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Autore: MZakhar    08/02/2012    1 recensioni
Forse, tutto quello che gli era successo da quando era sgattaiolato nel Circo è soltanto una parte della sua strampalata storia. Forse, una volta abituato all’idea di avere una nuova casa, tutto questo non gli sarebbe più parso così strano. Forse... forse per una volta aveva davvero trovato un luogo a cui appartenere.
Ma tolti tutti questi forse, una cosa per lui era diventata chiara: Timothy non avrebbe mai più lasciato Celia.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È il momento di sgattaiolare nel buio. La folla freme e spinge in avanti come un fiume in piena. Sono tutti curiosi, avidi di svelare il mistero che si cela dietro l’inspiegabile comparsa del Circo. È il nuovo pettegolezzo per l’indomani, un ghiotto argomento con cui intrattenersi davanti a un tè o un bicchiere di brandy.
Impegnati come sono tutti in quel momento ad accalcarsi di fronte alla cassa, nessuno si accorge del ragazzino smilzo che intanto gli scivola silenzioso accanto. Nessuno lo guarda, né gli rivolge parola. Sembra quasi un fantasma, troppo alto per la sua età e troppo magro per avere sedici anni compiuti. Si chiama Timothy Morris e nella sua vita non ha visto altro che la strada.
Per ciò guarda la cima del tendone più alto spuntare da dietro la marea di nuche e cappelli, esterrefatto. In tutta la sua vita Timothy non ne ha mai visto uno vero, se non sulle foto dei giornali o sui manifesti che di tanto in tanto lui stesso distribuiva per guadagnarsi del pane. Ma ora che può ammirarlo in tutta la sua bellezza, quel ragazzino dalla faccia smunta e il cappotto pieno di toppe si sente la persona più felice del mondo.
Purtroppo però, i suoi risparmi non bastano per comprarsi un biglietto. Così, approfittando del tumulto generale e della sua scaltrezza, si mischia a un gruppetto di uomini che discutono sulle meraviglie della scritta incandescente “le Cirque des Rêves” – quella stessa scritta sull’inferriata che solo qualche minuto prima si era accesa di scintille come per magia e aveva lasciato tutti a bocca aperta – e supera inosservato la biglietteria.
Una volta dentro, Timothy abbandona il capannello e decide di sedersi nell’angolino più remoto del tendone. Così, per sicurezza. E nell’attesa che lo spettacolo abbia inizio osserva in silenzio le famiglie riempire gli spalti. Quasi senza volerlo si domanda come sarebbe stato trovarsi anche per lui, lì, con la sua famiglia. Ma sfortunatamente questa è una domanda che non avrà mai risposta. Timothy ha perso i genitori quando aveva ancora cinque anni e non ha conservato alcun ricordo nitido di loro. Solo una vecchia fotografia che porta sempre nella tasca dei pantaloni lo aiuta a rivederli. E per l’occasione Timothy decide di tirarla fuori, ammirando i due volti sorridenti così simili a lui in ogni tratto.
In quel momento le luci si abbassano e un’orchestra attacca con un’allegra melodia.
«Signori e Signore...», riecheggia all’improvviso una voce lungo tutto il tendone. «Bambine e Bambini!». Poi segue il rullo dei tamburi. «Siamo lieti di annunciarvi che lo spettacolo ha inizio!». Un piatto batte forte e un cono di luce, spuntato da chissà dove, mira dritto al centro del palco.
Lì, con il megafono stretto nella lucida ala nera, un pinguino vestito di tutto punto abbassa galante il cilindro. A quel gesto la sala trattiene il respiro e l’animale riprende parola, abbassando la voce per calare gli spettatori in un’atmosfera di puro mistero: «Stasera vi offriremo un passaggio nel mondo dei sogni. Noi siamo le Cirque des Rêves, e per noi ogni sogno è una piccola parte della realtà».
La luce svanisce così com’era comparsa e Timothy riesce finalmente ad assimilare ciò che ha appena visto. «Un pinguino che parla?», da voce ai suoi dubbi un uomo seduto a qualche posto più in basso. «Che diavoleria è mai questa?!».
