Crossover
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Autore: KaienPhantomhive    20/01/2012    4 recensioni
[Cross-Over: DieBuster; LineBarrels of Iron; Infinite Stratos; Transformers; Inazuma Eleven; Star Driver; Eureka 7; Puella Madoka Magika; FFXIII]
[Spin-Off 'Aim for the Top! - GunBuster; Aim fo the Top! 2 - DieBuster; quest serie confluirà in Evangelion AFTERMATH, che si consiglia di leggere al fine di comprendere alcuni degli eventi di questa fiction]
Anno 14.000 D.C.: il piccolissimo Sam Witwicky promette alle stelle di seguire le orme del padre e divenire un pilota spaziale, affascinato dal mito della leggendaria Noriko Takaya.
Dieci anni dopo: quando la famiglia Witwicky si trasferisce a Neo-Okinawa, il ragazzo verrà ammesso alla prestigiosa Accademia Avio-Spaziale della città.
Quello che non sa è che la ST&RS conta un'improbabile squadra sportiva; una sfilza di studenti dotati di strane capacità ed una classe composta...da sole ragazze.
Ma se questo idiliaco Harem si rivelasse una paradossale Accademia per 'Topless'?
Una favola futuristica di amore, Astrofisica, mecha giganti e pasta all'italiana...
Genere: Commedia, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga, Film
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Ed eccomi ancora in giro, a mettere alla prova me stesso e voialtri con nuove supercazzole prematurate fantascientifiche ed improbabili cross-overs XD
Come credo abbiate già capito dalla presentazione, questa fiction è una miniserie in 6 capitoli che vede come anime predominanti:
-DieBuster
-LineBarrels of Iron
-Infinite Stratos (ispirazione grafica :-P)
-Transfomers
-Inazuma Eleven
-Star Driver
 
Essendo un vero e proprio spin-off/prequel dei membri della FRATERNITY introdotti in un’altra mia fiction (Evangelion AFTERMATH), spero che i lettori neofiti trovino innovativa ed interessante questa nuova serie e che i mie poveri ‘martiri affezionati’ colgano le differenze caratteriali ed i rimandi con la sopracitata AFTERMATH.
 
Ciò detto non posso che augurarvi buona lettura!^^
<3

 
 
Il mio nome è Sam Witwicky e…no: non sono il classico ‘normale ragazzo di sedici anni con vita tranquilla’ che prima o poi si ritrova in qualche rocambolesca avventura a sua insaputa dove acquista ‘magici poteri’ o che so io.
 

No, io non sono mai stato ‘come gli altri’; anzi, diciamo che credevo di esserlo, fino a quando non ho scoperto di essere un ‘Topless’.
 

 
 

Vedete, sulla Terra ci sono più di sette miliardi di individui, se non contiamo le Colonie Spaziali di Marte, Plutone e Venere.
Ognuno di essi trascorre la propria vita investendo il suo tempo nello studio, poi nel lavoro e con la famiglia…ognuno di loro progetta il proprio futuro secondo le proprie aspettative e sogni, magari meglio se accompagnati da disponibilità di salute, economiche e – perché no? – anche un pizzico di fortuna.
Ecco, circa una persona ogni cinquanta milioni però ha la benedizione o la dannazione di nascere con qualcosa in più: una piccola malattia, un gene singolare nel lobo celebrale frontale che li distingue dal resto dell’umanità.
Queste persone sono dei ‘Topless’.
No, non quelli che si indossano al mare! Cerchiamo di restare seri…dicevo:
Queste persone riescono ad esercitare una Forza particolare, definita ‘Energia Topless’ che influisce più o meno consapevolmente sulla realtà che li circonda.
Un Topless è l’unico in grado di governare una ‘Buster Machine’: le gigantesche armi umanoidi protettrici dell’umanità dalla minaccia degli ‘Space Monsters’, da oltre dodicimila anni.
E’ per questo che certi individui hanno il destino segnato: per proteggere la vita di coloro che non hanno la forza per farlo da sé.
Beh, suppongo che vi starete chiedendo che centra tutto questo con la mia storia, vero?
Ok, vi accontento: vediamo se riesco a trovare il DVD giusto...no, non questo…e nemmeno il ‘Settantesimo Compleanno di Zia Mary’…ah, eccolo: ‘Vita, Morte, Miracoli, Cazzi e Mazzi del più sfigato della Terra’. Decisamente è lui.
Ok, allora…direi che sarebbe meglio cominciare…dall’inizio:
 
 
 

Capitolo 1: “Sarò un Topless!”

 
 
 
10 Ottobre. Anno 14.000 D.C.
 
L’odore di Zuppa al Granchio di Plutone si spandeva per la grande casa, mentre un tepore diffuso riscaldava il pavimento di parquet, impregnando i mobili dell’odore dolciastro di cera d’api (per quel poco che se ne servivano di quei tempi) e adagiandosi sulle fredde pareti di lucido acciaio laccato con vernice bianca.
 
Un bambino di poco più di sei anni sedeva a gambe incrociate sul tappetto del salotto, annoiato tra le forme digitali di cartoni animati ad ologrammi dal nuovo tele-proiettore, preferendo giocare in aria con un modellino di Astronave blu, simile ad un triangolo.
 
“Per te la zuppa va bene, Sam?” – chiese la voce cinguettante e cordiale di una donna, affaccendata ai fornelli ultra-piatti e affiancata da un piccolo droide bianco galleggiante.
 
“Uffi, sì!” – rispose il bambino, seccato – “Però ti avevo chiesto di prepararmi la torta!”
 
“Niente fretta, signorino!” – sorrise la madre – “Quella è l’ultima cosa che vedrai! E’ o non è una festa a semi-sorpresa?”
 
Lui sbuffa e si butta all’indietro, schiena al suolo:
“Spero solo che papà si sbrighi a tornare. Ha sempre trovato il modo di riatterrare ad ogni mio compleanno! Vorrei che…”
 
Ed ecco il grande ritorno, finalmente! La ‘MaxStone’, la grande Nave Colonizzatrice partita in missione sei mesi fa, sta finalmente per ammarare nell’Oceano americano! Siamo tutti trepidanti di sapere i dettagli del viaggio dall’Ammiraglio Ronald Lloyd Atwood Witwicky!
 
Una notizia flash riecheggiò all’holo-giornale, dall’eccitata voce del cronista.
 
“Eccolo, eccolo!” – il bambino si rialza con velocità sorprendente, correndo verso la porta – “E’ arrivato! Papà è arrivato!”
 
La spalanca con foga, mentre corre a perdifiato sulla collina lussureggiante che si affaccia a strapiombo sull’Oceano Pacifico.
 
