Fanfic su attori > Coppia Downey.Jr/Law
Ricorda la storia  |      
Autore: manubibi    20/01/2012    1 recensioni
[COLLABORAZIONE CON SHADOWOLF] Mi stringo nelle lenzuola e nella coperta scaldate da una notte di sonno, rabbrividendo piacevolmente e sentendomi un po' un adolescente, con la voglia di tirarle sopra la testa e chiudere di nuovo gli occhi, affondare di nuovo nel sonno per almeno un'altra ora e mezza. Come quando andavo a scuola. (...)
Avverto qualcuno – lui – entrare nella stanza e sospiro piano, rincuorato dal fatto che sia ancora a casa, e non sia andato già a lavorare, come capita di solito. Che è una cosa che odio, anche se non gliel’ho mai detto.
Piccola one-shot con cambio di POV alternato.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Indicazioni per i POV: regular → Jude; bold → Robert.

 

Apro gli occhi improvvisamente, come dopo un incubo. Vedo le tende colorate ferme nella luce bianca del mattino, e se sbatto gli occhi per mettere a fuoco ne colgo anche il motivo ricamato. Mi stringo nelle lenzuola e nella coperta scaldate da una notte di sonno, rabbrividendo piacevolmente e sentendomi un po' un adolescente, con la voglia di tirarle sopra la testa e chiudere di nuovo gli occhi, affondare di nuovo nel sonno per almeno un'altra ora e mezza. Come quando andavo a scuola.
Solo dopo registro la presenza di un braccio che mi circonda mollemente la vita, un corpo che si muove impercettibilmente dietro di me, un respiro caldo che mi fa rizzare appena i peli sulla nuca. Rabbrividisco e sorrido appena, ricordando: certo, c'è Robert. Adesso la tentazione di richiudere gli occhi è ancora più forte, più persistente. Poi mi ricordo di un dettaglio: ieri notte gli ho promesso la colazione a letto. Sospiro, decidendo controvoglia che quindi mi alzerò dal nostro materasso morbido, invitante, caldo, per prepararla.
Appena scosto le coperte sento subito la temperatura cambiare sulla pelle, ma la cosa più difficile ora è liberarsi del suo braccio senza svegliarlo. Perché ha questo istinto inconsapevole di tenermi stretto, e nonostante sia un'abitudine piacevole per me, a volte torna svantaggiosa. Tipo adesso.
Prendo il suo polso, scostandolo delicatamente e sollevando un grugnito che mi farebbe sorridere, se non fossi così concentrato.
Può scoppiare la Terza Guerra Mondiale, ma Robert deve avere i suoi pancakes.
Trattengo il respiro, come se stessi disinnescando una bomba, riuscendo dopo qualche minuto a compiere l'operazione - hooray - senza smuoverlo troppo e mandare a monte il mio piano.
Mi alzo lentamente, mi procuro un paio di boxer nuovi e una maglietta, mi fiondo giù in cucina.

Sono in un bar, o sarebbe meglio dire un pub. Insomma, uno di quei posti piccoli, con i jukebox vecchi di trent’anni ormai accatastati contro le pareti, i tavolini di legno e il bancone lunghissimo di fronte. Il barista mi sta raccontando di quello che si dice in paese su di me, e del nuovo straniero che ho portato con me questa volta. Solo che al mio fianco non c’è nessuno. Mi chiedo dove possa essere, visto che dovrebbe star lì, a rigor di logica. Ma lui non sembra darci troppa importanza, e mentre mi versa un’altra birra – la prima che vedo, ma qualcosa mi suggerisce che ne abbia già mandate giù almeno un paio – continua a parlare intensamente, così veloce e fitto che faccio fatica a stargli dietro. Riconosco l’accento wasp, e capisco – più che ricordarmi – di essere probabilmente in un locale di Nantucket, Massachusetts. Avrebbe senso.
Torno a guardare l’uomo dall’altra parte del bancone, sforzandomi di starlo a sentire e non mandarlo al diavolo, quando all’improvviso qualcuno mi viene a sbattere contro, mandandomi con la faccia contro il legno e strappandomi un mugugno tra l’incazzato e lo scocciato per quell’inconveniente. Cerco di raddrizzarmi e volto la testa per vedere il responsabile di cotanto affronto, ma colgo soltanto il retro della sua figura, mentre si affretta fuori. “Figlio di puttana...” blatero, afferrando il manico del boccale e ricominciando a bere, mentre il barista comincia a profanarsi in scuse assai di circostanza prima di buttarsi a capofitto nel racconto della piega alquanto miserabile che la vita di quel tipo ubriaco e probabilmente sfortunato ha preso da qualche mese a questa parte.