Sicuramente qualcuno avrebbe voluto fornire ai presenti la propria ipotesi a riguardo, ma il brusio che si stava innalzando dal pubblico smarrito è immediatamente soppresso da una magia più impressionante. Una serie di sgargianti candele rosse volteggiano di fronte agli occhi degli spettatori, si raggruppano in pile da tre e rimangono a ondeggiare sopra le loro nuche. Nello stesso istante, giù, sopra il palco, un uomo dalla pelle olivastra e un grosso pitone alato, tatuato sul braccio prende posto di fronte agli spettatori ed emette un soffio di fiamme dalla bocca. Tutti si abbassano immediatamente a guardarlo. L’uomo sorride soddisfatto di quell’attenzione e senza perdere tempo comincia lo spettacolo.
«È un mangiafuoco, mamma!», squittisce emozionata una bambina. In tutta risposta sua madre le rivolge un sorriso un po’ incerto e, continuando a tormentarsi una ciocca rossa dietro all’orecchio, stringe con apprensione la bambina per il braccio.
Qualche ora dopo Timothy ha già imparato una gran parte dei nomi degli attori del Circo. Tra quelli che gli sono rimasti più impressi c’è Drago, il mangiafuoco che sputata fiamme senza l’aiuto di carburanti; Elijah, un ragazzino all’apparenza privo d’ossa, in grado di piegarsi in tutte le maniere possibili e non immaginabili; poi Rupert, il coniglio dal pelo grigio che cammina su due zampe, scrive e canta, ed in fine i clown, Leo e Dog, che dopo aver fatto apparire i più improbabili oggetti dalle loro tasche, si mettono a parlare con i leoni dalle fauci spalancate e si fanno capire a sua volta da questi...
Insomma, arrivato alla fine di quell’incredibile spettacolo, Timothy non avrebbe mai creduto di potersi stupire ancora. Ma come al solito, in questo Circo Dei Sogni niente è prevedibile, e presto Timothy si ritrova a contemplare la creatura più bella che gli era mai capitato di vedere.
Le luci si offuscano e il pinguino-presentatore torna per un ultimo annuncio: «Ahimè, il nostro viaggio tra i sogni è giunto alla fine. Ma per salutarvi vi abbiamo riservato il nostro numero migliore. Date il vostro più caloroso appaluso alla nostra incantevole Celia!».
Una serie di luci colorate irrompe sul palco, l’orchestra suona una melodia soffusa e sulla scena appare Celia in tutta la sua eterea bellezza.
Senza rendersene conto, Timothy comincia a sporgersi in avanti per poterla osservare meglio. Non avrà più di quindici anni, pensa con ammirazione, eppure tutti dentro il tendone alla sua vista sembrano trattenere il respiro.
Ed effettivamente Celia è un diamante raro, tutta vestita di bianco e ornata da lunghe piume di cigno tra i capelli neri; alza il volto e le braccia pallide verso il soffitto e subito sugli spalti comincia a scendere la neve. «Neve vera!», come osserva qualcuno dei presenti.
Poi la ragazza porta due dita alla bocca e fischia, richiamando un cavallo al suo cospetto. Quest’ultimo si abbassa non appena lei gli sfiora la criniera candida e la lascia salire facilmente in sella.
Per i seguenti quindici minuti nessuno fiata. Celia sorride e compie le sue magie tra un’acrobazia e l’altra. I suoi occhi scuri ed espressivi viaggiano sui volti occasionali dei presenti, finché le luci non tornano a illuminare il tendone e lei, con un ultimo, profondo inchino, non sparisce dietro le quinte.
Lo spettacolo è finito, pensa con amarezza il ragazzo. Eppure, mentre Celia si esibiva sul palco, Timothy giurerebbe che lo aveva guardato più volte e che gli aveva persino sorriso. Forse è un segno del destino, sorride. Forse il Circo è quella casa dove lui, da ragazzino di strada qual è sempre stato, avrebbe finalmente trovato un posto sicuro in cui restare.
E, mosso da quella strana sensazione nel petto, con il cuore che gli martella veloce e lento allo stesso tempo, Timothy scavalca la folla che comincia a diramarsi in tutte le direzioni e raggiunge il pinguino. Quello lo guarda un po’ sorpreso, poi chiede: «Sei Timothy Morris, il ragazzino senza biglietto?».
