Disclaimer: I Personaggi di
Hetalia: Axis Powers non mi appartengono,
ma sono di proprietà di Hidekaz Himaruya.
Se fosse il contrario, sarei stata citata
In giudizio dai suddetti personaggi
Una volta per ogni fan fiction.
A Rota, perché ci eravamo ripromesse del Fluff.
A Silentsky, perché è puccia.
A Jo-san, perché ci vuole un abbraccio e tanta dolcezza.
..: Something Stupid :..
-I know I stand in line, until you think you
have the time to spend an evening with me..-
Ivan alzò gli occhi dal bordo del
bicchierino di Vodka: non era strano che Alfred si mettesse a cantare di punto
in bianco. Era molto da lui
sbarazzarsi di qualsiasi tentativo di mantenere la conversazione sui binari
della logica, ma Russia sperava che, almeno quando la conversazione era appena
finita, l’altro chiudesse la bocca e l’aprisse solo per sorseggiare il suo
drink.
Rimase stupito, comunque.
Solitamente America si metteva a
stonare su qualche canzone rap di dubbio gusto, sputacchiando qua e là quando il
ritmo e le parole si facevano troppo veloci e ingarbugliate. Non l’aveva mai
sentito cantare nulla di così tranquillo.
-And if we go some place to dance..- seguiva la melodia ondeggiando
piano la testa, il mento sul palmo della mano e il viso rivolto verso il
bancone. –I know there’s a chance you won’t
be leaving with me-
Canticchiava a mezza voce,
portandosi il bicchiere alle labbra solo nelle pause tra musica e testo,
inarcando il sopracciglio di tanto in tanto e sorridendo appena contro il vetro
reso dorato dal rhum.
A chi o a cosa stesse sorridendo,
Russia non avrebbe saputo dirlo, così come non riusciva a spiegarsi perché avesse
scelto di seguire proprio quella tra le canzoni che il locale aveva passato. La
radio aveva gracchiato suoni più consoni al gusto musicale americano, ma forse
Alfred era stato troppo preso dal suo sproloquio personale per accorgersene.
-Then afterwards we drop into a quiet, little
place and have a drink or two..-
Oppure, considerò Ivan,
sorseggiando un po’ di Vodka, la canzone gli aveva ricordato la stramba
situazione in cui erano capitati: anche America aveva proposto una serata a
ballare in discoteca –ed Ivan era stato
sul punto di sbattergli il telefono in faccia, perché lui non ballava, lui danzava, era ben diverso-, ma quando si era
accorto della non poi così remota possibilità di ritrovarsi a parlare con un
loquace tu-tu-tu, si era corretto.
Un locale, un drink, due
chiacchiere, niente di troppo stravagante e del tutto apolitico.
Come Alfred avesse capito che la proposta
della serata in discoteca gli avrebbe procurato qualche discreto guaio, non
erano affari di Russia. Quando si trattava di problemi e guai, America aveva un
sesto senso che lo metteva in guardia, forse perché era lui il primo a
procurarli.
Così si erano ritrovati in un tipico
bar all’angolo, con le luci soffuse e quasi oleose, vecchi amici al bancone,
birra e pacche sulla spalle, fumo di sigaretta e liquori densi e piuttosto
scandenti. Si erano seduti al tavolo più distante di tutti, nella penombra di
un cono di luce grigiastro, e Alfred aveva addirittura rinunciato alla solita
lattina di Coca Cola per un bicchiere di rhum del Rode Island.
Poi America aveva cominciato a
parlare, a parlare e a parlare, raccontando e dipingendo con gesti esagerati e
voce altra, troppo, troppo alta, distese ondeggianti di verde e vento, mari in
burrasca, campi di battaglia e vestiti gessati, continuando così per una mezz’ora
buona, fino a quando il tono si era abbassato, le immagini si erano diluite nell’ombra
e Alfred aveva voltato il capo, perso in chissà quali pensieri.
E Ivan l’aveva ascoltato, sebbene
all’inizio l’unica cosa cui avesse rivolto veramente l’attenzione era la pessima
qualità del liquore. Aveva cominciato con un sorriso, continuato con un
commento, e poi aveva annuito, chiesto, alzato gli occhi al cielo, scosso la
testa, sorseggiato Vodka, negato, riso, ringhiato, storto le labbra, finendo
per immergersi completamente nel suono cadenzato delle parole di America.
Quando l’altro aveva messo fine
al soliloquio, la musica aveva preso a gocciolare nel silenzio e Alfred, in un
appiglio di coscienza, aveva preso ad accompagnarla a mezza bocca.
Uno spettacolo quanto mai inusuale:
il russo l’aveva visto così concentrato su qualcosa solo nella serata del Super Bowl. O quando doveva capire come
funzionassero i giocattolini dell’Happy
Meal.
-And then I go and spoil it all, by say
something stupid like..- America
sgranò gli occhi, sussultando sul divanetto imbottito di verde e rovesciando
metà del rhum sul tavolinetto.
Russia lo guardò, stralunato e
piuttosto contrariato da quella reazione improvvisa e senza senso.
-Nonascoltarenonascoltarenonascoltare!-
strillò Alfred, terrorizzato, spiaggiandosi sulla superficie di legno e macchiandosi
la maglia di liquore appiccicaticcio; Ivan si sentì afferrare per la sciarpa e
trascinare in avanti, mentre la canzone si ingarbugliava e si confondeva in una
girandola di note e grida isteriche.
-Non ascoltare!- ripeté America,
scuotendolo con foga -Altrimenti poi ti fai delle brutte, bruttissime idee, Big Nose!-
-Perché mai dovrei farmi cattive..?-
tentò di chiedere Russia, tirandosi indietro per sfuggire alla presa, ma la
canzone, che non si era interrotta nonostante lo spiacevole e cupo dramma di
cui Alfred era lo sfortunato protagonista, rispose prima che potesse concludere
la frase.
And
then I go and spoil it all by saying something stupid like…
-I
love you- completò
America, sconsolato e con le guance chiazzate di porpora, sbattendo la fronte
contro il tavolo.
Un attimo di stasi, di
inquietante sospensione in cui Russia poteva sentire distintamente il cervello
di America pregare e implorare per una morte rapida ed indolore.
Ivan sorrise, sorseggiando con nonchalance la sua Vodka e ignorando i
mugolii di Alfred, mugugni e biascichii resi incomprensibili dalla bocca ancora
spiaccicata contro il legno.
La canzone si concluse con un
crepitio polveroso.
I
love you ripeté
un’ultima volta, sfumando nel
chiacchiericcio indistinto degli altri clienti.
Note Inutili
Sparatemi. È tornato
il blocco insieme al raffreddore. Non se sia peggio questa fan fiction o il
fatto di non riuscire a respirare.
Forse la prima.
La canzone è Something Stupid di Frank Sinatra.