Serie TV > Nikita
Ricorda la storia  |      
Autore: Fiery    27/01/2012    5 recensioni
[Alex/Sean]
«Allora te lo domando di nuovo: a te cosa importa?»
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Timeline: post 2x12

Note: Birkhoff è un impiccione, ecco. Non c’entrava niente in questa one-shot e invece ha deciso di arrivare e scombinare tutti i piani. Ma ok, lo amo anche per questo. Non ho grandi note da fare, ringrazio ancora una volta Hope che ha betato nonostante non conosca la serie.

Disclaimer: I personaggi di “Nikita” non mi appartengono (se qualcuno mi regala Birkhoff o Sean non mi dispiace, però).

 

 

 

Dedicata a lady_cocca,
che mi ha incoraggiata e fatto sorridere con i suoi commenti quando ha letto.
Ed è dedicata anche a tutte le altre fantastiche nikita-addicted:
Lizzie_Siddal, alister_, Gweiddi at Ecate e la new entry Shari_Aruna (che non so a che punto è arrivata, ma io te la dedico lo stesso hahahaha)

 

 

 

Sbagliato, inopportuno e fuori luogo

 

 

 

Birkhoff lanciò un’occhiata circospetta ad Alex, intenta ad osservare il frigorifero aperto con lo sguardo perso nel vuoto, distogliendo l’attenzione solo per un momento dall’orologio a cui doveva togliere per forza quel sensore di rilevamento.

«I pinguini stanno iniziando a farmi compagnia.»

Alex scrollò la testa, voltandosi di scatto verso Birkhoff, «Come?» mormorò piano.

«I pinguini. Frigorifero aperto… freddo?» tentò di farle capire con un’occhiata eloquente mentre si sfregava le mani sulle braccia fingendo di rabbrividire. Alex, però, lo fissò ancora, sempre più confusa, facendolo sospirare rassegnato, «È mezz’ora che fissi il vuoto, almeno fissalo con il frigorifero chiuso. Le birre le preferisco ghiacciate.» spiegò, tornando a trafficare con l’orologio.

Sentì l’anta del frigorifero chiudersi – alleluia, ha capito!, pensò sarcasticamente prima che Alex appoggiasse i gomiti sulla scrivania e sospirasse.

«A che punto sei?» domandò con tono stanco. Non aveva neanche provato a rispondergli a tono o a dargli uno scappellotto, innervosita dalla sua solita mancanza di tatto.

Quando fece per risponderle notò che Alex non stava guardando né lui né l’orologio, bensì puntava l’altra parte della stanza dove sedeva Sean. L’avevano slegato, dopo quella telefonata chiusa di scatto con la madre, ma nessuno aveva intenzione di perderlo d’occhio. Per questo Nikita e Michael l’avevano lasciata lì, nonostante avesse insistito tanto per seguirli e prepararsi con loro a raggiungere la Divisione. Era pericoloso, era un piano folle… ma starsene con le mani in mano non era il suo forte, per niente. Non le piaceva controllare le persone, non le piaceva starsene seduta ad aspettare mentre altri agivano al suo posto.

«E quindi tre galline più un gallo fanno un pollaio.»

«Che diavolo…?» si voltò verso Birkhoff, aggrottando le sopracciglia.

Birkhoff alzò gli occhi al cielo, prima di passarle l’orologio, «Volevo vedere se mi ascoltavi oppure no. Invece di stare a fissarlo, vacci a parlare.» le consigliò, facendo spazio sulla scrivania per controllare le posizioni di Nikita e Michael sullo schermo del computer.

Alex, però, lo ignorò completamente, «Sai dove sono?» gli domandò, tirandosi in piedi e appoggiando una mano sullo schienale della sedia.

«Sì, ma non è affar tuo.» la canzonò Birkhoff.

«Io non so come fai.» sbuffò lei.

«Ad essere così simpatico?»

«No.» roteò gli occhi Alex, «Ad essere così tranquillo. A startene in seconda linea, quando l’azione è lì.» spiegò indicando il computer, nervosa per quella situazione.

Birkhoff sollevò un sopracciglio, «Oh, credimi. L’azione c’è anche qui.» commentò, «E non parlo solo del fatto che controllo ogni spostamento e ogni operazione.» lanciò un’occhiata a Sean, indicandoglielo con un cenno del mento.