A sentire questo Timothy apre la bocca ma non emette alcun suono. Il pinguino sospira e gli fa il cenno di seguirlo.
I due percorrono in silenzio un lungo corridoio scuro, che si estende a non finire subito dietro le quinte. Là sono affissi un centinaio, no, un migliaio di ritratti all’apparenza dello stesso uomo paffuto. In alcuni è vestito in maniera piuttosto buffa, in altri sembra pomposo e al quanto iracondo. Timothy si diverte talmente a guardarlo che non si accorge di come il pinguino si sia fermato e per poco non gli va a sbattere contro.
«Siamo arrivati», annuncia quest’ultimo, indicando un massiccio portone decorato di rose. «Entra e chiedi di Mr. Black».
Timothy non fa in tempo ad aprir bocca che il pinguino svanisce, dondolando sulle sue corte zampette per tornare indietro.
Beh, ormai ci siamo.
Il ragazzo bussa tre volte e il portone si spalanca. A Timothy non rimane altro che fare un passo in avanti.
Dentro sono tutti seduti a banchettare il successo di un’altra notte andata. Un cuoco smista i piatti, un bambino saltella per la sala, altri si spostano da un tavolo all’altro, rubando ora del pane, ora buttando qualche coriandolo sul vicino. Il silenzio cala non appena qualcuno esclama: «È quello senza biglietto!» e l’attenzione si sposta su un attonito ragazzino dai capelli castani.
«S-salve», si schiarisce impacciato la voce, lui. «C’è Mr. Black?»
«Sono io Mr. Black!», tuona una voce da qualche parte tra la folla. «Tu devi essere Timothy Morris. Vieni avanti».
Sorpreso di sentirsi chiamare nuovamente per nome, Timothy obbedisce senza fiatare. Raggiunge una lunghissima scrivania in fondo alla sala e nota stupito che ad avergli parlato è proprio quel paffuto uomo dei ritratti. A vederlo così, tuttavia, Timothy nota che non è più alto di un metro d’altezza e i lunghi baffi neri li sfiorano quasi la pancia. È vestito come un domatore di Circo, ma a giudicare dalle paffute mani che si ritrova incrociate sul grembo, non ha mai toccato una frusta o sfiorato i denti di un leone.
«Mi scusi», comincia incerto il ragazzo. «Ma come fate a sapere tutti come mi chiamo?».
«Selva ha predetto il tuo arrivo», sorride compiaciuto Mr. Black, lisciandosi un baffo. «Selva, abbi il piacere di venire qui con la nostra amata Celia».
Una vecchia, alta poco più di Mr. Black stesso, arriva fluttuando alla scrivania insieme alla ragazza. Le sue ciocche ribelle, tutte sale e pepe, le coprono quasi del tutto il volto rugoso e l’unico occhio ancora scoperto rimane fisso sul volto del giovane. Probabilmente è cieca, pensa tra se e se Timothy. Al ché Selva sbuffa e corruga la fronte. «Sarò anche cieca ragazzo mio, ma ci vedo più di chiunque altro qui dentro!».
Al suo fianco Celia, vestita ancora tutta di bianco, non riesce a trattenere una risatina, che maschera con un colpetto di tosse.
Timothy si sente improvvisamente un po’ scemo ed arrossisce. Ma non si scompone. Rivolge uno sguardo incerto alla signora, che glielo restituisce con il suo occhio velato di bianco.
«Dunque, Selva. È lui il ragazzo di cui mi avevi parlato?», chiede Mr. Black.
«Sì, Martin. È proprio lui. Forse un po’ più magro di quanto mi aspettassi e leggermente più alto, ma ne sono sicura».
«E dicci, ragazzo... per quale ragione vieni da me?», si sporge l’uomo sopra la scrivania.
