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Autore: sophie97    31/01/2012    3 recensioni
Tutti conosciamo gli eroi dell'Iliade e dell'Odissea come persone forti, valorose, che non si fermano davanti alla difficoltà...combattono e uccidono uomini ogni giorno, come se fosse una cosa "normale". Immaginate che uno di questi eroi si renda conto di sbagliare...cosa accadrebbe?
Prima storia con più capitoli in questa sezione, spero che vi piaccia e aspetto le vostre recensioni!=)
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Andromaca


 

 
Il principe Troiano entrò nella stanza lussuosa di Andromaca.
Era ampia e confortevole, grandi finestre si aprivano sul mare immenso.
Alcune ancelle lavoravano al telaio, senza tregua, ma sorridenti.
E in un angolo era seduta lei, bella, che cullava tra le braccia il piccolo Astianatte.
Ettore sorrise nel vedere quella scena e rimase sulla soglia ad osservare. Fu la moglie che, appena si accorse della sua presenza, lo salutò e lo invitò ad entrare.
Gli porse il bambino, che dormiva beatamente, facendo sogni tranquilli.
Piccolo, ingenuo, lui non poteva sapere cos’era la guerra, cos’era il male, lui non poteva sapere che non avrebbe più visto l’uomo che lo teneva tra le braccia in quel momento, suo padre.
Andromaca guardò suo marito ed egli ricambiò lo sguardo…uno sgurdo spento, pieno di tristezza.
La donna lo capì, e cominciò a preoccuparsi «Cosa succede?» chiese infatti.
L’eroe diede di nuovo il piccolo bambino in braccio alla madre e poi rispose, sicuro «Affronterò il Pelide Achille a duello.».
Lei sgranò gli occhi e scosse il capo «No…no, non puoi farlo, morirai! Ti ucciderà! Non puoi…».
«Devo.» la interruppe lui «Su questo si basa la conclusione della guerra. Non possono continuare a morire così tante persone. In questo modo risparmieremo le vite di centinaia di uomini, achei o troiani che siano.».
«Ma è praticamente un dio! È invulnerabile, non potrai mai vincere contro di lui!» ripetè lei.
«Un punto vulnerabile ce l’ha l’eroe acheo, il tallone, ricordalo. E comunque se dovessi fallire…vorrà dire che così era già segnato.».
«Ma…ma non pensi a Astianatte…crescerà senza un padre…» cercò di convincerlo Andromaca, tra le lacrime.
«Ci penso, e mi dispiace, perché voi due siete tutto per me, siete la mia vita. Non voglio che tu finisca come schiava degli achei e prometto che combatterò fino alla fine contro Achille per evitarlo. Spero che Astianatte cresca sano e forte, che non dimentichi il padre, che ha lottato sempre per la patria e per la sua famiglia.» disse l’eroe, e anche a lui venne voglia di piangere, perché sapeva già cosa sarebbe sucesso.
Vedeva già sua moglie come serva e suo figlio in mano ai terribili achei, che di lui non avrebbero avuto pietà.
Detto questo si voltò per andarsene, ma ancora una volta Andromaca lo fermò, non poteva permettere a suo marito di andare incontro alla morte così facilmente:
«Aspetta…ti prego…non lasciarmi.» mormorò.
Ettore la guardò, e dopo un gioco di sguardi che durò a lungo le si avvicinò e le sussurrò «Ti ho sempre amata Andromaca, e sarà così per sempre…per sempre.». Si allontanò con passo deciso, uscì da quelle mura alte e possenti che, insieme ai suoi abitanti, non avrebbe più visto.
 




