La fine
L’operaio
stava faticosamente stringendo i bulloni che avrebbero
mantenuto in sede il grosso palo di due metri. Sotto di lui, un collega
manteneva salda la scala, mentre intorno altri operai armeggiavano con
pali,
corde e montacarichi, intenti a ripulire la zona dai resti della
vecchia
recinzione e ad installare quella nuova.
A qualche metro da
loro, sia fuori che dentro la recinzione, due
squadre di soldati tenevano d’occhio la vegetazione e
l’interno della colonia:
al momento si segnalavano ancora vari carnivori all’interno
del perimetro, per
cui la minaccia poteva provenire da ogni lato.
La ricostruzione
procedeva a fatica: le batterie dei mezzi si
stavano rapidamente esaurendo, e il razionamento dell’energia
non permetteva di
ricaricarli. Due trasportatori, con le batterie già
scariche, giacevano a poca
distanza dall’area delle operazioni, in attesa di una
ricarica che al momento
non poteva arrivare.
-“Fate
presto con quei pali!”, gridò il capocantiere,
“ci restano
solo tre ore di luce, e dobbiamo completare almeno la recinzione
esterna!”
Ma il lavoro era
lento e difficile: solo per trasportare i nuovi
pali a piedi dal magazzino, per risparmiare energia, occorrevano 30
minuti per
ciascuno, impiegando quattro uomini. Ma non si poteva fare
diversamente, perché
il sollevamento dei pali fino a 10 metri di altezza non poteva invece
essere
fatto a mano, occorreva per forza servirsi dei mezzi a batteria, quindi
bisognava centellinarne l'energia.
Le cose al campo
eolico non andavano meglio.
-“Non ne
caveremo niente”, esclamò rassegnato
l’ingegnere dopo
aver ispezionato i resti delle torri eoliche. “Sono troppo
danneggiate, non
possono essere riparate. Dovranno essere ricostruite da zero. Ci
vorranno
mesi.”
-“Non
possiamo lasciare la colonia senza energia per mesi!”,
protestò fiaccamente l’uomo
accanto a lui.
-“Non posso
farci niente. Andiamo al campo solare”, tagliò
corto.
Si sistemarono sul
mezzo e partirono alla volta del campo solare.
Largo 400 metri e
lungo 800, il campo solare poteva contare su una
potenza di 30 Megawatt; ma si trattava solo di teoria: al momento, una
buona
parte dei pannelli giaceva ancora nei magazzini, pronti ad essere
installati
sulle impalcature già montate. Mentre di quelli
già installati, solo un 10% era
già collegato al sistema di batterie.
L’auto si
arrestò davanti alla nuvola di polvere che aveva creato
correndo lungo il viale. I due uomini ne scesero e si avviarono verso
una delle
impalcature.
Il mezzo con gli
operai li raggiunse poco dopo.
Per una volta, la
fortuna sembrò essere dalla loro: un enorme
rotolo di cavo elettrico avvolto su quello che sembrava il rocchetto di
filo di
una gigantesca sarta giaceva appoggiato all’impalcatura, ed
alcuni metri di
cavo già installato erano ben visibili. Almeno 20 kW,
giudicò ad occhio
l’ingegnere capo, erano già disponibili per essere
erogati alle batterie.
-“Faccia
collegare queste quattro stringhe all’impianto”,
ordinò
l’ingegnere al capo cantiere. "Dovrebbe bastare almeno per
poter fornire
energia al Comando e all’Infermeria."
Johnson, il capo
cantiere, diede le direttive ai suoi uomini.
-“Il resto
degli uomini lo metteremo ad installare i cavi e i
pannelli mancanti. Se tutto va bene, dovremmo riuscire a rendere
disponibili almeno
100 kW al giorno dei pannelli già installati. Per installare
i rimanenti
potremmo cavarcela in una settimana”
-“Molto
bene”, disse Johnson, e si avviò verso i suoi
uomini a
diramare ulteriori ordini.
