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Autore: MikiBarakat96    08/02/2012    0 recensioni
Stella Barakat è la sorella di Jack, il chitarrista degli All Time Low con il quale condivide la passione per la musica ma a differenza del fratello, lei non è ancora riuscita a diventare famosa per colpa della sua paura del pubblico. Le cose però cambiano e la vita di Stella si sconvolge totalmente con l’arrivo degli All Time Low nella città dove vive: Roma.
Le recenzioni sono bene accette, mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate della storia :). P.s. Non soffermatevi sui primi capitoli, quelli sono abbastanza noiosi rispetto al resto della storia ;).
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“When I gave you my heart,
You ripped it apart
Like wrapping paper trash
So I wrote you a song,
Hope that you sing along
And it goes,
merry Christmas, kiss my ass!".

 
(Stella)
Mancavano tre giorni a Natale e noi, dopo l’ultimo concerto prenotato per la sera del ventitré, saremmo andati in pausa per le vacanze. Non sapevo dove sarei andata, non potevo di certo ritornare in Italia e poi tornare in Europa per le nuove tappe, sarebbe stato stancante soprattutto perché avevamo solo pochi giorni di riposo e non volevo passare le feste nei vari aeroporti.  Sarebbero potuti venire i miei in Inghilterra! Erano secoli che non si facevano un viaggio e io morivo dalla voglia di passare un Natale fuori casa per vedere come festeggiava il resto del mondo.
Eravamo ancora a Bristol, ma saremmo partiti a breve: eravamo rimasti solo per salutare gli Hey Monday che avrebbero suonato sul palco di Bristol quella sera. Quella mattina però, gli altri membri del gruppo, mi avevano chiesto di raggiungerli nel camerino che il giorno prima era stato assegnato a Pierre, per discutere di una questione molto importante.
Camminavo a passo indeciso nel corridoio, un po’ in ansia per quello di cui avremmo discusso. Non avevo nessun’idea, neanche la più piccola, dell’argomento, sapevo solo che avremmo parlato di una cosa seria e probabilmente brutta per me. Era da tutta la mattinata che gli altri confabulavano tra di loro evitandomi accuratamente come se avessi la peste. Il motivo ovviamente non lo sapevo e non riuscivo neanche a ricordarmi qualcosa di sbagliato che avessi fatto a parte tirare uno schiaffo a Cassadee, ma la cosa era superata, lei, ormai, mi aveva perdonato ed era molto simpatica con me.
Giocherellai nervosamente con la sciarpa di lana nera che mi pendeva dal collo; non riuscivo a trovare nessuna risposta alle tante domande che mi vagavano nella mente.
Quando arrivai davanti alla porta chiusa del camerino di Pierre, avevo lo stomaco chiuso e sentivo che avrei potuto vomitare la colazione da un momento all’altro. Deglutì a fatica sperando che oltre alla saliva scendesse anche giù la mia agitazione e con mano tremante strinsi la maniglia fredda della porta.
Avanti Tella, affronterai a testa alta qualunque cosa ti diranno.
Mi dissi e incoraggiata alzai il mento come in segno di superiorità.
Aprì la porta ed entrai.
I Simple Plan erano seduti in cerchio e parlavano a bassa voce tra di loro. Quando mi videro, smisero di parlare e mi fissarono nel modo più preoccupante che ci potesse essere. Le loro facce erano… tristi, non allegre come sempre e questo mi fece agitare ancora di più.
Mi richiusi la porta alle spalle. Li fissai con l’intenzione di dirgli qualcosa, ma le parole mi morirono in gola e non riuscì a far altro che rimanere immobile e in silenzio aspettando che qualcuno di loro parlasse.
Come previsto, a parlare fu Pierre.
<< Stella, ti abbiamo chiesto di venire, perché… >>, si passò una mano fra i capelli visibilmente a disagio come gli altri quattro. << Dobbiamo parlarti >>.
<< Beh… penso che se non mi dovevate parlare, ora non sarei qui >>, ridacchiai per allentare la tensione, ma i loro volti rimasero seri, preoccupati e tesi.
Non andava decisamente bene.
<< Stella… >>, continuò Pierre.
Il modo serio in cui pronunciò il mio nome mi fece leggermente sussultare.
<< Non puoi più far parte dei Simple Plan >>.
Sgranai gli occhi sconvolta. Avrei preferito ricevere uno schiaffo di vendetta da Cassadee invece che sentire quelle parole, anche se il dolore era lo stesso.
<< Co… co… cosa? >>, balbettai ancora scioccata.
Erano loro che mi avevano voluta! Ed ora dopo neanche una settimana mi stavano già cacciando dal gruppo.
<< Il concerto di domani sera sarà l’ultimo che farai con noi >>, continuò David.
Oltre agli occhi, spalancai anche la bocca. Quella notizia era scioccante! Mi stavano cacciando! Mi stavano mandando via quando io credevo di stare andando alla grande.
<< Mi state licenziando?! >>, sbottai presa da un moto d’ira post shock.
I Simple Plan si guardarono l’un l’altro. << Si >>, annuì Jeff neutro.
<< COSA?! >>, alzai la voce di qualche tono.
Si coprirono le orecchie per quanto la mia voce fosse suonata acuta e stridula.
<< Stella… >>, cercò di dire Pierre con fare calmo.
<< STELLA UN CORNO! >>, urlai. << PERCHÉ MI STATE CACCIANDO? >>.
Li guardai furibonda. Erano diventati miei amici, erano le persone con le quali avevo passato notte e giorno ed ora mi stavano buttando fuori, mi stavano togliendo il lavoro, mi stavano togliendo il mio più grande sogno e non sembrava neanche importargliene.
<< Stella, stai calma >>, mi pregò Chuck stordito dalle mie urla.
<< Non è come sembra >>, disse Sebastian.
<< A NO? E COM’È CHE SEMBRA? >>.
<< Lasciami spiegare >>, disse Pierre.
Stavo per ribattere, ma Chuck mi fermò: << Ti prego, non urlare un’altra volta, non ce n’è bisogno e se ascolti Pierre lo capisci anche tu >>.
Gli lanciai un’occhiataccia, poi rivolsi il mio sguardo di fuoco a Pierre, che si schiarì la voce e mi si avvicinò.
<< Stella, ti stiamo… “licenziando”, come dici tu, perché tu non fai parte dei Simple Plan, tu non devi far parte del nostro gruppo >>.
Lo guardai interrogativa. E quello cosa voleva dire?
<< Non ti seguo >>.
Pierre si frugò nella tasca posteriore dei jeans e ne tirò fuori una busta bianca che mi porse. << Questo è un contratto con la nostra casa discografica, per incidere un tuo cd, da sola >>.
Sgranai nuovamente gli occhi e guardai Pierre sconvolta. Lui mi sorrise. << Non avrai davvero pensato che ti stavamo licenziato perché non ti volevamo più?! >>, rise insieme agli altri.
Presi la busta bianca tra le mani tremanti e la guardai come se fosse un alieno. << Ma… perché? >>, chiesi.
<< Perché tu hai del talento >>, disse Chuck sorridendomi.
<< E con noi è sprecato >>, ridacchiò David.
