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Autore: Jeici    08/02/2012    1 recensioni
“Far Away,
Far Away”
Canticchiava la donna incapace di trattenere le lacrime.
Avrebbe voluto dare molto di più alla sua unica bambina, avrebbe voluto che vivesse una vita normale insieme a lei e magari un giorno le avrebbe raccontato la sua storia come una favola della buonanotte, una vicenda irreale e irrealizzabile che la piccolina avrebbe ascoltato con la bocca aperta e gli occhi sgranati.
Purtroppo, però, lei era troppo speciale per essere nascosta e paragonata alle altre persone comuni. Ma cos’è la normalità infondo? La magia che la madre aveva represso per troppo tempo in sé stessa si era manifestata con tutta la sua forza e la sua imponenza dentro la bimba ancora in fasce che ignara di tutto continuava a godersi le coccole e le carezze della madre
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Far Away,
Far Away”
Canticchiava la donna incapace di trattenere le lacrime.
Avrebbe voluto dare molto di più alla sua unica bambina, avrebbe voluto che vivesse una vita normale insieme a lei e magari un giorno le avrebbe raccontato la sua storia come una favola della buonanotte, una vicenda irreale e irrealizzabile che la piccolina avrebbe ascoltato con la bocca aperta e gli occhi sgranati.
Purtroppo, però, lei era troppo speciale per essere nascosta e paragonata alle altre persone comuni. Ma cos’è la normalità infondo? La magia che la madre aveva represso per troppo tempo in sé stessa si era manifestata con tutta la sua forza e la sua imponenza dentro la bimba ancora in fasce che ignara di tutto continuava a godersi le coccole e le carezze della madre.
                                                               ***
“Tesoro mio, non puoi più stare con me. Siamo troppo diverse, sai quanto questo mi fa male, ma prima o poi ci rivedremo, te lo prometto. Vedrai che con il tuo papà ti troverai benissimo. Sarai libera di usare tutta la magia che vuoi con lui.” mi disse la donna dai capelli rosso fuoco baciandomi la fronte e stringendomi in un abbraccio sincero.Non l’accettavo, odiava e ripugnava se stessa poiché era una maga. Anche papà lo era, ma lui, a differenza di mamma, andava orgoglioso del suo essere ed è per questo che io devo stare con lui, noi esseri speciali dobbiamo stare insieme. La donna mi consegnò ad un avvocato che mi porto direttamente al direttore del circo dove papà lavorava. Il divertimento ambulante apriva al calar del sole e chiudeva appena questo si ripresentava, lasciando fantasticare la gente su quanto accadeva all’interno. Era un circo magico, che rimaneva in città per una notte sola e che dopo i suoi spettacoli meravigliosi partiva lasciando nei cuori della gente un ricordo meraviglioso che mai avrebbero cancellato. Questo esisteva da tempi ignoti e tutte le persone con poteri potevano esercitarsi e sfruttare al meglio questi loro doni. Era per questo che mia madre voleva ci andassi, solo per imparare ad utilizzare meglio i miei poteri o almeno così diceva. “Vieni piccola marmocchia” disse l’avvocato con un tono stizzato “Questi incoscienti prima procreano e poi mettono nel guai noi gente normale” mormorò fra se e se. Lo guardai con rabbia infinita e improvvisamente un ramo spezzato che sembrava mosso da un vento invisibile gli si scaraventò in faccia colpendolo in pieno e facendolo rotolare a terra dal dolore. Soffocai un leggero risolino e lui mi lanciò un occhiataccia. Mi afferro la mano e con passo svento mi trascinò dentro all’ufficio del direttore, uomo distino e ben vestito, che ci accolse con gran sorriso. Dopo avergli spiegato che dovevo essere consegnata all’incantatore lui lo congedò con una stretta di mano e l’avvocato finalmente usci dalla porta. Il direttore, molto gentile, cercò di rendersi