«Nerd, da quando la mia vita privata ti riguarda?» domandò Alex con un’occhiataccia gelida.

Ok, vita privata era un’esagerazione. Non c’era niente di privato tra lei e Sean, piuttosto solo la consapevolezza che l’aveva usata per raggiungere Nikita ed ucciderla. Tuttavia qualcosa l’aveva spinta a ribattere e cercare di far tacere Birkhoff. Quest’ultimo rimase un attimo in silenzio dopo quella domanda, prima di portarsi un pugno alle labbra e tossire forzatamente, per mascherare una risata.

Sollevò le sopracciglia, «E questo cosa significa?»

«Niente.» asserì Birkhoff.

«Birkhoff, parla o ti rompo l’altra mano.» sbottò Alex.

«Senti, io ho da fare.» le disse con tono autoritario, «Quindi vai a parlare con il soldato di turno, non ti voglio tra i piedi.» tentò di sviare il discorso, «Sbaglio o Nikita ha incaricato te di tenerlo d’occhio?»

«Posso tenerlo d’occhio da qui e intanto cercare di capire cosa c’era di divertente nella mia domanda!»

Birkhoff sollevò la mano sana e mosse le dita in chiaro segno di saluto, voltandole nuovamente le spalle per tornare al computer e ad i suoi incarichi informatici, che Alex a stento cercava o voleva capire.

Lo guardò malissimo, stringendo tra le mani l’orologio del padre, prima di sbuffare e digrignare tra i denti “Nikita me la pagherà”. Birkhoff la seguì con la coda dell’occhio, divertito: un giorno le avrebbe spiegato quanto assomigliasse a Nikita, in certi momenti.

Quando Alex arrivò al divano si fermò, smettendo all’istante di ringhiare insulti, parolacce e minacce. Con uno sbuffo contrariato strinse di più l’orologio, prima di decidersi a parlare,«Vuoi una maglietta?»

Sean si girò, simulando un sorriso, «Non mi ero neanche accorto di non indossarla.» confessò. Alex si morse un labbro, rendendosi conto che tra tenersi i pantaloni della tuta subacquea e preoccuparsi della madre c’era una gran bella differenza.

«Strano, Birkhoff blaterava di pinguini e galline, quindi pensavo avessi freddo.» scrollò le spalle Alex.

Lui scoppiò a ridere, «Pinguini e galline, eh?»

«In realtà sostiene che sia colpa mia, ma tu non dargli retta.» affermò Alex, sorridendo lievemente quando Sean continuò a ridere. In qualche modo parlare di argomenti così stupidi doveva averlo distratto, almeno per qualche secondo, dalla situazione in cui si erano cacciati tutti quanti, «Vieni.» gli fece cenno col capo di alzarsi.

Sean si sollevò dal divano strofinando le mani sudate sui pantaloni neri, per poi seguirla lungo le scale e subito dopo in una stanza sulla destra. Rimase fermo sulla porta, ad osservarla trafficare in valigie grigie e cassetti mezzi vuoti.

«Tieni, sono sicura che a Michael non dispiacerà prestarteli.» affermò lanciandogli una maglietta nera e un paio di jeans, «Spero ti vadano, altrimenti fatteli stare, perché Birkhoff non ha la tua taglia e i miei vestiti di certo non ti starebbero bene.» continuò a tenere il discorso sullo scherzoso.

«Mi andranno bene.» la tranquillizzò Sean.

«Avanti, cambiati.» lo incoraggiò Alex, vedendolo rimanere fermo sulla soglia con i vestiti appallottolati tra le mani.

Sean sollevò un sopracciglio, «Qui?»

«Non ti lascio da solo.» fece notare, «Potresti scappare dalla finestra. E no, non mi imbarazzo per uomo mezzo nudo.» roteò gli occhi esasperata, «Se ti senti in imbarazzo tu, mi giro.»

«Ti fidi così poco di me?» la interruppe Sean, aggrottando le sopracciglia.