<< Hai bisogno di cantare da sola, di far vedere al mondo che sei una forza della natura, che puoi cavalcare un palco senza l’aiuto nostro o degli All Time Low >>, disse Sebastian pizzicandomi dolcemente una guancia.
<< Hai bisogno di far sentire al mondo la tua musica >>, concluse Jeff.
Ricambiai i loro sorrisi e tornai a guardare la busta bianca, questa volta con felicità. Finalmente avevo la mia opportunità; la cosa che stavo aspettando da tutta la vita era nelle mie mani e con quella avrei fatto conoscere al mondo tutte le canzoni che per anni erano rimaste chiuse in un cassetto in attesa di essere ascoltate.
<< Come potrò mai ringraziarvi? >>, chiesi con le lacrime agli occhi.
<< Ricordandoci quando sarai famosa >>, mi rispose Pierre circondandomi in un caloroso abbraccio.
Abbracciai ad uno ad uno i miei compagni di viaggio, i miei nuovi amici, la mia band preferita, che non avrei mai dimenticato e che avrei ringraziato sempre nei miei cd, perché loro avevano costruito la mia strada verso il mio sogno.
<< Mi dispiacerà non stare più con voi >>, dissi singhiozzante una volta finiti gli abbracci.
<< Anche a noi >>, disse David asciugandosi una lacrima.
<< La data della registrazione è fissata per il ventiquattro >>, mi informò Seb.
Mi accigliai. << Il giorno della vigilia? >>.
Pierre si strinse nelle spalle. << Il direttore della casa discografica è molto impegnato e il ventiquattro era l’unico giorno libero più vicino >>.
Annuì. << Sarò lì! Per festeggiare c’è la sera >>, sorrisi.
<< Ben detto! >>, esclamò Chuck battendomi il cinque.
Ci abbracciamo tutti insieme per l’ultima volta.
Quando sciogliemmo l’abbraccio, Cassadee entrò nel camerino sventolando allegra una busta bianca, simile a quella contenente il mio contratto discografico.
<< Le avete dato la notizia? >>, chiese verso i S.P.
<< Si >>, annuì Pierre.
<< Ne sei contenta? >>, mi chiese Cassadee.
<< Assolutamente si! >>, esclamai.
<< Bene, allora scoppierai di gioia quando vedrai questo >>, mi porse la busta.
Non stavo nella pelle a vedere quale altra sorpresa “la vita” o i miei amici mi avessero riserbato, ma non c’era nulla di più bello del contratto discografico, niente di più importante della musica, del mio sogno…
tranne un biglietto aereo per Baltimore del ventiquattro dicembre, che Cassadee mi aveva appena dato.
<< Allora, non dici nulla? >>, mi chiese Cassadee con espressione delusa.
Si, cazzo!
 
Era il ventitré pomeriggio ed io ero nel bus a preparare la mia valigia, mentre gli altri erano già nello stadio dove avremmo suonato.
Le due buste bianche mi fissavano dal letto, facendomi sempre più pressione. Non sapevo se stessi facendo le valige per andare alla casa discografica oppure per partire con Cassadee per Baltimore, non avevo ancora deciso, la mia mente era incasinatissima! Da una parte c’era il mio sogno, la passione che avevo per la musica, l’occasione che avevo aspettato da tutta una vita che se mi fossi fatta scappare probabilmente me ne sarei pentita per il resto della mia vita; dall’altra c’era Alex, il ritorno a quella che ormai per me era casa, dove c’era mio fratello, l’amore della mia vita e la mia felicità.
Mi sedetti sul letto e continuai a fissare le due buste.
Passi sulle scalette mi fecero sobbalzare.
Cassadee apparve nel corridoietto sorridente, sempre piena di energia positiva. Almeno lei sapeva bene cosa fare.
<< Ehi Stella, prepari la valigia per Baltimore? >>, mi chiese.
Mi strinsi nelle spalle. << Forse >>.
<< Non hai ancora deciso? >>, mi chiese guardandomi preoccupata.
<< No >>, scossi la testa.
Si lasciò cadere sul letto di fronte al mio che apparteneva a Seb. << Pensi di farcela prima di domani mattina? >>.
La sua domanda mi irritò. Ero nel pieno di una difficile decisione che avrebbe cambiato completamente la mia vita e lei mi metteva anche pressione!  << Se sei qui per mettermi fretta, te ne puoi anche andare >>. Mi alzai e mi diressi frustrata e nervosa verso il salotto dove speravo di distrarmi guardando la televisione, ma Cassadee non aveva ancora finito con me.
<< Stella! >>, mi chiamò in tono quasi dolce, segno che non voleva mettersi a litigare. << Non voglio metterti fretta, ma il tempo stringe e domani mattina non posso avviarmi all’aeroporto senza sapere se aspettare anche te >>. Si sedette accanto a me sul divano.
Scossi la testa cercando di non lasciarmi andare ad un pianto disperato. Non c’era via d’uscita a quella situazione e il ventiquattro era alle porte.
Ma perché tutto proprio il ventiquattro?
<< Non so davvero cosa fare, non so a quale delle due cose rinunciare >>, sussurrai con voce tremante, prossima alle lacrime.
Cassadee alzò teatralmente gli occhi al cielo. << Perché devi rinunciare a qualcosa? Perché non fare tutte e due le cose? >>.
<< Perché sono nello stesso giorno e anche alla stessa ora! >>.
<< Sposta l’appuntamento per registrare il disco >>, propose.
Scossi la testa. << Non posso! Domani è l’unico giorno libero prima di altre settimane o mesi… non lo so >>.
<< Spostalo comunque! >>, esclamò.
Sbuffai. << Non voglio fare brutta figura con il direttore >>.
Gli occhi chiari di Cassadee si ridussero a due fessure. << Allora sei tu stessa il tuo problema! >>, esclamò alzandosi in piedi.
La guardai perplessa. << Perché? >>.
Mi rivolse un’altra occhiataccia, questa volta molto più furiosa. Cassadee era una ragazza tanto dolce, ma quando la si faceva arrabbiare diventava una iena… cosa che quando era con me succedeva spesso.
<< Non ti va bene nessuna soluzione >>.
<< Tu non me ne dai di buone >>, replicai in tono acido.
Sbuffò per cercare di riprendere la calma. Solo dopo qualche minuto di silenzio continuò colpendo il mio punto più debole. << Se non vuoi spostare la data dell’incisione allora non ami davvero Alex come dici >>.
Si, era proprio cattiva… ma anche brava.
Dopo quella frase toccò a me ridurre gli occhi a due fessure e guardarla storto. << Ma come ti permetti di dire una cosa del genere! >>, sbottai. << Io amo Alex, con tutto il cuore, ma tengo anche alla musica e non voglio lasciarmi sfuggire un’opportunità del genere >>.
<< Ma tu non te la lascerai sfuggire >>, replicò Cassadee. << La posticiperai solo, per Alex, per rivederlo, per passare la vigilia con tuo fratello, con i tuoi amici >>.
Mi morsi un labbro.
Aveva ragione… come sempre, ed io ero stata una stupida a farmi mille problemi. Mi ero complicata la vita da sola quando la decisione che dovevo prendere era molto semplice.
