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Autore: Strega_Mogana    01/02/2012    11 recensioni
Non solo si sentiva confusa e disorientata.
Non solo la sua mente, sempre attenta e scrupolosa, non riusciva a mantenere la concentrazione per più di dieci minuti.
Non solo non dormiva di notte cercando, invano, di trovare una soluzione al problema che l’assillava, ma aveva anche smesso di ascoltare Silente durante una delle riunioni dell’Ordine. Assolutamente imperdonabile.
Odiava perdere il controllo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Precisazione dell'autrice: questa storia é assolutamente AU, é fedele alla trama fino al V libro e non prende in considerazione tutto quello che é accaduto dopo>.
Quindi niente morte di Silente, niente "tradimento" di Piton, niente Horcrux e, soprattutto, niente morte di Severus.
I tre ragazzi si sono diplomati a Hogwarts, dove non ci sono state battaglie, ed ora fanno parte dell'Ordine.

Aspettami… Severus


Se c’era una cosa che Hermione Jean Granger odiava più di tutte era perdere il controllo della situazione.
Le piaceva essere pronta a tutto, studiare ogni minimo particolare.
L’istinto e l’incoscienza davanti al pericolo, caratteristiche fondamentali di un vero Grifondoro – come le diceva a volte Harry solo per punzecchiarla – non facevano parte della sua personalità.
I libri, le sue ancore di salvezza, erano gli unici che l’aiutassero ad organizzare una mente particolarmente elaborata come la sua. Le sue certezze erano stampate su vecchie pagine di pergamena, scritte con caratteri a volte troppo sbiaditi per essere leggibili, o con rune così antiche e dimenticate nel tempo che spesso richiedevano giorni di ricerca prima di trovare un senso logico. Amava l’ordine e la stabilità anche in quel momento di tumulto creato dalla guerra.
Forse era per questo che ogni membro dell’Ordine teneva in gran considerazione la sua opinione.
A volte avvertiva il peso delle responsabilità sulle sue fragili spalle di diciannovenne, ma non si sarebbe mai tirata indietro davanti ad una difficoltà. Ricordava una formula particolarmente difficile da tradurre da un antico tomo runico: ci aveva messo settimane per trovare la traduzione esatta e ore insonne a bere caffè cercando in ogni vocabolario runico che aveva a disposizione. Alla fine ogni tassello era andato al suo posto, era stremata, ma fiera di sé stessa. Si concludeva un circolo, un cerchio perfetto in cui lei aveva messo una tessera importante. Quelle piccole sicurezze l’aiutavano ad andare avanti ed a non crollare di fronte a quello che accadeva fuori da quelle mura.
Ma ora, nonostante la guerra e le vittime innocenti che essa mieteva senza sosta, il suo desiderio di stabilità ed equilibrio era seriamente minato.
Non solo si sentiva confusa e disorientata.
Non solo la sua mente, sempre attenta e scrupolosa, non riusciva a mantenere la concentrazione per più di dieci minuti.
Non solo non dormiva di notte cercando, invano, di trovare una soluzione al problema che l’assillava, ma aveva anche smesso di ascoltare Silente durante una delle riunioni dell’Ordine. Assolutamente imperdonabile.
Odiava perdere il controllo.
Si morse un labbro per cercare di strappare la sua mente da quella fantasia ad occhi aperti che era diventata la sua dolce e inconfessabile ossessione.
- Sono lieto di informarvi, - disse Silente seduto a capo tavola nella cucina di Grimmauld Place – che il professor Keenwood é stato liberato dagli Auror questa mattina. Dobbiamo ringraziare Hermione e Kingsley che hanno studiato un piano d’azione preciso e... - le altre parole si persero dietro il velo che divideva il mondo reale da quello immaginario. Dietro un mondo fatto di sguardi fugaci, lievi cenni e lente carezze a fior di pelle. Un mondo dove bastava un solo sguardo per dire mille parole.
Hermione fece un respiro più profondo, sentì la mano di Ronald sulla spalla e il suo alito caldo al sapore di api frizzolose solleticarle l’orecchio.
Non aveva sentito le parole, ma intuiva che fossero congratulazioni per il successo della missione.
Si voltò appena, mostrando un sorriso di cortesia, fingendo estremo interesse per le parole di Silente.
Mentre tornava a cercare di concentrare l’attenzione sul volto del vecchio mago, con la coda dell’occhio intravide due occhi neri che la fissavano.
Sentì lo stomaco contorcersi e la gola inaridirsi all’improvviso. I denti andarono a torturare nervosamente un labbro già provato da innumerevoli lotte.
Fissò Silente decisa a non lasciarsi trasportare dalle sue fantasie.
