Capitolo 1: il sogno
Vi racconterò una storia. Non una storia di famosi eroi, re
ed elfi che hanno portato il bene nella Terra di Mezzo. Non vi narrerò della
Guerra dell’Anello, né di quella del Fosso di Helm. Anche se sono passati più
di venti anni dalla fine della Terza Era, queste storie sono narrate ogni qual
volta che ve n’è l’occasione, da qualsiasi persona. Vi racconterò la storia di
una semplice ragazza, semplice davvero. Una ragazza che abita a Rohan, più
precisamente ad Edoras. Guardate, è nella sua stanza illuminata da una singola
candela sul tavolo. Guardate, sta parlando. Ascoltiamo cosa dice…
“Mi
trovo nell’Oscurità. Non vedo nulla, se non un bagliore blu davanti a me.
Avanzo, incerta, spaventata ancora, sospesa nel buio. Osservo il bagliore
sospeso sopra un piedistallo di pietra. E’ una gemma! Avanzo verso il
piedistallo, verso la gemma che brilla come il sole. Allungo la mano verso
l’oggetto e nello stesso istante due mani sento posarsi sulle mie spalle. Mi
volgo e vedo due figure davanti a me, che mi sorridono, un uomo e una donna.
L’uomo somiglia molto ad un Rohirrim: alto e possente, occhi verdi e capelli
castani. La donna, invece, sembra fatta di luce e faccio fatica a credere che
sia una mortale e non una dea: alta, esile, portamento nobile, occhi colore del
mare, lunghi capelli d’oro, brillanti. Entrambi hanno negli occhi un’ombra di
mistero e il loro sorriso è così sereno che entrambi paion le creature più
felici della terra. Poi vedo qualcosa dietro di loro, un’altra figura.
L’armatura d’oro lucente cela le sue fattezze, l’elmo dalla lunga criniera
nasconde il viso, lasciando intravedere gli occhi chiari. La mano sinistra
stringe una lunga spada la cui lama brilla da sé, nella destra invece stringe
lo stendardo di Rohan, con il bianco cavallo che galoppa. Quella è stata l’ultima immagine del sogno, poi mi
sveglio.”
Alatar
osservò gli occhi limpidi della ragazza seduta davanti a sè, alla luce della
candela nella buia stanza del Palazzo d’Oro. Stava dicendo il vero, lo sapeva,
ma non riusciva a comprendere a pieno il senso di quel sogno. Eppure quella
gemma….- Suppongo che le due persone che ti hanno sorriso siano i tuoi
genitori- rispose pacato lo stregone blu. La ragazza scosse il capo,
ridacchiando. –Sai bene più di me che i miei genitori erano contadini di
Edoras, Alatar. E quella donna e quell’uomo non avevano certo l’aspetto di due
contadini. Essi sembravano…- . -…elfi? Si, comincio a pensare che lo fossero -
rispose pacato lo stregone. La giovane davanti a lui spalancò appena gli occhi
blu, incredula. –Cosa?!? Oh, andiamo! Se loro erano elfi, ciò significa che
anche io dovrei esserlo, no? Ma non mi pare di avere orecchie a punta!- esclamò
ad alta voce, facendo cenno di alzarsi; lo stregone però le afferrò
l’avambraccio con forza ma anche con dolcezza, facendola rimanere sulla sedia.
– Ho detto che comincio a pensare a questa ipotesi…ma ho bisogno di certezze,
di risposte - . La ragazza scosse di nuovo il capo, sospirando mentre lo
stregone le strinse la mano dolcemente. –Eowen, so cosa stai pensando. Dove
troverò risposte a simili domande? Ma vedi, ci sono cose che i libri e le
parole non possono contenere. Ma la memoria di una madre si…Partiremo domani
all’alba, Eowen. Tieniti pronta ad un lungo viaggio – disse l’ultima frase mentre percorrevano il lungo
corridoio principale che portava alla sala del trono.
–Alatar!
Dove andiamo, che dirà il re??- esclamò la giovane camminando velocemente
dietro lo stregone che si fermò di colpo davanti una porta di una stanza
chiusa. Sorrise dolcemente alla ragazza, posandole una mano sul capo.
–Sfoglieremo la memoria di un’elfa di Lòrien. Per quanto riguarda Eomer, lui
capirà, è un re saggio. Dopo il banchetto, quando tutti saremmo riuniti, darò
l’annuncio della nostra partenza. Tu intanto prepara le tue cose!- e detto
questo entrò nella stanza e si richiuse la porta dietro le spalle, lasciando
Eowen sola nel corridoio.