Warning:
Spoiler per
le ultime
puntate della S3
Wordcount:
690 (FDP)
N/A:
scritta per
la maritombola
@ maridichallenge,
prompt 64. “Dammi tregua”.
─ Scritta
anche per la missione #1 “guerra” del COW-T.
GO CITY ANGELS, GO \O/
─ Palesemente
tutto ciò che scriverò su Klaus e Stefan
sarà ambientato in un
bar. Questo perché Wesley ha detto che ci avrebbero fatto
cose e io
ancora non perdo la speranza #TeamKlefan. Also le drunk!fic sono il
mio top kink, quindi amen e così sia.
No rest for the wicked
È
notte fonda e sono seduti ad un bancone di legno marcito, con cinque
tavoli fatiscenti alle loro spalle e tutto intorno puzza di sudore e
sporco accumulatosi per anni. Un tipico bar di periferia, insomma.
Uno dei luoghi più adatti se ci si vuole concedere qualche
ora di
pace.
Klaus
afferra la bottiglia scura che il barista ha non proprio
intenzionalmente acconsentito a lasciargli davanti, e riempe per
l'ennesima volta il proprio bicchiere. Anche se non se ne rende
conto, la sua mano trema vistosamente.
È
ubriaco.
Lo
sono entrambi.
Ma
in fondo così lontani da Mystic Falls, dalle loro case, da
tutti gli
altri soldati, amici o familiari coinvolti nella loro personale
guerra, lui e Stefan possono anche permettersi il lusso di una
sbronza. Anche perché non c'è poi molto altro che
possano fare, in
quella situazione di stallo in cui si sono ritrovati. Ormai anche le
minacce sono diventate noiose e ripetitive.
Certo
che è uno strano mondo quello in cui il tuo unico compagno
di bevute
è il tuo nemico, riflette Klaus.
E
Stefan probabilmente sta pensando la stessa identica cosa quando, un
momento dopo, alza in aria il proprio bicchiere ─
con un gesto così impacciato da rovesciarne metà
del contenuto sul
pavimento ─,
e si volta
verso di lui con un ghigno provocatorio sulle labbra.
«Un
brindisi all'amicizia?», propone.
La
risata di Klaus è un ringhio sordo che si spegne dopo appena
qualche
istante. Non ha più nemmeno voglia di recitare la propria
parte.
«Dammi
tregua», si ritrova a sputare fuori in uno scatto improvviso
di
rabbia.
Stefan
ingoia velocemente ciò che resta del suo whisky, poi si
avvicina un
po' di più all'altro vampiro, inclina la testa sulla spalla
e lo
guarda con un'espressione sinceramente incuriosita.
«Perché
dovrei?», domanda.
Perché
dovrebbe?, si
chiede a sua volta
Klaus. E una parte della sua mente ruggisce, indignata: perché
lui dovrebbe essere dalla mia parte! Perché questa guerra
non ha
senso, non ho mai voluto niente del genere. Perché dovrei
essere
libero.
Scuote
la testa, cercando di riprendersi dallo stordimento dell'alcool, e
stringe la presa sul proprio bicchiere fino a mandarlo in pezzi. Per
qualche istante osserva affascinato il sangue mischiarsi al liquore
ambrato, creando strani giochi di colori sulla superficie unta del
ripiano di legno.
Ma
Stefan è ancora lì accanto, e sta ancora
aspettando una risposta.
«Forse
perché sono stanco. Forse perché tutto
ciò che voglio è una casa,
una famiglia, persone che mi stiano accanto», dice allora
Klaus,
scandendo le parole molto lentamente. La sensazione di essersi
esposto troppo gli fa serrare di scatto la bocca, ma non può
rimangiarsi quello che ha detto. In realtà non lo farebbe
nemmeno se
potesse. È davvero stanco.
L'altro
vampiro distoglie lo sguardo per fissarlo, apparentemente, sulla
giovane cameriera che gli passa accanto sorridendo. I suoi occhi
diventano freddi e distanti, la linea della sua mascella si
irrigidisce fino a sembrare fatta di marmo.
«Commovente»,
commenta infine. «Sai, sono le stesse cose che volevo io. Ci
ho
impiegato centoquarantacinque anni per averle e tu me le hai portate
via dopo neanche sei mesi»
Klaus
scuote la testa. «È
stata una tua
scelta, Stefan», ribatte acremente. «Sei stato tu a
venire da me,
ricordatelo»
Una
risatina astiosa segue le sue parole.
«Avresti
trovato un altro modo per portarmi via da Mystic Falls. Avevi dei
piani per me, non hai detto così?», gli ricorda
con un tono a metà
tra il canzonatorio e il rabbioso.
Ora
è Klaus a sorridere.
«Forse.
E forse no. Ma non incolparmi per ciò che hai perso, amico
mio. Sei
responsabile tanto quanto me»
Nessuna
replica. Klaus approfitta del momento di tregua per spazzare via i
cocci rotti dal bancone. Altre gocce di sangue solcano per un istante
il palmo della sua mano, prima che i piccoli tagli si richiudano
spontaneamente.
Stefan
si volta ad afferrare di nuovo la bottiglia e riempe per l'ultima
volta il proprio bicchiere. Ne prende un sorso, poi lo rimette
giù e
con la punta delle dita lo spinge davanti a Klaus.
«Ti
ucciderò», promette, prima di alzarsi ed uscire
dal bar con
un'andatura non troppo ferma.
«Sì»,
concorda Klaus, portandosi il bicchiere alle labbra. «Questa
l'ho
già sentita», mormora al vuoto intorno a lui.