Gli occhi celesti di quello che, molto probabilmente, era stato il Preside di tutti i presenti in quella casa vagavano da un volto all’altro spiegando la situazione, le persone ancora da liberare, le strategie da seguire e le persone del Ministero da evitare perché influenzate dalla maledizione Imperius.
Hermione ascoltò; ci provò almeno, ma ogni volta che credeva di aver trovato la concentrazione giusta, l’ombra accanto a Silente si muoveva e lei si perdeva in quella bramata oscurità che sapeva di peccato e bugie.
Desiderò con tutta se stessa che quella lunga serata finisse il prima possibile.
Quando tutti i presenti iniziarono ad alzarsi dalle rispettive sedie, scattò in piedi e uscì dalla cucina accennando alla prima banale scusa che le fosse venuta in mente.
Entrò nella prima stanza libera che trovò, era un vecchio salottino ormai utilizzato solo come ripostiglio. Alcuni mobili erano stati coperti con vecchie stoffe viola e verdi, diverse ragnatele pendevano dal soffitto e la polvere aveva coperto tutto, mostrando quello che restava davvero della ricchezza della famiglia Black. Hermione vide l’angolo di una cornice spuntare dallo strappo di quello che un tempo doveva esser stata una trapunta costosa, un paio di mezzibusti di marmo grigi con venature verdastre erano stati abbandonati in un angolo, la strega si avvicinò per nulla incuriosita, ma disposta a tutto pur di non pensare e lui e ai suoi occhi neri, brucianti come le fiamme dell’inferno – il suo inferno personale -, che la fissavano.
Le targhe d’argento applicate alla base delle statue erano annerite dal tempo, rendendo impossibile la lettura dei nomi. La donna esaminò velocemente i lineamenti dei due uomini rappresentati, di certo erano lontani parenti di Sirius.
Fuori, nel silenzio di quella notte deserta, un lampo illuminò la strada e parte di quella stanza in disuso allungando le ombre minacciose dei mobili, abbandonati a loro stessi come spettri maligni, sulle pareti incrostate dalla muffa e macchiate dall’umidità.
Sussultò colta alla sprovvista, i temporali erano aumentati da quando i Dissennatori erano scappati da Azkaban per unirsi a Lui, ma ogni volta era sempre un colpo quando un tuono rimbombava all’improvviso sopra la sua testa.
Non aveva mai amato i temporali, odiava il rumore della pioggia battente contro i vetri, i lampi illuminavano l’atmosfera con una luce sinistra e i tuoni le facevano tremare anche lo stomaco.
Si vergognava ad ammetterlo, ma ad Hogwarts, quando nessuno la vedeva, si copriva con le lenzuola fin sopra la testa quando fuori imperversava una tempesta.
Un altro lampo illuminò la stanza, Hermione lasciò perdere i mezzibusti e si avvicinò alla finestra. I vicoli erano scuri, i lampioni illuminavano i marciapiedi con coni di luce fioca, una cartaccia rotolò dall’altra parte della strada, un randagio denutrito abbaiava contro un gatto appollaiato sul ramo di un albero spoglio.
Un altro lampo illuminò la strada.
La strega spostò la spessa tenda di tessuto verde così scuro da sembrare quasi nero e osservò l’atmosfera tetra di quella notte, si chiese quando tutto quel dolore sarebbe sparito, quando avrebbe potuto vivere una vita normale.
Quando lui non avrebbe più tormentato i suoi pensieri, la sua anima e il suo cuore.
Per qualche minuto riuscì a concentrare i pensieri sulle singole gocce che iniziarono lentamente a bagnare il vetro sporco, ma un tuono la fece tornare precipitosamente nella realtà.
Chiuse gli occhi, sospirò e appoggiò la fronte al freddo vetro cercando un modo per sopravvivere.
L’ennesimo lampo illuminò la strada e la stanza, quando la luce accecante si dissolse, Hermione aprì gli occhi notando un nuovo riflesso sulla finestra. Mise a fuoco l’immagine e sgranò gli occhi voltandosi di scatto.
Severus Piton era in quella stanza. Dritto in piedi davanti alla porta chiusa. Non l’aveva sentito entrare, era così persa nei suoi sciocchi pensieri che non si era accorta della sua presenza.
Si sentì mancare.
Con l’ennesimo tuono il cane in strada guaì spaventato. Lo sentì scappare via e il gatto soffiare vittorioso.
Invidiò molto quel cane.
- Da quanto è lì, professor Piton? – domandò con un filo di voce sentendo il cuore batterle furioso nel petto.
- Non molto. – rispose lui lanciando un’occhiata veloce alla stanza, il suo volto sembrava scolpito nel marmo, come le statue abbandonate nell’angolo – La signora Weasley ti cercava per preparare la cena.
