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Autore: Querthe    02/02/2012    5 recensioni
Un sogno, una confessione forse, e una promessa che le cambierà la vita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus, Lily/Severus
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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“In alcune rare occasioni odio aver ragione.” Si disse scotendo lentamente la testa da un lato all’altro.
L’uomo stava osservando il calderone perfettamente pulito, posto vicino alla cattedra. Nessuna traccia sia internamente che esternamente di residui di pozioni o di nerofumo.
Un perfetto lavoro, tipico della precisione degli elfi domestici. Una razza poco considerata, sfortunatamente.
Nell’aula, illuminata da torce fissate ai muri da pesanti anelli in bronzo scurito dagli anni e dall’uso, altre decine di calderoni, lucidati a dovere, dormivano oziosi in attesa di una lezione che non sarebbe mai arrivata.
“No, mai è errato. Diciamo che sarà molto poco probabile che per un po’ si tenga una lezione di pozioni.”
Da quando i seguaci di Lord Voldemort avevano preso possesso, avevano occupato, avevano invaso la Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, le lezioni di pozioni si erano interrotte, ritenute non solo inutili, ma probabilmente anche dannose per la causa.
“L’ignoranza aiuta i dittatori.” pensò il preside, movendosi con studiata, ma ormai inconsapevole, solennità, sfiorando con le lunghe ed agili dita il legno della scrivania che tante volte negli ultimi sei anni lo aveva diviso dalla stupefacente ignoranza insita all’interno di ogni studente. “Era ovvio che il mio corso sarebbe stato uno dei primi ad essere abolito. Divinazione, al contrario…”
Sorrise alla sua stessa acida battuta e si sedette dietro la cattedra, aggiustandosi il vestito così che le pieghe nella stoffa si limitassero a quelle che lui aveva deciso si potessero formare.
Sulla scrivania era rimasto un libro, anche se perfettamente chiuso e sistemato all’angolo sinistro.
Allungò l’affusolato braccio, sfiorando la copertina di pelle blu pervinca, consumata e lucidata dal tempo, resa delicata come la seta di un vestito da ballo.
“Rune antiche.” Mormorò. “Chissà chi lo ha dimenticato qui?”
Lo pose nel secondo cassetto della cattedra, chiudendolo delicatamente.
“Magari un giorno potrebbe tornare il proprietario.” Si disse. “E io potrò punirlo a dovere. Sicuramente un Grifondoro, anche se la difficoltà della materia è al di fuori della loro portata…”
Chiuse gli occhi e si abbandonò sullo schienale della sedia.
Inspirò, lentamente, concentrandosi su ogni singolo profumo, fragranza o odore che poté individuare o solo intuire. Inconsciamente iniziò a catalogarli in base alle pozioni di cui erano ingredienti, arricciando il naso quando il suo allenato olfatto gli portava i fallimenti, l’odore di bruciato o di appiccicaticcio.
“Questo è Paciock, solo lui può rovinare la Saltarella in questo modo, dandole un fondo di arrosto alle castagne.” Mormorò, spostando il volto, l’immagine mentale della classe, con i singoli alunni alle loro postazioni, come un residuo sulla retina. “I Grifondoro hanno molti difetti, ma devo ammettere che la capacità di stuprare delle semplici pozioni nel loro caso assurge quasi al ruolo di arte.”
Eppure il nuovo odore che arrivò al suo naso, poco più che un residuo catalogabile come una manifestazione paranormale, al pari del delicatissimo profumo di incenso del Frate grasso o dell’impercettibile sentore di lavanda che rimaneva nei corridoi percorsi dalla dama Grigia, gli fece dubitare della sua ultima affermazione.
Odore di frangipane e di vaniglia, con una nota finale di muschio bianco e cannella stemperata negli agrumi di Sicilia.
Impossibile confonderlo, anche se mischiato al residuo salato del sudore e quasi surclassato dalla nota salmastra e umidiccia del Distillato della Morte Vivente, sebbene leggermente caramellata.
