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Autore: elrohir    07/09/2006    8 recensioni
-Se dovessi partire per l’America, chessò, domani… non sentiresti la mancanza di niente? 'Kaede fissa gli occhi davanti a sé. Certo, che sentirebbe la mancanza. La mancanza di tutto un mondo.' Piccola fotografia di un pomeriggio come tanti, quando ti rendi conto che prima o poi la tua vita dovrà cambiare, e tra paura e voglia di crescere pensi al presente, pensi a quel che ancora non hai. a quel che forse, un giorno, se solo rischiassi un pò, potresti avere.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akira Sendoh, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Se dovessi partire per l’America, chessò, domani… non sentiresti la mancanza di niente

-Se dovessi partire per l’America, chessò, domani… non sentiresti la mancanza di niente?

Kaede fissa gli occhi davanti a sé.

Certo, che sentirebbe la mancanza. La mancanza di tutto un mondo.

Del sole, che su quel campetto batte in maniera strana, più dolce e tenera quasi, come se ridesse. Come se quelle partite agguerrite lo divertissero, in qualche modo.

Dei ciliegi. Di quei petali rosa che gli volano tra le dita e che non riesce a fermare, proprio come il vento, proprio come la felicità. Quella felicità bastarda che a volte è così vicina, e subito fugge via, spaventata dai suoi occhi nudi, forse.

Sentirebbe la mancanza dello Shohoku, certo, del terrazzo che tante volte ha cullato il suo sonno. La mancanza del terrazzo che ha assistito alla sua prima rissa con quella testa rossa, la loro prima incomprensione… il loro primo incontro. Sentirebbe la mancanza del cielo che guardava appoggiato alla ringhiera, sentirebbe la mancanza di quell’angolazione speciale che ti permetteva di capire, a volte, come davvero funziona la vita.

Gli mancherebbe la palestra. Quei pavimenti su cui il suo pallone ha rimbalzato, quei pavimenti su cui si è rotolato, su cui è caduto, quei pavimenti che ha lucidato. E i canestri, cui è rimasto appeso il tempo necessario a una schiacciata, a uno slam dunk leggendario… i canestri che mille volte ha carezzato con gli occhi, con il pallone.

E gli mancherebbero i suoi compagni, gli mancherebbero i rimbrotti di Akagi, e i suoi pugni, gli mancherebbero le sventagliate di Ayako, le sue incitazioni, i suoi occhi, gli mancherebbero la voce adorante di Miyagi e gli mancherebbe la calma di Kogure… gli mancherebbe lo sguardo pericoloso di Mitsui, gli mancherebbero quelli tra loro che già adesso non ci sono più. Ma soprattutto, gli mancherebbe quel demente di Hana, la loro amicizia da poco scoperta, la loro amicizia strana, fatta più di pugni sul muso e insulti che confidenze e parole dolci. Pure, Hana è l’unico, insieme forse a un porcospino pazzo, a conoscere il vero Kaede. E di certo, è il solo a sapere cosa nasconde in quel cuore di vetro scuro.

Ma tutto questo Kaede non può dirlo. Così si rifugia nel luogo che più gli è consono: il silenzio. A volte gli va stretto, questo suo mutismo. Questa solitudine che si ritaglia intorno, che obbliga gli altri a rispettare. A volte gli va stretto, ma non riesce a liberarsene.

Buffo però: lui così silenzioso, si circonda di uragani. Sakuragi il do’hao, e ‘st’altro demente.

-Non ti mancherei neanche io?

Akira ha messo il broncio, ma il sorriso eterno smania di tornare. E dopo un attimo il porcospino cede, ed ecco di nuovo il ragazzo solare di sempre.

Dio come è bello.

Dio come è scemo.

Dio come….

Certo che gli mancheresti, Aki. Kaede non riesce neanche a immaginare cosa sarebbe la sua vita, se tu improvvisamente ne venissi estirpato. E gli si stringe il cuore all’idea di averti lontano, all’idea di perdere anche quel poco che da te pretende: un po’ di fiato nella corsa, qualche risata tra i palleggi. Una scintilla del tuo buonumore, per illuminare la sua anima irrequieta.

Però, se aspetti che dia voce a questi pensieri…

-Sei senza cuore.

Afferma il ragazzo, sorridendo. Poi si sporge e gli pizzica il naso –Invece tu mi mancheresti da impazzire… mi mancherebbe il tuo adorabile broncio, e questo visetto così grazioso, mi mancherebbero i tuoi sbuffi, mi mancherebbero le tue chiacchiere, e la tua presenza così soverchiante, mi mancherebbero i tuoi baci, e le nostre notti di passione…

-Ma smettila- lo interrompe Kaede, con brusco terrore, a malapena celato, spintonandolo lontano. Ride, Akira, e si sdraia sul prato di schiena –Ecco, questo mi mancherebbe. La sensazione incredibile che mi da sapere di essere riuscito, anche se per poco, a scalfire la tua gelida maschera…

Kaede sbuffa. Aki non lo immagina neanche, quanto sia capace di coinvolgerlo, con quel chiacchiericcio disinvolto. Non immagina neppure, come ogni sua stronzata gli si incida nella mente, e come lui la riascolti mille volte, chiuso nel suo pozzo di silenzio.