-“Mi tenga
informato, sono sul canale 2”, disse infine
l’ingegnere
risalendo sul mezzo e allontanandosi.
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-“Questa
birra fa schifo proprio come la ricordavo”,
esclamò Mira
prendendo un sorso dal boccale.
-“Per la
verità, tecnicamente non è nemmeno
‘birra’: vuoi sapere
con che cosa la faccio?”, ribattè ghignando Boylan
in piedi accanto a ley col
vassoio in mano.
-“No
grazie. Preferisco fingere che sia di puro malto…”
Gli uomini al tavolo
vicino rivolgevano sguardi torvi alla donna,
intenti a bere le loro pseudo-birre preistoriche.
-“Che hanno
da guardare quelli là?”, chiese mira a Jim davanti
a
lei, senza guardare gli uomini.
-“Credono
che tutto questa confusione degli ultimi giorni sia
unicamente colpa tua”, spiegò. “E non
gli va molto a genio di vederti a bere
tranquillamente al bar, mentre dovresti startene al fresco”
-“E dove?
Non ci sono prigioni, a Terra Nova!”, lo schernì
la
donna.
-“Già.
Sembra che dovremo riportare in auge quell’antica
tradizione dei lavori forzati…”,
ribattè Jim.
Se Mira era
preoccupata all’idea di doversi mettere a fare lavori
pesanti per ripagare il suo debito con la
società, non lo diede a vedere.
-“Già”,
si limitò a dire prendendo un altro sorso e scrutando i
segni incisi sul tavolo da molti uomini pensierosi prima di lei,
immersa nei
suoi pensieri.
-“Lo sai
che non posso lasciarti libera di andare dove ti pare,
dopo tutto quello…. tutto quello che hai causato alla
colonia! La gente…”
-“Tu dimmi
solo che cosa devo fare, e lasciami in pace!”,
ringhiò
quella sbattendo il boccale sul tavolo.
-“Bisogna
fare piazza pulita di carnivori nella colonia”, rispose
allora brusco Jim. “E anche se non mi va a genio che tu e i
tuoi uomini ve ne
andiate in giro armati per Terra Nova, Taylor dice che siete i
più qualificati
a farlo, vista l’esperienza che avete accumulato nella
giungla in questi anni.”
Quel nome riscosse
Mira dai suoi pensieri fatti di giornate
passate a spaccarsi la schiena nei campi sotto il sole, a scavare
latrine, a
cacciare carnotauri in giro per la colonia, e guardò Jim
negli occhi.
Ci fu qualche secondo
di silenzio mentre i due si scrutavano senza
dire una parola.
Poi Mira
abbassò di nuovo lo sguardo e tornò alla sua
birra.
-“Vado a
radunare i miei uomini”, disse poi facendo per alzarsi,
per tagliar corto.
-“Sta
bene”, le disse allora Jim osservandola perplesso mentre si
allontanava. “Almeno, considerando quello che gli
è successo. Mia moglie dice
che ha un fisico molto forte: invece che in un mese, forse si
rimetterà in un
paio di settimane”
Mira si rimise a
sedere, fissando Jim negli occhi, e prendendo di
nuovo il boccale tra le mani, scrutandone il fondo come se cercasse di
leggere
il futuro nei fondi di una tazza di tè, corrugando le
sopracciglia.
-“Cosa gli
è successo?”
-“L’esplosione
l’ha un po’ sballottato. I cicatrizzatori lo hanno
dovuto ricucire per benino. Perché ti interessa? Credevo che
lo odiassi.”
-“Io non
odio nessuno. Ho fatto quello che dovevo fare”, disse
ripensando alla sua bambina e al ricatto. “Anche se non
è servito a niente.”
-“Già.
Taylor dice che tu fai sempre
quello che si deve fare. Sembra quasi che ti
ammiri…”
Lasciò
quelle parole in sospeso, cercando di interpretare
l’enigmatica espressione di Mira. Ma non riuscì a
cogliere niente.