“Miss Granger.” Sorrise mentre piccolissime rughe si formavano ai lati degli occhi, pensando alla Grifondoro intenta a sudare e sforzarsi sopra il caldo calderone per poter preparare una pozione che alla fine non sarà quello che lei desidera. “Chissà come si è sentita vedendosi soffiare per una volta nella sua vita il premio come migliore pozionista dei Grifondoro. E dal suo migliore amico, oltretutto.”
“Male.”
Severus alzò lo sguardo, mascherando la sorpresa e reprimendo l’istinto che aveva fatto scattare la mano verso la bacchetta che teneva nascosta tra le pieghe del vestito,
“Lily?”
“Ti aspettavi qualcun’altra? Sorpreso di vedermi?”
“Parzialmente. Immaginavo che prima o poi mi avresti fatto visita. E’ capitato spesso in questo ultimo periodo. Tutti quelli che ho ucciso tornano a farmi visita. Sarà il rimorso.”
“O il whisky incendiario.”
“Già. Ho meno occasioni però di abusarne per motivi terapeutici. Sai, gli impegni come Preside, come Mangiamorte, come servo di Lord Voldemort.”
“Immagino.” Sorrise la donna, vestita con una versione adulta della divisa dei Grifondoro. La gonna era un po’ più corta di quello che lui si ricordava, la blusa quasi tirata sul busto pienamente sviluppato, abbondantemente aperta, la vista oscurata solo dai lunghi e fluenti capelli rossi.
“Non mi ricordavo che la vostra divisa includesse i tacchi alti.”
“Oh, Severus, permettimi un piccolo vezzo femminile.” Rise lei movendosi e sedendosi alla sedia dove era seduta immobile anche la forma residua di Harry che la mente dell’uomo aveva creato.
“Nessun problema. Come mai non mi stupisce che tu ti sia seduta in tuo figlio?”
“Oh, che brutta immagine…”
“Beh, la testa mi fa vedere questo, e poi, dopotutto, ciò che vedo è solo nella mia testa, no?”
“Non è detto. Sono certa che fai buon uso anche di altri organi, sebbene non così spesso, ma direi che in linea di massima sì.”
“Cosa ci fai qui?”
“Grazie, io sto bene, e tu?” chiese ironica lei, passando la mano dalle lunghe unghie smaltate di rosso sul legno della scrivania.
“Lo sai benissimo, eri in me fino ad un istante fa. Anzi lo sei anche ora.”
“Hai dei problemi con il tempo. Dovresti recuperare un Giratempo, sai a volte è utile.”
“Rotti tutti alcuni anni fa.” Borbottò lui.
“Come va mio figlio?”
“Al momento credo di corsa, il più lontano da qui, se non ha preso dal padre.”
“Severus! Ma smetti mai di essere così acido?”
“Non saprei, mai provato a non esserlo. Credo che certe cose non possono cambiare. Sai, un po’ come la storia del sole che sorge a est e cose del genere.”
Lei sorrise scuotendo la testa, i lunghi capelli ora riccioluti le incorniciavano il viso, alcune ciocche ribelli.
“Dai seriamente…”
“Non è una cima, devo ammetterlo, ma nel complesso ho visto ben di peggio. Raramente, ma non è nei primi dieci della mia lista dei peggiori allievi di pozioni.”
“Allora ha preso da me.”
“Se non fossero gli occhi, direi che potrei anche pensare che non sia figlio tuo. Che sia figlio di James, invece, nessun dubbio.”
“Stessi capelli…” sospirò lei, alzandosi, il suo corpo a perturbare per alcuni secondi quello del figlio semitrasparente come se quest’ultimo fosse fatto di fumo. “Completamente ribelli.”
“Mettiamola così…” sibilò l’uomo, seguendo la donna con gli occhi, il volto immobile come il resto del corpo, un gargoyle di carne pronto a colpire gli allievi in ogni momento, in ogni luogo dove lui poteva giungere. E come Preside, in quel momento, poteva essere ovunque.
“Ma sei qui.” Ridacchiò Lily, avvicinandosi al banco di Hermione. “Ti manca insegnare?”
“No, non direi. Mi manca poter togliere punti alla vostra Casa.”
Notò per la prima volta che la donna e la ragazzina erano alte uguali, e anche il resto delle proporzioni era lo stesso. Due donne.