La madre resta sull’uscio, a fissarlo sorridente.
 
In quella notte stellata, che riluce quasi di cobalto, l’enorme sagoma di una Colonizzatrice si adagia lentamente in mare.
 
Il bambino si ferma sull’orlo del precipizio, fissando il velivolo aerospaziale, mentre sogna già di vederne uscire l’uomo che attende con ansia.
 
Prende il modellino che ha in mano e lo affianca alla MaxStone: in prospettiva sembrano delle stesse dimensioni.
Lui fa una sbuffa smorfia scettica, nel contemplare il suo giocattolo:
Mhmm…non credo che siano uguali. Non potrei mai salirci su! Oh, beh…”
 
Alza lo sguardo al cielo puntellato di miliardi di stelle e galassie; i suoi occhi ingenui si spalancano di meraviglia:
“Non ha alcun’importanza! Perché, quando sarò grande, anch’io voglio diventare un pilota spaziale come papà! Anzi, no…”
 
Punta l’indice destro verso la Via Lattea, quasi a volerle lanciare una sfida:
“…voglio essere molto di più: voglio essere un paladino dell’umanità! Sì, è così! Io…sarò un ‘Topless’!”
 
 

*   *   *

 
 
Dieci anni dopo. Neo-Okinawa.
 
-TONF!-
 
Ahi.” – Sam si lasciò sfuggire un lamento piatto e sconsolato, rimanendo distesa a faccia in giù contro il praticello della casa, umido di rugiada.
 
“Figliolo, se continui ad inciampare ogni giorno nello stesso punto rischierai di non arrivare integro a scuola!” – suo padre gli passò accanto, più stupito che apprensivo – “Sono già tre mesi che ci siamo trasferiti: cerca di imparare!”
 
Lui sollevò appena il naso da terra, sbuffando:
“Questo se tu non lasciassi i tubi d’irrigazione sparsi per il giardino! Ti pesa tanto comprare un robot da giardinaggio come qualsiasi normale famiglia americana?!”
“Qui non siamo in America, Sam!” – rispose l’uomo, quasi soddisfatto, allungandogli una pacca sulla schiena – “E sbrigati a prepararti o farai tardi!”
 
Il ragazzo si rialzò, ciabattando svogliatamente fin dentro casa:
“Sì, sì…lo so benissimo!”
 
Rientrò, sorpassando la cucina; salutò distrattamente la donna ai fornelli:
“Ciao, ma’…”
“Forza, forza!” – esclamò lei, cinguettante – “Ho fatto le uova e bacon che ti piacciono tanto!”
“Non ho tempo!” – replicò, già sparito dietro la porta della camera.
 
“Ben tornato nel mondo di ‘quelli-che-di-solito-non-dormono-in-piedi’, fratellone!” – un ragazzino dai capelli nocciola gli saltellò intorno – “E’ il tuo primo giorno d’Accademia! Sbrigati! O deve essere io a ricordartelo?”
“Ehilà, campione…!” – gli concesse una rapido sorriso ed una carezza sulla testa.
 
Gli voleva bene, sebben non intercorressero legami di sangue.
Ryan e Sam; Sam e Ryan. Sempre insieme, come fratelli veri.
Da quel giorno, da quando l’allora dodicenne Sam aveva conosciuto quell’orfanello della metà degli anni nella casa-famiglia. L’amicizia era nata spontaneamente.
Già quattro anni. Si erano ripromessi di essere per sempre complici.
Ma se in un futuro non così lontano…?
 
Uff!” – Sam si lasciò cadere di schiena sul letto, portandosi le mani al viso – “Uno, due, tre…e in piedi!”
Si rialzò di scatto, provando a caricarsi per affrontare la mattinata che risplendeva oltre i vetri della sua camera da letto.
 
 
*   *   *
 
 
Dieci minuti dopo.
 
L’auto volante scivolava rapidamente sui cuscinetti ad aria, per le strade della città di Neo-Okinawa.
Al sedile di guida, Ron Witwicky rivolse uno sguardo divertito al figlio, seduto accanto a lui:
“Coraggio, non fare quella faccia! Sono sicuro che ti divertirai!”
“Oh, certo!” – protestò lui, affondando la bocca nella bianca manica della complicata divisa scolastica – “Andrò in una scuola giapponese, dove ci sono persone che parlano in una lingua incomprensibile e che sono tutti geni!”
“Ehi, che razza di storia è questa?! Innanzitutto è un Istituto internazionale e poi sei perfino uno dei cinque migliori studenti d’Oltreoceano; non mi pare che tu abbia nulla da invidiare agli altri! Non hai sempre voluto diventare un pilota spaziale? Ora ne hai la possibilità. E smettila di mordicchiarti le maniche: quella divisa costa quasi più della retta d’iscrizione!”
 
L’autovettura procedette veloce nel traffico, per poi arrestarsi ai cancelli di un impressionante complesso didattico, sul belvedere di un lago grande e azzurro quasi quanto il mare stesso:
 
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Una grande iscrizione campeggiava sull’androne d’ingresso, gremito di studenti e studentesse di ogni età.
 
“ST…&…RS?! Che roba è questo grumo di consonanti a caso?!”
“Vuoi scherzare?! La ‘Estenders’ è la più prestigiosa Accademia Avio-Spaziale del mondo! Su, fa’ vedere loro un vero Witwicky!”
 
Riluttante, scese dalla vettura ed alzò la vista oltre il pennone centrale, svettante nel cielo terso.
Si voltò per un ultimo saluto, ma la macchina era già sparita.
 
“Ehi, ci sei?!” – la voce squillante in un inglese passabile di un bambino lo ridestò – “Tu sei quello nuovo, vero? Sam Witwicky?”
Un piccoletto dai capelli rossicci saltellava davanti a lui, evidentemente eccitatissimo:
 
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“Ehm…sì…credo di essere io.”
“Ottimo! Io sono Tenma Matsukaze e sarò la tua guida alla ST&RS per i prossimi quindici minuti: le lezioni iniziano a breve e ritardare è assolutamente inqualificabile! Insomma, smettila di parlare e seguimi!”
“Ma ho detto qualco-…?”
“Zitto!”
 
 
*   *   *
 
 
“Per cominciare, ti mostrerò il cortile interno!” – lo introdusse Tenma, indicandogli un enorme piazzale antistante la spiaggia:
Circondate da decine di cheerleaders, una decine di ragazzini in divisa sportiva erano intenti in allenamenti sportivi evidentemente faticosi, ma ben affrontati da un ritmo cadenzato.
Inoltre, sei mecha alti più di otto metri si flettevano in acqua, quasi imitando i giocatori.
 
