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Autore: Miss BloodyFangs    01/02/2012    5 recensioni
" Ricordi che voleva chiamarla Miranda, se fosse mai nata una bambina. Eppure, quando te la sei ritrovata tra le braccia, non lo hai fatto.
Forse perché ti, vi ha abbandonate. E perché sapevi che quel nome non era quello adatto a lei, sentivi che ce n’era un altro che bussava al tuo cuore, per lei.
Celia.
Adesso rimani con una guancia appoggiata al materasso, lei non sembra accorgersene, troppo presa nel suo mondo. Quello che tu non conoscerai mai. "
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La coscienza

 

 

 

Osservi la tua piccola nel suo letto.

 

 

“è così bella” pensi, guardandola dolcemente. Non sarai mai stanca di quella visione; di quei capelli ricci sempre aggrovigliati che sembrano fare da cornice a quel volto dalle labbra un po’ socchiuse nel sonno, gli occhi che si stringono.

 

 

 

Starà avendo un incubo? Speri di no. Speri che sia abbastanza forte da respingerlo.

 

 

 

Preghi che sia un bel sogno, almeno per lei. Non ricordi quando è stato l’ultimo che hai fatto tu.

 

 

 

Ricordi che tutto sembrava un sogno, prima. Quando c’era anche lui, l’uomo che ha contribuito alla creazione dell’angelo che ammiri ora. Forse, dopotutto, lo vorresti ringraziare, se non fosse stato per lui Celia non sarebbe mai nata.

 

 

 

Ti si stringe il cuore al solo pensiero e stringi anche tu gli occhi: no, era solo uno dei tanti brutti pensieri che ormai imperversano nella tua mente e lo scacci come fai anche con gli altri, anche se ormai sono troppi. Neanche Celia è in grado di occuparti abbastanza per liberarti sul serio da questi.

 

 

 

Ricordi che voleva chiamarla Miranda, se fosse mai nata una bambina. Eppure, quando te la sei ritrovata tra le braccia, non lo hai fatto.

 

 

Forse perché ti, vi ha abbandonate. E perché sapevi che quel nome non era quello adatto a lei, sentivi che ce n’era un altro che bussava al tuo cuore, per lei.

 

Celia.

 

 

Adesso rimani con una guancia appoggiata al materasso, lei non sembra accorgersene, troppo presa nel suo mondo. Quello che tu non conoscerai mai.

 

 

 

 

Rialzi di scatto il volto, ma fortunatamente la bambina non si è svegliata.

 

 

 

Guardi le insegne lontane e luminose fuori dalla finestra della cameretta e ti chiedi, solo con curiosità, se tra esse ce n’è anche una in francese. Una in particolare, che si accende al tramonto e si spegne all’alba.

 

 

Scuoti lievemente la testa rendendoti conto che non te ne importa sul serio.

Non ti importa più di niente. Anche Celia, che ti ha sempre tenuta con forza a terra, sta cominciando ad allentare la sua presa per lasciarti andar via.

 

 

“ sarà forse giunta la mia ora? ” ti chiedi con tranquillità carezzando distrattamente i capelli della piccola.

 

 

“ forse si ” pensi tristemente, volgi lo sguardo ancora una volta a Celia e sospiri. Prima di andartene hai una cosa importante da fare: trovare un modo per farle raggiungere il padre.

 

 

Sei più che certa che sia una pessima idea e che sia davvero da ingrati far questo alla propria figlia. Non vuoi davvero che vada da lui, ma non hai in mente altre opzioni.

 

 

Senti delle lacrime rigarti le guance, quando hanno cominciato a scendere? Non ti sei accorta nemmeno di star piangendo, senti di non aver nemmeno la forza di spazzare via quel dolore liquido.

 

 

Non la vuoi lasciare, ma non ce la fai più.

 La adori, ma non riusciresti a sopportare ancora a lungo.

 Cosa? Tutto.

I pensieri, i ricordi, il presente, il passato… stringi i denti, continui a farlo, ma resisterai ancora per poco, lo sai bene.

 

 

 

Scappi dalla sua cameretta e ti chiudi silenziosamente la porta dietro, non ce la fai. Ci hai provato, è già qualcosa.

 

 

 

ma non abbastanza ” pensi mentre singhiozzi, rannicchiata in un angolo dell’appartamento.

 

 

Ti stai rintanando anche nella tua mente, per evitare di sentire altri brutti pensieri, ma prima o poi dovrai smetterla e quando accadrà non sarà piacevole.

 

 

 

- mamma?- senti una vocina e alzi di scatto la testa pulendoti in fretta e furia il viso, per poi mettere su uno dei tanti sorrisi finti che hai imparato a fare – si, tesoro mio?- la piccola ti guarda ancora assonnata, del tutto inconsapevole di ciò che sta avvenendo nella mente della madre – ho avuto un brutto sogno- il sorriso ti si ghiaccia in volto. Avevi pregato, e ancora una volta non aveva funzionato, “ non funziona mai ” pensi disperata.

– era solo un brutto sogno- “ anche i miei sono solo brutti pensieri, se è per questo ” si fece coraggio, senza riuscirci molto. È vero, non sarebbe resistita, non con quei patetici tentativi.

 

 

 Del resto cos’è un’incubo? Soltanto paura. Paura resa più vicina a noi nel sonno. Cos’è un pensiero? È qualcosa che continua a tormentarti finchè non lo realizzi. O finchè non scappi abbastanza lontano da seminarlo.

 

Di solito, la seconda ipotesi, implica la morte.

 

 

 

Allora è quello che farai? Scapperai dalla vita? Si.

Tua figlia è scappata dal suo incubo.

Ha solo cinque anni, ma lei ce l’ha fatta. Sto solo cercando un pretesto.

Ne vuoi un altro? Ma come, non ne avevi già trovati abbastanza?

 

 

 

Ma guardando la figlia in volto senti che non sono mai abbastanza, i pretesti, per lasciarla e farti odiare senza poter spiegare. Soprattutto se sei giunta a parlare con te stessa per ottenerli.

 

 

Dunque io ti dico: guardala. La lascerai davvero? Te lo sto chiedendo solo perché ti abbandonerò nel momento in cui ti servirò maggiormente, se lo farai.

 

 

Si, lo farò.

 

 

Allora addio.

 

 

Firmato, la tua coscienza.

 

 

 

 

 

 

Quindi era rimasta davvero sola, ora, ad affrontare tutto.

 

 

 

 

  
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