- Oh…- mormorò quasi delusa – sì… ci… ci vado subito.
Si avvicinò di qualche passo alla porta, ma si bloccò quando si rese conto che Piton non si muoveva dal suo posto rendendole impossibile raggiungere la porta uscire. Impossibile scappare per mettersi in salvo da lui.
- Sei intelligente, Granger. – disse l’uomo fissandola – Ti renderai conto che non sono il gufo di Molly Weasley, né che mi sarei premurato di cercati se non dovessi parlarti di cose più… delicate.
Hermione non trovò le forze per rispondere, si limitò a chinare il capo imbarazzata, cercando in tutti i modi di non sembrare sciocca.
Sentì il professore muoversi nella sua direzione, il mantello gli fluttuava morbido alle spalle, come una densa nuvola nera perfettamente sotto il suo autoritario controllo. Lo sentì camminare in cerchio, analizzandola come un predatore studia la sua preda.
Strinse i pugni e aspettò in silenzio la sentenza, senza sapere se piangere o solo avere terrore dell’uomo che le camminava accanto.
- Siamo in guerra, Granger. – iniziò a dire Piton con tono grave – Ci sono persone da salvare e maghi da fermare. Certi… pensieri non dovrebbero esserci nella tua mente. Legilimanzia.
Hermione avvampò e strinse ancora di più i pugni.
- Sei distratta e non solo l’unico che l’ha notato. Hai delle responsabilità che non puoi ignorare per una…- fece una breve pausa, forse per cercare le parole più adatte o solo per dare più enfasi a quello che diceva - … cottarella adolescenziale.
La strega alzò la testa di scatto, Piton era a pochi metri da lei. Sguardo torvo e braccia incrociate al petto.
Sembrava ancora il professore che la sgridava per aver parlato senza il permesso.
Non aveva mai pensato a quell’uomo al di fuori delle mura di un’aula, ma ora che lo conosceva anche al di là della scuola si era resa conto che Severus Piton era rigido nella sua vita tanto quanto lo era stato con i suoi voti. In quell’ultimo mese, quando quel sentimento così imprevedibile e impossibile aveva fatto capolino nel suo cuore distruggendo il suo mondo di certezze, aveva spesso immaginato il mago in situazioni normali, quasi private, ma si era ritrovata con poche immagini e del tutto prive di logica.
Alla fine era arrivata alla conclusione che Severus Piton si alzava dal letto già vestito di nero ed incazzato con il mondo. O forse solo con se stesso.
- Gradirei che non sbirciasse nella mia mente. – disse con più coraggio di quanto pensasse di avere.
- Non ce n’è stato veramente bisogno, - spiegò l’altro facendo un gesto stizzito con la mano, come se volesse scacciare un insetto fastidioso, o un pensiero fastidioso – le tue emozioni ti si leggono in faccia. Se vuoi sopravvivere a questa guerra devi imparare a gestire meglio i tuoi sentimenti.
- Come fa lei?
Harry sarebbe stato fiero del suo improvviso, imprevedibile e dannoso coraggio Grifondoro.
Un sorrisetto orgoglioso increspò le labbra del mago.
Hermione si ritrovò a desiderarle senza neppure rendersene veramente conto.
- Esattamente. – rispose Piton.
- Non sono una bambina. – disse risoluta, distogliendo lo sguardo dalla bocca del professore, distogliendo ogni pensiero da lui – Sono in grado di gestire le mie emozioni.
L’uomo rimase in silenzio per alcuni istanti poi fece un passo nella sua direzione, Hermione indietreggiò colta alla sprovvista, improvvisamente spaventata. Si ritrovò lo schienale di una vecchia poltrona logora alle spalle bloccandole ogni via di fuga.
Era in trappola.
Piton la sovrastò con la sua presenza.
Il predatore aveva appena bloccato la preda.
Tremò, non riuscì ad evitarlo.
- La tua bocca dice una cosa…- mormorò mellifluamente Piton accarezzandole la guancia in fiamme con due dita, le sue mani erano tiepide, Hermione le aveva sempre immaginate fredde come il suo sguardo così impenetrabile – ma il tuo volto ne dice un’altra.
- Professor… Piton…- balbettò la ragazza confusa, incapace di dire alcunché di sensato.
Era inebriata dalla sua presenza, dalla sua stessa essenza, da quegl’occhi magnetici che invocavano il suo nome, o così lei sperava.
- Quanti anni hai, Granger?
- Diciannove.
Le parve di vedere un lieve sorriso su quelle labbra sottili e sempre serrate in un ghigno meschino.
- Diciannove anni…- ripeté lui nostalgico – hai ancora una vita intera per provare certi sentimenti… un’intera vita per chiamare qualcun altro amore.