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“Quelli che vedi sono gli allenamenti della ‘Inazuma Eleven’: la squadra sportiva della ST&RS! Sai, anch’io ne faccio parte…ma purtroppo sto per la maggior parte del tempo in panchina! Ma non ha importanza! Ciò che conta è che il nome del club discende direttamente dall’Inazuma Kick: il più potente attacco del leggendario GunBuster che combatté per l’umanità più di dodicimila anni orsono! Il nostro Coach è il famoso Mark Evans, uno dei primi diplomati all’Accademia, dopo la fondazione della squadra! Ricorda che anche interrompere gli allenamenti è assolutamente inqualificabile!”
“Quelli sono dei veri RX-7?”
“No: RX-17, per la precisione: i modelli più sofisticati e dotati di un’interfaccia di guida diretta! Tutti i membri della I-11 sono piloti di Machine di questo tipo, anche se non Topless. Vieni, ti mostro il nostro Wall of Fame!”
 
Lo condusse di fronte ad una grande teca in vetro e acciaio, stracolma di trofei e fotografie di ogni sorta.
Le foto di tre avvenenti ragazze spiccavano sopra tutti gli altri attestati: una affascinante ragazza dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda sfoggiava una bellezza fredda ma magnetica; dal lato opposto una giovane dai lunghi capelli verdi ammiccava all’osservatore, in una posa volutamente osé; al centro una terza studentessa dai lunghissimi capelli corvini puntava i suoi occhi scuri verso l’obiettivo, in un sorriso di spavalda sicurezza.
“Quelle che vedi sono rispettivamente: Ino Yamanaka, Carly Starr Spencer e Mikaela Banes. Yamanaka è l’attuale leader del Comitato Giovanile per il Mantenimento Scolastico, mentre la Signorina Spencer è il Presidente del Club Studentesco! Lei e suo fratello minore Ringo provengono dalle Colonie di Marte, lo sapevi? Per noi è un onore averli tra noi! Lui puoi vederlo lì in basso.”
Tenma indicò al nuovo arrivato la fotografia – incorniciata da una medaglia – di un ragazzino di circa quattordici anni dai folti ed ispidi capelli verdi e dagli occhi di un ametista intenso:
“E’ un esperto pilota di RX-17 ed è anche il miglior studente maschile della scuola! Dovrai farne di strada se vuoi ‘puntare al Top’ come lui…”
 
Più che su i tre appena descritti, Sam non poté non concentrare l’attenzione sul viso deciso eppure in qualche modo misterioso della ragazza al centro:
“E di questa Banes che mi dici?”
“Oh, lei è semplicemente il genio dell’Accademia! Miss-Punteggio-Massimo, la studentessa migliore che la ST&RS abbia da offrire! Purtroppo è molto riservata…non parla praticamente mai di sé stessa! Ah, come la invidio…ma questo non vuol dire che le abbia fai fatto delle avances, eh! Importunare ragazze come loro è…”
“Fammi indovinare.” – lo interruppe l’altro, sottilmente ironico – “Assolutamente inqualificabile?”
Il bambino serrò le palpebre e le labbra in un broncio offeso:
“Non mi piace lo ‘humor Yankee’. Ti tengo d’occhio!”
 
Il suono della campanella risuonò per tutto l’istituto.
 
Il piccolo anfitrione si voltò indignato, abbandonando il neofita:
“La tua classe è infondo al corridoio. Ci vediamo, novellino!”
 
M senti tu che tipi…!– pensò alquanto preoccupato Sam, mentre l’idea di non essere capitato nel posto giusto al momento giusto iniziava a farsi strada dentro di lui.
 
A testa bassa e per nulla invogliato, il ragazzo girò lentamente il pomello della porta della sua aula, muovendo un passo all’interno.
 
Con stupore a dir poco appropriato, arrossì improvvisamente, più imbarazzato che eccitato:
“Ma qui dentro…ci sono solo ragazze!!!””
 
 
*   *   *
 
 
Un mese dopo. Casa della Famiglia Witwicky. Neo-Okinawa.
 
“Buongiorno!” – fu il consueto saluto della madre, farcendo una frittella alla marmellata di fragole – “Programmi emozionanti per oggi?”
“Qualcosina. – ripose svogliatamente il figlio, inforcando tutta l’enorme brioche – “Probabilmente verrò pestato ancora dai bulli della scuola perché vado meglio di loro, non pranzerò nemmeno e quasi sicuramente mi prenderà un’emicrania dopo il test attitudinale di oggi. Visto? Un vero sballo.”
“Dovresti smetterla di farti trattare in quel modo: dovresti informare il Preside!”
“E passare per la femminuccia della scuola? Bella idea, mamma.”
“Nessuno tocchi il mio fratellone!” – esclamò il piccola Ryan, stentando un bicipite – “Altrimenti gli farò un occhio nero!”
“Vorrei proprio vederti…” – sbuffò lui, anche se divertito all’idea.
“A proposito di femminucce…” – il padre gli passò un braccio sulle spalle, con uno strano barlume sornione sul volto – “…già al tuo primo mese di scuola e nessuna pretendente? Se non sbaglio sei l’unico ragazzo nella tua classe! Non dirmi che con tutte quella mercanzia non ti sei nemmeno un po’…svegliato! Se non mostri carattere le donne non ti fileranno mai! Guarda me con tua madre!”
E strizzò un occhio alla donna, che ricambiò con una frecciatina sarcastica:
“Sì, prendi in esempio tuo padre: mi chiese di fidanzarsi costruendo un anello con un tappo di bottiglia.”
“Ehi, era originale, perlomeno!”
“Diciamo che per il momento mi accontento di strisciare nell’ombra e di sopravvivere alla giornata.” – dovette ammettere il figlio.
 
Poi, però, oltrepassò le finestre della sala da pranzo con lo sguardo, sperando di intravedere un qualche ignoto oggetto di desiderio:
“Anche se a dire la verità…una ci sarebbe…”
 
 
*   *   *
 
 
Cinque ore dopo. Classe IV-H. Sezione femminile.
 
Le dita della mano sinistra di Sam tamburellavano nervosamente sul banco, mentre con la destra scorreva rapidamente il questionario scolastico sul touchpad del banco computerizzato.
 
Allora, il ‘Principio di Indeterminazione di Heisenberg’ relativo all’individuazione elettronica afferma che…
Tentò con difficoltà di concentrarsi…mentre i suoi occhi non facevano a meno di cercare nella classe di studentesse concentrate un volto in particolare:
Alla sua estrema destra, la chioma lucida e liscia ondeggiava ad ogni movimento deciso della ragazza.
Con la sua fermezza e riservatezza, Mikaela Banes era la ragazza più desiderata della ST&RS, dopo la Spencer.
Si perse per un momento nel guardarla, mentre lei non faceva altro che proseguire nel suo test.
 
