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Autore: secretdiary    08/02/2012    1 recensioni
Racconto vincitore del secondo contest di scrittura: Musica indetto dal forum Dark Light.
Ascoltando 'Turn loose the Mermaids' dei Nightwish, e senza dar retta al testo e al suo significato, dovevo sviluppare un racconto.
Due giovani in un mondo fantastico.
Entrambe le loro vite sono segnate da due maledizioni.
Un uomo consacrato al Male, una donna illuminata dal Bene.
Come si intrecceranno le loro vite?

Spero che vi piaccia!!
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola annotazione prima di iniziare:
Cari lettori, innanzitutto vi ringrazio per aver aperto questa storia e per aver scelto di spendere un po' del vostro tempo per leggerla.
Vi rubo solo un paio di righe prima di lasciarvi al racconto: è finalmente uscito il mio primo romanzo.
Ora, finalmente, sono un'autrice pubblicata.
Se amate le storie fantasy, nel campo destinato al mio profilo, trovate tutte le informazioni relative al romanzo.

Grazie per l'attenzione ;)
Buona lettura!!
Bisous *-*

Il sangue e il falco

Iago cavalcava per le Terre del Sud da diversi giorni oramai, senza sosta, senza concedere al suo destriero un solo istante di tregua.

Il fato gli si era manifestato attraverso le parole di un vecchio nano ed ora il giovane non poteva esimersi dal percorrere la via che il destino aveva posto per lui.

Il grande stallone nero calpestava con i suoi possenti zoccoli i delicati steli d'erba che dolcemente si elevavano per pochi centimetri dal suolo, come braccia levate in alto, in evocazione del sole, chiamando i suoi forti ed avvolgenti raggi.

La criniera nera come le tenebre, le stesse tenebre che avviluppavano il cuore di Iago, si agitava al vento, libera e selvaggia come il destriero e il suo cavaliere.

Iago strinse le mani guantate attorno alle redini scure.

Il cuoio bianco che avvolgeva le dita del giovane uomo stridettero a causa di quello sfregare.

Serrando le gambe attorno al corpo del destriero, Iago gli intimò di fermarsi.

Il sole stava per scomparire dietro l'orizzonte, ove si trovava il suo giaciglio per la notte, ed anche il giovane avrebbe dovuto trovare un posto dove fermarsi.

Sebbene egli non si sentisse stanco, né provato dal duro viaggio che l'aveva visto partire dalle Terre del Nord, attraversare le Paludi Centrali per varcare il confine della regione a sud di Domhan, aveva compreso che al suo stallone occorreva una tregua.

Bava bianca e schiumosa pendeva dal suo muso.

La lingua impastata accarezzava il morso, come a voler cercare di levarlo mentre le froge vibravano freneticamente, desiderose di saziarsi d'aria.

«Lo so, vecchio mio, ti ho stremato» mormorò Iago con voce bassa e scura, smontando di sella e accarezzandogli la mascella.

Il cavallo nitrì lievemente e si lasciò condurre dal padrone all'interno di una stalla eretta sul lato sinistro di un cascinale.

Il pavimento era ricoperto di paglia dorata, atta a raccogliere il fango e la sporcizia degli stivali degli uomini.

Iago legò lo stallone ad un palo posto accanto ad un abbeveratoio e gli avvicinò una piccola balla di fieno.

Il giovane lo salutò con due pacche sui dorsali, dopodiché lo lasciò solo a trovar ristoro.

Nel frattempo egli entrò nel cascinale.

L'ampia corte era circolare e il suolo era macchiato da pozzanghere fangose, ultimo ricordo della tempesta di due notti prima.

Il muggito dei vitelli accompagnò Iago mentre raggiungeva la casa padronale, posta al centro dell'agglomerato di edifici che abbracciava la corte.

Le pareti erano solide e formate da mattoni rossi, uniti tra loro da calce che ormai si era solidificata divenendo biancastra.

Iago levò una mano per cingere il battente circolare quando si fermò.

I suoi occhi, due pozzi neri e profondi, indugiarono sul grosso spadone che pendeva alla sua sinistra.

