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Autore: Lisbeth17    18/01/2012    2 recensioni
Questa FF non è una L&O, il protagonista è il mio personaggio preferito, Orlando uno sguardo attreverso i suoi pensieri e la sua vita.
E se incontrasse qualcuno mentre aspetta Lucia?
Cosa comporterebbe questo al Ris?
Lucia e Ghiro come potrebbero reagire?
C'è un nuovo personaggio che animerà decisamente tutte le loro vite.
Genere: Erotico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono (tranne quelli da me inventati). R.I.S. Roma Delitti Imperfetti appartiene alla Taodue. Questa storia non è a scopo di lucro.


[Orlando]

Sono a Roma ormai da un anno, e al Ris da mesi.
Mesi splendidi se ci ripenso.

Ho trovato un amico, Daniele, è un ragazzo speciale, la sua sensibilità è unica.
Mi ha accolto in casa sua senza nemmeno conoscermi e mi ha regalato da subito una fiducia speciale;
l’ho visto soffrire alla morte di Flavia, di quella sofferenza senza lacrime, sono rimasto accanto a lui pronto per quando sarebbe stato pronto a sfogarsi, l’ho sentito arrabbiarsi e urlare
per poi ..capire
per poi ..sfogarsi.

Quando ha scoperto che il suo migliore amico di gioventù era un criminale, l’ho visto perdere qualche anno.
Si sentiva tremendamente responsabile, per la morte di Flavia, per la vita criminale di Stinco e non solo, per troppe cose.
Quando Selvaggia è entrata nella sua vita mi sono sentito sollevato, con lei era di nuovo felice, vivo.
L’ho visto cadere ancora e ancora, si è sentito usato da Selvaggia ed ha temuto per la sua vita, ora lei è ancora a Londra per cercare di capire che cosa fare della sua vita.

Poi c’è lei, Lucia, la mia Lucia.

Il nostro inizio è stato burrascoso, dire che non mi sopportava è un simpatico eufemismo, non mi voleva nella squadra, tantomeno nella sua vita.
Rimasi immediatamente colpito dalla bellezza e dalla forza che dimostrava, me ne sono innamorato, giorno per giorno, ogni cosa che scoprivo in più su di lei, mi faceva morire dalla voglia di starle accanto.
Volevo strapparle il suo dolore, era nella sua voce e nei suoi occhi e troppe volte anche nel modo di condurre le indagini.
Conquistai la sua stima prima da un punto di vista professionale, e poi grazie a quel porco di Samuele Dettori, credo che abbia cominciato a pensare a me in maniera diversa.
Era braccata e sola, non sapevo come aiutarla le indagini condotte da noi non ci avevano portato a niente, ce ne misi per convincerla a chiedere aiuto alla squadra, ma lei ci era riuscita, mi aveva guardato prima di dire che era lei quella vittima di stalking, le sorrisi dolcemente cercando di donarle tutta la forza di cui aveva bisogno, ero li per lei e non era più sola.
Quando la trovai legata su quel letto con quella bestia sopra di lei, avrei voluto volentieri sparargli, l’accolsi tra le mie braccia era in quel momento così indifesa e fragile, si aggrappò a me per cercare pace, la sentii tornare a respirare normalmente li, stretta tra le mie braccia.

Io ero già innamorato perso di lei,
lei mi stava lentamente aprendo il suo cuore.