Il pungolo di una scarpetta sottile nel fondoschiena lo risvegliò dal torpore.
Si voltò con discrezione: l’avvenente Carly si sporse un po’ in avanti sul banco, mentre lunghi capelli smeraldini le ricaddero con involontaria malizia nel solco del seno.
Sbatté i meravigliosi occhi violetti:
“Ti dispiacerebbe suggerirmi la n.90…cutie-honey?”
Le guance del ragazzo bollirono di un rossore quasi incandescente, per quell’improbabile nomignolo:
Uhm…o-ok…”
 
 
*   *   *
 
 
Quarantacinque minuti dopo.
 
“Coooooosa?!”
“Ma è impossibile!”
“Mi state dicendo che quel morto di sonno…?!”
“Non è giusto! Che sfortuna!”
Un’accanita cala di studenti lottava si contendeva il proprio spazio davanti al grande tabellone generale dell’ingresso, osservando i risultatati della prova, elaborati in breve tempo.
 
“Chissà chi avrà ottenuto il punteggio più alto…” – si chiese Sam, strizzando la vista verso la sommità della lista digitale – “…un momento…è davvero impossibile!”
 
Seguito subito dopo dalla Banes e dal giovane Ringo Starr Spencer, quel nome era stampato a chiare lettere:
SAMUEL LLOYD IRVIN WITWICKY. PUNTEGGIO TOTALE: 130pt
 
“O-ok…calma, Sam. Non puoi essere tu: è matematicamente impossibile. Sarà un omonimo!”
Per un momento credette di aver letto male, ma quel nome continuava a restarsene fissò in cima all’elenco, con il suo bel punteggio a cifre tonde…fin quando non sentì l’invisibile pressione di centinaia di occhi puntati su di lui.
 
“Ehi, tu!” – una vocetta stridente arrivò da oltre la barriera umana, mentre un ragazzino dai capelli di un verde fosforescente sgomitava tra la folla – “Dico a te! Tu sei quello nuovo, vero?! Sì, dovevo aspettarmelo da uno Yankee Terrestre! Mi hai fatto arrivare terzo, capito?! Terzo!! Non sono mai stato terzo in tutta la mia vita e…”
“Ah, tu devi essere Ringo.” – gli sorrise il sedicenne – “Ho sentito parlare di te! Sei in gamba! Solo ti facevo…più alto?”
Il ragazzino rizzò la schiena come un felino, borbottando tra sé:
“Cosa…?! Ha detto ‘più alto?! Ha detto così, vero?! Certo che lo ha detto! Ehi, senti, non crederai mica che sia nato ieri, vero?! Solo perché sono del primo anno non vuol dire che sia un idiota, no?!”
“N-no…io non…”
“Ecco appunto, perché io non sono un idiota! Tu lo sei, ok?! Se ti credi tanto in gamba perché non facciamo una gara, eh? Tra cinque minuti, con gli RX-17! Li sai usare, no?! O da dove vieni usate solo i simulatori?! Sì, deve essere così: un buono-a-nulla-secchione come tanti! Voglio proprio vederti!”
 
Sam restò per un momento in silenzio, tentando di fare ordine in mente per qual mare confuso e urlante di parole messe a caso da un tipetto iperattivo che a mala pena conosceva di nome.
Tutto quello che riuscì a balbettare fu:
“Senti…io…non credo che sia una buona idea…”
“Invece lo è!” – protestò il giovane Spencer – “Io ho sempre buone idee! E non sentirti in diritto di giudicarmi solo perché sei in classe con mia sorella, eh?!”
“Ma io non ho detto proprio nulla!”
“Non mi interessa!” – lo studente dai capelli verdi iniziava già ad allontanarsi vero i campi sportivi – “Ti aspetto al cortile interno! Cinque minuti, non un secondo di più!”
 
Sam lasciò cadere mollemente le braccia lungo i fianchi, sconsolato:
“Perché tutte a me?!”
 
 
*   *   *
 
 
Cinque minuti dopo. Cortile della ST&RS.
 
Sam salì goffamente all’interno di un RX-17 rosso e giallo, mentre l’abitacolo di guida ventrale si richiuse.
 
A qualche decina di metri, l’esoscheletro personalizzato di Spencer lo attendeva a braccia conserte; due striature di due differenti tonalità di verde decoravano il torace bianco del robot, mentre un visore ottico simile ad una cometa spiccava sulla testa.
 
“Aspettate, voi due!” – Tenma, inciampando nella corsa, gridò a squarciagola verso i due ‘intrusi’ – “Quelli sono della Inazuma Eleven! Usare per scopi personali gli RX-17 è assolutamente inqualificabile!”
“Aspetta…” – un giovane uomo dal coprifronte sportivo arancione gli pose una mano sulla spalla – “…vediamo cosa hanno intenzione di fare.”
“Ma Coach Evans…!”
“La violenza non serve a nulla, nella vita. Ma alla loro età i ragazzi si parlano meglio con le mani. Siediti e goditi lo spettacolo.”
 
La Machine del Marziano puntò un dito verso l’avversario:
“Tu! Non avresti mai dovuto fare quella prova e sfidarmi! Se proprio sei il miglior studente dell’Accademia, dimostramelo! Arrivo, Figlio della Disfatta!”
 
“U-un attimo…!” – Sam tentò di mettere in moto la Battlesuit, mentre il nervosismo gli annebbiava tutti gli insegnamenti ai simulatori – “Prima devo disinnescare i pistoni d’equilibrio, poi devo premere questo, poi questo e…ahia!”
 
Con un poderoso pugno, il robot verde e bianco lo aveva steso al suolo.
Afferrò l’RX-17 per la testa, iniziando a tempestare di pugni la corazza, in corrispondenza dell’abitacolo.
“Che succede?!” – ghignò il ragazzino, divertito e galvanizzato – “Sei buono solo con i ‘compiti a casa’?! Così non sarai mai un pilota spaziale, imbranato come sei!”
Continuò a martoriare l’Unità rossa di ginocchiate e pugni, sibilando:
“Mostra…le tue…capacità…di fronte…a tutti…I PRESENTI!!!”
Gli assestò un calcio all’altezza del torace, spedendolo a venti metri di distanza.
 