Alex sospirò, «In realtà non mi fido per niente, è diverso.» rispose meccanicamente. Non dopo aver scoperto che aveva manomesso l’orologio di suo padre, non dopo aver scoperto che la seguiva per trovare Nikita, non dopo aver saputo che l’aveva solo usata. Sean annuì ancora una volta, prima di iniziare a spogliarsi rapidamente per indossare gli abiti asciutti e più comodi di Michael.

«Non volevo usarti.» le disse mentre si infilava i jeans, fissando la schiena di Alex, intenta a cercare qualcosa in un’altra valigia.

«Lo hai detto con un tono quasi convincente.» asserì lei sarcastica, lanciando ai piedi del ragazzo un paio di scarpe di ginnastica, «Non so qual è il tuo numero.»

«E allora perché mi stai aiutando a non congelarmi, se non ti fidi di me?»

Alex a quel punto si girò con un’espressione seria dipinta in volto, «Chiariamo una cosa: mi hai usata, sì. Per arrivare a Nikita, per aiutare tua madre… potevi trovare mille modi per usarmi.» alzò il polso destro, dove aveva allacciato l’orologio del padre, «Ma hai pensato bene che fosse questo il modo giusto. Se mi stavo iniziando a fidare di te… beh, quella fiducia è scomparsa nel momento in cui hai sfruttato la morte di mio padre per raggiungere il tuo scopo.»

Sean indossò le scarpe, trovandole un po’ strette, ma non disse niente. Preferì scuotere la testa e inginocchiarsi per allacciare le stringhe, «Nonostante questo, se non fosse stato per me non saresti arrivata in Russia.»

«Come se avesse portato dei vantaggi, tra l’altro.» incrociò le braccia al petto Alex.

«Dicevo sul serio, Alex.» disse Sean, tenendo tra le mani la maglietta quando si rialzò in piedi per affrontarla con lo sguardo, «Quando dicevo che ti ho aiutata perché era quello che volevi.»

«Ah, sì?» strinse le labbra in una smorfia, «Allora te lo domando di nuovo: a te cosa importa?»

«Te l’ho già detto.» rispose Sean. Dallo scherzo erano passati in fretta a una discussione senza capo né coda. Fuori dalla porta di quella stanza c’erano mille problemi che sembravano insignificanti di fronte agli occhi arrabbiati di Alex, «Era quello che volevi. Siccome io non posso scappare, almeno tu…»

«Sean, piantala.» lo bloccò subito, «Voglio la verità.»

«È questa la verità.»

«No, dev’esserci per forza qualcosa sotto.» ribatté con tono testardo, «Probabilmente c’è qualcosa che ti lega a ciò che dovevo fare… oppure, mi hai usata perché l’obiettivo era lo stesso della Divisione.»

«Smettila.» replicò con tono improvvisamente deciso. Alex sospirò, sciogliendo le braccia e quindi cercando di porre fine alla discussione: non avrebbe ottenuto risposte, non in quel momento. In fin dei conti aveva altro a cui pensare.

«Indossa quella maglia, altrimenti Birkhoff ci darà per dispersi.»

«È vero.»

Alex lo guardò sempre più innervosita ed esasperata, «Cosa? Che Birkhoff penserà che ci siamo persi?»

«C’era qualcosa sotto.» rispose Sean.

«Ammetterlo è il primo passo.» si congratulò lei.

Sean si ritrovò a sorridere debolmente, senza alcuna allegria o reale divertimento, mentre abbassava lo sguardo sulla maglia che doveva indossare, «Non c’entra niente la Divisione. Non c’entra niente Nikita e neanche mia madre.»

«E allora qual era il vero motivo?»

Rialzò gli occhi su di lei, «Lo stesso per cui mi hai preso a pugni quando hai scoperto dell’orologio.» disse, con tono sicuro di sé. Alex si irrigidì un attimo, prima di scuotere la testa.

«Era di mio padre, per questo ero e sono tutt’ora arrabbiata.»

«No, è perché tieni a me.» la contraddisse Sean, sostenendo lo sguardo rigido e nervoso di Alex, «Lo trovi strano, senza senso… eppure è così.»

«Quindi, per ovvia deduzione, tu dovresti tenere a me.» lo assecondò Alex.

Assurdo, pensò in automatico.