Accennando un sorriso privo di gioia, egli si chiuse nel suo mantello bianco, come un pipistrello abbracciato dalle proprie ali.

Ritenendo ora di avere un aspetto meno inquietante, Iago sbatté il battente di ferro sulla porta di legno massiccio, recante inciso il nome della famiglia.

Una giovane donna aprì la porta.

Ella era splendida e luminosa come la luce del mattino.

Il suo respiro era affannato e le gote erano accese di un vivido rossore.

Ella sorrise e le sue labbra si distesero, raggianti.

«Cosa desiderate?» domandò la fanciulla ritrovando la calma.

Iago rimase per un istante interdetto da quell'immagine.

Da dove proveniva egli, nessun essere vivente era così splendente.

La giovane donna, con il suo volto aperto e sincero era una visione sconosciuta e magica per il ragazzo.

Qualche istante dopo egli ritrovò la coscienza di sé.

“Sciocco” si rimproverò.

«Mi chiamo Iago e vengo dalle Terre del Nord.

Cerco un posto ove trascorrere la notte prima di rimettermi in cammino».

«Chi è alla porta?».

Un uomo dalla pelle nera come l'ebano e gli occhi magnetici come argento liquido si avvicinò alla fanciulla.

«Iago; cerca un riparo» spiegò ella con tono cristallino.

L'uomo si distese in un sorriso cordiale, accompagnando tale gesto allargando le braccia.

«Entra, entra pure ragazzo!

Abbiamo accolto Aurora poche ore fa, anch'ella avvertiva la tua medesima necessità» rispose indicando con il capo la fanciulla che si fece da parte per lasciar entrare il forestiero.

Ogni suo movimento era accompagnato da grazia ed eleganza.

I suoi fluenti capelli biondi seguivano ogni azione compiuta dal corpo, come a volerla rimarcare.

«Sinéad, conta un commensale in più!» tuonò l'uomo con voce allegra voltandosi verso delle scale che conducevano al piano inferiore, ubicazione delle cucine.

I tre raggiunsero un soggiorno dalle pareti rosse, tappezzate da arazzi rovinati da disegni tracciati da mani fanciullesche.

L'abitante delle Terre del Sud notò dove si posava lo sguardo del nuovo ospite e, dopo essersi seduto con malagrazia su un gigantesco cuscino di velluto granata, spiegò.

«Sono i capolavori delle mie sette figlie.

La più grande ha otto anni, la più piccola nemmeno uno e sono senza madre.

Non impongo loro molte regole».

Come se a quelle parole corrispondesse un richiamo, le sette figlie del Sudiano comparvero sulla soglia ridacchiando.

«Aurora, torna a ballare con noi» implorò una bimba.

Iago la esaminò attentamente, ma non riuscì a farsi un'idea della sua età.

Non ci riusciva mai con i bambini.

Per lui erano tutti uguali sino a quando entravano nell'adolescenza; allora sì che si poteva provare ad indovinare quante primavere avessero vissuto.

«Non stancatela, figlie mie -replicò l'uomo aggrottando le folte sopracciglia corvine, senza tuttavia perdere il suo straordinario sorriso- Ha ballato con voi fino ad ora... Adesso è il mio turno!».

Le figlie accolsero con gridolini festanti l'intenzione del padre e scomparvero, raggiungendo presumibilmente la loro sala giochi, in compagnia del genitore.

«Sei in viaggio anche tu, dunque» constatò Iago.

Normalmente non avrebbe intavolato una discussione, ma nella sua mente non cessavano di echeggiare le parole del nano che gli aveva predetto il suo destino:

Troverai il vero potere solo se inseguirai lo straordinario”.

Oltre a quella frase, il veggente aveva detto anche altre assurdità criptiche, ma l'essenza della profezia era insita in quell'affermazione.

Certamente era Aurora lo 'straordinario'.

Dunque per raggiungere il potere, per realizzare il suo sogno, Iago avrebbe dovuto starle accanto.

Almeno fino a quando non sarebbe riuscito nel suo obiettivo, dopodiché non gli sarebbe più interessato il destino di quella fanciulla.