-“Dov’è?”,
chiese con voce atona.
-“E'
all'infermeria. E la dottoressa – mia moglie – ha
detto che
non deve affaticarsi, altrimenti potrebbero volercene ben
più di due settimane”
-“E
così adesso comandi tu.”
-“Qualcosa
in contrario?”
-“Non mi
interessa chi comanda. Mi interessa solo sapere quali
sono i miei compiti.”
-“Ti
accontento subito: intanto stanami quei mangia-persone; poi,
una volta che tu e i tuoi uomini avrete finito, mi riporterete le armi,
e le
scambierete con vanghe e badili. C’e’ da
ricostruire mezza colonia.”
-“Tutto
qui.”
-“Non mi
servi a niente seduta su un divano a mangiare pane e
acqua. Abbiamo bisogno di tutte le risorse possibili.
L’inverno si sta
avvicinando, e avremo sempre meno luce a disposizione per lavorare,
senza
contare il calo delle temperature. Entro un mese, due al massimo, Terra
Nova
dovrà essere completamente operativa.”
-“Io so
usare le termoscavatrici elettroniche”.
-“Cosa?...”
-“Quegli
affari che Lucas ha portato per spremere come un limone
questo posto. Possono essere programmate per lavorare automaticamente,
ma
possono anche essere controllate manualmente, con risultati molto
migliori – i
computer passano troppo tempo a fargli setacciare la roccia alla
ricerca della
più piccola particella di minerale.”
-“Ti stai
offrendo di partecipare agli scavi alle miniere?”
-“Partecipare?
Io sono un ufficiale: sarò io a dirigere gli
scavi.”
-“Tu…
E se io non fossi d’accordo?”, chiese Jim sulla
difensiva
appoggiandosi allo schienale a braccia conserte.
-“Puoi
sempre pilotarle tu e dire ai tuoi uomini dove scavare e
come usarle.”
A Jim non piaceva
essere ricattato… ma si stava mettendo male per
la colonia, e qualunque aiuto in più sarebbe stato prezioso.
-"Dovrò
parlarne con Taylor"
-"Fa' come vuoi", e
fece di nuovo per alzarsi.
-"E adesso dove stai
andando?", chiese Jim.
Mira
si fermò, dandogli le
spalle. Non le era stato ancora assegnato nessun alloggio. Jim si
diresse verso
la porta passando vicino alla donna.
-"Seguimi", le disse
senza voltarsi.
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Josh
incontrò Hunter mentre prendeva a calci i sassi del viale
tornando nel suo alloggio.
-"Ehilà",
gli disse Hunter vedendolo arrivare.
"Ehi", rispose Josh
senza troppo entusiasmo e
continuando per la sua strada.
-"Beh?
Cos'è quell'aria da funerale?", gli chiese Hunter
sorridendo.
-"Lasciamo perdere,
Hunter, non è aria", gli rispose
bruscamente il ragazzo.
-"Uho uho, pace
fratello!!", scherzò Hunter alzando le
due dita in segno di pace. "Io devo solo portarti un messaggio!"
-"Che messaggio?!?",
disse allora Josh fermandosi.
-"Skye. Da quando la
conosco, non l'avevo mai vista piangere…
finchè non sei arrivato tu!". Quella "coincidenza" era
venuta in
mente ad Hunter solo in quell'istante, prima non aveva realizzato bene
la
gravità della situazione.
-"Piangere…
Ma io…?"
-" 'Tu' sei un
idiota, dice lei. E io non posso che darle
ragione.", insistette Hunter punta dogli un dito in faccia.
-"Non so cos'hai nel
cervello, per non essertene accorto,
amico. Tu le piaci",
continuò
puntandogli ancora contro quel fastidiosissimo dito molto accusatorio.
-"Ma io….
Dov'è adesso?"