simpatico anche se io continuavo a fissarmi la punta degli stivali in silenzio quasi a intimarlo di fare ciò che l’avvocato gli aveva chiesto. Lui parve capirlo e uscì a cercare mio padre. Circa dieci minuti dopo la porta si riaprì e ne apparve un uomo che non dimostrava più di 35 anni, alto, di carnagione molto chiara, con un ciuffo castano ribelle e due occhi quasi a mandorla di un nero profondissimo. Era il mio ritratto. Quando capì la situazione rimase sconcertato e avvicinandosi prese la busta che mia madre aveva appeso al secondo bottone del mio cappottino rosso e la lesse tutta d’un fiato. Finite le poche righe alzò lo sguardo e mi disse “Avrebbe dovuto chiamati Miranda” una strana rabbia si impossessò di me e feci esplodere la tazzina di The che il gentile direttore mi aveva offerto. Lo sguardo di mio padre era stranito e improvvisamente la tazzina si ricompose cominciando di nuovo ad emettere sbuffi di vapore che lentamente si dissolvevano nell’aria. “Va bene, non ti piace Miranda. Vieni ti faccio vedere la tua nuova casa. Mi sa proprio che, però, dobbiamo accontentarci di dividere un matrimoniale, piccolina” mi disse dolcemente aiutandomi ad alzarmi e ad aggiustarmi la sciarpetta nera. Mi prese la mia piccola manina, e con le mie piccole dita mollemente appese alle sue mi portò gentilmente in una specie di camerino con più stanze. C’era una cucina, un salone, una TV, sia in soggiorno che in camera da letto, un grande armadio e un enorme e bellissimo letto che avrei dovuto dividere con lui, un uomo così simile a me, ma allo stesso tempo così sconosciuto. Mi aiutò a togliere lo zaino e poggiandolo sul letto iniziò a disfarlo sistemando la mia roba nei vari tiretti del grande armadio. Una volta finito mise lo zaino nell’armadio e mi chiesi chissà tra quando lo avrei riutilizzato di nuovo.  Realizzò solo dopo che portavo addosso ancora il cappottino con sciarpa e cappello. Venne vicino a me e, inginocchiandosi sul grande tappeto su cui era posizionato il letto, mi aiutò a togliere il tutto. Fece per alzarsi, ma stringendo i miei piccoli pugnetti il vestiario gli scivolò via dalle mani e da solo si sistemò nell’armadio. Solo quando l’anta si richiuse i suoi occhi rincontrarono i miei e con grande stupore mi sorrise e mi abbracciò. “Imparerai molto qui, piccola” mi sussurrò nell’orecchio “Si, ma prima dovrei mangiare” dissi io con la mia voce dolcissima portando la sua mano sul mio pancino che brontolava. Si staccò da me e guardandomi con gli occhi fuori dalle orbite mi disse “Tesoro, allora c‘è l‘hai anche tu una vocina, e se mi posso permettere anche molto bella” io mi limitai ad annuire con un leggero sorriso sulle labbra e lui abbracciandomi mi prese in braccio portandomi in cucina “Ti piacerebbe mangiare i pancake?” Lo guardai stranita “I pancake? A cena?” “Ehi tesoro, questo è un circo magico, qui tutto può succedere non te lo dimenticare mai” mi rispose ammiccando “Allora si certo, vada per i pancake” dissi abbracciandolo forte e coccolandomi al suo bel collo liscio e profumato. Avevo la sensazione di essere tornata nel mio mondo, un mondo che mi avrebbe accettata per quella che sono, un mondo dove avrei avuto affetto e sarei potuta crescere felice. Improvvisamente dimenticai tutte le brutte vicende che avevo vissuto fino ad allora e capii di essere finalmente pronta a ricominciare a vivere una vita serena che durasse a lungo. O almeno così credevo fino a poco tempo fa.                                                               ***                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    “Cely, un cartoccio di pop corn per favore” mi chiese Dave cortese “Ecco a te” dissi appoggiandomi al bancone e facendoglielo arrivare volando “Tesoro, dai, su con la vita. Vedrai che tra due mesi ritorna il tuo papà, potrai stare appiccicata a lui e riprendere una posizione in questa società. Sono sicuro che quando ritornerà il tuo caro papino, sapendo quello che la strega ti ha fatto, la farà volare direttamente nella macchina per caramellare le mele così da renderla un po‘ più dolce” disse lui per consolarmi “Speriamo” risposi io con un sorriso finto. Dave era il migliore amico di papà, quasi un fratello per lui. Mi voleva bene come una nipote e si preoccupava per me che stavo attraversando una brutta fase. Ebbene sì, esistevano anche i corsi di aggiornamento per maghi. Mio padre era lì per imparare e per poi insegnarci le novità a noi poveri tradizionalisti. Durante la sua assenza, il ruolo di vicedirettore era ricoperto da Samantha la figlia stronza di quel meraviglioso uomo che era il direttore. C’è l’aveva su con me poiché , secondo lei, gli avevo rovinato il piano di conquista di quel gran pezzo di figo che era mio padre. Lei sperava di entrare nel suo letto a prendere il posto della cara moglie Spura, che per richiamo del padre senza poteri aveva abbandonato la magia e il circo portandosi dietro, nella pancia, la sua piccola bimba Pura, frutto di un amore platonico nei confronti di quell’uomo tanto bello e gentile che le aveva rubato il cuore. Prospero, suo marito, era un puro, cioè che aveva entrambi i genitori maghi mentre lei era una Spura, figlia di una maga che passava il tempo a ripugnarsi e di un giardiniere che cercava in tutti i modi di deviarla e di convincerla che la normalità era la scelta migliore da fare. Mary, la madre della piccola, aveva deciso di rispettare la promessa che aveva fatto al padre sul suo letto di morte, avrebbe vissuto una vita da comune mortale ignorando l’esistenza di un mondo dalle verità fantastiche. Il suo ostacolo, però, era proprio dentro di lei. Una bimba che accucciata e coccolata dal calore materno non sapeva delle pene e delle sofferenze che avrebbe patito durante la permanenza con la madre. Questa infatti aveva cercato più volte di evitare di fargli usare la magia, ma si sa che per una Pura è molto difficile rinnegare la sua vera natura, e solo dopo che la creatura incenerì senza volerlo i capelli della maestra, la sconsolata madre decise di dire addio alla piccola mandandola dal padre dove avrebbe imparato l’arte della magia. Samantha purtroppo conosceva i suoi punti deboli e appena il padre prese il treno per recarsi al corso lei le ordinò di cambiare il suo solito spettacolo da illusionista e personalmente lo trasformò in una farsa dove lei avrebbe mostrato tutta la sua mercanzia indossando un vestito fatto con meno di un centimetro di stoffa. In alternativa avrebbe potuto vendere pop corn e di certo, a Celia, la seconda opzione sembrava la meno terribile. Aveva perso la voglia di lavorare. Prima la sua giornata iniziava con un sorriso e un bacio del buongiorno da parte del padre e finiva nello stesso identico modo, ora invece Celia si crogiolava incapace di dare un senso alla sua vita nel grande lettone a due piazze. L’orologio segnava le due di notte e mentre per alcuni il divertimento si faceva sempre più acuto, per Celia era venuto il momento di tornare nella sua stanza con i suoi cari momenti malinconici. Mentre ritornava si fermò a guardare i fratelli Wight che provavano con il trapezio. Erano 5 fratelli  uno più bello dell’altro che facevano svenire le ragazzine con gli ormoni in festa. Giocavano e scherzavano allegramente e spensieratamente. Avrebbe voluto essere lì ad allenarsi anche lei per esibirsi, ma improvvisamente gli venne un idea. Una strana, pazza, stupida idea che per quanto potesse essere strana, pazza e stupida alle orecchie di Celia sembrava fottutamente geniale. Corse in camera e parandosi davanti allo specchio afferrò la forbice e iniziò a far cadere