Robert mi ha insegnato qualche mese fa come si facciano i pancakes, assieme ad una varietà di altre ricette Americane. Non li faccio spesso, più che altro perché in genere non ho nemmeno il tempo per farli, però stamattina siamo a riposo, mi sono svegliato presto ed è da tanto che non glieli cucino. Che poi, a sentirmi, mi si prenderebbe per una moglie. Strettamente parlando, non siamo ancora sposati, e comunque ho imparato anni fa che con dei figli per casa e nessuna compagna a farlo è meglio saper mettere insieme dei pasti decenti, e poi ho scoperto che effettivamente mi piace farlo. Sono un uomo che si diverte a cucinare: a volte succede.
Mentre l'impasto si scalda riesco anche a rompere altre uova e farle all'occhio di bue, così risparmio tempo. E no, ho finito il latte. Dio, Jude, due cose devi ricordare di ordinare in quantità industriali: uova e latte. Mi accontento di versargli un succo di arancia, prima di preparare il tutto sul vassoio che ho comprato - ah, sapevo che aveva uno scopo! - pochi giorni fa. Mi viene l'acquolina in bocca col profumo dei pancakes, quindi mi affretto di sopra, sperando che sia sveglio perché, onestamente, non voglio rimanere sulla soglia ad aspettare che si svegli prima di posargli il vassoio in grembo.
E Robert dorme per ore, se può. Ore, ed ore, ed ore. A pensarci bene, avrei dovuto aspettare. O no?

L’alcool sta facendo il suo effetto in corpo, e comincio a non poterne più della voce monotona e leggermente fuori corda del barista, così approfitto di un tale che viene a chiedere una bistecca per pagare la consumazione e infilarmi il cappotto, avviandomi verso l’uscita. Faccio per afferrare la maniglia della porta e tirarla quando mi immobilizzo sulla soglia. Un odore buonissimo e familiare mi si infila pian piano su per le narici, arrivando ben presto allo stomaco e facendomi venire l’acquolina in bocca.
‹‹ Pancakes... ››
Mi volto verso il bancone e chiedo al tipo – che ricordo improvvisamente chiamarsi Joe – che razza di orario sia per cuocere i pancakes. Ma la mia domanda è destinata a rimanere senza risposta, perché in quell’attimo esatto tutto l’ambiente circostante diventa di un bianco intensissimo, così forte che sono costretto a chiudere gli occhi per non rimanerne accecato.
Quando li riapro, davanti a me c’è la tenda colorata che copre la finestra, a sinistra del letto, ed io sono sommerso dalle coperte in un letto matrimoniale troppo freddo perché non ci sia qualcosa fuori posto. O un inquilino in meno.
Però l’odore di pancakes appena fatti è ancora lì, nonostante il sogno sia finito.

Arrivo sulla porta prima che i nostri cani decidano di infilarmisi fra le gambe e mettersi ad uggiolare perché loro sono i più avidi consumatori qui, e come previsto lo trovo ancora lì esattamente dove l'avevo lasciato, il che mi fa pensare che sia ancora addormentato, però provo comunque a girare attorno al letto, chissà che non riesca a svegliarlo con calma e delicatezza, invece di dover aspettare.
Lo trovo invece con gli occhi aperti e tiro un sospiro di sollievo - troppo flebile perché capisca qual era la mia preoccupazione reale - avvicinandomi a lui e sedendomi sul lato del materasso che avevo lasciato vuoto, ancora caldo, forse per i raggi del sole che filtrano prepotentemente dalle nostre ampie finestre. Lo guardo e sorrido, poggiando il vassoio sul letto, dove non può essere rovesciato, e mi chino a lasciargli un bacio sulla fronte, prima di parlargli piano.
« Goodmorning... Slept well? »

Avverto qualcuno – lui – entrare nella stanza e sospiro piano, rincuorato dal fatto che sia ancora a casa, e non sia andato già a lavorare, come capita di solito. Che è una cosa che odio, anche se non gliel’ho mai detto.
Rimango immobile fin quando non si siede sul letto, ed allora alzo gli occhi ad incontrare i suoi e gli sorrido di rimando, anche se una parte di me vorrebbe resistere alla tentazione e grugnire. Gli rotolo piano vicino e strofino il naso contro la sua gamba nuda, ridacchiando in silenzio e chiudendo di nuovo gli occhi, lasciando andare un piccolo sbadiglio.
‹‹ Mmm... We have to get drunk together in a Irish pub on St. Patrick Day, Jude… We didn’t last year, because of you, but this time around… you won’t be that lucky, my friend… We will dance on… Celtic music, it’s the best… ››
Mai cercare di avere una conversazione con me appena sveglio. Mai.

