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Autore: Il Romanticismo Perduto    31/01/2012    1 recensioni
Estratto dal Capitolo 1: È una donna semplice, quella che iniziò la sua carriera con un’opera d’esordio il 15 di novembre, Luisa. Disse di aver scritto quel libro tutto, letteralmente, d’un fiato, senza pensarci due volte, passando una notte in bianco e dedicando anima e corpo all’impulso frenetico di scrivere la storia che le era venuto in mente.
Non aveva mai pensato che quel cipollino d’argento, con le sue lancette scintillanti e finemente decorate, raccontassero una storia truce, piena di dolore, di risentimento e di sangue.
Eppure, quando scriveva, con gli occhi arrossati per la fatica, ogni tanto le sembrava di vedere le lancette dei secondi muoversi.
Ma non lo rivelò mai a nessuno.
Il libro, semplice in sé, raccontava un giallo. Un giallo incentrato su un cipollino d’argento.
Non si sarebbe mai aspettata che lei diventasse il protagonista del suo libro.

Storia di un orologio da taschino, di una donna, di un uomo votato alla follia, della morte e di ciò che vi è oltre.
Il cipollino, fermo in quelle ore, in quei numeri fatidici per tanti, rivela un segreto, racchiuso in sé.
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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Il cipollino d’argento

Capitolo 1

 

È una donna semplice, quella che iniziò la sua carriera con un’opera d’esordio il 15 di novembre, Luisa. Disse di aver scritto quel libro tutto, letteralmente, d’un fiato, senza pensarci due volte, passando una notte in bianco e dedicando anima e corpo all’impulso frenetico di scrivere la storia che le era venuto in mente.

Non aveva mai pensato che quel cipollino d’argento, con le sue lancette scintillanti e finemente decorate, raccontassero una storia truce, piena di dolore, di risentimento e di sangue.

Eppure, quando scriveva, con gli occhi arrossati per la fatica, ogni tanto le sembrava di vedere le lancette dei secondi muoversi.

Ma non lo rivelò mai a nessuno.

Il libro, semplice in sé, raccontava un giallo. Un giallo incentrato su un cipollino d’argento.

Non si sarebbe mai aspettata che lei diventasse il protagonista del suo libro.

 

Luisa varcò il portone in ferro con aria affascinata. Gli occhi sorridevano, le labbra, velate da un leggero strato di rossetto, si accingevano a rivolgersi verso l’alto, assaporando con gli occhi le meraviglie di cui era appena diventata padrona.

“Non credo ai fantasmi, né a delle vecchie profezie.” Ammise, guardando l’agente immobiliare quando gli parlò della villa, con occhi stralunati e sorpresi.

Non volle sapere niente del suo passato, solo dargli una seconda opportunità. Tutti avevano bisogno di una seconda opportunità, anche quella casa, scenario di un efferato omicidio.

Quando l’uomo, con mano tremante, aprì la porta d’ingresso, il cuore della donna batteva a mille.

Sin da quando era piccola aveva sempre sognato di vivere in una villa così, ammantata dall’oscurità e, magari, da un oscuro segreto, celato nelle sue fondamenta.

Varcò per prima la soglia, assaporando l’odore di chiuso come il profumo di una torta appena sfornata.

Sì, quella casa era sua, finalmente.

 

Luisa scrive, scrive, il computer sembra un’ombra estranea all’interno della casa, oscura, cigolante ma appena rimessa a nuovo.

Luisa fa scorrere le dita sulla tastiera che ormai conosce a memoria, ogni singolo tasto, suono e movimento. Scivola su quelle parole come olio, tentando di scrivere quella storia che le scorre davanti agli occhiali aguzzi come l’introduzione di un film a rallentatore.

Luisa legge e scrive, legge nella sua anima, nel suo subconscio e scrive la storia di quel cipollino, di quel fine argento decorato e lavorato a mano. Semplice, molto leggero e piccolo, con lievi decorazioni intorno alla cassa e nel quadrante. I numeri arabi erano delicati, il suo insieme era armonico, in ogni sua parte. Non ticchettava. Era fermo. Alle 11 e 15.

Proprio a quell’ora la donna lo aveva scoperto, nascosto all’interno dell’unico mobile che era rimasto in quella casa, in un cassetto chiuso a chiave.

 

«Mi scusi, perché questo mobile è rimasto?» domandò, osservando questo mobile antico, una vecchia seduta da trucco dell’ottocento in legno bianco, mangiato dal tempo e dalle rughe sui piedi a zampa di leone.

L’impiegato della ditta immobiliare, asciugandosi i sudori freddi, mugugnò la risposta.

«Sinceramente, non ne so il motivo, signora... A me avevano detto che questa casa era senza arredo alcuno.». la donna tentò di aprire i cassetti, qualche cianfrusaglia, alcuni trucchi andati a male, una sciarpa di velluto color azzurro carta da zucchero. E un cassetto chiuso.

«Questo cassetto è chiuso...» borbottò la donna, guardando la fessura dove andava inserita la chiave. L’uomo si avvicinò, con passo leggero, quasi spaventato nel risvegliare la casa.

«Beh, signora, se le interessa così tanto aprirlo può chiamare un fabbro... le andrebbe di scendere al piano terra?».

 

Quando Luisa aprì, con particolare destrezza, con un fermacapelli il cassetto, fece un rumore sinistro, di ferro arrugginito. All’interno, ammantato dalla polvere, un orologio da taschino, d’argento. Di primo acchito non si era accorta che l’orologio era fermo, perché l’ora della scoperta fu alle 11 e 15.

Quando lo prese in mano, osservandolo in ogni sua parte, leggermente esperta di questa chincaglieria, si illuminò. Davanti a lei, in un papiro trasparente andò delineandosi i profili di un nuovo racconto, che andava scritto subito, immediatamente.

Luisa scrive, scrive. Ma quando arrivò alla fine, non scrisse quella parola.

La mano tremava, e si guardò le dita. Per un attimo, al suono di un tuono del temporale che urlava al di là delle finestre, sull’ombra della sua mano, vi vide un occhio intriso di sangue.

 

 

 

   
 
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