<< E se spostando l’appuntamento per l’incisione poi dovrò aspettare un anno per fare il cd? >>, chiesi.
Cassadee posò le mani sui fianchi e alzò un sopracciglio.
<< Aspetterò un anno, per Alex >>, mi risposi da sola guadagnandomi l’approvazione di Cassadee e uno dei suoi dolci sorrisi.
<< E poi il tuo talento non si sciupa >>, disse ridacchiando, poi si chinò vicino alle mie gambe e mi posò le
mani sulle ginocchia. << Stella, hai un talento straordinario e se il direttore della casa discografica non accetterà lo spostamento dell’incisione allora è davvero uno stupido perché non sa che super nuovo talento si sta perdendo >>.
Sorrisi sentendo un improvviso senso d’affetto per quella ragazza che, nonostante le avessi tirato uno schiaffo, ora era mia amica. Mi piegai verso di lei e l’abbracciai. << Grazie mille Cass >>.
Ricambiò l’abbraccio. << Di nulla Tell >>.
Convinta delle mie decisioni, tornai a fare la valigia aiutata da Cassadee e subito dopo avvisai il direttore della casa discografica del cambio d’appuntamento. Diversamente da come mi aspettavo, il direttore accettò molto gentilmente il cambio e fissò un altro appuntamento per metà Gennaio.
Quella sera cantai per l’ultima volta con i Simple Plan ed annunciai ai fans la mia imminente carriera da solista. Tornata nel bus, rimasi con i ragazzi sveglia fino a mezzanotte a ridere, a scherzare, a giocare ai videogiochi, a cantare… mi sarebbero mancati e molto, ma li avrei rivisti… quello di sicuro e i ricordi di quel piccolo tour me li sarei portati dietro negli anni, conservandoli in un angolino del mio cuore.
 
Il sole stava tramontando e la mezzanotte era molto più vicina di quanto pensassi. Per le stradine con le schiere di villette si sentiva l’odore delle varie prelibatezze preparate per il cenone di Natale: pollo, vari tipi di pesce, biscotti al cioccolato a forma di omini della neve, pandoro, panettone, torte al cioccolato e anche pizza!
 Le stradine erano tutte decorate da piccole lucine colorate che si riflettevano sulla neve facendola
sembrare multicolore. Gli alberi fuori dalle case erano stati addobbati con palline dorate, di color blu, rosse o argentate; chi non aveva alberi invece aveva abbellito l’esterno con pupazzi di neve tondi e sorridenti. Baltimore era uno splendore, tutta illuminata di felicità, sembrava il paese di Babbo Natale, ci mancava solo lui in persona, la slitta con le renne e i regali.
<< Mio Dio! Hai visto quante belle decorazioni? >>, mi chiese Cassadee che come me aveva la faccia attaccata al finestrino del taxi.
<< Già, casa mia non è mai addobbata così! Al massimo, mettiamo un Babbo Natale che si arrampica fuori dal balcone >>.
<< Oh sì! Anche i miei genitori ce l’hanno >>, annuii Cassadee.
<< Che poi a cosa servirà mai >>, borbottai.
<< Forse i bambini credono che sia davvero Babbo Natale >>, ipotizzò.
<< Che sta per interi giorni fuori dal balcone senza salire o scendere? >>, la guardai perplessa.
Si strinse nelle spalle. << Quando si è bambini si crede a queste cose >>.
Lasciammo cadere il discorso per tornare ad ammirare la cittadina. Eravamo dirette alla casa di Jack che quella sera avrebbe dato una festa con praticamente tutti: All Time Low, Simple Plan, Cassadee e persino Debbie! Zack mi aveva avvisato che l’avrebbe invitata ed io ne ero stata contenta: quei due insieme formavano davvero una bella coppia.
Poco dopo, arrivammo a casa di Jack, la piccola villetta molto simile a quella di Alex che ricordavo perfettamente nonostante il poco tempo in cui ci avevo abitato, dato il mio litigio con Jack per via della relazione con Alex.
La casa era abbastanza silenziosa, ma quando Jack ci aprì e riuscì a scorgere l’interno, vidi un grande ammasso di decorazioni, carte, festoni, palline, bicchieri, piatti sparsi sul pavimento, sul tavolo, sul divano in pelle… insomma il totale caos.
Nonostante Jack sapesse del mio arrivo, rimase a guardarmi ad occhi sgranati per vari minuti, finché non lo abbracciai cercando di trasmettergli tutto l’affetto che stavo provando per lui in quel momento. Ero felicissima di sentirlo di nuovo vicina, di vedere di nuovo i suoi occhi uguali ai miei, i suoi capelli spettinati color carbone, il suo corpo snello e magro; ma, più di tutto, ero felice di risentire su di lui il familiare odore di casa, di famiglia e anche un dolce profumo di torta e cioccolato.
<< Jack, sono felicissima di rivederti >>, lo strinsi a me con tutta la forza che avevo nelle braccia.
Lui appoggiò la testa contro la mia stringendomi forte anche lui. << Oddio sorellina, quanto mi sei mancata >>.
Mi venne da piangere tanto era bello quel momento, ma resistetti: non era tempo di lacrime, era tempo di sorridere e festeggiare.
<< Ti voglio tanto bene Jack >>, gli dissi.
<< Ti voglio bene anche io Stella! Sei la sorella più in gamba e talentuosa del mondo >>.
Rimanemmo a sussurrarci che ci volevamo bene finché Cassadee con un colpo di tosse non ci riportò alla realtà.
<< Cass che bello rivederti! >>, la salutò Jack, abbracciando anche lei.
<< Oh, grazie Jack! Anche per me è bello rivederti >>.
<< Venite dentro, ma attente ci sono un po’ di cose per terra >>, ci disse Jack facendosi da parte per farci passare.
<< Un po’? >>, chiedemmo io e Cassadee all’unisono.
Jack si strinse nelle spalle. << Devo organizzare una festa >>, si giustificò.
Diedi un’occhiata alla stanza: l’unica cosa sistemata era l’albero, ma era privo di decorazioni; anche la torta al cioccolato era pronta, posata sul tavolo della cucina. << Di questo passo finirai domani mattina >>, dissi.
<< Nessuno è venuto ad aiutarmi! >>, sbottò Jack.
Cassadee scosse la testa. << Ok, ora chiamerò Rian e Zack così ci verranno ad aiutare >>.
Jack la guardò sconsolato. << Già fatto, ma si sono rifiutati >>.
Cassadee sorrise maligna. << Tranquillo, a me non diranno di no >>.
<< Bene, direi che ci tocca iniziare >>, dissi facendo per togliermi il cappotto, ma sia Cassadee che si stava allontanando nel corridoio per telefonare, sia Jack, mi bloccarono con un categorico “no”.
<< Perché? >>, chiesi leggermente spaventata da quell’improvviso “no”.
Jack e Cassadee si lanciarono un’occhiata e poi scossero insieme la testa. Wow erano proprio in sincronia.
<< Tu non starai qui a decorare la casa >>, disse Cassadee continuando a scuotere la testa. << Non penserai davvero che ti abbia regalato il biglietto aereo per venire qui e farti decorare la casa di tuo fratello >>.