Quando mi sveglia in quel letto di ospedale, non so perché ma sapevo che lei c’era, mi ricordo che mi teneva la mano, quando quel medico cercava urgentemente una barella, credevo che dicesse resta con me, mi svegliai solo per non disattendere le sue aspettative, per non saperla di nuovo solo e ferita.
La sua mano tra la mia, non mi ero mai sentito meglio, quando me lo chiese le dissi solo la verità, non era per fare colpo, ero al settimo cielo.
Quando ormai stavo meglio, l’avevo portata alla pista di pattinaggio, lei voleva andarci, me l’aveva detto quella sera che le chiesi di uscire, quando mi guardò e il suo cuore urlò ‘Siii’ per poi scappare di nuovo in macchina, non era pronta ancora.
Quello pista di pattinaggio vide il nostro prima bacio, era così bella con quel cappotto rosso mentre mi girava intorno, perché diciamocelo io non sono proprio un granché come pattinatore, a stento resto in piedi, lei era bellissima, scivolava leggera sulle lame, quando si avvicinò a me mi strinsi a lei per non cadere a la vidi cercare le mie labbra, le mie labbra si aprirono in un sorriso per poi avvicinarsi piano a lei, sfiorai le sue labbra, fui scosso da un tremito, ma non ero solo in quel bacio e cercai i suoi occhi per chiedere il permesso di farlo di nuovo, trovai le sue labbra di nuovo sulle mie che mi cercavano dolci, che mi cercavano felici.

Era tutto perfetto.

Poi il Lupo è tornato, noi abbiamo litigato per giorni, poi lei ha deciso.

Ricordo quella conversazione, sotto casa sua.
Non mi guardava, mi dava le spalle mentre diceva:
“Basta è finita, è stata solo una bella parentesi ma io non voglio stare con te, poi sei un mio sottoposto e non voglio incasinarmi la carriera. E’ stato bello, ma non vale la pena andare avanti così. Ti farò trasferire..”
Mentiva e lo sapevo bene, ma sapevo altrettanto bene, che per il momento non sarei riuscito a farle cambiare idea, mi arresi alle sue scelte, non senza ottenere qualche cosa anche io, ricordo che le dissi
“Pensa anche alla mia di carriera, un nuovo trasferimento adesso mi rovinerebbe. Fammi restare a Roma e ti giuro che mi vedrai solo in ufficio, il meno possibile.”
La vide esitare, sapeva che era una follia mandarmi via, lei temeva che Mario facesse a me quello che Lily fece ad Alex, voleva trasferirmi per non dovermi vedere tutti i giorni, per non soffrire, per quella scelta sbagliata che sapeva che stava facendo, ma questo non glielo avrei concesso, alla fine mi disse
“Va bene, per ora, ma non farmene pentire.”

Avevo detto a Ghiro che sarebbe successo.

Tornai a casa, mi stava aspettando.
“Allora?”
Persi un lungo respiro prima di rispondergli
“E’ finita ma almeno ho ottenuto di non essere trasferito per il momento.”
“E’ troppo testarda e stupida quando fa così, mi dispiace amico mio.”
“Sono ancora qui e quando quel bastardo sarà al suo posto me la riprenderò, ora è nelle tue mani.”
“Non ti preoccupare.”
Andai in camera mia e piansi per il mio amore finito, mi piaceva pensarlo come addormentato, come una Biancaneve dentro una teca in attesa che un bacio potesse risvegliarlo,
la vita è strana pensavo, la vita non è poi così giusta.

[Lucia]

E’ di nuovo notte e sono ancora qui nel mio letto, sola.

Mi viene da piangere, ho paura, eppure era quello che volevo, che lui non corresse alcun pericolo a causa mia, ma la notte mi mancava da morire.
Troppe poche notti abbiamo passato insieme, ma la nostra passione era forte e travolgente, adoravo svegliarmi nuda tra le sue braccia.
Basta Lucia, questi pensieri non ti fanno dormire, ne possono lenire questa solitudine che hai scelto.
Ho acconsentito a non mandarlo via solo perché in fondo mi stava bene, volevo vederlo e saperlo al sicuro e poi la prospettiva di incrinare ulteriormente la sua carriera non mi piaceva proprio.
Ma era difficile, non lavoravamo a stretto contatto, spesso sentivo il suo sguardo su di me, ma quando alzavo la testa, lui si era già voltato.
Se avessimo arrestato il Lupo, forse avrei potuto provare a riconquistarlo.

[Orlando]

Non ero esattamente la persona più felice del mondo, non sapevo ancora che quella giornata avrebbe potuto rappresentato una svolta nella mia vita.

