The dream comes
true
Marilou
aveva visto uno spettacolo circense solamente una volta, da bambina. Ne
era
rimasta affascinata, e si lasciò tentare dal rivivere
quell’esperienza. Perciò,
incuriosita, decise di dar retta all’invito della ragazzina
ed oltrepassò,
senza essere seguita da nessuno, l’entrata al tendone.
Niente
di tutto quello che immaginava vi era all’interno. Non
c’erano animali, non
c’erano acrobati sospesi a mezz’aria su traballanti
funicelle. Non c’era gente
che si affannava a trovare il posto migliore. Niente di tutto
ciò.
Solo un
albero, che se ne stava solitario e protagonista al centro dello
spiazzo di
terra.
Marilou
si avvicinò cauta a quell’albero al centro del
grande tendone.
Le mani
le tremavano, come se non sapesse in che direzione puntasse il suo
desiderio.
Tutto la attirava di quell’albero posto lì in
mezzo. Le forme graziose e le
piccole callosità del tronco, il suo slanciarsi verso
l’alto, protendente al
piccolo foro aggettante verso l’oscurità della
notte.
I guanti
che le proteggevano le mani vennero presto sfilati e la sua pelle
entrò in
contatto con la corteccia. Seta su velluto. Mentre i suoi occhi verdi e
grandi
riflettevano la luce scintillante delle foglie, ecco trovata la chiave.
Lo
sfavillio della neve che cadeva dall’apertura dalla
sommità del tendone e
l’impercettibile rumore dei fiocchi che si posavano sulle
foglie verdi creavano
un tripudio di splendore che mai era stato visto al mondo.
Quella
era la porta al mondo dei sogni, dove tutta la limitatezza del reale
perde
consistenza; la perfezione dell’insostanziale era racchiusa
lì dentro. Ed era
ad un passo da tutto quello.
Bastava
volerlo.
Estate e
inverno unite in un tripudio di magia, per
l’eternità. Da quel momento sarebbe
stato possibile.
Bastava
volerlo.
Marilou
aprì la mente e il cuore, lasciandosi avvolgere in un
abbraccio da quei rami
frondosi.
Vent’anni
non erano poi tanti. Alla sua età le altre ragazze erano
già sposate, avevano
un marito e dei figli da allevare. Una tipologia di vita troppo banale
per lei.
Le sue doti non le permettevano di essere una ragazza normale, come
tante
altre.
Lei
sapeva osservare. La sua mente era
in
grado di dirottare la realtà che il suo sguardo riusciva a
catturare.
Un’analisi nei minimi dettagli di ciò che accadeva
e ogni cosa, in un istante,
poteva cambiare. Non aveva mai capito da dove derivasse quella sua
strana
capacità. “Probabilmente da qualcuno nato prima di
me” era solita ripetere a se
stessa. Una spiegazione plausibile dunque; poteva trattarsi di una cosa
genetica; sua madre, magari, le aveva inconsapevolmente fatto dono di
ciò.
Oppure la nonna Josephine, che tanto amava perdersi nelle sue fantasie,
da
adattarvi persino la vita reale.
Mentre
pensava a quello, Marilou camminava sola in un giardino ghiacciato.
Lei, che
aveva sempre vissuto in un posto caldo e assolato, dove la gran parte
della
gente non smetteva mai di avere il sorriso. Marilou, però,
era alla ricerca di
qualcosa che solo la neve e il ghiaccio potevano donarle. Voleva
trovare il
bene più prezioso, o per lo meno capire se ciò
che stava capitando nella sua
vita lo fosse davvero.
Hedley
era piombato nella sua vita qualche mese addietro, forse da quasi un
anno..
quel ragazzo, poco più grande di lei, l’aveva
impressionata: aveva rifiutato la
sua famiglia per seguire le proprie aspirazioni. Voleva diventare un
musicista,
voleva liberarsi dell’opprimente silenzio che permeava la
vita di suo fratello,
che non avrebbe mai potuto sentire la musica. E in quel negozio di
flauti e
altri strumenti, Marilou l’aveva visto entrare. Lei costruiva
quegli strumenti;
dalle sue mani nasceva ciò che Hedley tramutava poi in
suono. Ed era così
bravo, che la realtà non aveva bisogno di essere cambiata
secondo Marilou.
Amava osservarlo mentre riempiva quella piccola bottega di quei suoni
che
solleticavano la sua fantasia; ma soprattutto amava osservare lui. Lui
che,
mentre provava la validità degli strumenti con quelle sue
dita affusolate, le
rivolgeva di tanto in tanto uno sguardo accompagnato da un dolce
sorriso. Lui,
che ormai era diventato il suo assistente nel lavoro, e che era accanto
a lei
da mattina a sera. Lui che, nonostante la differenza
d’età non fosse che di un
paio d’anni, la guardava con occhi diversi da quelli che
Marilou desiderava.