<< No >>, risposi anche se non era una domanda.
<< Bene, perché noi ce la caveremo da soli! Tu, mia cara, hai una persona con cui parlare >>, mi disse con sguardo minaccioso.
Sorrisi solo al pensiero di dover andare da Alex, di nuovo in quella villetta.
Jack guardò l’orologio. << Avete ancora qualche ora per fare gli sporcaccioni prima della festa, quindi muoviti ad andare >>, ridacchiò.
Risi anche io. E pensare che solo poche settimane prima stava quasi per uccidere Alex solo perché avevamo fatto gli “sporcaccioni”.
<< Ok, allora vado >>, sorrisi, anche se iniziavo a sentirmi un tantino agitata.
<< Buona fortuna >>, mi augurò Cassadee. << Ci vediamo alle otto e mezza >>.
<< Usate il preservativo, mi raccomando! >>, ridacchio Jack.
Gli tirai uno schiaffo sul braccio, ma lui continuò a ridacchiare.
Presi la macchina di Jack e partì verso casa di Alex, alla quale arrivai molto prima di quanto sperassi. Mi sentivo nervosa, non sapevo come avrebbe reagito Alex, non sapevo come sarebbe andata, se avesse cambiato idea…
Cassadee mi aveva assicurato che Alex sentiva la mia mancanza, che era triste senza di me… ma se fosse stata una bugia? Se in realtà lui fosse rimasto della sua idea? Se mi avesse chiuso la porta in faccia?
Scacciai dalla mente tutti quei pensieri negativi che non mi avrebbero aiutata, ma solo peggiorato la situazione. Scesi dalla macchina e mi diressi verso la porta facendo dei lunghi e profondi respiri e concentrandomi su cose positive. Dalla grande finestra che affacciava sul salotto, scorsi Alex, seduto sul divano con Sebastian e Peyton ai lati che guardavano la televisione. Alex indossava una maglia bianca a maniche lunghe e sotto un pantalone blu con dei pupazzetti sopra; doveva essere il pigiama. Il cuore mi batté così forte che dovetti iniziare a respirare più velocemente per non rimanere senza ossigeno.
Aveva l’aria stanca, di chi non dorme bene da giorni: i capelli erano scompigliati e ricadevano malamente su tutti e due gli occhi, nascondendoli alla mia vista.
Piena di felicità ed eccitazione, corsi alla porta e bussai al campanello, non sentendo nemmeno l’abbaiare dei cani per quanto il cuore mi stesse rimbombando forte nelle orecchie.
Quando sentì la porta aprirsi, un urlo mi stuzzicò la gola, ma lo soffocai per non allarmare Alex. Quando i suoi occhi marroni incontrarono i miei e lui mi riconobbe, ebbe la stessa reazione di Jack: di totale paralisi e incredulità, ma in Alex quelle sensazioni erano moltiplicate per il semplice fatto che lui non si sarebbe immaginato il mio ritorno.
<< Che c’è? Ho i capelli scompigliati? >>, chiesi per far sciogliere lo shock, ma Alex rimase nella stessa posizione nella quale mi aveva aperto la porta.
Il mio cuore mi stava imponendo di saltargli in braccio e baciarlo fino a farlo cadere sul pavimento, ma il mio cervello mi stava consigliando di aspettare che si riprendesse dallo shock, che mi abbracciasse e baciasse lui.
Aspettare non si rivelò affatto una cattiva idea.
<< Stell >>, disse.
Il suono del soprannome che mi aveva dato mi fece esplodere ancora di più dalla gioia; dovetti trattenermi dall’iniziare a saltellare per la felicità.
Si avvicinò di un passo, senza mai staccare gli occhi dai miei. << Sei davvero tu? >>.
<< In carne e ossa >>, sorrisi.
Fece un altro passo e poi ancora un altro, avvicinandosi sempre di più. Ad ogni passo il desiderio di baciarlo si faceva sempre più forte, ma non volevo mettergli fretta.
Poggiò entrambe le mani sulle mie guance, riscaldandole dal contatto con l’aria fredda dell’inverno. Chiusi gli occhi beandomi di quella sensazione. Sentire di nuovo le sue mani sulle mie guance fu come sentirsi meglio dopo un mal di testa… fu rilassante e benefico.
Posai le mie mani sulle sue accarezzandogliele dolcemente. Riaprì gli occhi e rimasi a guardarlo con le labbra aperte in un sorriso sincero, sereno.
Accentuò la presa sul mio viso e piano piano avvicinò le sue labbra alle mie. Se il solo tocco delle mani mi aveva fatta sentire bene, il tocco leggero e dolce delle sue labbra mi fece sentire così bene che per un attimo pensai che quello fosse il paradiso. Ritrovare Alex mi stava trasmettendo bellissime emozioni che non avrei mai creduto di poter provare.
Socchiusi le labbra invitando la sua lingua ad entrare. Persino il contatto tra quei corpi caldi e umidi mi fece bene, mi fece sentire come al settimo cielo, come se stessi volando. Allacciai le braccia dietro il suo collo, continuando a baciarlo così intensamente da non avere più aria nei polmoni, ma non mi importava. Sarei anche potuta morire e non me ne sarebbe importato nulla! Quel momento era tutto ciò che potevo desiderare… anche come regalo di Natale.
Le nostre labbra si lasciarono andare solo quando i polmoni iniziarono a bruciare bisognosi di una buona quantità d’ossigeno. Appoggiai la testa al suo petto e chiusi gli occhi riprendendo fiato e concentrandomi sul battito accelerato del suo cuore che, come il mio, era rimasto senza ossigeno ma era felice comunque. Affondai il viso nell’incavo della sua spalla e percepì il suo solito odore di pulito –quasi di detersivo- che tanto amavo e che mi era mancato.
<< Mi sei mancata tanto >>, disse attorcigliandosi tra le dita una ciocca dei miei capelli. << Sono stato un emerito idiota Stell, davvero! Non so cosa mi sia passato per la mente… non avrei mai dovuto lasciarti >>. Parlò in tono amareggiato.
Senza lasciare il suo petto, girai la testa per guardarlo negli occhi, che erano fissi sui miei capelli pieni di una luce triste.
<< Avevi dei buoni motivi >>.
Sorrise amaro. << No, non lo erano >>.
Prima che potessi continuare il discorso, lui disse: << Qui fuori fa freddo, perché non andiamo dentro, tu posi la valigia in camera mentre io ti preparo una bella cioccolata calda >>.
<< Ok, ma… dobbiamo parlare, ci sono tante cose che dobbiamo dirci >>.
Annuì e mi baciò la fronte sorridendo, poi mi passò un braccio intorno alle spalle e stringendomi a se mi portò dentro, dove dopo un lungo saluto a Sebastian e Peyton, andai a sistemare la valigia nella camera di Alex, che non era cambiata per nulla dall’ultima volta che l’avevo vista, forse perché lui non ci aveva più dormito.