“Cattivo. Vostra?” Chiese Lily, quindi osservò la figura evanescente accanto a lei. “Ah, capito. Allora dimmi, lei, com’è?”
“Chi?”
“Lei.” Ripeté la donna, indicando il fantasma della Granger.
“E’ una Grifondoro.”
“Dai, Severus, sii serio per una volta.”
“Io? Sono mortalmente serio da… mmm, da troppo, direi.”
“Allora, dai com’è Hermione?”
“Una brava allieva. Una sfortuna sia finita nella tua casa. Ha un’ottima capacità di sintesi e di analisi, peccato che la sprechi tentando di essere sempre e solo la prima della classe.”
“Ti da fastidio avere una contendente al posto di migliore allievo della scuola?”
Severus rise, amaramente.
“No. Dico solo che spreca energie. E in certi allievi, certe volte, la cosa mi infastidisce.”
La donna si sedette al posto della ragazza di cui stavano parlando, che era rimasta congelata, immobile nella fantasia dell’uomo. Il fumo di cui era fatta si scompose al passaggio di Lily, ritornando lentamente al suo posto, come ad inglobare la figura della Grifondoro, un leggero mantello dalle fattezze di giovane donna dai capelli incorreggibilmente ribelli, su cui la luce del fuoco del calderone giocava ad ogni lezione di pozioni.
“Ti succede spesso?” Chiese sistemandosi per un istante i capelli ricci e lunghi con la mano.
Hermione mimò perfettamente l’azione, in un gesto che per un istante lo ipnotizzò.
“Non ultimamente, non negli ultimi due anni. Sfortunatamente.” L’uomo osservò per un istante le figure una dentro l’altra. Due donne, una appena abbozzata, una totalmente sviluppata. Una sola, strana, sensazione di calore al cavallo.
“Si cresce molto, troppo velocemente con una guerra in corso, vero?”
Lui annuì.
Vaniglia e frangipane, malva e liquirizia dolce, la nota del profumo di Lily che lo colpiva come un piacevole pugno nel cuore quando la incrociava nei corridoi, quando erano a lezione assieme, quando studiavano assieme, prima di quella volta.
Maledetto James.
“Troppo forse, e si lasciano indietro dei pezzi, delle emozioni, dei sogni e delle speranze.”
“Ma si può sempre guardare indietro, ritrovarli e recuperarli.”
“No, ogni lasciata è persa, come nelle carte, o ciò che stringerai non saranno un bouquet di sogni, ma una fascina di incubi.”
“Non puoi dire così. I sogni sono tali, sempre e comunque.”
“Non sogno più. I miei sono spariti da tempo.”
“Severus, stai mentendomi, e quindi stai mentendo a te stesso, probabilmente. Sai che un sogno lo hai ancora, anche se così nascosto al tuo cervello che anche il cuore fatica a riconoscerlo, ma c’è.”
“Davvero?” chiese sarcastico lui. “E cosa sarebbe? Dove potrei trovare una come te, una donna come te, un amore come il mio verso di te?”
Muschio bianco.
“Non posso certo dirtelo io, Severus.” Risero, il fantasma di Hermione a mimare i movimenti come un costume di Carnevale grottescamente affascinante. La voce era un insieme delle due, alzata di un tono, più fanciullesca, ma maledettamente adulta. Quella divisa era perfetta su di loro, quei bottoni slacciati sul petto una tentazione per chiunque.
“Non tentare questi giochini con me.”
“Io? Mi offendi, Professor Piton.”
L’uomo inarcò un sopracciglio sentendosi apostrofare dal suo amore come se lui fosse solo un mero insegnante.
“E allora smettila.”
“Dillo a te stesso. Io faccio ciò che vuoi tu. Cosa ti ha attratto di me?”
“Che domanda è?”
“Una domanda. Ma gradirei una risposta.” Chiesero le donne, una amalgama delle due, un volto fresco e innocente, ma per quello più che affascinante, incorniciato dai lunghi capelli rossi e ricci, ribelli quanto stupendi nella loro pazzia.