Il robot del ragazzo barcollò all’indietro, cascando rovinosamente sulla schiena.
Sam rimase ad ansimare nella cabina, mentre le pareti-schermo iniziavano già ad incrinarsi.
Sentì la voce di qualche ragazza gridare spaventata:
Coach, lo fermi! Per quel tipo è troppo dura! Ringo lo spedirà all’ospedale!”
 
Prima che qualcuno potesse aggiungere altro, la sagoma al monitor del mecha verde e bianco sovrastò l’avversario al suolo.
Una finestra di dialogo si aprì alla destra di Sam, mentre l’espressione di feroce rivalità del ragazzino lo schernì:
“Ma che diavolo ti prende?! Le vere battaglie nello Spazio sono molto più dure!”
Ed iniziò a calpestarlo ripetutamente con veemenza sorprendente:
“Chiunque ti ammirerebbe per il tuo punteggio, novellino, ma io non ha assolutamente intenzione di farlo! Perché voglio dimostrare a tutti di essere io il ‘Top’!!”
 
Mentre la spia di danno assordava il ragazzo, Sam si artigliò istintivamente la testa per la paura:
“Non ce la faccio…! Non ce la faccio, così!”
…e ricorda quello che diceva Noriko Takaya: ciò che davvero conta sono la Volontà e gli Sforzi! Solo così puoi ‘Puntare al Top’!...
I racconti paterni intrisi d’eroismo e avventura, di amore e coraggio in quell’epopea del GunBuster che ormai appariva lontana nel tempo risuonarono nella sua testa.
Smise di piagnucolare, stringendo i pugni intorno le leve di accensione:
“E va bene…! Se voglio diventare un Topless…alziamoci!”
 
Il ragazzino si fermò a riprendere fiato:
“Che fai, non rispondi nemmeno?! Ti stai prendendo gioco di me!”
E caricò l’ennesimo pestone verso il visore del robot rosso…prima di venire bloccato da un paio di mani meccaniche.
Un’espressione di sconcerto si dipinse sul volto.
 
“Avete visto?!”
“Si è mosso!”
“Forse può farcela!”
 
“Ora è il momento!” – gridò il ragazzo straniero, mentre l’esoscheletro spinse all’indietro l’aggressore, facendolo caracollare.
Si rialzò a fatica.
 
“Finalmente ti sei deciso!” – ghignò Spencer – “Ma non ho intenzione di farti vincere!”
Sferrò un gancio destro, mentre una lama nascosta emerse dal polso.
 
Sam tirò indietro le leve di movimento, mentre l’RX-17 si scansò.
La lama sfiorò il torace, lanciando una piccola scintilla.
L’Unità rossa rotolò sul selciato, artigliando il suolo per frenarsi e causando una leggera combustione dell’asfalto, per l’attrito.
Il pilota spinse nuovamente in avanti la cloche:
 
L’RX-17 corse verso il robot personalizzato, saltandogli su una spalla e sospingendosi in alto.
“C-che cosa diavolo…?!” – boccheggiò stordito Ringo.
 
La Machine rossa piroettò contro il sole accecante, avvitandosi.
 
Un coro di stupore e meraviglia si levò dal pubblico.
“Ma quello è…!” – Tenma spalancò la bocca.
Il giovane Mark Evans non trattenne un moto di incredulità:
“…UN INAZUMA KICK!!!”
 
Il mecha rosso si raggomitolò a mezz’aria, per poi ridiscendere a gambe unite.
Colpì in pieno petto l’Unità verde, in una scia di scariche elettrostatiche.
 
Il vigoroso calcio sospinse l’avversario per oltre cinquanta metri, fin quando non si schiantò contro la parete di recinzione.
L’Unità precedentemente in svantaggio cadde sulla schiena, seppur integra.
La Battlesuit rivale, invece, si afflosciò al suolo, con un solco incandescente stampato sul petto.
 
Un applauso generale riempì il campo, mentre l’abitacolo dell’RX-17 si schiuse:
Sam ne riuscì ansimante, ma questa volta un barlume di soddisfazione gli illuminava gli occhi.
Tese una mano verso il ragazzino dai capelli verde smeraldo, provando ad azzardare una comunicazione verbale:
“Sei davvero bravo con le Machines! Mi hai dato una bella lezione!”
 
Ringo lo squadrò con i grandi occhi ametista, mordendosi un labbro e voltandosi altrove:
Tsk! Tieniti per te i falsi complimenti! Hai avuto solo fortuna…”
 
Lui retrasse la mano, confuso:
“Che ragazzino strambo…!”
 
Sotto il porticato perimetrale, l bella Carly Starr Spencer contemplò profondamente incuriosita il nuovo arrivato:
Alla sua prima uscita in campo è stato in grado di atterrare mio fratello. Che sia lui…lo ‘Star Driver’?
 
 
*   *   *
 
 
Venti minuti dopo.
 
“Ahh…che razza di giornata!” – sospirò Sam, posando la borsa ai piedi, alla fermata dal velo-bus – “Sono solo a metà mattinata e avrei già voglia di collassare sul letto! Certo che quel tipo di prima…”
S’interruppe:
Poco distante, su una panchina d’attesa, una ragazza dai lunghi capelli neri – scossi dal vento autunnale – attendeva il turno del veicolo.
 
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La riconobbe: Mikaela Banes, l’avvenente studentessa dell’Accademia, l’inarrivabile compagna di aula, ora lì a pochi metri e sola da folle idolatranti di sorta.
 
Le si avvicinò, con goffezza degna di un pinguino.
“Ciao…” – azzardò timidamente – “…anche tu aspetti il velo-bus?”
“Sì.” – rispose lei, con totale distacco – “Hai la divisa della ST&RS…ci conosciamo per caso?”
“Diciamo piuttosto che sono io conoscere te…”
“Ah.” – un’espressione di semplice stupore si dipinse per un breve istante sul volto della fanciulla – “Abbiamo fatto qualche corso assieme?”
Lui parve ravvivarsi di un sola spanna in più:
“Beh, sì: Astrofisica, Robotica, Mate, Chimica, Ingegneria…”
“Ok, ok: ho afferrato il concetto.” – lo bloccò; poi lo squadrò meglio – “Aspetta…tu sei per caso quello nuovo? Quello che preso il punteggio più alto dell’Istituto?”
“Ehm…sì…a quanto pare.”
“Ah, ho capito! Aspetta, com’è che ti chiami? Witlicky? Witchicky?”
Witwicky.” – la corresse, con un certo imbarazzo.
“Giusto.” – annuì lei, alzandosi alla vista del mezzo pubblica in imminente arrivo – “Beh, dovrei andare.”
 
