Equilibrio: quando si dice il destino…
Neytiri appollaiata sul
ramo di un albero, in equilibrio apparentemente precario, guardava sotto di sé, le rapide del grande fiume che
precipitavano nella cascata.
Le acque erano
trasparenti e cristalline, ma impetuose quanto i pensieri tristi e cupi che non
riusciva a scacciare. Era piena di rabbia silenziosa; le sembrava di non avere altro
che odio nel cuore. Aveva tanto pregato che gli estranei se ne andassero, ma
Eywa, la Grande Madre di tutto, era avara di segni.
E gli alieni venuti dal
cielo continuavano a calpestare la loro terra, a derubarla, prendendo ciò che non gli apparteneva.
Era convinta che mai più
in futuro avrebbe avuto contatti con loro. E se li avesse avuti, sarebbe stato
per ucciderli.
I demoni avevano ucciso
sua sorella.
La mancanza era un vuoto
dentro il petto che faceva male. Era ingiusto, eppure sapeva bene che la Grande Madre non parteggiava per nessuno; non per i suoi fratelli e neppure per i demoni alieni.
La piccola Sylwanin non
doveva morire. Non era il suo tempo. Ma Sylwanin era arrabbiata per colpa degli
uomini cammina nei sogni che volevano strappare gli alberi alla terra;
tutto il popolo Na’vi lo era. Eywa, la Grande Madre piangeva.
Così, la piccola Na'vi li aveva sfidati, e
loro per rappresaglia, avevano attaccato la scuola fondata dalla dottoressa Grace, la sola donna cammina nei sogni che avesse cercato di comunicare con loro con parole di pace.
Quel giorno terribile dell'attacco alla scuola, la giovane principessa Na'vi
era lì con lei insieme ad altri giovani guerrieri che in quell' ora persero la vita. Gli Omaticaya piangevano per i loro morti, ma non si sarebbero
arresi alla sciagura. I rapporti si erano guastati. La scuola era stata chiusa. Le ostilità si erano fatte più aspre.
Dopo la battaglia aveva
tenuto il suo corpo tra le braccia. Così l’aveva riportata a Moat, sua madre.
Ora Sylwanin era con
Eywa; Moat la sentiva cantare attraverso le fronde ondeggianti e luminescenti
dell’albero delle voci.
Fidarsi di loro era stato uno sbaglio.
Avevano imparato la loro
lingua per poter comunicare.
Ma i demoni alieni non sapevano
ascoltare gli spiriti, né vedere oltre se stessi e nessuno poteva insegnare
loro a farlo; non si preoccupavano neppure dei loro simili.
Sua madre, la tsahik aveva
ragione: è difficile riempire una coppa che è già piena.
Una coppa piena di
arroganza non contiene rispetto né umiltà.
Loro erano venuti dal
cielo solo per scavare la terra con le loro grandi macchine, distruggere e disboscare la foresta, derubarla dei suoi tesori.
Così facendo, non si curavano di distruggere
Eywa, la Grande Madre che li protegge.
Per questo Neytiri non
si sarebbe mai più fidata di nessun uomo cammina nei sogni.
Li avrebbe ostacolati.
Disprezzati.
Avrebbe lottato contro di essi.
Sempre.
In risposta ai suoi pensieri tetri, un seme fluttuante
dell’albero sacro sfiorò in quel momento un’estremità del suo arco.
*******
Erano seduti attorno a un piccolo fuoco, sotto le
fronde accoglienti e protettive dell’albero casa.
Ascoltavano raccontare le antiche leggende sulla
nascita del popolo Na’vi.
Naytiri guardava Jake, l’espressione sicura
concentrata sulle parole.
Ricordava il loro primo incontro nella notte, la rabbia sorda che
aveva provato quando lui aveva ucciso senza il permesso di Eywa.
Lui, niente altro che un alieno che portava solo morte.
Si era domandata spesso perché la Grande Madre
l’avesse mandato in mezzo a loro.
Forse avrebbe dovuto chiederlo a lui.
Era diverso Jake.
Lo stava dimostrando giorno dopo giorno.
Stava imparando. Stava diventando parte del
popolo.
E lei si sentiva stranamente felice per questo. Si trattava forse di un segno di Eywa?
All’inizio, non lo aveva
creduto possibile e si era chiesta se i segnali divini non fossero stati
fraintesi.
Tsu-Tey e gli altri
guerrieri della tribù pensavano che fosse uno scemo, un idiota incapace di
apprendere e imparare.
Una pietra capisce di
più, diceva Tsu-Tey.
Anche lei aveva
pensato che non avrebbe imparato nulla.
Aveva riso anche di lui.
Rideva quando lo vedeva
cadere malamente da cavallo, quando non riusciva a saltare dal ramo di un
albero all’altro, se cadeva nel fango o sbagliava la pronuncia di un vocabolo.
Ma lui non si era dato
mai per vinto.
Aveva provato e
riprovato all’infinito, col sereno e con la pioggia, per giorni.
Aveva ascoltato le sue
parole e le aveva assimilate, accolte nel suo cuore.
Nel tempo, Jake era
cambiato; si era aperto con rispetto al suo mondo, e a lei con fiducia.
Anche lei era cambiata.
Piano, aveva scoperto di
non avere più odio nel cuore.
Si era accorta con gioia e sorpresa di amare
il suo coraggio, il suo cuore forte, senza paura.
Anche se Jake era ancora
un guerriero cammina nei sogni, per qualche strana ragione, lei non
riusciva a odiarlo.
Il racconto si era
interrotto. C’era silenzio attorno al fuoco.
Jake le si rivolse in
quel momento.
“Il guerriero della
leggenda ha abbandonato i suoi fratelli per volontà di Eywa… Non lo trovo
giusto…” era perplesso e lei lo vide.
“C’è una ragione per
tutto, Jake. Anche tu, sei qui per qualche motivo che solo Eywa conosce… quando
sarai pronto, saprai.”
Lui rimase pensieroso
qualche istante a fissare le fiamme tremolanti del fuoco che illuminavano il
buio attorno.
“Ho perso un fratello,
Neytiri; è stato assassinato. Non è strano? Se lui fosse ancora vivo, io non ti
avrei mai incontrata… - Si volse a guardarla; la luce della fiamma danzava sul
suo viso bellissimo e fiero. - Dici che è stata la volontà di Eywa?”
Neytiri spalancò gli
occhi su di lui, folgorata da una rivelazione.
“Vita e morte sono in
equilibrio nell’universo. Questo spiegano le leggende.”
Era vero.
Lei aveva visto morire
sua sorella.
Lui aveva perso un
fratello.
Si erano incontrati per
questo.
Per mitigare il dolore
reciproco con l’amore.
*******
Racconto
che nasce dalla riflessione sulle scene tagliate del film.
Neytiri
aveva una sorella uccisa dai terrestri, come racconta la dottoressa Grace a
Jake Sully.
Jake aveva
un fratello ucciso sulla Terra di cui lui prende il posto. Quando si dice il
destino…
Spero che
questo piccolo racconto vi sia piaciuto.