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Autore: OnlyHope    16/09/2006    7 recensioni
Tutto comincia da una fermata d'autobus una mattina di marzo. L'inizio di una nuova vita che deve in qualche modo andare avanti, nonostante il distacco, la lontananza e le paure. È la storia del coraggio di una ragazza che ama incondizionatamente un ragazzo. Questa è la storia di Sanae.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Don't Be Afraid to Fly ' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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BUTTERFLY

CAPITOLO 2

Come un giorno normale
 
 
 

Sento il cinguettare degli uccelli mentre il chiarore delle prime luci del mattino comincia finalmente a rischiarare il buio della mia stanza.
Mi giro dall’altro lato del letto e i miei occhi, gonfi dal pianto, cercano di mettere a fuoco quella che sarà la mia prima giornata senza Tsubasa.
Già, perché ieri se n'è andato davvero...
Ieri...
 
Sono passate diverse ore dalla sua partenza e si sta facendo buio ormai.
Forse è il momento di tornare a casa, è da tanto che cammino senza meta.
Avrò fatto il giro di tutta la città, senza parlare con nessuno, senza percepire realmente ciò che mi circonda.
Come se le cose su cui poso lo sguardo non appartenessero più alla realtà ma a un mondo che non riconosco, perché non può sentire il mio dolore, né condividere la mia sofferenza.

Un mondo che va avanti, quando per me ogni cosa si è fermata.
Quando sorpasso il campo da calcio, non mi giro neanche per un secondo a guardarlo.
Mi 
fa provare rabbia e sento quasi di odiarlo.
In fondo con qualcuno o qualcosa me la devo pur prendere, forse ho solo bisogno di un capro espiatorio.

Avercela con il pallone però, è fin troppo facile e per alcuni versi anche molto ingiusto, perché sarebbe un po' come odiare Tsubasa e questo non è proprio possibile.
Continuo a camminare a testa bassa finché non scorgo casa mia.
Sospiro una volta arrivata davanti alla porta d’ingresso, cercando di raccogliere tutte le poche forze che ho.
I miei devono credere che è tutto ok, non devo farli preoccupare, soprattutto per non subire così nessun terzo grado da parte loro.

Deve per forza sembrare un giorno come gli altri.
Mi faccio coraggio quindi e infilo la chiave nella serratura, apro la porta ed entro, sapendo già che mia madre mi chiamerà tempo cinque secondi.
"Sanae!" sento infatti la sua voce provenire dalla cucina.
"Sei tornata tardi tesoro, è quasi pronta la cena!"

Mi tolgo il cappotto e lo appendo all'appendiabiti, poi mi affaccio in tinello.
Mia madre è indaffarata a sperimentare chissà quale nuova ricetta.

"Che hai fatto di bello?" mi chiede, senza distogliere l’attenzione dai fornelli.
Sorrido amaramente.
Che cosa ho fatto di bello oggi? 
Beh, vediamo...
Ho detto addio alla persona che amo di più al mondo.
Una bella giornata, direi!

"Niente di speciale..." rispondo, cercando di sembrare il più serena possibile.
"Le solite cose con i ragazzi della squadra. Siamo stati un po' in giro e ci siamo abbuffati di schifezze per festeggiare la fine della scuola. Mi sento scoppiare! Credo che salterò la cena, mi dispiace!"

Mia madre si gira a guardarmi e mi fissa con aria perplessa.
Io le sorrido, pregando dentro di me che se la sia bevuta e che non le venga in mente di chiedermi altro.
"Ok..." risponde laconica, tornando poi ad armeggiare con le pentole.
 Inevitabilmente, tiro un sospiro di sollievo.

"Ti lascerò comunque qualcosa pronto per domani. Ti ricordi che papà ed io dobbiamo andare dai nonni, vero?"
Annuisco, prima di esclamare che sono anche molto stanca e che perciò me ne andrò subito a dormire,
ma quando faccio per girarmi e andarmene, mia madre mi trattiene per un braccio.
Senza aggiungere una parola, mi posa un bacio sulla fronte.

No, decisamente non l'ha bevuta, ma mi lascia libera, qualunque cosa sia, di non parlarne.
Ed io posso solo ringraziarla infinitamente, nel mio cuore, per questo suo tatto.