Erano passati tre mesi e di Pugliese non c’era traccia, Lucia sembrava tornata nel suo oblio di solitudine e disperazione, non potevo avvicinarmi, non potevo stringerla, dovevo anche stare attento a non farmi trovare troppo a fissarla, teneva il foglio del mio trasferimento sulla scrivania come una minaccia silenziosa.

Non amavo mentire ma questo non significa che non sapessi farlo, diventai il più solerte dei suoi uomini, senza essere mai nulla di più di un suo collaboratore.

Ero alla mia scrivania quando la sentii avvicinarsi, erano le dieci di sera ed eravamo quasi tutti ancora al Ris.
“Orlando abbiamo bisogno di te in sala interrogatori, abbiamo fermato una ragazza per l’omicidio di quell’industriale..”
“Credete che sia stata lei?”
“Sappiamo solo che lavora come accompagnatrice in un circolo privato e lui era un suo cliente affezionato, ma sembra una statua di ghiaccio..”
“La vuoi sottoporre alla macchina della verità?”
“Non ancora, vorrei che le parlassi tu..”

Mi alzai e la segui dentro la sala interrogatori.

Era in piedi dando le spalle alla porta, dalla postura sembrava tesa, si voltò verso di noi quando sentì la porta aprirsi, era avvolta in un tubino nero, che metteva in risalto ogni curva del suo corpo, indossava delle scarpe alte i capelli le cadevano lungo le spalle scuri e lisci a contrastare quella pelle lattea,aveva le gote leggermente arrossate e due splendidi occhi verdi messi in risalto da una linea nera sottile, le labbra colorate da un rossetto provocante.
Tornò verso il tavolo quando noi chiudemmo la porta, camminava decisa le sue gambe erano affusolate e tornite, non era tesa sembrava solo stufa di quella situazione.
Le porsi la mano
“Piacere, tenente Orlando Serra”
Sembrava sorpresa, i miei colleghi non dovevano essere stati troppo cortesi con lei.
“Miriam”
“Non credo proprio.” Le risposi secco sorridendole
Si aprì in un sorriso sincero “Piacere Simona Petri”Disse stringendomi la mano.
Le feci cenno di accomodarsi, le scostai leggermente la sedia e si sedette con infinita grazia, sentivo lo sguardo di Lucia su di me, nemmeno a farle dire il nome erano riusciti.
Quando fui seduto anche io mi disse “Miriam è il mio nome d’arte.”
“Immaginavo.” Le risposi semplicemente.
“Sono stufa di essere trattenuta qui. Vorrei tornare a casa o chiarire la mia posizione..”
“Dovremmo parlare dell’ingegner Testa.”
La vidi fare una smorfia di disgusto appena impercettibile quando feci quel nome, Lucia aggiunse.
“Sappiamo che era un suo cliente..”
Guardandola gelida lei le rispose ”E’ un cliente del locale dove lavoro, non un mio cliente, non sono una prostituta altrimenti sarei qui per adescamento, faccio compagnia alle persone che non amano bere da sole che vengono nel nostro locale, è il proprietario o il direttore di sala che ci indirizza.”
“Sappiamo che possono però esprimere una loro preferenza e lui sceglieva spesso lei.” Le dissi io.
“Sono cose che succedono, era solo un porco.”
Disse lei con impeto, e Lucia la incalzò
“L’ha ucciso lei?”
Lei fece un espressione sollevata, sembrava sollevata alla notizia che fosse morto.
”No, ma non mi dispiace, anzi mi fa molto piacere.”
Lucia cercava il mio sguardo incredula, cercando di capire se quella fosse una confessione, io ero fermo a catturare da quegli occhi verdi tutta la soddisfazione di quella dipartita.
Lucia mi chiamò.
“Tenente..”
Lei mi fissò ancora per poi chiedere “Posso sapere quando e come, magari posso chiarire la mia posizione.”
Presi il fascicolo per cercare di risponderle ”Questa mattina è stato trovato nel garage del suo palazzo, sembra manchi da ieri sera. E’ stato colpito alle testa diverse volte con un masso probabilmente e poi si sono accaniti anche su altri parti del corpo.”
Lei sembrava stupita “Io ieri sono uscita dal locale all’una, come sempre ma sono tornata direttamente a casa e poi Testa non è stato il mio ultimo cliente, anzi è andato via piuttosto presto.”
“C’è qualcuno che può confermarcelo?”
La incalzò Lucia
La vidi abbassare la testa, qualcuno c’era e non voleva parlarne, sentii l’istinto di aiutarla.
“Ma la morte viene collocata a questa mattina, presto,tra le 6 e le 8.”
Tirò un sospiro di sollievo e disse. “Alle 5 e 30 attacco a lavorare al bar”
“Verificheremo” Disse Lucia gelida.
“Posso andarmene, dovrei davvero tornare a casa.”
Sembrava preoccupata quando vide l’orologio, guardai verso Lucia e annuì leggermente la testa.
“Ci lasci un suo recapito.” Disse Lucia “Poi può andare.”
Lei tirò fuori un foglio e una penna dalla borsa e scrisse il suoi numero di telefono e l’indirizzo.
Mi alzai quando lei stava per alzarsi.
“Ci scusi per il disturbo.” Le porsi la mano sorridendole.
“Non si preoccupi, spero di esservi stata utile.” Disse lei sembrava così piccola e fragile in quel momento, non era molto abituata ad essere trattata con rispetto, visto quanto sembrava stupita quando gliene si mostrava.
La accompagnai alla porta lei si infilò il cappottino che aveva e uscì, Lucia chiuse la porta alle sue spalle.
“Allora che pensi?”
Tornai a guardarla per la prima volta “Che poco persone la trattano con rispetto..”
Lucia sembrava infastidita “E’ stata lei? Lo detestava mi sembra..”
“Moltissimo, ma non penso sia lei, era sollevata e sorpresa quando le abbiamo detto che era morto.”
“Se lo dici tu..” Mi rispose lei interdetta “Domani verificheremo il suo alibi.. Ma in quale bar lavora non ce l’ha detto…”
Aprii la porta prima di dire “Vedo di raggiungerla e glielo chiedo ”
Non capii cosa mi disse ero già alla porta.

