo come questo possa
interessarti,
soprattutto in questo momento! Sei…sei geloso, Leonardo?-
-Sono stanco
di condividerti con gli altri…-disse Leonardo
a bassa voce. Ecco, finalmente era riuscito a dirlo.
-Non avrai
pensato che ti avrei aspettato per tutti questi anni?-chiese il
fiorentino
senza tanti giri di parole.
-Lo so…che
sei uno spirito libero, Ezio…e che non posso certo tarparti
le ali…d’altronde,
se non hai ancora preso moglie un motivo ci sarà…-
-Non avrei
saputo descrivermi meglio di quanto tu abbia fatto in questo momento,
Leonardo…ancora non ho trovato la donna perfetta per
diventare la mia compagna,
ma probabilmente quando accadrà, smetterò di
essere così libertino…forse…-disse
con un sorriso furbo.
Leonardo
avrebbe voluto urlare di no, che non avrebbe mai accettato che si
sposasse, che
lo abbandonasse per sempre.
Eppure
sapeva che in quella società Ezio avrebbe dovuto farsi una
famiglia, una
discendenza e non certo cadere vittima di un amore omosessuale, che
avrebbe
rovinato per sempre la sua reputazione. Era giusto
così, forse…e fingere. Fingere che andasse tutto
bene, pur di celare agli occhi
della gente quell’amore impossibile e peccaminoso.
-Spero che
non le racconterai di noi…-disse il pittore, fingendo un
tono scherzoso.
-Nessuno ha
mai saputo di noi e mai nessuno lo saprà. Hai una vaga idea
di cosa penserebbe
la gente? Probabilmente finiremmo al patibolo prima ancora di
accorgercene…-disse Ezio, con un sorrisetto, quasi volesse
sdrammatizzare anche
lui quella dolorosa verità.
Leonardo si
era per lungo tempo tormentato con quegli stessi pensieri, crucciato di
non
poter amare libero, alla luce del sole, ma solo nascosto nelle ombre di
quello
che appariva solamente un peccato. Abbassò gli occhi,
rimanendo in silenzio a lungo, attimi in cui l’assassino
osservava con affetto
l’inventore, chiuso nel suo dolore.
-Hai mai
amato, Ezio?-chiese improvvisamente in un sussurro.
L’altro
rimase per qualche istante palesemente spiazzato dalla
domanda.-Sì…ma ora lei
non è più qui tra noi…-disse con la
voce velata dalla tristezza.-E tu,
Leonardo?-
L’artista
capì perfettamente che Ezio si riferiva a Cristina Vespucci.
A Venezia lui
stesso aveva suggerito all’assassino come incontrarla,
sebbene ciò gli avesse
causato dolore e gelosia. Ma avrebbe fatto questo ed altro pur di veder
sorridere il suo Ezio.
Rispose alla
domanda del fiorentino:-Sì.-disse semplicemente. Non
c’era bisogno che dicesse
ad alta voce di chi si trattava.
Riprese a
parlare dopo nuovo, molto silenzio.-Mi stupisce sempre come ci sia uno
stuolo
di giovani ragazze, che sarebbero pronte a fare carte false pur di
sposarti e
tu…non te ne curi…-disse scuotendo la testa,
riportando la discussione su toni
più leggeri.
-La maggior
parte si sono allontanate quando scoprivano chi ero in
realtà…oppure mi usavano
solamente per le loro vendette…oppure per altre era
solamente sesso…nessuno mi
è mai stato davvero vicino e fedele, in tutti questi
anni…- Fece una pausa,
lunga, intensa. –A parte te…-
Era vero.
L’unico che l’aveva davvero aiutato, sostenuto e
amato, l’unico che gli era
rimasto fedele fino all’ultimo, che aveva rischiato la vita
per la sua causa,
che gli aveva donato tutto se stesso…era in quella stanza.
-Forse è per
quello che non trovo una compagna adatta a
me…-continuò a parlare l’assassino,
mentre Leonardo era ammutolito dallo stupore di quelle parole
–perché, forse,
non è una donna…- Ezio,
sollevò una mano, per passarla con delicatezza su una
guancia di Leonardo.
Gli occhi
dell’artista si velarono di lacrime, mentre si inchiodavano a
fissare il volto
intenso e sensuale dell’assassino. Non riusciva a pronunciare
nessuna parola. Sentiva il
cuore scoppiargli nel petto e gli occhi sembravano non riuscire
più a contenere
quelle lacrime, colme di gioia e dolore al tempo stesso.
-Oh…Ezio…io…-disse
con un sussurro, mentre una lacrima solcava la sua guancia.
Ezio gliela asciugò
con il dorso della mano:-Shh…non devi dire
nulla…- Si avvicinò
nuovamente, facendo aderire il suo corpo ben allenato a quello minuto
dell’artista, mentre le sue labbra si poggiavano
un’altra volta su
quelle di Leonardo, con passione. Il tempo li
aveva finalmente riuniti, in un modo assolutamente inaspettato, ma
sublime
nella sua perfezione. I baci tra i
due divennero a poco a poco sempre più intensi, mentre le
lingue si saggiavano
impazienti, in un intrico selvaggio e peccaminoso.
Il desiderio
cominciava a farsi sentire di nuovo prepotente tra i due, mentre le
stoffe dei
pantaloni iniziavano a gonfiarsi, l’una a contatto con
l’altra, mentre i due
amanti si stringevano in un abbraccio intriso di passione. Leonardo
questa volta non si sottrasse a quella prorompente brama carnale, anzi,
si
lasciò scivolare lentamente in quelle spire, sotto il tocco
del sapiente del
suo compagno, donando tutto se stesso, fino all’anima, mentre
si lasciava
possedere senza pudore.
-Hai mai
amato, Ezio?-chiese nuovamente Leonardo.
-Sì…-rispose
questa volta l’assassino, con semplicità.
Il pittore non
ricordava neppure più da
quanto tempo
non stava così bene, non si sentiva così libero.
Tra le
braccia di Ezio, la sua vita, riusciva in pochi istanti a prendere una
piega
meravigliosa.
Finalmente, andava
tutto bene.