Le auguro quindi la buonanotte, cercando ancora di sorridere prima di correre su per le scale, verso la mia camera.
Quando sono dentro, avverto una sorta di sollievo chiudendo la porta alle mie spalle.
Mi appoggio con la schiena per un secondo al legno chiaro mentre frugo nella borsa, alla ricerca del cellulare.
Nessuna chiamata, neanche Yukari mi ha cercata nonostante non mi abbia vista a scuola, per controllare i risultati delle ammissioni alla scuola superiore.
Forse non vedendo in giro nemmeno Tsubasa, avrà pensato che ci siamo presi una giornata solo per noi.
Una giornata solo per noi, già.
Sospiro mentre
spengo il telefonino, non mi va proprio di parlare con nessuno.
Lo lascio poi sul comodino, accanto alla foto dove Tsubasa ed io ridiamo felici, durante l'ultimo capodanno.

Sorrido inconsciamente al ricordo di quella serata, passata tra gli amici e conclusa con un bacio sotto i fuochi d’artificio in stile occidentale.
Ma distolgo subito lo sguardo per allontanare dalla mia mente certi ricordi, che in questo momento fanno solo troppo male.
Con calma inizio a spogliarmi e indossato il pigiama, m’infilo nel letto abbracciando il cuscino.
Mi nascondo bene sotto le coperte, affinché mi proteggano dal freddo, che sento nel corpo ma soprattutto dentro di me.

Peccato non siano capaci di proteggermi da altro.
Cerco conforto nel tepore del mio letto e allungo solo una mano fuori, quel tanto che basta per spegnere la luce.
E quando la notte mi circonda, avvolgendomi nella solitudine della mia stanza, un pianto disperato torna prepotente a ricordarmi che, nonostante tutti i miei sforzi, questa non è stata una giornata come le altre.

Così piango, fino a sentire la febbre nel corpo.
Piango e la mia testa rimbomba dolorosa.
E piango fino a che le mie membra ormai stremate, non si arrendono alla stanchezza e il sonno dona loro una piccola tregua.
 
