{
Disclaimer: I
personaggi di Hetalia: Axis Powers non mi appartengono
Ma sono di proprietà di
Hidekazu Himaruya ©.
Se fosse il
contrario,.
}
casa mia sarebbe
decisamente affollata
Alla
Jo-san, per il suo compleanno ~
..: Hospes Comesque Corporis :..
-Via, Imperium- l’Imperator gli rivolse uno sguardo compassionevole -Tu, fra tutti,
trovi disdicevole il mio comportamento?-
-Non lo trovo “disdicevole”, dominus- precisò Romanus, senza tuttavia guardarlo negli
occhi -E’ mia opinione, però, che dovreste occuparvi dell’esercito e delle
rivolte, non di voli pindarici e versi su fogli di papiro-
L’Imperator rise, pacato, poggiando una mano sulla
coscia; era disteso sul triclinio e la luce del sole tesseva sbuffi di luce tra
i suoi capelli. Non c’era offesa nei suoi occhi, né scherno nel sorriso che gli
piegava le labbra: pareva gli importasse sinceramente il pensiero di Imperium sulle sue composizioni.
-Dunque qual è la tua
opinione sui miei carmi?- chiese, arricciandosi la barba tra le dita.
L’altro non rispose e
si limitò a squadrarlo con espressione irritata: ogni gaiezza era scomparsa dal
suo volto e sì che, quando era entrato, il suo intento era quello di
festeggiare con del buon vino la prospettiva di un nuovo viaggio per le
Province.
-Temo di non essere
in grado di valutarla come vorreste, dominus-
sibilò, allontanandosi dalle finestra che dava sull’Urbe e ricercando un
rifugio nel taglio d’ombra lì accanto -Chiedete al vostro incantevole efebo di
giudicare per me-
Lo sguardo
dell’Imperator s’addolcì nel sentire il nome del suo amato, seppur solo
sfiorato dalla tiepida allusione di Imperium.
-Egli può giudicare sul gusto dell’oggi- replicò l’uomo
-Tu, invece, porti sulle spalle il gusto dell’origine e del rinnovamento-
-Io non lo porto sulle spalle, dominus- lo corresse Romanus –Io
lo porto alle spalle-
L’Imperator rimase in silenzio, ma non
abbassò il capo: poteva distinguere lo sguardo di Imperium dall’ombra, coglierne lo scintillio iroso, infastidito da
quel continuo richiamare a ricordi lontani.
-Eppure le tue mani,
quanti carmi hanno composto…! Che fossero per Lesbia, Delia, Nemesi o Cinzia,
quante parole alate hai loro concesso, sussurrando e scrivendo attraverso
bocche e dita altrui- tese le labbra in un sorriso divertito -E quanti insulti
hai ammantato di splendore!-
La lorica squamata di
Romanus ebbe un bagliore e il Cesare
ne intravide il movimento improvviso, di disagio, sottolineato dal rumore secco
della guina contro il gambale.
-Queste mie mani sono
piagate dal gladio, rese secche dalla polvere, lucide dal sangue..- l’Imperator non lo interruppe –Mi parlate
di un passato che a stento ricordo, dominus-
L’uomo prese la coppa
di vino nel tavolo basso dinanzi al triclinio e se la portò alle labbra.
-Allora farò sì che
ti torni alla memoria- mormorò –E forse, allora, saprò-
~
* ~
I cerusici avevano
lasciato da tempo la stanza dell’Imperator,
ora immersa nella calma stagnante di un inarrestabile decadimento. L’aria era
satura di erbe e infusi, di quel lezzo amarognolo di foglie pestate e acque
maleodoranti; non c’era odore di sangue, però, e l’unico rumore era il fischio
continuo e gorgogliante del Cesare. Le labbra livide schioccavano, scivolando
unte di saliva, alla ricerca di un respiro libero da ogni costrizione, di un
esile soffio di fiato che non gli annegasse nel petto.
Imperium si inginocchiò accanto al talamo, attendendo
che il Cesare si accorgesse della sua presenza. Rimase immerso nel silenzio per
un tempo che parve interminabile, il ginocchio a terra e il capo abbassato: non
osava parlare. Non aveva voce capace di superare quella cappa soffocante e
fangosa, fatta di sussurri ed echi lontani avvolti in ragnatele gocciolanti di
glorie e filosofie e arabeschi di lacrime.
-L’hai letta?- mormorò l’Imperator, voltando verso di lui il viso tessuto di rughe e gli
occhi vacui.
-Sì, dominus-
rispose Imperium, alzando il capo.
-Come ti è sembrata?-
Le labbra di Romanus si sollevarono in un sorriso
malinconico.
-Come quelle dei miei
ricordi-
L’Imperator chiuse gli occhi. E sorrise.
Animula vagula
blandula,
Hospes comesque corporis
Quae nunc abibis in loca
Pallidula, rigida, nudula,
Nec, ut soles, dabis iocos...
Note Storiche
“Incantevole efebo”, Antinoo.
“Che fossero per
Lesbia, Delia, Nemesi o Cinzia”, Catullo,
Tibullo e Properzio.
“Allora farò sì che ti torni alla memoria”,
oltre all’amore per l’ellenismo, Adriano portò avanti una politica culturale che
si richiamasse alle antiche origini di Roma.
“Animula vagula blandula, Hospes comesque corporis Quae
nunc abibis in loca Pallidula, rigida, nudula, Nec, ut soles, dabis iocos..”, “Piccola anima
smarrita e soave, compagna e ospite del corpo, ora t'appresti a scendere in
luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai più gli svaghi consueti” (Carme
composto da Adriano prima di morire. L’Imperatore faceva inoltre parte dei
poetae novelli, che si rifaceva alla generazione dei poeti preneoterici e
neoterici)