sul pavimento grandi ciocche dei suoi ricci capelli castani. Il taglio che ne venne fuori fu un vero disastro, una spazzola un po’ strana e malconcia che lasciava cadere un ciuffo riccioluto sugli occhi per nasconderli, ma a lei non interessava del suo aspetto. Si fasciò il seno, imbottì i boxer di carta e vestì alcune robe del padre ormai strette. Orgogliosa del suo risultato si catapultò fuori e corse dal direttore che sicuramente avrebbe appoggiato la sua idea. Lungo la strada per l’ufficio trovò Samantha che vedendola si rizzò in piedi e si diresse con passo sicuro verso di lei. -Cavolo, mi ha scoperta- pensò timorosa Celia che continuava a camminare in modo sciatto e disinvolto. “E tu chi sei bel ragazzino? Io sono Samantha la principessa di questo circo” -Perfetto la gallina è troppo stupida per capire e inoltre flirta con me e questo potrebbe avere i suoi vantaggi-“Piacere sono Derek il nuovo trapezista. Mi ha assunto tuo padre proprio stamattina” “ah si? Mio padre ha davvero  buon gusto nel scegliere il personale” disse lei avvicinandosi pericolosamente. “ Emm si hai proprio ragione. Scusa ma ora devo andare Ciao!” dissi schizzando via dalla stronzetta. Bussai alla porta del direttore che appena mi vide sobbalzò. Gli spiegai il mio piano e lui fu d’accordo. Mi sarei esibita come trapezista, avevo anche la mia esperienza ed ero piuttosto brava. Volevo che solo un’altra persona sapesse del mio inganno, zio Dave. Lo incontrai che giocava con i serpenti velenosi e vedendomi non mi riconobbe, bensì mi puntò Cobra Terzo contro. Normalmente questo avrebbe azzannato senza indugio, ma Cobra mi riconobbe e volle venire a prendersi le sue coccole giornaliere “C‘è solo un‘altra persona a cui Cobra Terzo dimostra affetto. Celia che cosa hai combinato? Cosa penserà tuo padre di questo?” disse quasi sussurrando “Zio Dave se non mi esibisco mi sento male. Compiatiscimi ti prego.” “Va bene Cely, ti aiuterò. Mi potrai aiutare qui con i serpenti oppure con i leoni” “Mi esibirò con i Wight ho già parlato con il direttore” dissi soddisfatta di me stessa “Perfetto tesoro, buona fortuna allora” disse baciandomi la fronte “Grazie zio Dave a domani” dissi incamminandomi verso il mio camerino. L’indomani mattina mi presentai ai Wight che mi accolsero tutti ben volentieri tranne il più piccolo, Shy. Mi lanciava occhiate di fuoco e odio puro e appena iniziammo a provare ogni minimo errore, lui non faceva altro che gridare quanto fossi inutile e incompetente chiedendo ai fratelli il motivo della mia presenza. Diceva che li rallentavo, io invece trovavo che il lavoro andava benone. Salvo eccezioni eravamo in sincronia e se gli allenamenti fossero continuati in quel modo ci saremmo potuti esibire benissimo tra tre giorni. Ero eccitata e impaurita allo stesso tempo. Risentire il calore della gente che applaude, le grida dei bambini felici, la gioia della gente che percepisce le nostre emozioni più flebili, le nostre paure più stupide e insensate. Mi mancavano un mondo quelle sensazioni, ma ben presto le avrei risentite sul mio corpo. I giorni passarono in fretta e arrivammo finalmente al fatidico dì dell‘esordio. Per quei giorni avevo finto un febbrone pazzesco e nessuno aveva avuto il coraggio di venire a trovare la piccola donzella per paura di un contagio. Dietro le quinte, seduta su una sedia, cercavo di calmare il respiro e di tranquillizzarmi. Mille emozioni mi attraversavano l’anima e il mio unico rimpianto era quello che il mio papà non avrebbe potuto assistere al mio esordio da trapezista improvvisata. Presi un altro respiro profondo. L’unico numero che mi turbava era la presa di Matt, il secondo fratello, la cui vita era affidata a me. Ovviamente l’avrei potuto salvare con la mia capacità di far fluttuare qualsiasi cosa in aria, ma la