Il bus a levitazione magnetica si arrestò, estendendo gli scalini.
Lei mise piede sul primo, poi si voltò:
“Tu non sali?”
“Io…oh…ehm…sì…cioè…” – Sam sentì la lingua intrecciarsi in gola, confuso – “…no, meglio di no.”
La ragazza lo guardò stupefatta ed infine lo salutò:
“Come vuoi. Ci vediamo. Oh, quasi dimenticavo: io sono Mikaela.”
 
Lui rimase a guardare il velo-bus allontanarsi, sospirando:
“Sì…lo so.”
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente. Luogo sconosciuto.
 
Dall’avvolgente poltrona nera, rivolta verso la gigantesca finestra d’ufficio, si allungò una mano maschile verso uno schermo digitale sulla sinistra: selezionò un’icona e la fotografia di un ragazzo sui sedici anni si allargò sul monitor:
“Così è questo il nostro piccolo ‘Star Driver’? Se così è…tanto vale metterlo alla prova, no?”
Si spostò su un computer dal lato opposto:
“Sembra che ci sia un Mostro Spaziale nell’orbita terrestre. Proviamo così: disattivazione di tutti i satelliti sorveglianti: apertura del ‘Warlock’. Buster Machine Quatre-Vingt-TroisSoundWave…lancio.”
 
 
*   *   *
 
 
Contemporaneamente. Orbita terrestre (distanza dal suolo: 10.000 km).
 
Un grande satellite meccanico sorvolò lo spazio aereo di Okinawa.
Le grandi parabole di trasmissione si illuminarono di un azzurro fosforescente, mentre un indistinto gorgogliò di suoni sintetici affiorò da una gola artificiale:
 
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*   *   *
 
Poco dopo.
 
Sam gettò la cartella sulla spalla, camminando sotto il Sole pomeridiani verso casa, stancamente:
“Tutti mi odiano perché sono stato il primo all’esame attitudinale, ho fatto a botte con un ragazzino più piccolo di me, mandando in rottami milioni di dollari e ora sono a piedi per colpa della ragazza che mi piace…potrebbe andare anche peggio di così?”
 
Un fragore esplosivo a qualche isolato di distanza ed un tremore per il suolo; un coro di grida terrorizzate si levò nella città, mentre il ragazzo cadde sulle ginocchia.
“Maledizione…ma perché non sto mai zitto?!” – imprecò nel mettersi a edere, dolorante.
Schiuse le palpebre serrate dallo spavento improvviso…e sul suo volto si deformò una manifestazione di sgomento ed orrore:
Un colossale essere semi-organico dalle forme aracnoidi si schiantò su un edificio, annaspando goffamente e causando ulteriori danni.
 
“Un Mostro Spaziale?! Qui?!” – boccheggiò mentre la creatura aliena si voltò nella sua direzione.
Spostò l’orribile e molle ventre verso di lui.
Un scintilla scarlatta sulla punta dell’addome; un raggio di luce incandescente venne vomitato da mostro.
 
Nella frazione di secondo che seguì il tempo parve rallentare:
Sam prese un profondo respiro, mentre i suoi occhi si riempirono di lacrime di disperazione miste ad irritazione da calore.
Il lampo rosso si fece più prossimo.
Come un fulmine a ciel sereno, un autovettura tagliò la strada, mentre qualcuno si gettò fuori, rotolando al suolo e rialzandosi magistralmente, frapponendosi tra il raggio ed il ragazzino al suolo.
Biascicò qualcosa come ‘Exotic Manoeuvre!’, rimuovendo dalla fronte un adesivo bianco, e l’ombra ai suoi piedi si estese autonomamente in avanti.
Un enorme braccio meccanico fuoriuscì da essa, come un varco verso l’ignoto, avvolgendo i due.
 
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Il laser si scontrò con il muro antropomorfo, espandendosi a raggiera.
 
Nel bagliore diffuso della resistenza, Sam notò con più attenzione il misterioso salvatore: un ragazzotto corpulento appena maggiorenne, dai corti ed ispidi biondo cenere e dai due piccoli occhiali da sole.
Sulla sua fronte baluginava una forte luminosità turchese.
“Questo tipo è…un Topless…?!” – mormorò a metà tra l’incantato e lo sbigottito.
 
Il raggio del Mostro si estinse, mentre il torso robotico emerso per metà si ritirò nel suolo.
L’ometto si voltò indietro, fischiando acutamente con due dita tra le labbra.
 
Un modello da corsa ormai antico di migliaia di anni di una Camaro gialla e nera derapò in curva, priva di conducente.
Il Topless ordinò a gran voce:
Bumblebee, Exotic Manoeuvre: Buster Mega-Tech Drive!”
L’autovettura accelerò pericolosamente, poi sembrò quasi rimbalzare sugli ammortizzatori.
Un lampo di luce azzurra fluì sulla carrozzeria, a mezz’aria.
L’automobile si aprì in un groviglio di lamiere e cavi elettrici, rotolando al suolo come un ammasso confuso di ferraglia.
Infine una sagoma umanoide si delineò dalla confusione, sollevandosi in piedi e puntando un grande cannone verso il Mostro Spaziale.
Il Topless senza nome ordinò ancora:
Buster Beam!”
Una croce di luce scintillò nella canna del fucile, allungandosi in un fascio di fotoni elettrificati che raggiunse e distrusse una della gambe della creatura.
 
Il Mostro Spaziale lanciò uno stridio acuto, balzando il lontananza.
 
Il ragazzo dal corpo robusto si voltò verso Sam, ansimante sull’asfalto:
“Tutto a posto?”
Tutto a posto?! Cavolo, ho appena rischiato la vita contro uno Schifo Spaziale, mentre tu tiravi fuori una mano grande quanto un camion da chissà dove e trasformavi una macchina in…in quel coso! Se andasse male che faccia dovrei, ora?!”
“Meglio vivo che morto, secondo me. A proposito, il mio nome è Casio Takashiro.” – ripose l’altro, noncurante, osservando con decisamente maggior interesse i dati in sovrimpressione un palmare.
Mormorò assorto nei suoi pensieri:
“Sembra che il Tasso di Variabilità Gravitazionale sia decisamente più alto qui...”
 
“Mi stai ascolt-…ahi! Ma sei matto?!” – Sam fece per protestare, ma Casio gli schiaffò sulla fronte un adesivo magnetico identico al suo – “E questo cos’è?!”
Il Topless studiò il viso di Sam fino ad appiccicargli il naso contro il suo:
Mhmm…il Sigillo Topless non si è spezzato! Allora era come supponevo…!”
“Ti dispiacerebbe dirmi di che parli?!”
“Quello che hai sulla fronte è un Sigillo Costrittivo: solitamente, se posto sull’emisfero frontale del cervello di un non-Topless si dovrebbe spezzare ma con te non è successo.”
“Stai dicendo che potrei essere come te?” – un brivido di eccitazione corse lungo la schiena del ragazzino.
“L’unico modo è scoprirlo! Ma intanto…Dix-Neuf!”
 