“Tutto. E niente. Intendo dire, amo i tuoi occhi, come si muovono nella classe, come mi guardano da dietro la pergamena che ogni volta riempi fitta di scritte, è vero, ma ti amo perché sei te, sei ciò che desidero nella tua totalità, nella tua intelligenza, nel tuo modo di essere donna e fanciulla allo stesso tempo, nel tuo modo di avere sempre speranza, di voler capire tutto e non avere mai abbastanza tempo per poter apprendere tutto ciò che vuoi, tanto da andare contro il tempo stesso, ti amo per la tua pazzia nel lanciarti nella causa persa dei cappelli per gli elfi domestici e per l’attaccamento agli amici, ti amo per la tua fede incrollabile nella logica e nel cuore, quest’ultima una cosa che non capirò mai, ti amo per il modo in cui parli e ti muovi e respiri e mi guardi quando eravamo a lezione, per come ti atteggi a volte con gli altri. Sei insegnante e studentessa, madre, amica e capo, tutto assieme, in un modo che mi fa arrabbiare, in un modo che mi fa impazzire.”
Cannella stemperata negli agrumi di Sicilia che colpì nel cuore come un meraviglioso incantesimo. Pulsò forte, come a voler rompere le costole. Altro pulsò a ritmo, nascosto dalla veste.
“Perché io?” gli chiese Hermione, fissandolo con profondi occhi marroni.
“Perché sei testarda, cocciuta, volubile, maniacale, precisa, sarcastica, velenosa come solo voi donne potete essere. Intelligente, coraggiosa, folle, sbarazzina, triste, felice, perché io ho visto ogni giorno in te ciò che avrei voluto avere da giovane, ho visto in te la gioia, la spensieratezza, la felicità, l’amore, un’anima gemella che potrebbe guarire la mia, farmi felice, darmi quella serenità, quella voglia di continuare che al momento nulla mi da, se non nei lunghi silenzi di una camera buia rischiarata da una solitaria infangante passione.”
“Lo so.” Sorrise sorniona la giovane, uno scintillio negli occhi profondi e da cerbiatto.
“Per Merlino, no. Come potresti?”
“Intuito femminile. So cosa vuoi, lo voglio anche io. Dimmelo.”
Sospirò.
“Ma come, e quando, e poi… no, non sono portato per certe cose. Tu sei tu, io sono… io.”
“Severus…”
“Hermione…” sospirò lui, mentre la giovane donna si alzava e si avvicinava a lui, lasciando la figura eterea di Lily al suo posto.
Sparì in qualche secondo, poco più che fumo. Sorrideva, smeraldi verdi persi nel biancore del fumo che formava il suo volto.
Lui si alzò, senza staccare gli occhi dal quel corpo ormai adulto, leggermente acerbo nei modi, ma non nella sostanza.
Lei sorrise, perle che si schiusero sotto gli occhi acuti e incorniciati dall’anarchia dei riccioli della sua chioma.
Il professore la abbracciò, avvicinando le sue labbra a quelle di Hermione.
Il Magonò entrò nella stanza rumorosamente.
“Finalmente l’ho trovata. I fratelli Carrow sono nuovamente scatenati, Preside Piton. La prego, faccia qualcosa.”
“Arrivo subito, Signor Gazza.”
Era di fronte al banco che era stato occupato da Miss Granger.
Sfiorò il legno, accarezzandolo con una gentilezza che la fece rabbrividire di piacere nel suo letto nella tenda persa nei boschi.
“Ti amo, anche se solo nei miei sogni. Sii felice come mai io sono stato.” Sussurrò. “Eri il mio ultimo desiderio. Ora rimangono solo i ricordi. Ama colui che hai accanto, amalo, amalo come mai ho potuto fare io con te. Promettimelo, e sii felice anche per me.”
La porta si chiuse alle sue spalle mentre lei aprì gli occhi mormorando qualcosa di indistinto.
“Cosa succede?” Chiese Ron, la bocca impastata dal sonno.
“Un incubo?” chiese Harry, dalla parte opposta della tenda, intento al suo turno di guardia.
“Non lo so.”
“E allora perché piangi, Hermione?” borbottò Ron, mezzo addormentato, vicino a lei.
Lei lo osservò, si asciugò le lacrime e sorrise.
“Te lo prometto, amore mio…” pensò, chiudendo gli occhi.
   
 
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