Aurora annuì una sola volta, ponendo poi il suo sguardo celeste come le acque dell'Oceano che lambiva Domhan sugli occhi scuri di Iago.

«Sono una fuggiasca -spiegò.

Tale sincerità ed onestà colpirono il giovane che le ritenne senza ombra di dubbio le manifestazioni di straordinarietà nella fanciulla- Lord Backer delle Terre Orientali desiderava sposarmi.

Io però non accetterò alcun uomo che non abbia prima conquistato il mio cuore e fatto vibrare la mia anima».

Il ragazzo annuì e una setosa ciocca di capelli neri, oscuri, gli ricadde sul viso.

«E voi? Per quale motivo avete abbandonato casa vostra?».

Iago osservò la fanciulla, ponderando la sua risposta.

Per lui, cresciuto nelle aspre Terre del Nord, la sincerità era un difetto, era sinonimo di debolezza e fragilità.

Come poteva fornire ad Aurora i mezzi per tradirlo?

«Sono un soldato.

Un generale dell'esercito Nordiano a dire la verità... E sono in licenza.

Desidero viaggiare prima di far ritorno al mio reggimento».

“Dopotutto non è una menzogna totale” rifletté.

Aurora congiunse le mani sotto al mento.

«E' meraviglioso!

Anche io desidero vivere... Desidero vedere il mondo, sentire la natura attorno a me... Abbracciarmi».

Tale entusiasmo confermò a Iago i suoi sospetti: aveva trovato ciò che il nano gli aveva detto, e certamente non se lo sarebbe lasciato scappare.

Poco dopo i due viaggiatori vennero chiamati nell'immensa sala da pranzo per consumare la cena.

I piedi di Iago, rivestiti da stivali di pelle di drago, si posarono silenziosi sulle mattonelle di cotto che rivestivano la stanza.

Il Sudiano desiderò che Iago si sedesse alla sua destra, seguito da Aurora.

A sinistra invece si era accomodata la primogenita, accompagnata successivamente dalle sorelle.

Le mani di Iago sfiorarono il grande piatto di acero, circolare e vuoto, ancora per poco.

«Io non mi sono ancora presentato -esclamò l'anfitrione mentre Sinéad, la cuoca, cominciava a servire le portate- E domando scusa per tale mancanza, ma da quando lo stregone Grothbath ha conquistato le Paludi Centrali, riceviamo pochi ospiti dalle altre regioni ed ero oltremodo lieto di avervi incontrati.

Mi chiamo Sagramor».

Iago e Aurora ringraziarono ancora una volta l'uomo per la sua ospitalità e dopo aver reso omaggio alla Vita per la cena, diedero inizio al banchetto.

Iago rifletté sulla sua situazione.

Egli era il braccio destro dell'Oscuro Imperatore, l'uomo che dominava le Terre del Nord, ma al giovane non bastava la sua posizione.

Egli desiderava vendicarsi dell'Imperatore per un torto subito da sua madre, compiuto sotto il suo vessillo, inoltre desiderava dominare la sua regione.

Non gli importava essere adorato.

Ciò che Iago bramava era il potere.

Per quella ragione si era allontanato dall'alta torre di madreperla, dimora del suo signore.

Per quella ragione aveva accettato l'enigma del veggente e si era messo in viaggio.

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalla risata della sesta figlia di Sagramor.

«Cos'hai, tesoro?» le domandò il padre con dolcezza.

La bambina (Iago ritenne che avesse tre anni, ma avrebbe comunque potuto sbagliarsi) lo indicò, poi segnò Aurora.

«Sembrano due sposi, come nella favola che ci racconti sempre... Quella dell'Essenza del Giorno e dello Spirito della Notte».

Il Sudiano osservò i due ospiti e tuonò una fragorosa risata condiscendente.

«E' vero, piccola!

Sembrano proprio il Giorno e la Notte!».

L'uomo indugiò sulla luminosa fanciulla, vestita da un morbido abito color pesca e l'oscuro giovane, dalla zazzera corvina e gli occhi di una notte senza luna.

Erano gli opposti, fisicamente; esattamente come i personaggi del mito che parlava del giorno e della notte.