Sollevò una mano contro le nuvole.
Con un rombo stordente, un razzo stratosferico nero discese rapidamente dalle nubi, sgusciando tra i grattacieli: lo spostamento d’aria ed i potenti propulsori nucleari causarono l’esplosione delle facciate dei palazzi, in un’apoteosi di detriti.
 
Il razzo calò di quota, schiantandosi al suolo e sollevando grandi porzioni d’asfalto:
quella che pareva la fusoliera iniziò a mutare consistenza, di una sorta di ampio mantello nero.
La punta frontale si retrasse, mentre due braccia affiorarono da due fori nella veste.
Una testa meccanica fece capolino dal mantello, estendendo le gambe.
Il gigantesco automa, alto più di cinquanta metri, si inginocchiò, aprendo il palmo della mano verso il suo pilota.
 
“Ma questa…è un’autentica Buster Machine!” – esclamò Sam, estasiato – “Non ne avevo mai vista una dal vivo: è impressionante!”
“Ed è anche piuttosto pericolosa.” – lo ammonì Casio – “Inoltre sembra che abbiamo compagnia…”
Alzò lo sguardo al cielo: una sorta di grande spazio-velivolo orbitale iniziava a planare rapidamente.
“Cos’è?! Un satellite?!” – chiese il ragazzo.
“Sì…ma non uno normale: è una Buster Machine, proprio come il mio Dix-Neuf!”
“Quindi è dalla nostra parte!”
“Non credo: non sono al corrente di spostamenti di altre BM qui in zona; probabilmente è stata quella Machine a permettere che il Mostro Spaziale entrasse nell’atmosfera terrestre!”
“Che cosa facciamo, allora?!”
“Io non posso far altro che provare ad affrontarli! Tu sali su Bumblebee e cerca di metterti al riparo: se dovesse essere necessario, strappa via quel Sigillo dalla fonte ed usa l’Exotic Manoeuvre!”
“E come si fa?!”
 
“Basta gridarlo!” – ripose l’altro, mentre la mano della BM-19 lo conduceva all’abitacolo pettorale.
Lui obbedì, salendo sulla vettura.
Esitò per un momento:
“Ma se non so nemmeno guidare!”
La soluzione venne da sé:
La machina si mise in moto senza alcun ordine, accelerando rapidamente ed allontanandosi dal gigante meccanico.
 
Casio, all’interno dell’abitacolo a Zero-G, strinse le leve laterali di guida:
“Bene! Ora che sono fuori dal mio raggio d’azione…Buster Gater!”
Dix-Neufestrasse da sotto la cappa una maglio da mischia dotato di due seghe circolari.
I propulsori posti lungo il mantello si incendiarono, spingendolo in aria a velocità ultra-sonora, verso il Mostro Spaziale aracnoide.
 
La Camaro gialla zigzagò tra i detriti e le esplosioni circostanti, in un andamento di nauseante perdita di respiro.
Proseguì diritta su una della strade vitree sopraelevate dei grattacieli di Okinawa, mentre sotto di essa una mare di polvere e cemento si sollevava.
Sam si rese conto troppo tardi che il percorso terminava in un moncherino distrutto, a strapiombo nel vuoto:
Nononononono!” – iniziò a scalciare sul cruscotto – “Aspetta! Asp-…!”
L’auto si gettò a capofitto, assumendo la forma umanoide e scagliando in aria per una gamba il ragazzo.
 
Il fiato gli morì nei polmoni, mentre vide ogni singola goccia di sudore staccarsi dalla sua fronte, in assenza di gravità.
Strinse il cuore:
O la va o la spacca! Oh Dio, ti prego, aiutami…!
Tirò via il Sigillo dalla fronte con un unico strappo e grido con quanta più forza in gola:
EXOTIC MANOEUVRE!!!”
 
Una corona di raggi azzurri fuoriuscì dall’emisfero frontale del suo cervello.
Come per un teletrasporto, migliaia di ingranaggi e componenti meccaniche di materializzarono intorno a lui, disponendosi in una sorta di stretto sellino di guida.
Una serie di pareti a specchio si disposero sfericamente, chiudendolo.
Due braccia e due gambe iniziarono ad emergere dal nulla, mentre una matassa di cavi elettrici ed organici sintetici davano forma ad un busto ed una testa meccanica.
Il gigante bianco appena materializzato atterrò pesantemente,.
Si rialzò lentamente, sotto una pioggia di detriti e cascate di fuliggine, ergendosi al di sopra di un edificio di venti piani, in tutta la sua altezza spaventosa.
 
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“Q-questa è una Buster Machine! Ci sono sopra!” – ansimò il ragazzo, calcando le dita sulle leve d’accensione, a volersene sincerare della tangibilità.
L’abitacolo sferico offriva una visione giroscopica dello skyline giapponese.
“Quella che hai sotto di te è la Macchina Umanoide Multifunzione da Combattimento n.13…ma preferisce farsi chiamare ‘LineBarrel’.” – il volto di Casio comparve in una video circolare alla destra del pilota – “Dunque sei riuscito a sbloccarlo dopo oltre un secolo e mezzo di inattività…”
Oh-oh.” – Sam deglutì alla vista della BM/satellite di prima, ora in dirittura d’arrivo – “Si mette male…come faccio a muoverlo?”
“Basterà stringere il volante e…lasciarti andare!”
“Bel consiglio! Ma visto che non ho altra scelta…avanti, LineBarrel!”
 
Come mosso da volontà propria, l’automa si piego sulla gambe, mentre i repulsori sulla coda direzionale gli permisero di spiccare un salto ad un altezza di diverse centinaia di metri.
La compressione d’aria polverizzò l’isolato circostanti in un anello perfetto.
I reattori laterali sulle gambe e nei palmi si infiammarono nella fusione nucleare:
LineBarrelsfrecciò oltre la coltre di nembi immacolati, disegnando nel cielo due larghe sfrangiature di vapore condensato.
 
Sam sentì l’adrenalina pulsare nel corpo, alla vista surreale del panorama in costante rotazione, ripreso dalle pareti dell’abitacolo:
“Fantastico! Non avevo mia visto nulla da questa altezza!”
“Quello che puoi provare alla guida di una Machine non è paragonabile a nient’altro! Ma ora resta in guardia; a ore 6:00!” –lo avvertì Takashiro, all’interfono.
 