Quando tornai nel salotto/cucina, Alex era seduto sul divano con due cioccolate calde fumanti, nelle quali galleggiavano piccoli marshmallow bianchi, e con addosso una coperta di lana grande abbastanza da coprirci entrambi. Mi invitò ad accoccolarmi accanto a lui e mi offrì la mia tazza. Mi sedetti a gambe incrociate accanto a lui e lui mi coprì con il resto della coperta di lana.
<< Allora… dov’eravamo? >>, chiesi crogiolandomi nel calore che emanavano sia la cioccolata, sia Alex, sia la
coperta.
Alex prese un sorso di cioccolata, poi mi guardò ed io scorsi di nuovo una luce di tristezza in quegli occhi scuri. << Stell… io non mi merito che tu sia qui.  Sono stato io a mandarti via facendo la stronzata più grande nella storia delle stronzate grandi >>.
Stavo per scoppiare in una risata, ma la trattenni bevendo un po’ di cioccolata. Era dolcissima.
<< Ti ho lasciata andare perché… sono stato egoista, stavo pensando solo al mio dolore, solo alla mia vita, stavo pensando solo a ME! >>.
Lo guardai accigliata. << Non stavi pensando a te >>, lo contraddissi. << Tu stavi pensando a tutti e due, a quello che era meglio per noi >>.
Scosse la testa. << Sarebbe stato “meglio per noi” quello che avevi proposto di fare tu: rimanere insieme anche se lontani e sentirci ogni giorno grazie alla nuova tecnologia; invece io… sono stato un deficiente, ho voluto cambiare tutto perché mi sono preoccupato di soffrire quando in realtà poi ho sofferto più senza di te di quanto avrei sofferto continuando a sentirti >>.
<< Alex, tu eri spaventato all’idea del dolore che avresti potuto provare ed io ti capisco, non ti sto accusando di nulla, davvero >>.
Sbuffò, addentando un marshmallow. << Dovresti…  ti ho spezzato il cuore >>, borbottò masticando frustratamene il piccolo marshmallow. << Non dovresti essere così buona >>.
Mi lasciai andare ad una risata. << Non sono buona >>, scossi la testa. << Non mi sto arrabbiando perché non hai fatto nulla ed io ti amo. Non ho mai smesso di amarti e questi… “giorni di pausa” ci sono serviti a capire quanto sono forti i nostri sentimenti >>.
Mi sorrise accarezzandomi una guancia che fu immediatamente percossa da piccole scossette. << Ti amo anche io Stell, non ho mai smesso e mai smetterò >>, diede un ultimo sorso alla cioccolata e poi posò la tazza suo tavolino di vetro di fronte a noi. Una striscia di cioccolato gli rimase sulla parte superiore del labbro a formare una sorta di seconda barba… o meglio di secondi baffi.
<< Giuro che non ti lascerò mai più andare, mai più >>, si disegnò un’immaginaria croce sul cuore.
Ridacchiai e chinandomi su di lui gli passai la lingua sopra il labbro, pulendolo dai resti della cioccolata. Alex ne approfittò per catturare la mia lingua con la sua e farle unire in un nuovo bacio che mi portò quasi a far rovesciare il contenuto della tazza, ma per fortuna mi fermai in tempo.
Posai la tazza accanto a quella di Alex. Lui allargò le braccia sotto la coperta per farmi spazio ed io non esitai neanche per un istante. Mi accoccolai in mezzo alle sue braccia, con la schiena contro il suo petto caldo e duro e le mani intrecciate alle sue che insieme alle braccia mi circondavano come a farmi da scudo.
<< A propositi di questo giuramento, ho una cosa da dirti >>, dissi.
<< Dimmi pure >>, mi esortò poggiando il suo mento ruvido per la barba in crescita sulla mia testa.
<< Non faccio più parte dei Simple Plan >>, dissi.
Rimase in silenzio per un po’, poi chiese: << Perché? >>.
<< Perché… mi hanno regalato un contratto discografico per incidere il mio primo cd e così iniziare una carriera da solista >>.
Sollevò la testa e si sporse verso di me per guardarmi in faccia. Per aiutarlo io voltai la testa verso la sua direzione. << Ma amore, è fantastico! >>, esclamò con un sorriso che mi scaldò il cuore.
Ricambiai il sorriso. << Lo so, è incredibile! Non me lo sarei mai immaginata >>.
<< Quando devi inciderlo? >>.
<< A metà Gennaio, quando voi ricomincerete il tour >>.
<< E questa volta non ci separeremo >>, mi strinse più forte a lui.
<< Mai >>, promisi.
Mi strinse le mani tra le sue. << Mai >>.
Rimanemmo a parlare abbracciati sotto la coperta calda, finché non fu l’ora di prepararci per la festa. Raccontai ad Alex dell’amicizia nata con i Simple Plan, di quanto mi avessero aiutata a superare la malinconia, gli raccontai dei concerti, dello schiaffo a Cassadee che lo fece ridere a crepapelle come il dispetto che Pierre e David avevano fatto a Enrico che, anche a detta di Alex, se l’era proprio meritato. Furono le ore più belle che avessimo mai passato insieme, a parte quelle in cui avevamo fatto gli “sporcaccioni”; ma quelle furono più speciali, perché ci raccontammo tutto quello che ci era successo in quei pochi giorni, stando abbracciati al caldo in una sera fredda d’inverno, con il mondo fuori che si preparava a festeggiare e noi che ci godevamo il nostro amore che era più infinito del cielo e più profondo dell’oceano.
Durante quelle ore venni a conoscenza dell’esperienza orribile che aveva passato Alex con un’intervistatrice insistente e troppo assetata di nuovi scoop, soprattutto sulla nostra relazione.
 
Casa di Jack era molto più rumorosa di qualche ora prima ed era anche più luminosa e decorata, almeno da quanto potevo ammirare dall’esterno. Luci colorate brillavano a intermittenza illuminando di poco il piccolo giardino che circondava la villetta. Un piccolo e buffo pupazzo di neve era stato costruito di fianco alla porta, ma invece di reggere la tradizionale scopa come gli altri, quello reggeva una piccola chitarra elettrica giocattolo. Sulla porta c’era un grosso cartello con su scritto “Merry Christmas, Kiss My Ass!”.
Alex ridacchiò alla vista del cartello. << È proprio da lui fare queste cose >>.
Suonai al campanello. << Mi stupisce che non abbia aggiunto qualcosa di pervertito al pupazzo di neve >>, dissi.
Alex rise più forte ed io con lui.
Jack ci aprì la porta con indosso una maglietta gialla che augurava un buon Natale e in testa due finte corna da renna.
<< Ehi ragazzi! Buon Natale! >>, esclamò con entusiasmo stringendoci entrambi in un grosso abbraccio.
<< Jack, non mi vedi solo da poche ore>>, dissi quando sciolse l’abbraccio.
<< Lo so, ma mi sento pieno d’amore>>, disse con un sorriso largissimo.
<< Wow! >>, esclamò Alex. << Il Natale fa miracoli >>.
<< Direi! Vi ha fatti rimettere insieme >>, commentò Jack.
Cassadee apparve al suo fianco e gli mollò uno schiaffo sul braccio. << Non è stato un miracolo! Si sapeva benissimo che sarebbero tornati insieme >>.
