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Autore: alicerovai    16/01/2012    3 recensioni
Se avete letto l'ultima, bellissima storia di Don Rosa, questa one-shot fa per voi! Se non vi piace, potrete dire di aver perso 10 minuti della vostra vita, ma potrete sopravvivere. Ad ogni modo, cercate di perderne altri due per recensire sia in male che in bene xD Buona lettura!
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Doretta camminava, incespicava e piangeva.

Non avrebbe mai creduto di poter piangere così, sinceramente, per una cosa così futile come l'amore.

Lei era la stella del polo, la regina dei ghiacci di Dawson, la fiamma fredda dello Yukon, lei non doveva piangere, lei doveva essere immobile e gelida, così il suo ruolo le imponeva.

Aveva sedotto molti uomini per poi derubarli! Non li aveva mai amati; li aveva usati per poi lasciarli fuori dalla Bolla d'Oro, al freddo, nella neve, senza più niente in tasca.

Lei era Doretta Doremi, e questo non sarebbe mai dovuto cambiare, mai.

La ragazza si asciugò l'ennesima lacrima, quando si rese conto di essere arrivata alla fine della Valle dell'Agonia Bianca, dove iniziava la grotta del mammut.

Si fermò, con i pugni chiusi e lo sguardo basso: non riusciva a smettere di piangere.

Sembro... sembro una banale donnetta che sta piangendo, come se non sapesse fare altro!

Dentro di lei regnava il vuoto assoluto, circondato da un dolore quasi fisico.

Come era iniziato tutto questo? Doretta ricordò la prima volta che aveva visto Paperone, quando ancora il suo Saloon non era che un edificio diroccato nel nulla. Lo aveva visto, l'aveva incuriosita la sua aria dura e solitaria, così lo aveva chiamato a bere qualcosa. Ma Paperone quasi non l'aveva guardata, e aveva brontolato: i pasti sono per i rammolliti!

Doretta era rimasta colpita dal suo carattere, ma non si era fatti mettere i piedi sulla testa. Aveva continuato a guardarlo andare via, pensando.

Col passare del tempo, Doretta scoprì che il suo nome era Paperon de' Paperoni e si cominciarono a sentire strane voci sul suo riguardo. Si diceva che stava trovando tantissimo oro, nella sua concessione della Valle dell'Agonia Bianca. Doretta ci aveva creduto si e no.

Poi, un giorno, lo vide entrare nel suo Saloon, andare al balcone e, dopo essere stato preso in giro dal barista, tirar fuori dalla tasca un'enorme pepita d'oro, e Doretta di così grandi non ne aveva mai viste.

Fece un balzo e afferrò la pepita, sotto gli occhi di tutto il Saloon e di Paperone.

Ricordò i suoi pensieri, quando aveva nelle mani quel “magnifico gioiello”. Per astuzia, decise di portare con sé Paperone a bere un caffé -drogato, ovviamente. L'avrebbe bevuto: Doretta sapeva bene di poter incantare quel cercatore, non le era nuovo il tipo, o almeno, così credeva.

In effetti, Paperone bevve il caffé, e fu poi abbandonato nella neve fuori da Dawson.

Ma, il giorno dopo, con somma sorpresa di Doretta, lui era rientrato nel Saloon e aveva messo KO tutti gli scagnozzi di Doretta, che, allibita, si era rintanata sulle scale.

Aveva avuto paura di Paperone in quel momento; e quando lui le chiese di riavere la pepita, lei glielo lanciò con forza in volto, facendogli un bernoccolo.

A quel punto, dopo averle fatto pagare tutto, lui la rapì, portandola con sé alla concessione.

Quanto, quanto lo aveva odiato in quel momento! Come osava, quel sudicio cercatore averla solo toccata? Come aveva osato, trascinarla con sé e farle fare i lavori forzati?

 

Ma, col tempo, Doretta si era resa conto di amarlo. Ogni giorno che passava, si era resa conto che lo aveva sempre amato, fin dal primo giorno. Era un rapporto di amore-odio, perché entrambi erano così cinici e carogne, che non potevano ammettere di essersi rammolliti.

Lo aveva baciato, distraendolo, e non per fare un piacere a quei tre imbranati che la volevano salvare, ma perché era tempo che lo voleva fare, anche se non lo aveva mai pensato. Paperone era rimasto scioccato come lei, e per fortuna gli avevano dato un colpo alla testa.

Chissà, cosa si sarebbero detti, se non lo avessero colpito.

A quel punto, Doretta doveva tornare a Dawson, finalmente libera: si era presa la cassaforte con la proprietà della concessione e la pepita d'oro, che ambiva da troppo tempo. Ma aveva visto un altro documento, qualcosa che Paperone tutte le sere guardava sorridendo e sospirando, e lei era più curiosa che mai di averlo fra le mani, visto che doveva essere così prezioso. Lo aveva riconosciuto, aperto e...

Era il suo ciuffo di capelli. Quello che le era andato via quando lui l'aveva salvata dall'orso, tagliandoglielo con quel coltello lanciato da dieci metri a mira perfetta. Non lo aveva buttato via ma anzi, ci sospirava sopra.

E fu allora che capì che non poteva lasciarlo in alcun modo. Di nascosto tornò alla capanna, e gli preparò la colazione.

Non avrebbe ricordato nulla, nemmeno del bacio, ma lei era lì per rimediare a questo.

Quando lui si svegliò, rimase sorpreso di vederla lì, bella e elegante, con voce suadente. E rimase ancora più sorpreso di vedere una colazione vera e propria.

Ma lui la accusò, quando vide il caffé versato nel suo bicchiere, perché pensò subito che fosse drogato. Lo gettò a terra, le si rivolse contro, urlando.

Doretta non ne poteva più. Quel cafone non aveva capito nulla: adesso basta, pensò.

Gli ribatté urlando di tutto di più, dicendo “razza di puzzolone rognoso, pulcioso, stupido, ingrato, bello, coraggioso, fannullone!!! È ora che ti mostri cosa penso di te!!!”: lo baciò e gli tirò un pugno. La lotta continuò e continuò, fino a quando entrambi si resero conto che si amavano e si volevano, e smisero, assaporando il loro amore.

 

 

Adesso Doretta piangeva, piangeva perché era sola e perché lui l'aveva mandata via, dopo che avevano passato un pomeriggio intero nella capanna, il pomeriggio più bello della sua vita.

Doretta non si vergognava, non si poteva vergognare di aver amato e desiderato, lei piangeva, piangeva tanto, ma non sarebbe finita lì.

Si sarebbero rivisti, eccome, e lui non l'avrebbe più potuta lasciare, no, mai più.

 

Lei era Doretta Doremi; lei non si arrendeva mai.

 

 

 

 

 

Angolo di Spheater!

 

Ok, non è niente, niente di niente. È un pezzo mancante della bellissima storia di Don Rosa “La prigioniera del Fosso dell'Agonia Bianca”, ma, se non l'avete letta, capirete fino a un certo punto. Non so che mi sia preso, ma avevo voglia di scrivere qualcosa di breve, molto breve. Mi spiace di avervi fatto perdere 10 minuti della vostra vita xD

 

Con affetto,

 

Spheater

  
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