-A parte gli scherzi, a volte mi viene male a pensare che tra qualche mese, dopo un pomeriggio come questo, dovrò sorriderti e batterti la mano, sapendo che non è un ‘ciao’ il saluto che intendo… ma un addio. Sapere che non ci saranno più i nostri pomeriggi al campetto, a sudare sotto il sole per sfidarci all’ultimo canestro… sapere che sarò a Tokyo…

Kaede non parla. Sarebbe inutile, pensa. E invece, non sarebbe inutile per niente. Alleggerirebbe il cuore di Aki, sapere che anche lui tiene così tanto ai loro incontri. Sapere che ci tiene per lui, e non per il basket, maledetto e benedetto basket, tante volte amato, altrettante odiato…

-Ma poi forse a Tokyo non ci vado. Forse resto qua. Tu che dici?

-Hn?!?- Kaede si volta di scatto, osserva il compagno sdraiato all’ombra. Non sorride Akira, e fa strano vedere quel volto candido con un’espressione seriosa.

-Fammi capire. Stai scherzando?

-No.

No. Una parola. Una sillaba. Che fa incazzare Kaede, pugnalandolo al petto.

-Cioè, tu rinunceresti a Tokyo, all’università, al basket nazionale… per questo. Per un cazzo di one on one con me?

-No. Non per un one on one…- mormora Akira, guardandolo in faccia. Eppure sembra guardare oltre lui, perché gli occhi sono distanti. Si riprende, arrossisce leggermente, distoglie lo sguardo. –Non per un one on one con te… per tutto quel che Kanagawa rappresenta. Per…. Che ne so… le litigate con Koshino, no? Oppure le chiacchierate con Fukuda. Le grida di Taoka, quelle di Ouzumi… i negozi in centro… i mille campetti dove ho perso le ore… e il molo, che ormai conosce a memoria i miei pensieri, tante sono le volte che mi ci sono sdraiato sopra, pescando, e guardando il sole. E te… cioè, i nostri incontri. Cazzo Kae, ci siamo cresciuti qua dentro, noi due. Dopo quella prima amichevole… io sono cambiato. E anche tu, miseria, e sei cambiato con me. Come può non essere importante?

Come puoi non essere importante tu? Vorrebbe urlargli in faccia Akira, ma Kaede è troppo distante, e troppo perfetto, gli fa paura l’idea di infrangere quella quiete.

Però sarebbe bello dirglielo, pensa distratto, mentre spia le ciglia socchiudersi, sui suoi pensieri. Anche solo prima di partire. Tanto, perso per perso…

A quel punto, riflette con una punta di ironia, tanto varrebbe baciarlo. Sprecare tempo e fiato in parole… parole inutili, che Rukawa non sentirà neanche… che senso avrebbe? Meglio rubarglielo, quel bacio agognato, meglio strapparglielo a forza, un ricordo luminoso da stringere in pugno nelle notti insonni, da accarezzare con la memoria, da ripercorrere nei sogni. Un bacio… carezza di labbra su labbra, e magari il sapore bagnato della sua bocca… spinto contro il muro, le dita infilata in quei capelli neri che tanto lo fanno impazzire… almeno una volta, una volta soltanto. Nella vita.

-Cazzo ridi?

Non risponde, Akira. Ed è così sfacciatamente bello che a Kaede viene in mente la voce di Hana, mentre diceva ghignando Ma te la immagini la faccia del porcospino se gli saltassi addosso? Kami Kitsune, quando lo farai non me la voglio perdere, davvero… E gli scappa un –Do’hao-, a Kaede, che fa sorridere ancora di più Akira.

E Kaede guarda quel sorriso, e pensa che Sendoh riesce sempre a scalfirlo, quel suo muro di ghiaccio. Come Sakuragi.

Solo che il do’hao lo fa a suon di pugni. Akira invece lo acceca di calore.

Il pallone gli atterra in mano. Si volta verso il compagno, che sogghigna –Pensavi di scamparla così, campione?

Inizia a palleggiare, la tristezza lieve improvvisamente evaporata.

Scatta di lato, e Akira lo segue, come sempre ridendo.

Segna. Si volta verso l’avversario, che sta fermo sotto il sole, immobile.

-Canestro.- dice, con voce gelida, voce di partita.

Ma il sorriso di Akira è caldo. E Kaede lo sa, lo sa mentre comincia a marcarlo, lo sa che quel calore passerà anche a lui, prima o poi. E allora, allora non ci sarà più ragione di dire addio, allora non ci sarà più nostalgia, né ricordi da collezionare. Perché tutto, tutto resterà in quel campo, in quella partita. Così come ci resteranno loro, sotto quell’ultimo sole d’estate, in un pomeriggio che tarda a finire.

 

Oddio, temo sia molto sconclusionata. Anche perché l’ho scritta in tre tempi diversi, come minimo… è un’idea che mi è venuta improvvisa, qualche settimana fa. Ma l’ho finita solo oggi. Ragazze, in questo periodo non mi viene da scrivere niente… che palle! Ho tre miliardi di storie in cantiere e non riesco a concluderne una…

Comunque, scusatemi se è strana e un po’ incomprensibile. Ma avevo bisogno di buttarla fuori, questa incertezza che ti viene con la crescita, con la consapevolezza che prima o poi bisogna andarsene, che tutto deve cambiare. E Aki e Kae mi sembravano adatti a recitare in questo teatrino… a presto, spero. Kisses

 

 

   
 
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