La prova
'Correre, correre ed
ancora correre!'
Con quest'unico pensiero
attraversavo la boscaglia sfrecciando come una posseduta. Non mi
curavo degli arbusti lungo lo stretto sentiero che mi ferivano le
gambe né degli insetti sul mio viso che scacciavo di continuo
tra mille imprecazioni. Quella che doveva essere una splendida
giornata estiva infatti era stata trasformata nel mio peggiore
incubo: tutti i miei piani riguardanti il sole e la spiaggia erano
stati brutalmente cancellati.
Mi chiamo Shereka e
all'epoca avevo diciotto anni. Tempo prima manifestai una certa
familiarità con le arti magiche. Non che fossi capace di
chissà quali prodigi per carità, ma quel poco bastò
alla mia famiglia per mandarmi a vivere a casa degli Astrid; loro
amici di vecchia data, nonché i più potenti maghi della
città e nelle “Buone intenzioni” dei miei cari io
dovevo migliorare le mie arti così che un giorno potessi,
grazie alla magia, sistemare tutti quanti. Esatto: ho detto proprio
“Sistemare”! In questo Stato infatti ogni mago, stregone
o qualsiasi cosa che ci somigli viene pagato profumatamente per i
propri servigi, una fortuna che i miei non vedevano l'ora di poter
amministrare. Ovviamente non avevano ancora fatto i conti con la loro
figlia adorata...
Ad ogni modo quel giorno
ero la, dopo quasi due anni di studi soltanto teorici, su ordine del
signor Aldous (il capofamiglia) ad affrontare la mia prima prova in
qualità di apprendista. Fu davvero un fulmine a ciel sereno:
suo figlio maggiore Ben, con cui litigavo ad ogni occasione, mi buttò
giù dal letto con una mezza secchiata di acqua gelida. Disse
spavaldamente che era giunta l'ora di fare un po di pratica. “Ma
come? Se non ho mai provato nessun incantesimo nemmeno nel cortile di
casa!” Protestai inutilmente.
Così per dimostrare
la mia “Buona volontà” ero stata spedita nel bel
mezzo di niente, in quel bosco freddo e umido a cercare di ottenere
un ramo dell'albero immortale. Da quella “vecchia stecca”
infatti avrei costruito il mio bastone magico: ovvero lo strumento
fondamentale di ogni incantatore. L'unico problema era che nessuno mi
aveva detto che quell'albero stregato del cavolo, era sorvegliato da
una tigre grossa come una casa! Non feci a tempo a vederla infatti
che cominciai a correre via sperando che lei o lui che fosse non mi
avesse notato. Dopo aver corso per chissà quanto tempo, mi
fermai in una radura per riprender fiato. Com'era prevedibile mi ero
allontanata talmente tanto che anche per tornare a casa Astrid mi ci
sarebbero volute diverse ore, inoltre se fossi tornata a mani vuote
avrei dimostrato la mia vigliaccheria e la mia totale incapacità.
Mi distesi esausta sull'erba cercando di pensare a come uscire da
quella situazione così imbarazzante. Sapevo perfettamente come
tornare indietro, ma cosa avrei fatto con la tigre? Non avevo nessuna
intenzione di diventare la sua cena!
Mentre rimuginavo su
questo, una voce all'improvviso mi riportò alla realtà
“Ciao fifona! Non credevo ci saresti cascata...” Mi misi
a sedere guardando incredula la faccia divertita di Ben, i suoi
profondi occhi grigi che per la prima volta mi fissavano con
tenerezza. Non gli tirai contro la grossa pietra che avevo accanto
soltanto perché per farsi perdonare mi stava offrendo il più
bel mazzo di fiori selvatici che avessi mai visto. Lo accettai,
coprendolo di insulti: dissi senza troppe sottigliezze che aveva
esagerato a creare l'illusione di quel mostro di belva e che quello
scherzo idiota mi aveva spaventata a morte. “Scusami... non
immaginavo la prendessi così male.” Rispose senza fare
l'offeso, come era invece il suo solito, per la mia linguaccia lunga.
Quanto tempo sarà
passato da allora ? Saranno quasi diciassette anni. Ripensare alla me
stessa del passato che muoveva i primi passi incerti nel mondo della
magia mi fa sempre una certa tenerezza.
Ma andiamo con ordine,
sarà meglio cercare di raccontare chi sono e come avevo fatto
a cacciarmi in quella situazione così assurda e penosa.
Sebbene non sia una
bellezza non sono tanto rimbambita da lasciarmi manipolare, parenti
compresi. Sfortunatamente, per poter essere una maga di successo la
mia statura bassa e poco formosa non era di grosso aiuto. Pensavo di
poter al massimo sperare di diventare una strega dei boschi, tuttavia
anche ciò era impedito dal mio “Bel faccino” dagli
occhioni azzurri che mal si intonava al mestiere di megera. Eppure a
dispetto di tutto, la famiglia Astrid si mostrò molto
premurosa nei miei confronti e la padrona di casa, la signora Myriam,
dedicava molto del suo tempo alla mia istruzione, dandomi piena
fiducia in tutto. Era sicura che col tempo sarei potuta diventare
ugualmente una “Brava maghetta” come mi chiamava lei in
tono affettuoso.
Alla fine della
discussione andammo assieme all'albero eterno. Era una quercia enorme
che emanava un'energia tutta sua. Sembrava che in realtà la
sua esistenza si svolgesse contemporaneamente nel nostro mondo ed in
quello degli spiriti. Poggiai una mano sul suo tronco scuro e nodoso.
Una sensazione di pace straordinaria pervase tutto il mio essere. Non
appena feci un passo indietro per chiedere a Ben cosa si dovesse
fare, un grosso ramo lungo quasi quanto me stessa, mi piombò
addosso. Mi colpì dritto in testa ma non mi fece alcun male:
la sua leggerezza mi lasciò completamente sorpresa. “Wow!”
Annunciò sorridendo il mio accompagnatore “Hai
praticamente superato la prova: sei stata accettata dalla magia di
questo bosco. Ora che hai il tuo bastone, potrai finalmente
esercitarti... anche se non ti consiglierei di usare il cortile di
casa: il giardiniere potrebbe averne a male!” Scherzò
strizzando un occhio.
Ora che io e mio marito
lavoriamo come guaritori alla corte imperiale, mi sembra tutto così
lontano, così irreale. So soltanto che se qualcuno all'epoca
mi avesse predetto questo destino gli avrei riso in faccia per almeno
un ora... certo ero proprio una testa matta.