Ma in
quel momento si trovava nel giardino ghiacciato. La sua vita era
trascorsa
senza amore, senza una vera famiglia in grado di sostenerla. La sua
vita se
l’era costruita da sola, ma sentiva il bisogno di
condividerla con qualcuno che
le stesse accanto.
L’affetto
e la stima che provava nei confronti di Hedley si era tramutata in
qualcosa di
più forte, ma lui sembrava non capire. Certo, lei poteva
fare in modo di
ribaltare le emozioni del ragazzo, poteva far sì che anche
lui provasse gli
stessi sentimenti che lei sentiva nascere dentro di sé. Ma
sapeva che non
sarebbe stato giusto, prima che per Hedley, per lei stessa.
Gli
voleva bene, e per questo non voleva privarlo della sua
libertà. Doveva essere
lui a decidere che cosa fare, che cosa provare. E se fosse stata lei ad
indurlo, Marilou stessa ne sarebbe rimasta delusa. Sarebbe stato come
se ad
amarla fosse uno specchio, nel quale non vi era riflesso altro se non
l’immagine di se stessa.
Ma il
fatto che non volesse forzare i sentimenti di quel ragazzo atipico e
dai grandi
e gentili occhi blu, non le impediva di immaginare come sarebbe potuta
andare.
Tuttavia
l’immaginazione centrava ben poco in quello che le stava
accadendo.
I suoi
piedi producevano impronte reali e tangibili sul soffice manto di neve
che
ricopriva l’erba del giardino.
Il
cappotto marrone scuro contrastava con il candore della neve che la
circondava.
Il
freddo pungente di quel giardino la costrinse a chiudere maggiormente
le
sommità del giaccone, seppure non vi fosse vento. Il
ghiaccio filtrava la luce
riflettendola in mille arcobaleni microscopici dall’effetto
scintillante.
Continuò
a camminare tra l’erba bianca e gli alberi attorniati da
cespugli. Uno stretto
sentiero conduceva in un luogo sconosciuto, ma Marilou riusciva ad
intravedere
un bagliore. A mano a mano che procedeva la luce da fioca che era si
faceva
sempre più intensa.
Ma il
sentiero diveniva sempre più stretto; i rami si
intrecciavano in un fitto e
basso groviglio, rendendo sempre più difficile alla ragazza
continuare il
cammino.
Marilou
non si scoraggiò, e con le mani cominciò a
spostare quelle fredde ramaglie che
ostacolavano il suo cammino.
La luce
entrò prepotente nel suo sguardo, e Marilou non sapeva
trovare la forza per
opporsi a quel dolce richiamo. Sentiva provenire del calore verso di
lei, una
fiamma sempre più ardente. Era come se l’energia
che sentiva bruciasse dentro
di lei.
Le mani
non le facevano più male, stava ormai combattendo contro un
muro impenetrabile
di rami, che non lasciava spazio al passaggio.
Non si
lasciò scoraggiare. Continuò ancora, e ancora, e
ancora a togliere di mezzo i
rami secchi e ghiacciati. Alla fine il sentiero si era ridotto ad una
piccola
striscia di terra battuta coperta di neve e il groviglio si limitava ad
estendersi a metà dell’altezza di un comune essere
umano.
Ma il
passaggio c’era. Marilou si piegò e, fattasi
piccola, passò attraverso
l’apertura, e tutto prese colore.
La neve
del suo passato, la mestizia della sua vita era sparita, si era
completamente
sciolta, e il giardino aveva ripreso in quel punto le sue naturali
sembianze
rigogliose.
Una nuova
primavera era cominciata.
Dopo la
morte dei suoi genitori, avvenuta quando lei era solo una bambina,
Marilou si
era sentita più sola che mai. La cattiveria degli altri
bambini nell’isolarla e
nel farla sentire diversa per quel
suo dono aveva raggiunto livelli quasi esasperanti. Poi, crescendo,
aveva
imparato a convivere con quel senso di solitudine che impregnava le sue
giornate, nonostante la compagnia del bottegaio che l’aveva
accolta come una
figlia e dal quale aveva imparato tutto quello che sapeva.
Il
calore del sole si infrangeva sulla sua candida pelle, e i raggi le
penetrarono
fino dentro alle ossa, costringendola a togliere il cappotto. Il verde
e mille
altri colori davano vita a quel posto meraviglioso, ma il sentiero sul
quale
ancora di trovava non era terminato. Proseguiva tra gli alberi.