paura che mi attanagliava era quella di vedere lo sguardo deluso della gente, i vari cori di ingiuria e la delusione negli occhi dei miei compagni a cui mi ero affezionata. Cercai di scacciare quei pensieri negativi e mi concentrai al massimo. Mancavano pochi minuti e Matt e Shy ancora non si vedevano, la cosa mi rendeva ancora più nervosa. Improvvisamente la porta si aprì e Shy appari in tutta la sua bellezza ed eleganza. Indossava uno pantalone stretto nero con una maglia bianca dallo scollo a V, pareva molto sconvolto e il suo bel visino sembrava due toni più chiaro del solito. I capelli color oro, che rendevano i suoi occhi verdi ancora più profondi, erano sistemati in una cresta disordinata che gli conferiva un aspetto più da adulto. “Matt sta male. Farò io l‘ultimo salto dato che sono il più magrolino” disse guardandomi “No -urlai- ho bisogno di fidarmi della persona che devo afferrare” dissi nel panico. Gli altri fratelli corsero da Matt per un ultimo saluto lasciandomi sola con Shy “Senti anche io non voglio farlo con te questa cosa ma cerca di collaborare” disse lui “Sono già abbastanza agitato non posso farcela se penso che devo instaurare un rapporto di fiducia con un ragazzo che mi odia” “Chi ti ha detto che io ti odio?” disse avvicinando le sue labbra al mio orecchio “T -tu mi odi. E‘ evidente” balbettai. Mi prese il viso con le mani e lo avvicinò al suo. Le sue labbra non mi erano mai sembrate cosi belle e calde. Forse non lo odiavo poi così tanto! Fu un attimo e con uno scatto avvicinò il suo viso al mio, facendomi assaggiare il suo sapore. “E adesso vieni” mi disse in tono burbero quasi risvegliandosi da una specie di trans. Ancora imbambolata mi feci trascinare in arena dove Mark il conduttore ci stava presentando. Non ero più concentrata. Le prime evoluzioni furono perfette ma quello che seguì dopo fu un episodio da dimenticare. All’ultimo salto Shy disinvolto volteggiò e lasciando la presa invece di trovare le mie mani trovarono il vuoto. Come una scema ripensai al bacio den camerino e distraendomi le sue mani mi scivolarono. Persi il controllo di me stessa e caddi anche io. Riuscì a frenare la mia caduta e ad attutire appena la sua. Emetteva leggeri gemiti di dolori e quello che successe dopo fu solo un gran trambusto. Mentre trasportavano il biondo in infermeria io scappai fuori andandomi a rifugiare vicino alla gabbia dei leoni dove nessuno si osava avvicinare. Poggiai la testa sulle gambe che tenni strette al petto. Il leone ruggì avvertendo una presenza esterna e per difendermi dissi “Non negarlo, leone, anche tu qualche volta piangi”. -Un fallimento epocale. Complimenti Celia. Dovresti almeno andarti a scusare con quel povero ragazzo, codarda!- Così raccolsi le mie ultime forze e mi diressi verso l’infermeria ormai vuota a quell’ora. Il lettino scricchiolava sotto il peso di un ragazzo che sembrava non riuscisse a prendere sonno. Mi avvicinai e occupando la sedia libera affianco alla brandina posai delicatamente le mie mani sulle sue. Improvvisamente aprì gli occhi e mi sussurrò “Pensavo non venissi più” “E invece sono qui” mi limitai a dire. Con le sue mani mi asciugò una lacrima “Non piangere, non è colpa tua” “E di chi sarebbe la colpa tua? Non sono neanche riuscito a salvarti dalla caduta” “Non è niente di grave. Solo un leggero strappo” “Ma intanto sei qui per colpa mia” dissi rammaricata “Ehi guardami -mi disse alzandomi il viso con un dito- non sono arrabbiato con te. Non lo sono mai stato e mai lo sarò. Quello che provo per te non è odio, ma semplice interesse. E‘ possibile che tu non lo avessi ancora capito!?” “Io, io” mi alzai lusingata e mi limitai ad appoggiare le sue labbra su di lui. Quello che iniziò come un contatto casto e puro  si trasformò ben presto in bacio appassionato e spinto.