Finish!!! Cioè…quasi! Il prossimo sarà l’ultimo capitolo.
Ho deciso di parlare dell’incontro tra Ettore e Andromaca descritto nel libro VI dell’Iliade perché mi è piaciuto particolarmente, e penso che sia il più bel passo di tutto il poema. Per questo riporto qui sotto la traduzione della versione originale, per chi non la conoscesse perché merita davvero e per chi l’ha già letta…insomma, era troppo bella per non farla comparire nel corso della storia!!
Ringrazio ancora tutti i lettori e particolarmente Chiara, Pakometallaro e Princess_Slytherin per le recensioni!
Ciao!
Sophie=D
 
 
Dal VI libro dell’Iliade:
E quando, attraversata la gran città, giunse alle porte
Scee, da cui doveva uscir nella piana,
qui la sposa ricchi doni gli venne incontro correndo,
Andromaca […].
Dunque gli venne incontro, e con lei andava l'ancella,

portando in braccio il bimbo, cuore ingenuo, piccino,
il figlio d'Ettore amato, simile a vaga stella.
Ettore lo chiamava Scamandrio, ma gli altri
Astianatte, perché Ettore salvava Ilio lui solo.
Egli, guardando il bambino, sorrise in silenzio:
ma Andromaca gli si fece vicino piangendo,
e gli prese la mano, disse parole, parlò così:
"Misero, il tuo coraggio t'ucciderà, tu non hai compassione

del figlio così piccino, di me sciagurata, che vedova presto
sarò, presto t'uccideranno gli Achei,
balzandoti contro tutti: oh, meglio per me
scendere sotto terra, priva di te; perché nessun'altra
dolcezza, se tu soccombi al destino, avrò mai,
solo pene! Il padre non l'ho, non ho la nobile madre.
[…]
Ettore, tu sei per me padre e nobile madre

e fratello, tu sei il mio sposo fiorente;
ah, dunque, abbi pietà, rimani qui sulla torre,
non fare orfano il figlio, vedova la sposa;
ferma l'esercito presso il caprifico, là dove è molto
facile assalir la città, più accessibile il muro;
per tre volte venendo in questo luogo l'hanno tentato i migliori

compagni dei due Aiaci, di Idomeneo famoso,
compagni degli Atridi, del forte figlio di Tideo:
o l'abbia detto loro chi ben conosce i responsi,
oppure ve li spinga l'animo stesso e li guidi!"
E allora Ettore grande, elmo abbagliante, le disse:

"Donna, anch'io, sì, penso a tutto questo; ma ho troppo
rossore dei Teucri, delle Troiane lungo peplo,
se resto come un vile lontano dalla guerra.
Né lo vuole il mio cuore, perché ho appreso a esser forte
sempre, a combattere in mezzo ai primi Troiani,
al padre procurando grande gloria e a me stesso.
Io lo so bene questo dentro l'anima e il cuore:
giorno verrà che Ilio sacra perisca,
e Priamo, e la gente di Priamo buona lancia:
ma non tanto dolore io ne avrò per i Teucri,
non per la stessa Ecuba, non per il sire Priamo,
e non per i fratelli, che molti e gagliardi
cadranno nella polvere per mano dei nemici,
quanto per te, che qualche acheo chitone di bronzo,
trascinerà via piangente, libero giorno togliendoti:
allora, vivendo in Argo, dovrai per altra tessere tela,
e portar acqua di Messeide o Iperea,
costretta a tutto: grave destino sarà su di te.
E dirà qualcuno che ti vedrà lacrimosa:
"Ecco la sposa d'Ettore, ch'era il più forte a combattere
fra i Troiani domatori di cavalli, quando lottavan per Ilio!"
Così dirà allora qualcuno, sarà strazio nuovo per te,
priva dell'uomo che schiavo giorno avrebbe potuto tenerti lontano.
Morto, però m'imprigioni la terra su me riversata,
prima ch'io le tue grida, il tuo rapimento conosca!"
E dicendo così, tese al figlio le braccia Ettore illustre:
ma indietro il bambino, sul petto della balia della cintura
si piegò con un grido, atterrito dall'aspetto del padre,
spaventato dal bronzo e dal cimiero chiomato,
che vedeva ondeggiare terribile in cima all'elmo.
Sorrise il caro padre, e la nobile madre,
e subito Ettore illustre si tolse l'elmo di testa,
e lo posò scintillante per terra;
e poi baciò il caro figlio, lo sollevò fra le bracia,
e disse, supplicando a Zeus e agli altri numi:
"Zeus, e voi numi tutti, fate che cresca questo
mio figlio, così come io sono, distinto fra i Teucri,
così gagliardo di forze, e regni su ilio sovrano;
e un giorno dica qualcuno: "E' molto più forte del padre!"
[…]

  
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