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Autore: crimsontriforce    31/01/2012    0 recensioni
[Portal Trick fandom!AU] Ben prima del completamento del primo prototipo funzionante di Portal Gun, al Centro di Arricchimento la SCIENZA prosegue a ritmo serrato.
Gestione risorse: 100% operativa: La sagoma rotonda di un soggetto sperimentale esausto rotola vicino al suo Cubo Appesantito di Immagazzinaggio e lascia che la fine del giorno le scorra addosso.
Firewall: [5%]
Bug del sistema: [0%]
Genere: Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Avrei Cose da dire su questa raccolta ma preferirei prima scrivere gli altri due racconti che la compongono. Il tutto è nato da chiacchiere in libertà con Ely (Altairattorney/Potterwatch), in cui una intonò Still Alive nella parte "...except the ones who are dead" e l'altra rispose pronta "...nobody ever calls the dead" e giù a ridere. L'humour nero, poi, non manca né all'uno né all'altro canone. Da lì fu deciso: Yomiel doveva finire nel Centro di Arricchimento, in qualche modo. Per il momento ci è finito Jowd, nel modo più standard, a seguire Cabanela e per l'appunto Yomiel, in un crescendo di scornate con GLaDOS.
Questo capitolo è stato scritto per il concorso Technologic indetto da Hikari, in cui si è purtroppo trovato nella tipica situazione dello Yomiel: solo soletto. Ma è stato apprezzato e ne sono felice^^
Tranne i morti






Gestione risorse: 100% operativa

Fantastic. You remained resolute and resourceful in an atmosphere of extreme pessimism.
Not.


Jowd allungò una gamba e calciò il bordo di plastica di una branda troppo piccola. Le note insistenti della sveglia martellavano sulle sue orecchie, forzando una meccanicità dei movimenti che spazzava in quattro quarti tutta l'incertezza e la vaghezza comode del sonno. Sveglio, sì, era clinicamente sveglio. Ancora. Si issò a sedere sul materasso, cercando a tentoni la tuta da lavoro e la tazza di caffè bollente che mani invisibili poggiavano ogni mattina sulla lamiera smerigliata che si ostinava a chiamare comodino.
Per valori opinabili di 'mattina'. Nel candore ossessivo del complesso, con le sue luci fredde e i suoi vetri opachi che si aprivano solo su altri bianchi, altre piastrelle in altre stanze, l'unica notte cui Jowd potesse aspirare era quella che faceva calare raggomitolandosi sotto le coperte. Non scaldavano, d'altronde i laboratori non erano freddi. Ma erano ruvide, semplici, fisiche: lo proteggevano dai bagliori e dai ronzii che permeavano i muri.
Ronzii, echi, ticchettii. Mai voci, non più da giorni (decine di giorni. Molte decine). L'unica, impeccabile variante delle sue mattine squillava da un altoparlante nascosto, con il brio robotico di una registrazione ma una cura al dettaglio che Jowd faticava a immaginare proveniente da un impiegato davanti a un computer, costretto a ordinare frammenti di voce campionata a uso e consumo di un qualsiasi soggetto sperimentale.
“Un gioviale buongiorno dal Centro di Arricchimento di Aperture Science. Nell'ottica dello sviluppo di un'atmosfera di trasparenza e fiducia, il Centro di Arricchimento, nell'augurarvi un felice svolgimento dei test odierni, vi notifica che la composizione del caffè è stata modificata. La nuova formula, rigorosamente testata dai nostri fornitori, contiene: caffè solubile 25%, segale, cicoria, nitrato di...”
“Finché non c'è orzo sta bene”, rispose Jowd sulla scarica statica che aveva interrotto il messaggio. Rimestò la brodaglia e gettò uno sguardo flemmatico al soffitto, cercando di intuire l'origine della voce ma senza nutrire particolari speranze di successo. “Non capirò mai cosa ci trovi così tanta parte dell'umanità, nell'orzo. Gradevole retrogusto metallico, ad ogni modo. Com'era quella lista ingredienti?”
Ogni mattina un saluto diverso. Abbastanza da instillargli il dubbio di poter avere un interlocutore in mezzo a quel bianco. Nell'ottica dello sviluppo di un'atmosfera di lasciarsi alle spalle altre ore di veglia il prima possibile, si preparò.