Mi ritrovai seduta su di lui, che gli accarezzavo il petto dolcemente mentre lo fissavo nei suoi occhioni languidi.“Credo di essere diventato gay” ammise imbarazzato.Lo guardai con tenerezza e lo baciai sulle labbra piano.“Non mi è mai capitato e non desidero nessun altro a parte te. Non mi piacciono i maschi, mi piaci solo tu.” continuo di getto cercando di evitare il mio sguardo quasi non volesse che gli leggessi dentro.Gli afferrai il mento e gli alzai il viso.Ci fissammo per un momento infinito e in quell’istante capii che potevo svelargli il mio segreto.Presi a baciarlo e lentamente gli sfilai i pantaloncini, lasciandolo solo in mutande.Il suo respiro si faceva sempre più affannoso e con una mano accarezzai quello che aveva nei boxer.Fu scosso dai brividi e con un rapido gesto calai l’ultimo indumento che mi separava dal suo corpo. Era meraviglioso. Ci baciammo con foga ma improvvisamente mi bloccai. “Tesoro - gli dissi - devo dirti una cosa” vidi la sua espressione crucciarsi notevolmente. Lentamente mi sfilai la maglietta e i pantaloncini, dopo, ancor più piano, fu il turno della canotta. Un espressione confusa apparve sul suo volto quando notò la fascia stretta al petto. Dolcemente sciolsi il fiocco che nascondevo sotto l’ascella e guidando le sue mani lo invitai a liberarmi dalla stretta fasciatura. Quello che ci trovò alla fine fu un vero shock per lui. Paralizzato mi fissava i seni mentre io sfilavo i boxer togliendo le varie carte che fungevano da imbottitura. Eravamo completamente nudi. “T- tu sei una donna” sussurrò quasi a se stesso “ecco perche non hai la barba e hai quel visino così dolce e profumi e sei così bella” disse quasi incantato accarezzandomi il viso liscissimo. “Si” dissi ridendo leggermente. “Allora non sono gay” disse soddisfatto “Ma come ti chiami veramente?” chiese lui improvvisamente confuso “Celia, mi chiamo Celia” disse io dolcemente avvicinandomi sempre più alle sue labbra “Celia” ripeté incantato lui annullando le distanze dalle mie labbra di donna “Io ti conosco. Tu sei la figlia di Prospero” “Indovinato” disse quasi fosse la cosa più ovvia del mondo “Celia io ti amo. Ti amo come uomo e come donna. Ti amo. Punto.” confessò lui rosso in viso “Anche io ti amo Shy. Me ne sono accorta solo ora” ripeté lei sincera. Le loro lingue si rincorrevano frenetiche dando vita ad un bacio appassionato e voluto. Quello che successe dopo è ormai scontato, ma per Celia quel giorno fu tutto tranne che scontato. Aveva capito che doveva essere se stessa per essere amata, d’altronde lei era la figlia del grande Prospero l’Incantatore e la sua forza e il suo valore dovevano essere difesi e mantenuti con orgoglio. Oltretutto avrebbe continuato ad esibirsi nei suoi spettacoli con l’adorato padre e a godersi l’affetto di un pubblico che pur rimanendo sospettoso nei riguardi di quel meraviglioso circo che appariva solo per una notte, non poteva fare a meno che amarlo e rimanere incantato dalle meraviglie che esso presentava alla gente, che appena varcata la soglia del cancello sembrava dimenticare i problemi di ogni giorno immergendosi in un mondo migliore fatto di magia e stregoneria dove il male non esisteva e non sarebbe mai esistito.
  
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