Deglutì a fatica, stingendo il tessuto della poltrona alle sue spalle.
- Non è così semplice.
- Non ho mai detto che fosse semplice, ragazzina.
- Io non sono più una ragazzina, professor Piton.
Severus si chinò su di lei, Hermione sentì l’aria mancarle nei polmoni.
Un altro lampo illuminò la stanza eppure la luce non riuscì a perforare l’ombra di lui che la sovrastava. Ma mai più dolce le era sembrata quell’oscurità.
- Non hai neppure il coraggio di chiamarmi per nome, Granger. Neppure nei tuoi sogni… più spinti.
La strega sgranò gli occhi sorpresa, arrossendo ancora di più.
Quello che le stava chiedendo era di infrangere uno dei suoi più grandi tabù. Non avrebbe mai osato chiamare un professore con il suo nome, neppure dopo i M.A.G.O. E poi chiamarlo per nome rendeva tutto troppo reale e insopportabile per il suo cuore.
Non era ancora pronta ad ammettere apertamente di amare Severus Piton.
Il professore si abbassò ancora su di lei.
- Hai già dato il tuo primo bacio?
La domanda la colse alla sprovvista, allontanando ogni altro quesito, si sentì il viso andarle ancora più a fuoco, mentre annuiva senza dire una sola parola.
- Hai mai baciato un uomo, Hermione?
Questa volta Piton non aspettò nessuna risposta. Si avventò deciso sulle sue labbra.
Per Hermione l’unica cosa logica da fare fu lasciarsi andare all’ondata di emozioni che le attraversava il corpo. Sentì le mani del mago afferrarla in vita e stringerla al suo solido corpo, non ebbe il coraggio di allacciargli le braccia dietro il collo, si limitò a stringergli la casacca nera sentendo il suo calore attraverso le vesti.
Assecondò il movimento delle labbra permettendogli di sfiorargliele con la punta della lingua. Si sentì gemere inconsapevolmente mentre le invadeva la bocca con il suo sapore, mentre il suo profumo la stava ubriacando facendole girare il capo.
Strinse di più la sua giacca come a volerlo attirare a sé, inglobarlo in lei per non separarsene mai.
No, decisamente non aveva mai baciato un uomo.
Nulla era paragonabile alla sua irruenza e a quel bisogno quasi doloroso di sentirlo vicino, di sentirlo suo.
Di volere di più.
I pochi baci che si era scambiata con Viktor e Ron, prima di capire che l’amicizia era l’unico legame che li univa veramente, non erano per nulla simili a quello che stava ricevendo adesso.
Si ritrovò a rispondere a quel bacio come non aveva mai fanno nella sua giovane vita.
Si ritrovò a chiedersi come fosse riuscita a sopravvivere senza mai aver ricevuto quel bacio.
- Impazzirò…- riuscì a pensare in un attimo di lucidità – impazzirò ora… in questa stanza puzzolente, tra le sue braccia, nella sua oscurità.
Ma quando pensò di perdere del tutto il lume della ragione, Severus si ritrasse da lei, lentamente, con una calma invidiabile. Il volto sempre granitico e i suoi occhi impenetrabili.
Si ritrovò a balbettare qualcosa di incomprensibile. Forse era il suo nome. Forse erano delle spiegazioni. O forse era solo il suo corpo che implorava un po’ di ossigeno.
Piton fece un lieve sorriso, impercettibile per il resto del mondo, vitale per lei.
- Sei ancora così giovane. – mormorò prima di voltarsi e tornare alla porta, al mondo reale, alla guerra, al dolore della morte delle persone cari. Al suo mondo dove non c’era spazio per la parola amore. Dove, forse, non c’era spazio per nessuno.
- Crescerò! – gli disse improvvisamente, bloccandolo con la mano sul pomello annerito – Io diventerò una donna. Diventerò più matura e… sarò pronta.
Il mago non si voltò, restò con la testa alta e gli occhi fissi sul legno scheggiato della porta.
- Mi piacerebbe incontrarla quella donna, Granger. – disse infine con voce bassa, senza però nessuna inclinazione particolare – Ma temo che ci vorrà ancora troppo tempo… per me sarà troppo tardi.
Uscì senza lasciarle il tempo di ribattere, richiuse la porta lasciandola sola con il cuore in tumulto, il viso in fiamme e le gambe tremanti.
Appoggiò una mano sullo schienale della sedia, mentre con due dita si sfiorava le labbra rosse che ancora sapevano di lui.
Un lampo illuminò la stanza, ma non se ne accorse.
- Diventerò una donna. – ripeté a voce bassa – Io crescerò, maturerò. – la mano appoggiata allo schienale della poltrona si chiuse a pugno – Aspettami… Severus.


- Fine -

   
 
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