Si mise
in cammino. Dopo pochi passi, abbandonò anche le scarpe e
tolse le pesanti
calze invernali, beandosi della morbidezza del manto erboso,
così soffice sotto
i suoi piedi. Era un luogo davvero paradisiaco, un vero locus
amoenus. Chiuse gli occhi e si appoggiò ad un
tronco,
inspirando il dolce profumo dei fiori che la circondavano.
Ma,
stranamente, non vi erano cinguettii di uccelli né altro
tipo di verso animale;
le cicale e gli insetti sembravano essere stati inghiottiti dal nulla.
Aguzzò
l’orecchio, e l’unica cose che riuscì a
sentire fu una melodia. La sua
melodia, quella che lui le aveva
dedicato, quella che le suonava sempre prima di tornare a casa alla
sera.
“
Marilou…”. Una voce proveniva da dietro di lei, e
di scatto riaprì gli occhi.
Si
girò,
ma il tronco massiccio al quale si era appoggiata ostacolava la sua
vista.
La
musica riprese più intensa e forte alle sue spalle. Con un
balzo si alzò, e
girò attorno al grande tronco.
Quando
lo vide, il suo cuore rise di gioia.
Hedley
era sdraiato ai piedi dello stesso albero, con le braccia incrociate
dietro il
capo, rilassato.
“
Ce ne
hai messo di tempo per trovarmi ”
“
Ma
io..io non ti ho trovato ” ammise la ragazza.
Hedley
si alzò e le si fece vicino. “Hai ragione, ero
solo io ad aspettarti”
“
Sembra
di essere a casa, senti il calore del sole sulla pelle? ”
disse Marilou levandosi
il giacchino di lana.
Hedley
abbassò lo sguardo su di lei, le guance rosate
incorniciavano di luce il suo
volto.
È
davvero bellissima… pensò
il ragazzo. Marilou alzò
verso di lui i grandi occhioni verdi come l’acqua di una lago
di montagna. Lui
si specchiò con il suo oceano azzurro in quello sguardo.
C’era
intesa, c’era affetto, c’era amore
in
quello scambio di anime. Un amore sincero, puro. E soprattutto,
spontaneo,
deciso da nessuno, ma nato così.
“
Io sono a casa. Se tu sei con me
” le disse
il ragazzo. Quel sole che li illuminava era alimentato dal loro
sentimento, che
entrambi ebbero il coraggio di esprimere solo con un sincero sorriso.
Il
ghiaccio di una vita passata era stato sciolto, se n’era
andato in tante
goccioline d’acqua disperse chissà dove.
Le loro
mani si strinsero in una presa sicura, suggellando l’unione.
“
Ehi,
tu, ti devi svegliare. Il circo sta chiudendo. Devi andartene, subito!
”
La
ragazzina che l’aveva fatta entrare le scuoteva le spalle,
mentre Marilou
muoveva i muscoli intorpiditi dalla dormita. Il tronco del grazioso
albero era
ancora alle sue spalle,a sorreggerle la schiena.
“
Perché
dovrei andarmene? ” chiese con voce rotta dal sonno.
“
Non
hai letto il cartello quando sei entrata? Apre
al crepuscolo. Chiude all’alba ” le
ricordò quella strana bimbetta.
Marilou
si costrinse perciò ad alzarsi e si avviò verso
l’uscita della grande tenda. Ma
non poté fare a meno di sbirciare alle proprie spalle, e la
ragazzina che
l’aveva svegliata poco prima era impegnata a fissare
intensamente l’albero che
si riduceva sempre più, fino a quando scomparve dietro alla
sua minuta persona.
Marilou
finalmente uscì da quello strano tendone. Il sole si stava
alzando nel cielo.
La brezza faceva agitare debolmente le bandierine sulla
sommità della tenda, e
queste tendevano tutte verso la scritta sovrastante
l’entrata, che la sera
prima Marilou non aveva notato.
Le Cirque
des Rêves.
“
Mari!
Marilou! ” si sentì chiamare dalla piazza
antistante.
Non
appena incrociò il suo sguardo, ebbe la certezza che
qualcosa stava per
cambiare. E non l’aveva deciso solo
lei.
Hedley
le sorrideva, con le mani infilate nelle tasche dei pantaloni.
La tenda
alle sue spalle era misteriosamente sparita, e con essa la ragazzina e
l’albero
dei sogni.
Ma, di
certo, il suo sogno non se n’era andato con essi.