Ieri...
Ritorno al mio presente.
Cercando di farmi forza mi tiro su dal letto.
Esco dalla mia camera e mi affaccio in corridoio, poi in quella dei miei.
Non c'è nessuno in casa, devono essere già partiti.
Trascinando i piedi nudi, mi dirigo in bagno.
Nello specchio sopra il lavandino è riflessa la mia immagine, che non è proprio quello che si dice un bello spettacolo.
Il mio viso è pallido e sbattuto.
Gli occhi sono rossi e gonfi, tanto che sembra quasi che non l’abbia mai aperti da quando sono sveglia.
Sospiro depressa, prima di voltarmi verso la doccia e una volta aperto il cristallo delle porte, inizio a far scorrere l’acqua in modo che sia ben calda quando entrerò nel box.
Mi spoglio veloce e mi butto sotto il getto quasi bollente.
L'acqua scivola su tutto il mio corpo ed io vorrei tanto che fosse capace di portare via con sé, anche il peso che mi sento addosso.
Rimango ferma sotto lo scroscio per un bel po' di tempo, cercando di non pensare a niente e concentrandomi solo sul rumore dell’acqua che scorre.
Quando penso che sia stata una permanenza sufficiente a rilassarmi, esco dalla doccia e mi avvolgo con un morbido asciugamano di spugna bianca.
Con titubanza, torno a guardarmi ancora allo specchio.
La situazione mi sembra un po' migliorata ma purtroppo i miei cocchi sono ancora troppo gonfi, così scendo in cucina per prendere dei cubetti di ghiaccio dal freezer.
Dopo averli avvolti in un panno, torno in camera mia e li poso sui miei poveri occhi stanchi, sdraiandomi sul letto.
Questi segni devono assolutamente sparire prima di subito.
Ma riesco a rimanere così non quanto vorrei, perché i miei pensieri tornano prepotenti a Tsubasa, costringendomi a piangere ancora.
Mi tiro su dal letto un po' stordita e indosso qualcosa di comodo.
Non ho intenzione di uscire, voglio solo starmene da sola e in pace.
Scendo in cucina per cercare di mangiare qualcosa, anche se proprio non ne ho voglia.
Verso un po' di succo d’arancia in un bicchiere e taglio un pezzo di crostata alle more, che mia madre doveva aver preparato per i nonni.
Sorrido per la prima volta in queste ore, all'idea che l'abbia dimenticata a casa.
Svogliatamente mi siedo su uno sgabello, dando un piccolo morso a quella che dovrebbe essere la mia colazione, non badando al mio stomaco chiuso.
Cerco di mandare giù il boccone aiutandomi con un sorso di succo, proprio quando sento suonare alla porta.
Mi giro verso l’orologio a muro, sono appena le otto e mezza.
Perplessa, mi avvicino alla porta domandandomi chi possa essere a quest'ora e il perché sia così insistente, visto che il campanello non la smette di suonare.
Quando apro la porta, il faccione di Ryo Ishizaki riempie tutta la mia visuale.
È agitato e blatera più del solito.
Non riesce a stare fermo, permettendomi così di scorgere dietro di lui il volto preoccupato di Yukari e lo sguardo serio di Taro.
Nonostante la confusione e la sorpresa del momento, riesco a cogliere lo stesso una frase, che mi colpisce dritta al cuore.
"Siamo passati da lui e sua madre ci ha detto che è partito! È partito e non ci ha detto niente!" ripete concitato Ishizaki, sempre più scosso.
Il mio sguardo si sposta istintivamente sulla mia migliore amica e quando i suoi occhi incrociano i miei, posso vederli prima farsi stupiti poi irrimediabilmente lucidi.
In un secondo me la ritrovo al collo, che mi stringe forte.
"Tu lo sapevi! Lo sapevi! Ecco dov'eri finita ieri... Mi dispiace così tanto, Sanae!" bisbiglia al mio orecchio mentre le lacrime tornano a scendere lente sulle mie guance.
Rispondo disperata al suo abbraccio e improvvisamente cala il silenzio.
Quando riesco a separarmi di nuovo da Yukari, cerco di sorridere mentre con il dorso della mano asciugo alla meglio gli occhi.
Invito poi i miei amici a entrare in casa e insieme ci accomodiamo in salotto, perché so che devo spiegargli cosa è successo ieri in realtà.
"Tsubasa aveva deciso di non salutare nessuno, credo avesse paura di non farcela..." inizio a parlare con calma, il mio sguardo vaga perso per la stanza.
"Forse si è sentito un po' insicuro alla vigilia della partenza. Forse doveva trovare il modo di lasciare casa sua e i suoi amici nella maniera più indolore possibile, per se stesso e per tutti noi. Non l’avrei visto neanche io, se non fosse stato per la mia testardaggine... Cercate di capirlo, vi prego! Credo che partire si sia dimostrato più difficile di quanto immaginava... Perdonatelo!" concludo, cercando di controllare i miei nervi ancora scossi da ieri, mentre osservo le emozioni sul volto dei miei tre amici.
La più vicina a me è Yukari, che mi stringe la mano accarezzandola per confortarmi.
So che in questo momento è seriamente preoccupata per me, più di ogni altra cosa.
Taro invece tiene serio gli occhi fissi nei miei, sicuramente ha capito gl'intenti di Tsubasa, sono anni ormai che cambia città per seguire suo padre in giro per il mondo.
E Ishizaki...
Beh, lui tiene la testa bassa e si strofina il naso nel silenzio pesante che ormai ci circonda.
"Lo capisco..." sospira.
"Lo capiamo..." aggiunge, rivolgendosi con un cenno agli altri due, che annuiscono.
"Solo che avrei voluto salutarlo!" continua mentre un velo di tristezza palese annebbia nel suo sguardo.
"Sanae, ma tu come stai?" mi chiede infine, visibilmente preoccupato.
Alzo le spalle, inclinando la testa da un lato e stringendo più forte la mano della mia migliore amica.
"Sopravvivo." rispondo, mordendomi le labbra.
"Sopravvivo..." ripeto amaramente mentre i miei occhi si riempiono di lacrime, che cerco con tutta me stessa di ricacciare indietro.
"Forse è meglio che restiate un po' sole a parlare."
Taro pronuncia queste parole alzandosi in piedi, invitando Ishizaki a imitarlo.
"Sì, forse e meglio..." risponde Yukari, annuendo con il capo.
I due ragazzi si avvicinano così alla porta.
Ishizaki mi saluta con la mano e l'aria da cane bastonato.
"Sii forte, Sanae! E ricordati che non sei sola!" esclama Taro sorridendo dolcemente, prima di uscire da casa mia.
Annuisco debolmente e quando la porta si richiude alle loro spalle, torno a dar voce alla mia frustrazione, appoggiata alla spalla di Yukari.
"Questa volta è diverso! Non è fuori in ritiro! Non lo rivedrò tra qualche giorno!" sussurro, non trattenendomi più.
La mia migliore amica mi accarezza i capelli con una mano, incitandomi a sfogarmi finché ne ho voglia, finché ne ho bisogno.
"Stavolta se n’è andato sul serio, Yukari... Per sempre... Non tornerà... più..." riesco a sussurrare con voce tremante tra i singhiozzi.
La mia migliore amica mi ascolta in silenzio ma ora piange insieme a me, condividendo così la mia disperazione, non potendo fare altro.

   
 
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