“Il Centro di Arricchimento di Aperture Science ricorda che l'uscita non è permessa fino al termine delle procedure di collaudo.”
“L'assenza totale di porte dà quell'impressione.” Inclinò la testa e sfoderò un sorriso. Quante attenzioni, quel giorno. Ricambiare con cortesia era il minimo che potesse fare.
“Il termine delle procedure di collaudo non è tuttavia un motivo per rinunciare al divertimento e all'apprendimento continuo offerti da Aperture Science. I cancelli del Centro di Arricchimento sono sempre aperti per [inserirenomeconiuge] e il/la piccolo/a [inserirenomediscendenza], dal Tour Guidato degli Impianti a giri di prova in camere di test appositamente predisposte.”
“Eccellente. Da bambino, anch'io amavo le pozze d'acido.” Non che ne avesse mai viste – sentite citare a ripetizione, ma non c'era stato un singolo pericolo mortale nei suoi test fino a quel momento. Poteva immaginare sei o sette motivi per cui lo stessero tenendo così all'erta, nessuno dei quali, ovviamente, piacevole. Lo sfinimento almeno stava funzionando.
Cadde il silenzio. Jowd trascinò i piedi lungo il corridoio, tamburellando sul rivestimento ovale del macchinario che reggeva in mano – non sulla punta, perché la voce non aveva mai finito di spiegare cosa succedesse di preciso agli atomi là in cima. Proprio perché la voce non aveva mai finito di spiegarlo. Prendere quei silenzi come il più severo degli avvertimenti era stato forse il primo automatismo dacché era in quel posto.
Il sorriso gli crollò di dosso appena si sentì solo. La voce poteva permettersi di non rispondere; per Jowd, la fine di ogni sessione di test era un obiettivo evanescente senz'altri appigli che il qui, l'ora e il bianco. Ogni risposta era, almeno, terreno solido sotto i piedi, una sferzata di realtà pur rifratta da un numero di paradossi che non si curava di contare. Era grato alla voce quando, involontariamente (sperava, sperava davvero), gli riportava davanti agli occhi Kamila con la visceralità di un istinto di difesa, un'esplosione di rabbia e colori e il suo sorriso pieno sotto un fiocco troppo grande. Sfumava presto nel vuoto asettico in cui gli sembrava che finisse ogni suo respiro, ma i ricordi che riusciva a rivangare da solo erano stantii e sempre più pallidi sulla tela delle pareti.

“Conformemente a un protocollo obbligatorio, al soggetto è richiesto di selezionare un Cubo Appesantito di Immagazzinaggio dalla serie proposta. Aperture Science ricorda che i Cubi Appesantiti di Immagazzinaggio vengono rimescolati ogni giorno per evitare l'insorgere di sentimentalismi nocivi alle condizioni sperimentali.”
“Mi pare sensato.” Annuì. “Non è certo questo che stiamo testando, in fondo.”
Che era come dire: “Mi piace il tuo modo di dire 'prendine uno e amalo come un figlio', Voce. Ha classe. Chiunque ti manovri deve aver studiato.” E rendersene conto è il primo passo, dicevano là fuori: tacere per stimolare attenzione. Negare per creare un bisogno. Promettere un'uscita per togliere ogni speranza. Jowd passò in rassegna la fila di cubi. Ne voltò tre calciandoli giù dal loro gradino e controllò ogni lato.
Quando ritrovò la faccetta sorridente tinta di rosso secco e scrostato diede un colpetto di saluto su uno spigolo, attivò il Dispositivo in Prova Aperture Science per Trasporti Metallici che così spento iniziava ad anchilosargli il braccio e portò Dispositivo e Cubo in spalla come un fucile fino alla camera dei test.
Rendersene conto è il primo passo, dicevano là fuori, ma là fuori non avevano quattro muri bianchi a impedire tutti gli altri.

Jowd era, di natura, attento, razionale e veloce. Non avendo in verità grandi altri progetti per le giornate, le sue performance nei test erano attente, razionali e veloci, significativamente inferiori ai limiti di tempo concessigli dal programma di collaudo, anche e soprattutto grazie all'apporto del suo aiutante. Il tempo che intercorreva fra il raggiungimento dell'ultimo obiettivo e la chiamata a cena era il loro premio.
Trasportava C. in un angolo della stanza, lo appoggiava avendo cura di disattivare il Dispositivo solo dopo che avesse toccato terra, senza scossoni, e si sedeva al suo fianco, con la schiena curva e la testa appoggiata sulle ginocchia o carponi, un contrappunto rotondo alle forme severe del compagno. Restavano in silenzio. Lo sentiva vicino, dopo che gli aveva fatto da gradino e scudo e confidente. Era il loro spazio.
E si vedeva nitido, patetico, arancione, raggomitolato accanto a sei lastre di lamiera saldate, ovviamente vedeva ogni stringa con cui gli ordini sarcastici e rovesci che gli piovevano dall'alto lo legavano a un pezzo di latta appesantita creato solo per riempire magazzini in esubero e i pensieri di soggetti sperimentali in quarantena indefinita. Non aveva smesso di osservare, solo di combattere. Sapeva di essere stato battuto quando Voce gli aveva detto per la prima volta di non differenziarli dandogli al contempo in mano una bottiglia di ketchup e sapeva riconoscere un buon gioco. A un qualche livello che andava perdendosi, qualcosa che ricordava dal mondo di fuori offuscato e spento, sentiva la morsa di una disillusione. Uno scopo, un'inevitabilità. Ma C. era solido al suo fianco e comunque non aveva l'imbarazzo della scelta: o così o solitudine assoluta fra la grazia di una comparsa di Voce e la successiva. E perché no, in fondo.