-"Te l'ho detto: se
ne sta lì a piangere, a casa nostra. Le
ho detto che ti avrei parlato… e che se non avessi capito,
ti avrei picchiato", lo
ammonì Hunter.
"A quanto pare purtroppo hai
capito", continuò, "quindi non ti posso
picchiare… per ora. Ma se la
fai soffrire ancora…". Il silenzio di Hunter fu minaccioso
ed eloquente.
-"Soff…
No, io… Grazie, amico mio!".
Gli diede una pacca
su una spalla e corse da lei.
La trovò
inginocchiata in giardino che sistemava quello che
sembrava un piccolo orto. Lei sentì i suoi passi sul
brecciolino e si voltò.
Aveva la faccia tutta sporca di terra, il che metteva ancora
più in risalto
il fatto che avesse pianto.
Si alzò in
piedi, tentando di pulirsi le mani terrose sul
grembiule che indossava, non sapendo bene cosa dire mentre guardava
Josh, e
cercava di asciugarsi gli occhi con le maniche della maglietta.
Tentò di
assumere un'espressione distaccata e indifferente, ma le
lacrimavano gli occhi ed era costretta a sbattere le palpebre
ripetutamente per
non darlo a vedere.
Josh non disse
niente: si limitò ad avvicinarsi, a passarle la
mano destra dietro i fianchi torniti nascosti sotto la veste "da
giardino", e ad avvicinarla a sé. Poi la baciò
teneramente sulla bocca.
Lei si
lasciò andare ed assaporò quel momento che
aspettava da
tanti mesi. Si sentì improvvisamente abbandonare, per la
prima volta da molto
tempo, da quel senso di solitudine e di abbandono che l'aveva presa
quando i
suoi erano morti, e che non l'aveva mai abbandonata del tutto nemmeno
quando
aveva scoperto che invece sua madre era ancora viva.
-"Ti… ti
ho sporcato questa bella felpa…", balbettò poi
sorridendo
tra le lacrime dopo che l'ebbe baciato. Con le mani terrose aveva
lasciato
delle grosse macchie sulla felpa del ragazzo, che invece di rispondere
sorrise,
e la baciò di nuovo. Poi la prese in braccio. Lei
mandò un gridolino, colta alla
sprovvista, e le se aggrappò al collo, mentre lui saliva le
scale.
-"Che fai???",
sorrise lei, capendo in realtà benissimo
quali erano le sue intenzioni. Ma non protestò, mentre lui
entrava in casa e la
adagiava sul letto.
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-"Non
c'è niente da fare, gli indizi portano tutti nella stessa
direzione… per quanto
assurda possa sembrare!", concluse Malcolm.
Era
in riunione nel suo laboratorio insieme a Jim, Taylor e Maddy. Ancora
zoppicante e costretto a camminare sorreggendosi ad un bastone, il
comandante
non aveva voluto sentir ragioni, quando la dottoressa gli aveva detto
che
sarebbe dovuto restare a letto per un'altra settimana.
-"Non
se ne parla", aveva tagliato corto. Si era letteralmente strappato di
dosso i sensori, era sceso dal letto, e aveva tentato di
alzarsi… ma sarebbe
caduto a terra, se non ci fosse stata la dottoressa a sorreggerlo.
-"Comandante!...",
aveva detto lei, ma lui l'aveva zittita con un'occhiataccia. "Questa
andrà
benissimo", disse poi lui afferrando una stampella lì
vicino, destando lo
stupore del signor Lester che giaceva nel letto accanto. Liz
cercò di
giustificarsi con un'espressione di rassegnazione, mentre Taylor,
facendo leva
sulla stampella, si alzò e andò a vestirsi.
-"Comandante,
come suo medico sono obbligato a raccomandarle nel modo più
assoluto di tornare
a letto e di restarci fino a quando le avremo dato il permesso di
andarsene…"
-"Molte
grazie, dottoressa, lo terrò a mente", disse mentre si
vestiva dietro al
paravento. Due ore dopo era in riunione nel laboratorio.