La vidi dava le spalle alla porta, ed era al telefono, sembrava in attesa.
“Mi scusi signorina Petri..” Lei si voltò verso di me, spostando leggermente il telefono, e mi disse solo
“Mi chiami Simona, mi dia del tu..”
“Simona, in quale bar lavori?”
“Quattro mattine a settimana il bar dell’ospedale Bambin Gesù.” Disse prima di parlare all’apparecchio.
“Buonasera, avrei bisogno di un taxi alla caserma Salvo d’Acquisto..”
Silenzio
“Venti minuti? Grazie, aspetto.” E attaccò il telefono.
“Devi aspettare?”
“Si, ma è normale la sera, posso fare altro per lei Tenente?” Mi stava forse provocando.
Le porsi di nuovo la mano “Orlando chiamami Orlando e dammi del tu..”
Ricambiò la stretta regalandomi un sorriso sincero, semplice.
“Non sapevamo solo in quale bar lavorassi.”
“Questa mattina ero al bar che vi ho indicato tecnicamente lavoro in altri 2 bar..”
“Sei instancabile..”
“E’ necessario che io lo sia..” Sembrava stanca quando lo diceva, come se il peso di tutto quel lavoro le crollasse addosso in quel momento.
“Posso farti una domanda indiscreta?”
“Va bene.. Se voglio però non ti rispondo..”
Fu inevitabile non sorridere a quelle iridi, curiose e spaventate, sembrava così donna quando voleva, in ogni suo movimento emanava sensualità e in un attimo sembrava una ragazzina innocente, con un rossetto troppo forte.
“Quanti anni hai?”
“E tu?” chiese lei di rimando
“30” Risposi senza pensare
“Quanti me ne dai?”
“Non ci riesco, sono confuso, ecco perché te lo chiedo..”
Si voltò brevemente prima che dei fari la illuminassero, si avvicinò a me e mi sussurrò “Dovrai scoprirlo, per ora ti dico solo, che ne ho meno di te..”
Sembrava  una ragazzina che voleva giocare poi si voltò e andò verso la macchina mentre mi salutava con la mano, aveva la grazia di una dea, e la classe di una pantera, in quel momento era una donna che sapeva di essere guardata, ed io rimasi li, a guardarla mentre saliva nell’auto.