<< Si, si, come vuoi tu >>, borbottò Jack sparendo dentro casa.
Cassadee prese il suo posto e ci iniziò a guardare con ammirazione. << Oddio che bello, siete tornati insieme! >>.
Alex intrecciò le sue dita con le mie. << Mai lasciati >>, mi baciò la mano.
Ridacchiai sentendo le guance avvamparmi. Cassadee ci guardò mordendosi un labbro per non scoppiare in lacrime dall’emozione. Ci abbracciò. << Che belli che siete! >>, esclamò. << Non riesco a capacitarmi del fatto che io vi abbia fatto riunire >>, squittì. << Sono davvero brava! >>.
 << Non posso che darti ragione >>, ridacchiò Alex.
Quando ci liberammo dall’abbraccio quasi stritolante di Cassadee, entrammo nella casa. Con l’aiuto di Cassadee, Rian e Zack, la casa di Jack era uscita benissimo: uno splendore! Il tavolo era apparecchiato con varie prelibatezze che mi fecero borbottare lo stomaco solo a guardarle. L’albero di Natale era pieno di palline colorate e circondato da alcuni regali di medie dimensioni. Appesi al soffitto c’erano altre lucine colorate, fiocchi di neve fatti di carta, vari festoni con su scritto “Buon Natale” e alcune renne pupazzo dal naso rosso, come Rudolf.
Per fortuna nella casa la temperatura era molto più alta rispetto a quella fuori e potei togliermi i vari strati di cappotti che mi ero infilata, per mostrare la maglietta rossa con un pupazzo di neve sorridente al centro, che mettevo ogni anno; sotto la maglia indossavo una gonnellina grigia, delle calze nere e della scarpe con il tacco rosse.
Dopo essermi spogliata degli strati, corsi ad abbracciare i due quarti restanti degli All Time Low, che mi accolsero con sorrisi e abbracci così affettuosi da farmi quasi pentire di essermene andata da quell’ambiente tanto familiare, tanto caloroso… da quelle persone tanto speciali alle quali volevo bene.
<< Stella, ci sei mancata! >>, disse Zack quando sciogliemmo l’abbraccio. << È davvero un bene che tu sia di nuovo qui, nessuno di noi era più lo stesso senza di te >>.
Mi salirono le lacrime agli occhi, ma le rimandai giù sorridendo lusingata. << Mi siete mancati anche voi, tanto >>.
<< Siete molto smielati, lo sapete?! >>, commentò Jack con una bottiglia di birra in mano.
Scossi la testa tra me e me. Ma chi aveva portato la birra? Ci mancava solo che si ubriacasse di nuovo!
<< E tu lo sei ben poco >>, commentò Alex apparendo al suo fianco.
Jack fece una smorfia e bevve un sorso di birra.
<< Ah Stella, noi due dobbiamo parlare di una cosa >>, disse improvvisamente Rian raccogliendo l’attenzione di tutti, non solo la mia.
Mi guadò serio e minaccioso, cosa strana per un ragazzo che sorride sempre. << È vero che hai tirato uno schiaffo a Cass? >>.
Mi venne da ridere al solo ricordo; ma non perché ero contenta del gesto, ma perché mi faceva ridere il solo pensiero di quanto fossi stata stupida ad agire così, a farmi comandare dalla rabbia. La voglia di ridere sparì subito quando constatai che Rian mi stava ancora guardando minaccioso.
Arrossi vergognandomi di me stessa. << Uhm… si, ma è stato un errore! >>, mi scusai.
Cassadee mi venne in soccorso. << Si, ha ragione, è stato un malinteso >>.
<< Ma mi hai detto che andava tutto bene quando hai risposto al telefono >>, disse Rian rivolgendosi a me.
Mi strinsi nelle spalle. << Ti saresti solo allarmato e io dovevo risolvere la questione >>.
<< Allora è vero che l’hai buttata a terra? >>, chiese Jack con un sorriso da ebete stampato sulla faccia.
Cassadee e Rian si girarono verso di lui guardandolo nello stesso modo con il quale Rian stava guardando me prima. Jack sembrò fregarsene e continuò a trangugiare la sua birra sorridendo e ridendo tra sé. Era andato.
<< Ma perché ti sei arrabbiata? >>, mi chiese Alex.
Guardai Cassadee aggrottando le sopracciglia. << Non glielo hai detto? >>.
Lei si strinse nelle spalle. << Deve essermi sfuggito >>.
Alzai gli occhi al cielo e tornai a rivolgermi ad Alex. << Mi ero convinta che voi foste fidanzati >>.
Scoppiarono tutti a ridere come se avessi raccontato la più bella barzelletta del mondo.
<< Che sciocca! >>, esclamò Jack che aveva iniziato a vagare inquieto per il salotto.
<< Concordo >>, ridacchiò Zack.
<< Ehi! >>, esclamai indignata. << Avevo i miei motivi per sospettare! >>.
Nessuno sembrò ascoltarmi, continuarono tutti a ridere finché non suonò il campanello. Jack, barcollando, si avviò alla porta e aprì ai nuovi arrivati… sorpresa delle sorprese: i Simple Plan.
L’urlo che lanciai fu così forte che per un attimo ebbi paura potessero crollare i muri. Con la stessa velocità che ha un fulmine quando appare nel cielo, mi fiondai tra le braccia di Pierre che –per fortuna- fu abbastanza svelto da prendermi al volo e stringermi tra le braccia. << Stella! >>, esclamò e dall’emozione che trasparì nella voce, capì che anche lui era felice di vedermi come lo ero io.
<< Pierre! Che bello rivedervi! >>, dissi una volta scesa di dosso a Pierre.
Guardai ad uno ad uno i miei nuovi amici e sorrisi a tutti, felice come una bambina davanti ai propri regali di
Natale. La mia felicità raddoppiò quando da dietro il semicerchio che avevano formato i S.P. davanti alla porta, sentì un’esclamazione di gioia… in italiano.
<< Oh mio Dio! Voi siete i Simple Plan! >>.
I S.P. si girarono a guardare, un po’ accigliati, la fonte di quell’esclamazione che per loro probabilmente era sembrata incomprensibile. Divisero il semicerchio ed io riuscì a vedere chi c’era dietro di loro, anche se lo avevo già intuito, avrei riconosciuto quella voce in qualsiasi parte del mondo, in qualsiasi momento.
<< Debbi! >>, urlai catapultandomi tra le sue braccia.
La mia migliore amica mi accolse a braccia aperte, stringendomi forte ( forse per riscaldarsi). << Oddio Tella! Non puoi capire quanto mi sei mancata! >>, disse con gli occhi brillanti per le lacrime.
<< Anche tu mi sei mancata tantissimo Debbie, non posso credere che tu sia qui >>.
<< Non te l’ha detto Jack? >>.
<< Si >>, annuì. << Ma mi era passato di mente >>.
Mi guardò storto. << Poche settimane che non mi vedi e già ti dimentichi di me, la fama ti ha fatto male! >>, disse in tono infastidito.
L’abbracciai di nuovo. << Ma che dimenticata! >>, esclamai. << Sei la mia migliore amica! Una tra le persone alle quali voglio più bene al mondo, non potrei mai dimenticarmi di te >>.