Taylor
aveva visto giusto: la situazione era strana, inconsueta e anche grave,
e c'era
bisogno di tutte le menti migliori della colonia per uscirne. Per
questo si
trovava lì riunito con i suoi esperti.
-"Una
razza evoluta e civilizzata di dinosauri, con un culto dei morti, una
scrittura,… e addirittura una tecnologia?!?", chiese Taylor
sbalordito a
Malcolm.
-"Forse
non 'tecnologia' come la intendiamo noi – non hanno ancora
scoperto
l'elettricità – ma sono abbastanza evoluti
da… bè, da aver iniziato anche loro
ad inquinare l'ambiente in cui vivono. A quanto pare la fonte della
contaminazione dell' East River non è altro che lo scarico
fognario della Città
Degli Slasher!"
-"
'Scarico fognario'??? 'Città!?!"", chiese incredulo Jim.
-"Proprio
così papà", confermò Maddy armeggiando
sul plexpad per mostrare sullo
schermo della sala le varie immagini.
-"Queste
sono le registrazioni del trasporto fatte quando siete andati alle
cascate.
Vedete?", si rivolse poi agli altri. "Quei 'sassi colorati' che Zoe
ha raccolto, non sono naturali, e non erano lì per caso."
Le
immagini dall'alto mostravano una composizione di linee e colori che
nulla
lasciavano al caso; sembrava una sorta di quadro, ma anziché
fatto di colori ad
olio era composto da milioni di sassetti colorati disposti a formare
dei
disegni, una sorta di enorme mosaico. Le foto ravvicinate scattate al
momento
dell'atterraggio mostravano che i sassi erano di varie dimensioni, e su
quelli
più grossi, come era stato possibile constata tre grazie ai
"campioni"
raccolti da Zoe, erano incise delle parole e dei segni, del tutto
analoghi a
quelli trovarti scritti nel diario di bordo trovato nella nave fossile.
-"Queste invece le
hanno scattate i droni che abbiamo mandato
in esplorazione"
Le immagini sullo
schermo cambiarono: ora mostravano quello che
sembrava un villaggio di capanne; un grosso villaggio: stando alla
scala
indicata sullo schermo, si estendeva su una superficie di 4 click per
3. Si
riuscivano a distinguere capanne rettangolari, tonde e triangolari,
alcune grandi,
altre più piccole, e un'intricata rete di strade che le
metteva in
comunicazione. L'intero villaggio era circondato da quella che sembrava
una
recinzione, ma che ad un esame più ravvicinato si
rivelò essere una boscaglia
fittissima e impenetrabile.
-"Quelli cosa sono?
Sembrerebbe… sembra un altro
villaggio…?"
-"Quello è
l'accampanento dei Sixers", spiegò Jim.
"Si trova solo a un paio di click dall'accampamento degli slasher, ma a
quanto pare non ne sapevano niente: il fatto che quegli strani esseri
abbiano
deciso di riparare il loro villaggio mediante un recinto di alberi
anziché di
pali, probabilmente è stato il motivo per cui non sono mai
stati scoperti
finora. A parte questo ingresso a sud-est", disse Jim indicando un
punto
sulla mappa, "non ci sono altre vie di accesso visibili alla
città.
Probabilmente sia i sixers che i nostri si sono imbattuti
più di una volta nel
'recinto', ma lo avranno semplicemente scambiato per vegetazione troppo
fitta,
e si saranno limitati ad evitarla."
-"Davvero geniale".
-"Già. Ma
c'è dell'altro…", annunciò Maddy,
attirando su
di sé gli sguardi di tutti. "Il computer ci ha lavorato su
per diversi
giorni, ed ha tirato fuori un'ipotesi che, secondo lui, è
probabile
dall'87%"
-"Un'ipotesi a
proposito di che??", chiese Taylor, guardando
stupito anche Malcolm, che però lasciò che Maddy
continuasse.