Lo ascolto per cinque secondi, capendo che è in uno stato di delirio post-sonno, mettendomi a pensare letteralmente alle pecore finché non ha finito, accarezzandogli la testa e sorridendo di più - sorridendo in un modo che so apparire quasi compassionevole - ma non posso farci nulla. Mi parla di pub irlandesi, consequenzialmente si parla anche di sbronze ed io alle nove di mattina non voglio sentir parlare di nulla di tutto questo. Non più, comunque.
« Sure. But for now, you've got breakfast. Remember, I told you yesterday... ?»
Scendo ad accarezzargli il viso, ridendo di questi comportamenti da cucciolo che sono tanto carini, specialmente quando ti sei speso a scendere dal cavolo di letto per lui. Mi fanno sentire considerato, ecco.
Vorrei baciarlo, ma sono sicuro di avere ancora un sapore orrido in bocca, che poi è la cosa che odio di più dell'alzarmi senza lavarmi i denti subito dopo. Apparentemente, odio molte cose. Soprattutto la mattina.

‹‹ ... Breakfast. ›› balbetto, realizzando tuttavia soltanto alcuni secondi dopo il significato di quelle parole.
‹‹ Breakfast! ›› esulto allora, spalancando gli occhi e aprendomi in un ampio sorriso, mettendomi a sedere e voltando lo sguardo seguendo il mio olfatto, azione che mi permette di intravedere il vassoio ai piedi del letto. Acquolina in bocca!
‹‹ You made breakfast! Is it, like, snowing outside, perhaps? ›› gli chiedo ridacchiando appena, ripetendo quella parola per la terza volta, e il momento successivo stringo le mie mani intorno al suo petto, lasciandogli un grande bacio sulla guancia e sorridendogli raggiante. ‹‹ Thank y-›› stavo per aggiungere, ma mi interrompo a metà, ricordando il vero motivo che l’ha spinto a quel gesto. ‹‹ -Oh. ››
Incrocio le braccia sul petto e metto su un’espressione tra il corrucciato e l’indisposto, cambiando il tono della mia voce prima di continuare. ‹‹ Thanks. ››

Sbatto le palpebre, come quando non capisco qualcosa e mi avvicino col viso, intenzionato a capire che gli prende. Gli accarezzo la testa, il collo, dove so che gli piace, perché bisogna ricorrere a questi mezzucci, chiaramente. Cosa che non dirò mai ad alta voce, comunque.
«Yes, breakfast» Ripeto per quelli seduti nelle ultime file. Gli sventolo una mano davanti e tento di ridacchiare per coinvolgere anche lui, rimanendo chiaramente di sasso quando tiene quella faccia e mi fissa con quell'aria seccata che non riesco mai a decifrare. «You like pancakes, don't you?» Riprendo, annuendo verso il vassoio cercando di suonare invitante. «And you like eggs. At least you did, last time I checked.»
Sorrido, punzecchiandogli un fianco. Se la mia strategia funziona, presto sorriderà anche lui. O mi dirà perché si è messo a fare il broncio.

Annuisco e getto una nuova occhiata alla colazione pronta ad attendermi ai piedi del letto, cominciando ad avvertire un certo languorino alla bocca dello stomaco. Perché ieri sera non ho mangiato quasi niente, e il pranzo l’avevo saltato, teso com’ero.
‹‹ Yeah, I do... ›› sospiro, salvo poi cominciare a ridacchiare mio malgrado quando inizia a toccarmi sul fianco, tentando in maniera molto vana di sottrarmi a quelle sue dita. Ovviamente è inutile data la nostra vicinanza.
‹‹ Oh, stoppit already... ›› blatero molto poco convinto, cercando di bloccargli la mano adesso, e alzando i miei occhi nei suoi, mettendo su un’espressione sempre corrucciata destinata a durare ancora meno.