Un nitrito echeggiò nella notte, attirando l'attenzione di Iago.

Era il suo stallone.

Mai l'animale si agitava senza una reale motivazione.

Immediatamente il giovane uomo si alzò in piedi, portando la mano sotto il mantello bianco, a sfiorare l'elsa del suo spadone.

«Ci sono i lupi in questa zona.

Si sarà spaventato del loro ululato» affermò Sagramor accennando un vago cenno con la mano.

Iago però non cessò lo stato di allerta e portandosi due dita sulle labbra per intimare il silenzio, uscì di casa, raggiungendo la corte.

Inginocchiandosi posò un palmo aperto sul suolo.

Le vibrazioni del terreno raggiunsero la sua mano.

«Maledizione!» imprecò indossando repentinamente i guanti bianchi come il resto del suo abbigliamento.

«Cavalieri -spiegò- Al galoppo in questa direzione».

Aurora che assieme al padrone di casa aveva seguito il giovane, voltò lo sguardo malinconico verso l'orizzonte, rischiarato dalla luna piena.

«Lord Backer mi ha trovata» mormorò.

«Dobbiamo andarcene, immediatamente» concluse Iago, il guerriero delle Terre del Nord.

Sagramor si trovò d'accordo con lui.

Preparò una bisaccia contenente provviste alimentari e donò ad Aurora uno dei suoi più veloci cavalli.

«Che la buona sorte vi arrida» augurò.

 

Per un giorno Aurora e Iago avevano cavalcato per le Terre del Sud, braccati come prede dal cacciatore, nel tentativo di fuggire dai cavalieri dell'uomo che bramava Aurora.

Iago sapeva che la fuga non era la soluzione dei suoi problemi e sperava di attirare gli inseguitori in un vallo poco distante, dove avrebbe potuto dal loro battaglia aiutato dalla bruma mistica che abitava quella landa.

«Iago... Dovremmo fermarci per la notte» disse Aurora rallentando l'andatura del suo destriero.

«Per quale motivo? Abbiamo ancora mezz'ora prima che il sole sia tramontato del tutto...».

«E' questo il motivo -lo interruppe lei guardandolo con sincerità negli occhi- Non posso cavalcare durante il tramonto».

Iago aggrottò le sopracciglia, perplesso, ma preferì non dire alcunché.

Era certo che la verità non sarebbe tardata ad arrivare.

I due erranti si accamparono in una radura nel bosco, dove era eretto un capanno utilizzato dai cacciatori durante la stagione venatoria.

La baracca era stipata di gabbie e tagliole arrugginite, ma almeno erano al coperto.

Il tempo scorreva rapidamente e presto il sole cominciò a sfiorare la terra.

In quell'istante Aurora si alzò in piedi, voltandosi verso Iago che stava preparandosi un giaciglio con bisacce e mantello.

«Puoi perdonarmi per non avertelo detto prima?» domandò.

La punta delle dita, così come le nocche, si illuminarono della luce del tramonto, solo più calda ancora.

Un bagliore diffuso avvolse con delicatezza l'intera figura di Aurora.

Iago fu costretto a chiudere gli occhi per non rimanerne accecato.

Appena le sue palpebre si sollevarono, il suo sguardo nero di notte cercò Aurora, ma al posto della fanciulla trovò un meraviglioso falco.

Il giovane uomo protese un braccio e il volatile vi si appollaiò sopra.

I loro occhi si incontrarono e Iago vi lesse la malinconia di Aurora.

La malinconia di una fanciulla desiderata da molti, ma posseduta da nessuno.

Il dolore di una maledizione lanciata dall'uomo che la bramava più di chiunque altro e che non potendola avere aveva desiderato solamente di vendicarsi.

Un incantesimo che mutava la fanciulla in falco ogni notte, eccezion fatta per quando nel cielo brillava un cerchio perfetto, come la notte del loro primo incontro.

Iago che credeva che la luminosità di Aurora fosse frutto di un'esistenza perfetta, comprese che così non era.

Che anche la vita di Aurora era stata segnata.

Certo, non era insozzata di sangue come la propria, ma non era scevra di dolore.