-"Be' ", disse lei
mostrando nuove immagini sullo
schermo. Adesso si vedeva un'immagine presa da almeno 1000 metri di
altezza,
che mostravano tutta la "zona conosciuta" intorno alla colonia, dalla
Piana Salata fino alla spiaggia. "In sostanza il computer dice questo:
le
navi dove abbiamo preso il diario di
bordo sarebbero state pilotate, in tempi molto antichi, da
antenati degli
stessi slasher. Proprio così.", continuò tra lo
stupore degli astanti,
"Sono una civiltà molto antica, anche se non molto
progredita.
Probabilmente la loro evoluzione non è stata rapida come la
nostra perché non
lineare, ma ha avuto alti e bassi. L'ambiente attuale è
molto più ostile di
quello del XXII secolo, e lo era ancor di più in tempi
passati. Credo che,
studiando la loro storia, troveremo tracce di molteplici cadute e
rinascite di
varie civiltà."
-"Studiare la loro
storia?", interruppe Jim.
-"Già",
intervenne Malcolm. "Adesso che sappiamo
gli uni dell'esistenza degli altri, difficilmente potremo andare avanti
ignorandoci: potremmo finire, involontariamente, per entrare in
conflitto, come
già abbiamo rischiato recandoci alle cascate, che per loro
sono un luogo sacro
e inviolabile. Se vogliamo convivere pacificamente, dovremo imparare a
conoscerli, e dovremo fare in modo che loro conoscano noi. Forse
potremo
addirittura allearci con loro: mettendo insieme le loro conoscenze
dell'ambiente e le nostre tecnologie, potremmo forse permettere alla
prossima
civiltà di continuare ad evolversi in modo più
lineare, quindi più in
fretta."
-" 'La prossima
civiltà", ripetè Maddy mormorando.
"Sembra così irreale…"
-"Invece è
reale e concreto, ragazza mia. Siamo venuti qui
per ricreare la civiltà umana. Invece creeremo una
civiltà nuova, unendo gli
aspetti migliori di ben due
civiltà.
Se è vero che risolvere un problema è
più facile osservandolo da due punti di
vista diversi, affrontare il mondo mediante due civiltà
diverse non potrà che portare dei vantaggi per tutti."
Tutti quanti
guardavano ora Taylor, che agli occhi di tutti
appariva ora di nuovo come gli era apparso la prima volta che erano
giunti su
Terra Nova: la loro unica guida, l'unico che potesse dire loro come
fare e cosa
farlo per garantire la prosecuzione della civiltà. Sarebbe
stato un compito ben
difficile amalgamare due civiltà e farle vivere in pace ma,
lo sapevano, con
Taylor alla loro guida ci sarebbero riusciti.
E sarebbero forse
riusciti, tutti insieme, a raggiungere un
livello di evoluzione tale da permettere loro di diventare padroni del
loro
destino di lì a 20 milioni di anni, quando li attendeva
l'irrevocabile
appuntamento con l'asteroide del destino.
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Leah correva sul
prato del vasto giardino inseguendo il fratellino,
che le aveva rubato il pupazzo a forma di triceratopo regalatole da
Zoe. La
bambina riuscì con uno scatto ad afferrarlo per i piedi,
realizzando un vero e
proprio placcaggio. Il bambino rovinò a terra, perdendo la
presa sul pupazzo
che andò a rotolare fino ai piedi della veranda. Mira si
chinò a raccoglierlo e
lo guardò sorridendo, mentre Leah correva da lei, seria e
arrabbiata,
lamentandosi che il fratello gli rubava sempre le cose.
-"Su, non litigate",
disse Mira mentre sopraggiungeva
Taylor e le cingeva la vita con un braccio. "Chiederemo a Zoe se vuole
farne un altro anche per te Sam, va bene?", disse Mira rivolta al
bambino.
Il sole stava ormai
tramontando, sull'alba di una nuova umanità.