I personaggi presenti in questa storia non mi appartengono. Essa è stata creata esclusivamente per piacere personale e non a scopo di lucro.
Eccomi alle prese con la mia
prima storia! Abbiate molta pietà di me, ce la sto mettendo
tutta per non creare uno schifo assoluto... Spero che a qualcuno possa
piacere leggerla, così come sta piacendo a me scriverla! Se
avete voglia di dirmi che ne pensate, sono aperta a qualsiasi tipo di
consiglio, anzi, mi fate un regalo se mi criticate... Un
abbraccio.
Snowfeather
My Home Rooms
Introduzione
La
sua stanza era sempre stata il luogo che più rispecchiava la
sua idea di
calore, pace, sicurezza… intimità.
Il
ritorno a casa dopo una convivenza all’estero con un ragazzo
che pensava di
amare, ma che si era rivelato l’ennesimo fallimento dei suoi
(alquanto scarsi,
a dire il vero…) esperimenti d’amore, aveva
confermato ancora una volta
l’affetto e l’attaccamento che Merlin provava per
quelle quattro mura, per quel sottotetto in legno e mattoni.
La
prima volta che aveva provato a fumare, istigato da due compagne di
liceo a cui
dava ripetizioni di matematica, desiderose solamente di prenderlo in
giro per
il suo candore imbarazzante, era vicino
E più ancora della certezza di ritrovare a fargli come
sempre compagnia la piana della città infranta contro le
pendici dei colli incontaminati, sapeva di poter ritrovare l'odore che
più di tutti amava solamente appoggiando il naso e la bocca
contro il legno del controtelaio: profumo di legno umido, di caminetto
acceso in una giornata di Dicembre, di sottobosco muschiato e ricco di
vita rigogliosa. Non ne aveva mai abbastanza, di quel
profumo...
A volte, specialmente nei momenti più acuti di malinconia,
passava le ore a guardare la sua città e le sue colline da
quella finestra, non stancandosi mai di inspirare l'odore che
più lo faceva appartenere a quel luogo.
Quando
aveva scoperto di essere stato ammesso alla facoltà di
architettura, il sogno
segreto di tutta una vita, era seduto con le gambe magre rannicchiate
sulla
poltroncina nera dell’Ikea comprata in saldo: aveva
ringraziato educatamente la
segretaria dell’ufficio immatricolazioni, riagganciato la
conversazione,
appoggiato il cordless sul tavolo in legno di ciliegio di fronte a
sé, chiuso
gli occhi e lasciato cadere una singola, umida lacrima carica di gioia.
Come un
memo silenzioso di tutta la fatica fatta per cercare di realizzare
quell’aspirazione, quella singola goccia della sua anima
riluceva sulla guancia
infiammata di felicità e gli aveva fatto realizzare
improvvisamente che ce
l’aveva fatta.
Era
lì che aveva gioito per i successi, pianto per le delusioni,
sperato in un
futuro più luminoso per la sua bella Camelot, nazione ormai
sconquassata e
ridotta a zimbello mondiale da una manica di politici corrotti e
concentrati
solamente sui propri interessi personali.
Ed
era lì che aveva conosciuto Arthur.
Il
suo Arthur…
Dio,
quanto gli mancava Arthur.
Non
avrebbe mai smesso di pensare il suo nome, tanto era dolce e amaro allo
stesso
tempo nei suoi pensieri… Arthur…
Arthur…
Arthur
Da
quasi 8 anni ormai non aveva notizie di lui.