Mi stampò un affettuoso bacio sulla guancia. << Ti voglio tanto bene, Tella >>.
Sciogliemmo l’abbraccio. << Ora vieni che ti presento i Simple Plan >>.
Emise un gridolino di gioia e mi seguì verso l’interno della casa, dove si erano radunati gli invitati. Gli A.T.L. salutarono calorosamente Debbie, soprattutto Zack, che iniziò a parlare con lei forse più di quanto avesse mai parlato con gli altri della band. Presentai a Debbie i Simple Plan che l’accolsero a braccia aperte e anche Cassadee, che Debbie conosceva e sapeva perfettamente che era la fidanzata di Rian. Probabilmente solo io non lo sapevo.
Gli invitati finirono lì, ne erano tantissimi rispetto a quelli che avevo ogni anno a casa- nessuno-. Di solito ogni anno cenavo con i miei genitori e dopo uscivo con Debbie e anche con Enrico; per il resto, tutti i Natali erano sempre una noia; ma quell’anno fu un Natale davvero speciale a cominciare dal fatto che c’era Jack anche se solo come presenza e non come mente; poi avevo un fidanzato musicista, sexy da morire;ero a Baltimore, in America; ero appena tornata da un tour con i Simple Plan che erano diventati miei amici insieme a Zack e Rian e avevo una nuova amica, Cassadee.
Per tutta la serata mangiammo le prelibatezze cucinate da Cassadee, riempendoci lo stomaco fino all’orlo! Cantammo anche alcune canzoni di Natale e lasciammo per ultima la canzone di Natale degli All Time Low, che Alex ci cantò a cappella con l’aiuto mio, di Debbie, di Cassadee e di Pierre, che a sorpresa di tutti conosceva perfettamente le parole. Anche Jack ci aiutò a cantarla, anche se quello che uscì dalla sua bocca suonò più come un lamento continuato che vere e proprie parole. Dopo i canti generali, ci lanciammo in balli idioti che passavano da lenti a balli da discoteca. Inutile dire tutte le risate che ci facemmo. Dopo i balli tornammo a parlare tra di noi, raccontandoci storie divertenti per arrivare alla mezzanotte.
Quando il venticinque dicembre stava per arrivare, ci riunimmo tutti intorno al tavolo del buffet per stappare lo spumante e brindare tutti insieme ad un nuovo Natale, una nuova notte passata con… la famiglia.
<< Mancano cinque minuti! >>, esclamò Zack con la bottiglia di spumante in mano.
<< Voglio bere… voglio bere… voglio bere >>, bisbigliava Jack con un bicchiere vuoto ben stretto tra le mani.
Sì, potevo considerare tutti loro come una famiglia: Zack, il ragazzo taciturno che si era innamorato della mia migliore amica, la persona che mi aveva aiutato nei momenti più difficili e che ora stava sorridendo a Zack con gli occhi pieni d’amore e di emozione per l’attesa.
<< Quattro minuti! >>, esclamò Rian sorridendo dolcemente a Cassadee che si strinse a lui.
Rian, il ragazzo dal sorriso più smagliante del mondo che sembrava sempre allegro, come se non avesse
mai nessun problema, che faceva coppia con Cassadee, una ragazza forte, dolce ed era una fantastica amica.
<< Meno tre minuti! >>, disse Pierre sbirciando dall’orologio che Sebastian portava al polso.
Pierre,  il cantante della mia band preferita, con un carattere dolce e molto fraterno nei miei confronti, come anche Sebastian, il bel chitarrista dagli occhi chiari.
<< Meno due! >>, esclamarono in coro Chuck, David e Jeff.
I restanti tre quinti dei Simple Plan, ragazzi davvero simpatici che, dopotutto, non erano diversi dagli All Time Low, avevano lo stesso livello di perversità e la stessa voglia di godersi la vita, di fare cazzate e di portare la loro musica nel cuore delle persone.
<< Cazzo, meno uno! >>, borbottò Jack guardando lo spumante con la bava alla bocca. Alex gli mise un braccio dietro le spalle e ridendo lo strinse a sé.
Per ultimi c’erano Alex e Jack, migliori amici da quando avevano diciott’anni, che occupavano la maggior parte dello spazio nel mio cuore. Si somigliavano molto e, forse, era questo il motivo per il quale erano così in sintonia e che si capivano al volo senza bisogno di tante parole. Amavo il modo in cui si aiutavano a vicenda… era una cosa da ammirare e da prendere come esempio. Sembravano fratelli, pronti a spalleggiarsi in ogni secondo, perfettamente in sintonia, con un mare d’affetto l’uno per l’altro.
L’orologio scoccò la mezzanotte. Era Natale.
<< Buon Natale! >>, esclamammo insieme.
Zack stappò lo spumante facendo volare il tappo dall’altra parte della stanza. Jack fu il primo a riempirsi il bicchiere di spumante ed anche il primo a finirlo. Rian e Cassadee si scambiarono un bacio, i Simple Plan si abbracciarono tra di loro ridendo, Alex intrecciò le sue dita con le mie e stringendomi in un abbraccio mi sussurrò: << Buon Natale amore mio >>.
<< Buon Natale anche a te >>, sorrisi.
<< Spero sia il primo di molti >>, disse.
<< Lo sarà >>, promisi.
Seconda sorpresa delle sorprese, proprio nel momento in cui Alex mi baciò, con la coda dell’occhio scorsi i corpi di Debbie e Zack avvinghiati l’uno all’altro. Sorrisi prima di chiudere gli occhi e godermi il primo bacio del nuovo venticinque dicembre.
 
Verso le due, decidemmo all’unisono di ritirarci nelle rispettive case. Eravamo tutti stravolti dal sonno, soprattutto Jack che accompagnai a letto prima di andarmene, come una brava sorella.
<< Sei proprio incorreggibile >>, gli dissi mentre lo coprivo con le coperte. << Di sicuro domani non ricorderai nulla e ti sarai perso il primo Natale con me dopo tanto tempo >>.
Aprì gli occhi stanchi e bisognosi di sonno. << No, non me lo scorderò >>, disse in tono così basso che dovetti fare uno sforzo per riuscire a sentirlo.
<< Invece sì, hai bevuto davvero tanto >>.
Scoppiò a ridere, ma se ne pentì da solo non appena la sua testa iniziò a pulsare forte. Si coprì la faccia con una mano. << Oh cazzo >>, borbottò.
<< Così impari >>, dissi mostrandogli la lingua.
<< Sei una stronza, sorella >>, sbottò lanciandomi quella che per lui era un’occhiataccia ma che in realtà somigliò ad una smorfia di dolore.
Scossi la testa divertita. << Non sono stronza, ti sto solo dicendo che ti sei comportato da idiota >>.
Sbuffò. << Non è vero >>.
<< Sì che è vero >>, ribattei. << E vedrai che domani sarai d’accordo con me >>, aggiunsi con un sorriso di soddisfazione.
<< Sparisci! >>, mi ordinò girandosi così da darmi le spalle.
Scossi la testa tra me e me e mi avviai verso la porta sorridendo.