Rido divertito e smetto quasi subito di fargli il solletico - non vorrei che si mettesse a calciare e mandasse la colazione letteralmente al tappeto. A proposito, prendo il vassoio e lo avvicino a noi, passandogli il suo bicchiere.
«Hope you're hungry... I am, actually. Preparing it, you know...»
Gli lascio un bacio sulla guancia, soffermandomi sulla sua pelle per annusarla. A volte approfitto anche di questo. Mi viene da pensare, completamente a caso, che questo è uno dei nostri periodi "buoni", e che ciò è positivo. Perché la nostra relazione, ho imparato, va semplicemente a periodi. Periodi di totale serenità e felicità dove tutto è perfetto, periodi nei quali sto così bene che mi sembra addirittura surreale. E poi ci sono i periodi più bui, che sono l'esatto opposto: rabbia, dolore, distanza, freddezza. Sono terribili, sono quelli in cui mi viene da pensare che è la volta buona che finisce tutto. Ogni volta che attraversiamo quei periodi guardo Robert e mi viene la voglia di scappare da qualche parte per smettere di soffrire.
Però poi penso ogni singola volta che succederà qualcosa che cambierà tutto da capo a piedi, e comincerà un altro periodo felice. Come, per l'appunto, quello che è iniziato da una settimana a questa parte. Ed è bello. È così bello che tira fuori una parte di me che non sapevo nemmeno esistesse, prima di lui. Probabilmente l'ha creata lui, forse sono abitudini nuove che ho preso da lui. Per esempio, non ridergli in faccia all'idea di portargli la colazione a letto come ora. Anzi, l'ho trovato perfettamente normale, e questo è un buon segno. Significa che sto abbandonando quella fissazione continua per la segretezza e la discrezione nel nostro rapporto.

‹‹ ...It’s been a day since I had a decent meal. ›› gli rispondo, annuendo ed abbassando gli occhi sul vassoio, che manda una colonna di fumo bianco particolarmente invitante. Prendo il bicchiere che mi sta passando e lo rimetto al suo posto, scuotendo la testa e lanciandogli una rapida occhiata: ‹‹ Later. ››
Gli sorrido piano e avverto dei piccoli brividi percorrermi la pelle, tanto che mi viene da stringermi nelle mie stesse braccia, resistendo all’impulso di rimettermi sotto le coperte. ‹‹ Cooooold... ›› mugulo, e l’istante dopo mi accoccolo contro di lui, chiudendo gli occhi e nascondendo la faccia contro la sua maglietta. Ci sono due momenti della giornata in cui davvero regredisco ad uno stato infantile: il risveglio, e la notte. Per il resto, può capitare di tanto in tanto lungo il corso delle ventiquattro ore, oppure mai, ma quei due sono tipo i capisaldi della mia vita. Ragion per cui ora mi comporto come un bambino di otto anni, magari che non vuole andare a scuola, o alla preghiera domenicale, e sta lì in attesa di coccole come incentivo per scendere da quel letto così comodo ed invitante che dipendesse soltanto da lui probabilmente non abbandonerebbe mai.

Ridacchio piano, accarezzandogli la testa come fosse un gattino e sospirando piano, come ogni volta che fa queste cose. So benissimo che il torpore mattutino e la sensazione di stare ancora dormendo sono potenti in questi momenti, perciò rimango in silenzio, perfettamente consapevole che il mio uomo ha quasi cinquant'anni ma continua a comportarsi come un bambino, a volte. Il che è stato sconcertante i primi tempi, specialmente quando credevo che quel comportamento fosse solo per divertire il pubblico, e invece poi ho scoperto che soprattutto nel privato è davvero così. Ora non mi stupisce più e so perfettamente come prenderlo: come quando Rudy non voleva alzarsi per la scuola. Mi metto a sussurrare, dopo un po', in un tono che spero sia convincente.
« Come on, baby... »
E poi mi metto a canticchiare senza motivo, giusto perché mi è venuta in mente una canzone. « It's a new dawn, it's a new day, it's a new life for me... And I'm feeling good.»
Ridacchio di nuovo, con il solito imbarazzo di cantare davanti a lui che ha una voce molto più bella della mia.