Lo scalpiccio degli zoccoli in avvicinamento impedì a Iago di dire alcunché.

«Il tuo cacciatore ha moltiplicato la forza dei destrieri dei suoi cavalieri» sussurrò Iago accarezzando delicatamente la testa piumata del falco.

«Non riuscirai a cavalcare, ma sicuramente potrai volare.

Poca distanza ci separa dal vallo... Là ti libererò dei tuoi inseguitori una volta e per tutte» promise.

Per la prima volta la mente di Iago non gli rammentò la profezia del nano; non gli ricordò che agiva per se stesso.

Per la prima volta Iago desiderava agire per il bene di un'altra persona.

Il cavaliere del Nord e il falco abbandonarono il capanno dei cacciatori e si lanciarono verso est.

Iago dava di speroni nel costato del suo stallone, mentre Aurora volava sopra le loro teste, evitando le fronde degli alberi della foresta.

Il cavaliere aveva calcolato perfettamente le distanze, e come da lui predetto, poco dopo raggiunsero il vallo.

Lentamente Iago fece voltare la sua cavalcatura.

Un'espressione ferina era dipinta sul suo volto mentre caricava la balestra e la puntava nella direzione da dove sarebbero giunti gli inseguitori.

Appena il primo cavaliere indossante il vessillo di lord Backer (un falco blu in campo azzurro) comparve tra i rami della foresta, Iago scoccò il suo dardo.

L'uomo cadde da cavallo, il gemito strozzato del sangue che invadeva la gola.

Meno uno” contò Iago sogghignando.

Era un generale, addestrato nell'impervio Nord.

Era un signore della guerra e il sangue era il fiume sul quale la sua vita navigava.

Niente poteva sconfiggerlo, soprattutto quando era lui stesso a scegliere il campo di battaglia.

Il secondo ed il terzo cavaliere andarono ad aggiungersi alla prima vittima di Iago.

Gli altri due inseguitori si lanciarono al galoppo contro il giovane uomo che sapeva di non avere abbastanza tempo per ricaricare la balestra, così la lasciò cadere per terra.

Snudò la spada dalla lama meravigliosamente lucida.

Un'inquietante e fredda luminosità.

Il suo destriero, impennandosi, corse incontro all'avversario.

Poco prima dello scontro, Iago estrasse dal giustacuore un pugnale che con la mano sinistra lanciò nel petto del cavaliere.

Sul volto dell'uomo si leggeva lo stupore per tale gesto che non rispettava le regole che disciplinavano i duelli.

A Iago non interessavano le regole.

Ogni cosa si riconduceva ad una scelta fondamentale: vivere o morire.

Non esisteva lealtà, non esisteva onore.

Solo vita o morte.

L'ultimo inseguitore gridò contro Iago.

Un urlo che esprimeva il suo odio e la sua rabbia per i compagni morti.

Li raggiungerai presto” pensò Iago, sicuro di sé.

Non titubava mai, non indugiava mai.

Nuovamente i cavalli vennero spronati l'uno contro l'altro.

Questa volta Iago non si avvalse di nessun trucco e le due lame cozzarono, producendo uno stridio acuto.

Un gufo, disturbato da tale rumore, volò lontano dalla radura, in cerca di maggior quiete per cacciare.

I due uomini separarono le spade e fecero voltare i destrieri, ritrovandosi nuovamente l'uno di fronte all'altro.

Incitando gli animali, essi ricominciarono la loro giostra.

Iago abbassò repentinamente la spada, chinandosi poi per evitare di venire colpito dal cavaliere di lord Backer.

Il Nordiano tranciò una zampa anteriore del cavallo del suo avversario.

Celermente Iago si riposizionò dritto in sella e mentre il cavaliere precipitava al suolo, lo decapitò.

Uno spruzzo di sangue imperlò gli steli d'erba calpestati dagli zoccoli.

Pulendo e recuperando le sue armi, Iago allungò nuovamente il braccio verso Aurora, che lo raggiunse.

«E adesso... Da lord Backer» concluse.

L'avrebbe aiutata a trovare la libertà; dopo si sarebbe dedicato alla conquista del potere.

   
 
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