«Non mi credi.» disse Sean, avvicinandosi di qualche passo per fronteggiarla.

Alex non si mosse né fece niente per allontanarlo,«Se tu mi dicessi che sei un alieno e ti spuntassero le antenne e le orecchie verdi, beh… non ci crederei lo stesso.» affermò ironicamente. Sean mosse il capo in senso affermativo, avvicinandosi ancora sempre più lentamente. Quando si ritrovò a un solo passo da Alex si fermò e sorrise.

«Eppure è così.»

«Sei un alieno?»

Alex stava decisamente e totalmente impazzendo. Quella discussione aveva preso ormai una brutta piega, questo era chiaro. E il fatto che Sean si fosse messo a ridere di nuovo non aiutava i suoi nervi, già di per sé andati, a calmarsi e farla ragionare con lucidità.

«La tua risata è snervante e molto fastidiosa in questo momento.» lo accusò, cercando di non abbassare lo sguardo neanche per un momento, «Per non dire “inopportuna”. Ti ricordo che stai ridendo mentre là fuori tutti si fanno venire i capelli bianchi per ciò che sta succedendo alla… Divisione

Il tono di voce si affievolì quando Sean si avvicinò ulteriormente, riducendo in quel modo sia la minima distanza fra loro due sia le sue intenzioni di non cedere e scoprire che cosa volesse realmente da lei.

Un pensiero veloce le balenò in testa, ma lo scacciò subito: possibile che dica sul serio, questa volta?

«Birkhoff ci aspetta.»

Sean posò una mano sulla guancia di Alex, sfiorandole con il pollice le labbra socchiuse, «Birkhoff può continuare ad aspettare.» mormorò, prima di chinarsi sul suo viso. Alex a quel contatto lieve si ritrasse, ma dopo un breve sguardo carico di significato da parte di entrambi non riuscì a ritrarsi al secondo tentativo di Sean.

Quel bacio era fuori luogo, inopportuno e assurdo anche solo da concepire, per Alex. Eppure si ritrovò d’istinto ad aggrapparsi alle spalle di Sean, mentre ricambiava un bacio fin troppo lungo e fin troppo carico d’aspettative. L’aveva evitato, aveva creduto di non voler avere nessun contatto presente o futuro con lui, invece era lì tra quelle braccia che la stringevano facendole scordare tutto ciò che c’era fuori dalla stanza.

Non c’erano più Nikita, la Divisione, le scatole nere, Percy, Amanda. C’erano soltanto Sean e le sue labbra dannatamente morbide e la sua mano che dalla guancia era salita ai suoi capelli ricci, affondandoci le dita per attirarla di più a sé.

Sbagliato, inopportuno e fuori luogo, fu il pensiero di entrambi,  prima che la voce di Birkhoff li richiamasse dal piano di sotto forte e con urgenza, «Alex, Sean! Fate i bagagli, Nikita ha bisogno di voi!»

Si staccarono velocemente, rendendosi conto finalmente di dov’erano, cosa stava succedendo e cosa avevano lasciato fuori da lì. Sean inspirò profondamente per riprendere fiato, prendendo poi da terra la maglietta che gli era caduta dalle mani.

«Questo… deve rimanere qui.» disse Alex, ancor prima che lui potesse dire qualcosa.

Sean si infilò con rapidità la maglietta, annuendo e cercando di tornare con la mente ai problemi veri che li aspettavano entrambi. A sua madre, al rischio di vederla morta. E non al profumo di Alex, non a quel bacio che si era ritrovato a desiderare più di quanto avesse immaginato.

Alex deglutì, «È stato sbagliato…»

«Inopportuno e fuori luogo.» concordò Sean.

Alex raggiunse la porta a grandi passi, inumidendosi le labbra. Quando appoggiò una mano sullo stipite si voltò verso di lui, che stava recuperando la giacca che gli aveva scelto.

«In questo momento.»

Sean udì appena quelle tre parole, notando poi il breve sorriso che gli concesse Alex prima di uscire dalla stanza, per andare a sapere da Birkhoff i dettagli della chiamata di Nikita. Si infilò la giacca, sorridendo.

In questo momento.

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Nikita / Vai alla pagina dell'autore: Fiery