‹‹ Mdon’t laugh at me... ›› sbadiglio, strofinando il naso contro la sua pancia e restandomene lì per qualche minuto buono, cercando blandamente di convincere il mio cervello a rimettersi in moto, seppur controvoglia. Ed in effetti fosse per quell’ammasso grigiastro non ce la farei prima di un’ora a quella parte, a riaprire gli occhi. Però poi lui si mette a cantare e d’improvviso sono sveglio, come se mi fosse scattata una piccola molla da qualche parte dentro di me.
‹‹ This must be another dream then... ›› esordisco, staccandomi da lui ma poggiando il mio sguardo sul suo viso, sospirando piano prima di continuare. ‹‹ Too many great things all together. ›› E di nuovo, l’odore dei pancakes si insinua su per le mie narici, e mi costringe a guardarli, come se ne venissi magneticamente attratto. Probabilmente in questo momento il controllo delle mie azioni è passato dal quartier generale situato nella mia testa a quello secondario di stanza nel mio stomaco.

Mentre rimane in silenzio continuo ad accarezzargli la testa, scendendo ogni tanto lungo la schiena, cancellando i pensieri dalla mente giusto per immergermi nell'odore dei nostri corpi che sale dalle lenzuola e poi in quello dei pancakes che probabilmente ora saranno anche freddi. Ci sono quei momenti di vuoto e assenza in cui non penso a nulla in particolare ma mi limito a godermi la presenza del suo corpo accanto al mio, la consistenza della sua pelle un po' umida; in cui passo ad accarezzargli le braccia con le dita che passano lievemente sulla peluria, cercando di dargli qualche brivido, anche solo di solletico. Poi quando parla mi riscuoto, guardandolo di nuovo e sghignazzando.
« I'm not laughing at you... » Dico, passando le mani fra i suoi capelli, giocandoci un po', per poi notare che gli è venuta voglia di mangiare. Finalmente quel vassoio ha uno scopo...
« Hungry? »

‹‹ ... You are. And I am. ›› annuisco, lasciando andare l’ennesimo piccolo sbadiglio e avvicinando il vassoio ancora di più, poggiandomelo sulle gambe e riflettendo su cosa addentare prima. Le uova, probabilmente. Mi chiedo se ci sarà riuscito, stavolta, a farle cuocere al punto giusto. Perché di solito le fa troppo cotte per come piacciono a me, e anche se ho sempre taciuto di questa mia lieve preferenza ho cercato di insinuargli il pensiero nel cervello, attraverso parole a mezz’aria ogni volta che casualmente si finiva sull’argomento.
‹‹ Good morning ›› dico senza apparente motivo, come per augurare una buona colazione. Poi senza pensarci su altro tempo afferro la forchetta e comincio a mangiare.

Lo guardo, sospirando senza motivi particolari e ritrovandomi a provare di nuovo quella sensazione. Quella che mi coglie in momenti casuali, quando viviamo un gesto abitudinario. O meglio, che è diventato abitudine senza che ce ne accorgessimo. Mi rilasso, senza pensare davvero coerentemente, ma solo con un piccolo balzello al cuore, ricordando come solo un anno fa mi sarei solo sognato una situazione del genere. Quando Robert era ancora con Susan, quando ci vedevamo di nascosto, quando il lavoro ci teneva lontani ed io non credevo davvero in questa storia. Quando la relazione fra noi, per me, significava principalmente disagio e stupore continuo, quando ogni gesto mi faceva provare un lieve senso di imbarazzo. Ed ora cose come mangiare insieme sono normali, non ci penso più, è come se stessimo assieme da decenni, ed invece è davvero da poco. Lo guardo mangiare, e mi ritrovo con la parvenza di un sorriso.

All’inizio non mi accorgo del suo sguardo su di me, il che la dice lunga su quanto io sia affamato, in effetti. Solitamente non passano trenta decimi di secondo prima che una piccolissima scarica mi dia sentore di quanto sta capitando, ed io alzi i miei occhi per incontrare i suoi. Stavolta invece no, perché appunto, la mia pancia pretende di essere saziata a dovere prima di far funzionare qualsiasi altro meccanismo che non comporti il lavoro sincronizzato di bocca, gola e condotti interni vari. È solo quando ho fatto sparire completamente l’uovo che, fermandomi per un attimo per tenere quel gusto così tanto caro al mio palato, sento il familiare pizzicore propagarsi dalla base della nuca ad entrambe le braccia. Volgo lo sguardo alla mia destra ed eccola lì, la fonte. Che mi osserva, in tutto il suo splendore. Rimango in silenzio e sorrido un pochino, come al solito catturato nella morsa magnetica dei suoi occhi.