A trecento metri di distanza, dal basso, la n.83/SoundWave si configurò su una sembianza più vagamente antropomorfa; dal dorso dipartirono cinque torpedini incendiarie:
Saettarono confusamente nell’etere, tracciando lunghe scie di fumo bianco, come rigide pennellate di un pittore istrico su una tela azzurra.
 
Il robot materializzatosi dal nulla si strinse nelle spalle, volteggiando tra i razzi in un inebriante senso di capogiro.
Il pilota esultò galvanizzato:
“E’ una sensazione indescrivibile! Sto iniziando a prenderci la mano!”
“Non montarti troppo, ora!” – rise Casio – “Ricorda che per il momento è LineBarrel a fare la maggior parte del lavoro!”
“Ma non può certo fare tutto da solo, no? Dimmi un’arma che posso utilizzare!”
“Prova a colpire il nemico con il ‘Buster Slash’!”
“Ricevuto! BUSTER SLASH!!!”
 
La n.13 estrasse di lunghe spade dai foderi sugli avambracci, incrociandole.
Accelerò verso l’obiettivo, mentre quest’ultimo assunse nuovamente la forma orbitale, scansandosi a 25.000 km/h.
La Machine atterrò rovinosamente, sferzando a vuoto; lo spostamento d’aria divise in una croce regolare il grattacielo antistante.
Si voltò e decollò nuovamente.
 
I due automi si librarono sopra lo spazio urbano, in uno scambio di evoluzioni, senza colpo ferire.
Si separarono, planando sul gigantesco lago di acqua salata di Neo-Okinawa:
 
Le ali del satellite intelligente fendettero le onde, sibilando sulla superficie cristallina.
Parallelamente, la Buster Machine n.13 scivolò sull’aria, a pochi centimetri dallo specchio d’acqua.
“Muoviti, LineBarrel!” – lo incitò il ragazzo – “Trova un modo per colpire quell’affare!”
Una sezione di corazza sulla gamba destra del mecha si spalancò, rigettando una decina di granate termosensibili.
SoundWaveondeggiò rapidamente, lasciando che i proiettili lo superassero, esplodendo in acqua.
Si trasformò ancora, rallentando:
Dalle lenti ottiche azzurre partì uno sbarramento laser a capofitto verso il nemico.
Il LineBarrel dislocò lateralmente, mentre il Buster Barrage piegò ad angolo retto sulla superficie lacustre, continuando ad inseguirlo.
 
Sollevando una grande quantità d’acqua, l’Unità discese gradualmente in volata, fino ad inabissarsi, deviando i colpi.
 
“Quella Machine è troppo veloce per un combattimento a corto raggio: intercettala con l’Homing Laser e poi toglila di mezzo una buona volta! Io cerco di liberarmi di questo dannato Mostro Spaziale che mi blocca!” – gridò Casio, spazientito.
“Ci provo!”
 
LineBarrelriemerse con vigore dalle profondità, aprendosi un varco circolare tra i flutti, ed allargò i palmi delle mani:
Una miriade di sottili fasci luminosi si allungò da essi, intrecciandosi in aria.
 
Il satellite salì di quota, vorticando disordinatamente nel tentativo di schivare i vettori, prima che tre di essi gli trapassassero le parabole direzionali.
Fu costretto a portarsi nuovamente su due gambe, mantenendosi con difficoltà a mezz’aria.
 
“Coraggio, bello!” – Sam allungò una pacca alla cloche, mordendosi un labbro – “Vediamo se anche tu ne sei capace! BUSTER…
Il cella voltaica pettorale del robot convogliò energia luminosa.
…BEAM!!!”
La carica quantica esplose in un accecante raggio luminoso turchese, che trapassò in pieno il nucleo centrale della Buster Machine fuori controllo.
Il Buster Beam si estinse, lasciando un foro incandescente nel corpo della n.83, che esplose in una croce di luce bianca, i cui riflessi indorarono le acque del lago.
Sam deglutì, mentre lo stress iniziava ad abbandonarlo:
“Oh, è morto!”
 
Sulla terraferma, Dix-Neuf schivò un affondo della zampa acuminata del Mostro, diretto alla testa.
“Sembra che ci sia riuscito da solo…” – ansimò Casio – “…quel ragazzino è stato capace di muovere la n.13! Allora sarà meglio che mi sbrighi a chiudere la faccenda con questa bestiaccia!”
 
Scalciò via il ragno alieno gigante, che rotolò ad un kilometro di distanza.
 
“Il colpo di grazia: BUSTER HALBERD!!!!”
I segmenti del braccia sinistro della n.19 si allontanarono, rivelando una batteria di piccoli siluri.
I razzi si allontanarono verso il Mostro, radenti il suolo.
La creatura fece per sollevarsi dal suolo…ma il gruppo di mine a reazione esplosero tra gli arti e nel ventre, facendo esplodere in un mare di sangue violaceo.
 
Il Topless giapponese riprese fiato:
“Ecco fatto…sistemati.”
 
 
*   *   *
 
 
Poco dopo.
 
Le due Unità giganti atterrarono lentamente sulla riva del grande lago Hanjuku.
 
“Non posso crederci. Sei stato davvero sorprendente.” – Casio tese una mano all’improvvisato pilota della BM-13, aiutandolo a scendere dal cockpit toracico – “Erano più cento anni che LineBarrel si rifiutava di muoversi, ma sembra che abbia risposto alla tua Exotic Manoeuvre del tutto volontariamente.”
Sam respirò a fatica, faticando a credere a sé stesso:
“Dillo a me! Però…che giornata impegnativa! Ma è sempre così in Giappone?”
“Spero di sì!” – gli sorrise l’altro – “Altrimenti che divertimento c’è? Ad ogni modo…sembra proprio che tu sia un Topless, esattamente come me e molti altri. Immagino di non poterti obbligare a combattere ancora, ma…la FRATERNITY sarebbe orgogliosa di poter nuovamente vantare in campo la sua Buster Machine più potente.”
“In pratica mi stai chiedendo a far parte del Corpo d’Armata Topless?”
“In parole povere.”
Sam storse la bocca in una smorfia di finto dubbio:
“Beh…non saprei. Sarebbe un onore ma anche una gran brutta responsabilità…dovrei pensarci un po’ su.”
“Prenditi tutto il tempo che vuoi…”
“Ok…dammi una attimo per riflettere meglio, ok?” – il ragazzo si allontanò per un istante, sparendo dietro una siepe.
 
Si morse la lingua per non gridare d’euforia, ma l’emozione ebbe il sopravvento, mentre tirò un pugno in aria:
 

“Sì! Finalmente…SONO UN TOPLESS!”

 
   
 
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