[Lucia]

Dalla finestra del mio ufficio lo vidi raggiungerla e parlare con lei che aveva appena concluso una telefonata, si sorridevano e parlavano, quando un taxi si avvicinò a loro e lei si avvicinò ancora di più a lui per sussurrargli qualcosa, come se la fuori ci fosse qualcuno che potesse sentirla.
Quella donna era così provocante che mi dava fastidio, aveva dovuto chiedere aiuto ad Orlando visto che Ghiro, Bart e Milo le fissavano il petto e le gambe, puntava sulla sua fermezza mentre anche lui era stato catturato da lei.
Ero gelosa e offesa, quasi non mi resi conto che lui stava bussando alla porta del mio ufficio, mentre  guardavo ancora in basso dove ormai non c’era più nessuno.

“Allora?” Gli chiesi volutamente gelida.
“Il bar del Bambin Gesù, ci lavora 4 mattine a settimana..” Mi rispose pacato.
“Sai altro?” Chiesi con tono fortemente provocatorio.
“Che lavora in altri due bar e che deve aver bisogno di soldi..”
Sbottai, senza nemmeno rendermene conto.
“Avevo chiesto la tua consulenza anche perché speravo che avresti saputo comportarti professionalmente..”
“Non sono stato professionale?”
“Sei rimasto ammaliato da lei, come gli altri, le sei corso dietro come un ragazzino.”
“Per chiederle quello che volevi sapere, e non sono rimasto ammaliato da lei, è un bellissima donna che sa di esserlo, non notarlo è impossibile.”
Abbassai la testa cocciuta.
“Se non c’è altro, buonanotte capitano..” mi disse lui richiudendo la porta.
“Domani mattina vai al bar dell’ospedale.” Disse io come per scusarmi delle accuse che gli avevo mosso, ma lui la guardava in modo strano questo mi parse evidente.

[Orlando]

Uscì dall’ufficio di Lucia presi la giacca e comincia a guidare, non volevo andare a casa e non voleva rimanere al laboratorio, volevo lei volevo vederla, volevo scoprire chi era, quanti anni aveva.

Alle 6 di mattina ero in ospedale, andai verso il bar, mi avvicinai alla cassa dove c’era un anziano signore, e gli chiesi della signora Simona Petri
“Ma chi la ragazzina?
Lavora da me dal lunedì al giovedì fino alle 12e30 è brava, si dà da fare..”
“Ieri era al lavoro, puntuale?”
“Certo, lei non tarda mai, è eccezionale alle 5 e30 quando sto per tirare su la serranda lei è sempre li per darmi una mano.. Ci fosse una mattina che sembri stanca o arrivi tardi..”
“La ringrazio moltissimo, quindi oggi non lavora?”
“No ma giovanotto” mi sorprese il tono con il quale mi richiamò “è una brava ragazza se cerchi rogna ce penso io a te.. Lascia stare Simonetta mia..”
“No no si figuri..”
“Vabbè te sappilo.”
Sorrisi mentre uscivo da li, Simona non era solo quello che avevo visto la sera prima, evidentemente era molto di più.
Tornai al Ris sereno, sentivo però di doverla rivedere, qualcosa di irrisolto mi attirava verso di lei.

Riferii a Lucia che mi ringraziò per il mio aiutò e mi indicò altri casi che avrei dovuto seguire.
   
 
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