Mi accorgo che mi sta guardando, cancellando quelle digressioni dalla mia stupida testa, riprendendo contatto con la realtà. Sorrido, perché a volte succede. Non mi viene nemmeno da chiedergli se gli sia piaciuto il cibo, perché ormai sono così abituato a cucinare per lui che non è nemmeno una novità, e non mi va di chiedere ogni volta. Perciò mi limito a guardarlo, avvertendo qualche brivido perché no, quegli sguardi che ci scambiamo non hanno nulla di monotono o abitudinario, sono sempre nuovi, in un certo senso.
Mi limito a lasciargli un bacio sulla punta del naso, che si piega appena. Sorrido di più, rendendomi conto che da fuori potremmo sembrare così melensi da dare la nausea.
Chi se ne frega, onestamente.

‹‹ ... Weren’t you hungry? ›› gli chiedo mentre si china appena su di me, ridacchiando e cercando subito dopo i suoi occhi, di nuovo. Poi senza aspettare risposta taglio un pezzo dei pancakes con la forchetta e lo infilzo, avvicinandoglielo alla bocca e spingendo con gentilezza contro le sue labbra, continuando a guardarlo, cercando di mantenere un’espressione impassibile, nonostante vorrei scoppiare a ridere.
‹‹ Toc toc, there’s someone at the door... ›› cantileno, e una parte molto remota del mio cervello si rende anche conto di star facendo la stupida. Ma è talmente in minoranza che non basta a farmi smettere. Senza contare che mi diverto un sacco, perché la persona che mi sta di fianco, al mio contrario, è adulta e si comporta da tale. Il più delle volte, almeno. Molto di meno da quando stiamo insieme, probabilmente.


Lo guardo rimanendo in silenzio, rendendomi conto perfettamente del gioco e decidendo di giocare, mangiando del pancake che modestamente mi è venuto anche meglio del solito. Sarà che ci ho messo più sciroppo. Sorrido lievemente, accarezzandogli di nuovo i capelli e ridacchiando senza motivo - ce n'è bisogno? Io dico di no - mentre gli accarezzo il viso, lasciandogli un altro bacio, stavolta sulle labbra. Sento qualche brivido lungo il corpo, ma non ci faccio più caso: sono brividi caldi e piacevoli, arrivano dritti dentro al petto, mi ricordano che sono sveglio e che c'è qualcuno accanto a me a darmi queste sensazioni.
Che poi sia un mezzo pagliaccio non fa nulla: io lo amo così.

Lo osservo mentre prende nella sua bocca quel pezzo in sciroppato e mi scatta un piccolo sorriso sul viso, destinato a divenire sempre più ampio quando finalmente si decide a baciarmi le labbra. Lui non lo sa, ma è quella l’arma vincente per svegliarmi. Basterebbe quella a farmi spalancare gli occhi e rendermi pimpante, seduta stante. Ma ancora non l’ha capito, ed io non ho intenzione di dirglielo, almeno per ora.
Abbandono la forchetta nel piatto, distrattamente, senza guardare, e gli poso l’altra mano sulla guancia, sospirando dolcemente e ricambiando l’affetto, muovendomi inconsciamente più vicino a lui, annullando la già misera distanza che separava i nostri corpi.
‹‹ Good morning... ›› gli sussurro in punta di labbra, e so che sta sorridendo.



NdA: Sono felicissima. Abbiamo scritto di nuovo insieme \o\ (A grande richiesta u_u) Era da tanto che non lo facevamo, ed è sempre divertentissimo ed inspiegabilmente finiamo per scrivere robe lunghissime x'DDD (la forza dell’abitudine *cough cough*) Questo tipo di fic lo abbiamo sperimentato un anno fa, e abbiamo capito che ci divertiva, quindi... Beh, ho proposto di nuovo di farlo e la mia socia ha accettato.
Questa fic si basa sul roleplay che facciamo su Facebook come Robert e Jude, sul quale non c'è molto da dire qui: vi basti sapere che nel nostro "universo" Robert e Jude vivono assieme su un'isola del Massachusetts, hanno due cani, pianificano il matrimonio e presto avranno un bambino. E questo qui è solo un momentino rubato a quel "verse", che chiaramente si è stiracchiato per più di 3k parole "XD (e poteva andare mooooolto peggio xD) Ma è sempre così, con noi due. Mi dispiace se è venuto eccessivamente lungo, ma cercate di capirci x'D

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Coppia Downey.Jr/Law / Vai alla pagina dell'autore: manubibi