<< Tell? >>, mi chiamò.
Mi girai verso di lui e lo vidi rivolto verso di me con gli occhi che non riusciva a tenere aperti.
<< Si? >>.
<< Ti voglio bene >>.
Sorrisi e gli mandai un baciò << Ti voglio bene anche io >>.
Ricambiò il sorriso e crollò sul letto.
Nonostante Jack fosse un tipo un po’ sballato, ero contenta di averlo rincontrato dopo tanti anni; il suo ritorno aveva cambiato molte cose, tutte in meglio.
Più o meno dieci minuti dopo, io ed Alex eravamo a casa, stanchi dopo la lunga serata, ma con abbastanza amore da resistere per un altro po’.
Mettemmo a dormire i cani, ci preparammo per la notte e ci chiudemmo in camera sua. Preferì non indossare il pigiama, ma rimanere in biancheria intima, tanto non avrei dormito né con l’uno, né con l’altra. Probabilmente anche Alex ragionò nel mio stesso modo, infatti rimase con indosso solo i boxer.
<< Natale divertente, vero? >>, mi chiese poggiandomi le mani sui fianchi nudi. Nei punti in cui le sue dita toccavano la mia pelle, mi sentì attraversare da varie scosse che mi riscaldavano dalla temperatura fresca nella casa.
<< Sì, decisamente il migliore in questi sei anni >>, annuì intrecciando le mani dietro la sua testa.
Avvicinò la sua fronte alla mia e strofinò il suo naso contro il mio che poteva essere paragonato ad un ghiacciolo per quanto era freddo.
<< Sei freddissima >>, disse con le labbra che sfioravano leggermente le mie.
<< Mi basti tu a riscaldarmi >>.
Sorrise sghembo prima di avvicinare di poco le sue labbra alle mie così che si potessero unire e dare iniziò alla celebrazione del nostro amore, un modo molto romantico con cui chiamare il sesso. Fu tutto assolutamente perfetto e finalmente mi sentì di nuovo a casa, di nuovo felice, tra le braccia di Alex. Riprovare quelle sensazioni meravigliose rese quel nuovo Natale ancora più fantastico.
Ci infilammo sotto le coperte e per un po’ restammo in silenzio per riprendere fiato. Non appena i nostri battiti cardiaci tornarono normali, Alex mi strinse a sé, circondandomi con il suo calore ed il suo amore, che mi cullava come una dolce certezza. Non sapevo come sarebbe andata avanti la mia vita da quel giorno, non sapevo se avrei avuto veramente successo con il mio primo cd, non sapevo se d’ora in avanti avrei avuto così tanti impegni da non rivedere più tanto spesso le persone a cui volevo bene, oppure se avrei avuto così tanto lavoro da non poter più rivedere mamma e papà, da non poter tornare più a Roma! L’unica mia certezza era Alex: sapevo mi sarebbe rimasto vicino, qualunque cosa il futuro mi avesse riserbato; perché ci amavamo e questo non sarebbe mai cambiato, ne ero sicura al cento percento. Lo vedevo anche nei suoi occhi, da quella luce che glieli illuminava quando mi guardava.
Intrecciammo le gambe in modo da stare ancora più vicini e ci guardammo senza dire una parola. Era leggermente sudato e alcuni capelli gli si erano appiccicati alla fronte,  ma Debbie aveva sempre avuto ragione: era uno schianto e nudo era davvero sexy! Non avrei mai potuto desiderare di meglio.
Prese una ciocca dei miei capelli e me l’appoggiò dietro l’orecchio. Mi guardò e sorrise. La sua mano scivolò sulla mia guancia e me l’accarezzò con dolcezza. Chiusi gli occhi concentrandomi sulla sensazione di pizzicore che mi attraversava la pelle della guancia. Lo sentì avvicinarsi a me e dopo neanche due secondi percepì la morbidezza delle sue labbra che accarezzavano le mie in un bacio profondo, con le lingue che si accarezzavano delicatamente, come se avessero paura di potersi rompere. Gli morsi il labbro inferiore mentre un sorriso affiorava sulle mie labbra per la bellissima sensazione di pace che mi attraversava. Ci scambiammo un altro bacio, molto più appassionato del primo, pronti per ricominciare, ma all’improvviso il mio telefono si illuminò.
Mi staccai, anche se con riluttanza, da Alex, che mi scoccò un’occhiata confusa, ma non disse nulla e mi lasciò allungare fino al comodino vicino al letto per prendere il telefono.
“Nuovo Messaggio da Enrico”.
Recitava lo schermo.
Oh merda!
Pensai aprendo il messaggio con un po’ di timore pensando a chissà cosa mi avesse scritto. Le ipotesi che mi vennero in mente si rivelarono sbagliate, il messaggio conteneva solo un “Merry Christmas!”.
Davvero carino che lo avesse scritto in inglese e che almeno me lo avesse mandato, ma non fu gratitudine quella che sentì verso di lui, solo pena: non avrei mai voluto essere lui e se mai fossi tornata indietro non lo avrei mai voluto conoscere. Era un idiota pervertito che doveva andare avanti e dimenticarmi, perché mai più nella mia vita sarei tornata tra le sue braccia o solamente sua amica.
Scossi la testa chiudendo il messaggio.
<< Che succede? >>, mi chiese Alex sporgendosi verso di me.
<< Enrico, mi ha mandato un messaggio di buon natale >>, risposi tornando a sdraiarmi vicino a lui, nel posto più caldo di tutto il letto.
Alex sbuffò. << Che coglione! >>.
<< Già >>, annuì. << Sai, non mi sento per niente contenta del suo messaggio, sono… indifferente >>.
Alex sorrise sghembo e mi prese il telefono dalle mani. << Allora non ti dispiacerà se faccio una cosa >>.
Lo guardai perplessa. << Cosa? >>.
Alex non mi rispose, iniziò a schiacciare i tasti della tastiera con aria divertita. Quando ebbe finito mi passò il telefono e mi fece vedere ciò che aveva scritto.
Sulla schermata c’era il messaggio di Enrico e sotto il “mio” messaggio di risposta.
Guardai Alex e scoppiai a ridere. << Oh mio Dio! Sei un pazzo! >>.
Mi prese per i fianchi e mi avvicinò a lui buttando il telefono per terra. Se non fosse stato così vicino da farmi accelerare il battito cardiaco, mi sarei preoccupata del telefono.  << Si merita di essere trattato male quel bastardo >>, disse a denti stretti. << Ti ha trattata male ed è giusto che paghi >>.
Gli passai una mano tra i capelli sudati. << Ti amo >>, gli dissi.
<< Ti amo anche io >>, disse e mi stampò un bacio sul collo, per poi passare al lobo dell’orecchio, che mi mordicchiò.
Scoppiai a ridere prima di contrattaccare mordendogli una guancia. Iniziammo a giocare come bambini sotto le coperte, riscaldandoci in quella fredda notte di Natale (o sarebbe meglio dire mattina?!).
Solo in quel momento notai che aveva iniziato a nevicare.
 
Enrico:
Merry Christmas!  :)
 
Stella/Alex:
Kiss My Ass ;D.
  
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