Fissò il pozzo rosso ai suoi piedi. La mano destra, imprigionata nel Dispositivo in Prova Evidentemente ad Alta Termoconduttività, bruciava.
Era sempre stato intimamente certo che sarebbe finita così. Nella fitta di disgusto, si sentì in bocca un retrogusto dolciastro nel potersi dare ragione. Il giorno stesso del suo matrimonio aveva visto con chiarezza fotografica che non sarebbero arrivati a invecchiare insieme. Prendendo il rischio di aprirsi a un'amicizia, una e non più di una e non per sua propria iniziativa, aveva aperto il fianco a una delusione garantita. Tenendo in braccio sua figlia... qualcosa. Di fatto, lì dentro l'aveva abbandonata.
Ma il Cubo aveva promesso– Voce aveva promesso che il Cubo non– tutti promettevano. E non mantenevano. Lui per primo. 'Eutanasia' non sembrava neanche una parola da macchine, era una parola da persone, che si feriscono, sempre, per regola. O era una parola da persone perché tutto funzionava al contrario e se Voce usava una parola da persone doveva significare che non doveva trattarlo da persona ma da macchina, ma in quel caso si sarebbe dovuto preoccupare dell'incitamento a non preoccuparsi che l'aveva preceduto. Un pensiero pigro e randagio si chiese se questo avrebbe portato a una valutazione positiva sulla sua scheda in qualche ufficio bianco dai vetri opachi, perché sì, si stava preoccupando e sì, che questo fosse parte del test, forse l'unica parte del test, era tragicamente ovvio da giorni.
Jowd camminò in circolo attorno all'Inceneritore Intelligente Beta di Aperture Science, trascinando il Cubo già come un cadavere. Spazzatura, era tutto spazzatura. Chiuse gli occhi. Cercò il vuoto dove finivano i suoi respiri, lo sentì fisso e solido, si ancorò a quello. Il resto, con un brivido, smise di esistere. Quello che aveva in mano era un cubo di metallo. Di fronte a lui, le viscere dell'inceneritore ribollivano. Aveva i suoi ordini. Appoggiò il cubo per terra e stringendo la manica della mano libera strofinò via il piccolo sorriso dipinto col ketchup fino a rendere lucido il centro della faccia. Gli diede un colpetto di saluto su uno spigolo e lo gettò nella fornace.
Nelle manciate di secondi che passarono, fermo e vuoto e senza distogliere lo sguardo dal metallo fuso distorto dal calore intenso dell'aria, Jowd vide la sua uscita. Si morse un labbro. Fece un passo in avanti e l'Inceneritore Intelligente Beta, terminato il suo compito, si chiuse di scatto.
Troppo tardi – per quel giorno. Ma i test non erano finiti, vero Voce?

“Il processo di eutanasia è stato completato. Analisi statistiche dimostrano che il dolore provato da un Cubo durante il processo di eutanasia rientra nei limiti previsti dalle norme e dai regolamenti interni dello statuto di Aperture Science.”
Jowd prese fiato e rimase in silenzio. L'inceneritore era il suo segreto. Se la sua supposizione di essere in realtà ascoltato era corretta e se avesse esitato, se si fosse lasciato sfuggire il più piccolo accenno, avrebbero potuto carpirglielo e non poteva permetterselo.
Inoltre, prestare attenzione a ogni parola di Voce per trovare la chiave di volta che reggesse una risposta a tono era diventata un'abitudine. Alle abitudini ci si affeziona. Non poteva permettersi nemmeno quello.

Il giorno dopo, trovò di nuovo il pranzo vicino ai cubi accatastati. Di nuovo una salsa. Intinse l'indice nel barattolo. Lo soppesò. Se lo ficcò in bocca. Mai più.

Il giorno dopo, uno dei Cubi Appesantiti di Immagazzinaggio portava impresso un cuore.














Re: “C.”, ERANO LE QUATTRO DEL MATTINO E MI SEMBRAVA UNA BUONA IDEA OK.
È anche spigoloso. So there.
   
 
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