Timothy prende un bel respiro e si fa coraggio. «Vede signore, sono un ragazzo di strada. Ho sedici anni compiuti e nessun genitore da cui possa tornare. Stasera ho visto tante magie compiersi in questo strano posto e mi sono innamorato del vostro circo e delle vostre esibizioni. Per questo vi chiedo di tenermi con voi, magari posso tornare utile con i lavori manuali...», dice tutto d’un fiato, omettendo ragionevolmente la sua inspiegabile cotta per Celia.
In tutta risposta Mr. Black rivolge uno sguardo a Selva. «Se proprio sicura, Selva?», chiede di nuovo.
«Le mie visioni non sbagliano mai, Martin».
«Molto bene», dice allora Mr. Black «In tal caso puoi rimanere», e si ributta sullo schienale della poltrona.
Non aspettandosi di ottenere così facilmente quel consenso, Timothy rimane leggermente inebetito a guardare l’uomo paffuto giocare ora con i bottoni della sua giacca rosso-sgargiante. Finché una mano forte non gli batte sulla spalla e il ragazzo non si ritrova a a guardare il petto nudo di Drago, il mangiafuoco con un serpente alato sul braccio.
«Benvenuto fra noi, novellino», dice questo con un tono grottesco e butta giù tutto d’un fiato un boccale di birra. Timothy sforza un sorriso di ringraziamento, ed improvvisamente un brivido gli scorre lungo la spina dorsale. In seguito non avrebbe mai saputo dire se lui se lo sia sognato o se è successo davvero, fatto sta che gli occhi azzurri del ragazzo hanno indugiato un momento di troppo su quelli d’inchiostro del serpente, e quello, fissandolo a sua volta dal braccio muscoloso del suo padrone, prese a sibilare minaccioso.
In quel momento interviene di nuovo Mr. Black: «Celia, sii così gentile da mostrare al nostro Timothy la sua nuova casa», le chiede.
Celia stringe le labbra, ma non se lo fa ripetere due volte. Prende Timothy per un braccio e, trascinandolo in mezzo alle pacche di benvenuto degli attori, lo porta fuori dal tendone.
Ora che ci pensa bene, però, Timothy non saprebbe proprio spiegarsi come sia possibile che una stanza grande quanto una sala da ballo e piena di cianfrusaglie appese al muro sia entrata dentro un tendone da circo. Ma non ha tempo per rimuginarci troppo su, lo sguardo severo di Celia e le sue braccia incrociate al petto lo fanno sentire di troppo. Perciò Timothy volta lo sguardo al cielo, illuminato dai primi bagliori dell’alba.
«Scusami se ti creo tanto disturbo», sorride nuovamente impacciato. «Non avrei mai creduto che Mr. Black mi avrebbe accolto così facilmente».
«Zio Martin si affida sempre alle visioni della nonna», risponde scocciata Celia.
«Zio? Nonna?», le fa da eco Timothy, volgendosi a guardarla improvvisamente sorpreso. Non avrebbe mai creduto che due personaggi tanto eccentrici potessero avere a che fare con una creatura incantevole come lei.
Notando il suo sguardo, Celia sospira e si rassegna a raccontare. «Tu hai visto quello che sanno fare gli attori di questo Circo. Tutti qui dentro hanno un’abilità, diciamo speciale. Io non sono da meno», il suo sguardo si fa triste, ma nonostante questo riprende a parlare: «Quando mio padre ha visto cosa sono in grado di fare con la mia magia, ha subito chiamato suo fratello e mi ha spedita da lui col primo treno, nonostante le sue proteste. Mentre Selva... Be’, è quello che di più vicino ho ad una nonna, qui».
«Aspetta un attimo!», la ferma Timothy. «Vorresti dire che qui dentro usate magia vera?», esclama.
Celia sbuffa e prende a camminare verso un tendone vicino. «Perché? Credevi che la neve sia davvero caduta dal cielo?».
«No», si morde un labbro il ragazzo, camminandole dietro. «Pensavo fosse solo un trucco».
«Be’, benvenuto nel mio mondo, Timothy Morris», sogghigna Celia e si ferma davanti all’entrata socchiusa. «Questa sarà la tua nuova casa. La condividerai con Leo e Dog. Niente lamentele, né schiamazzi notturni. Ti auguro una buona permanenza». Si volta già pronta per andarsene, quando Timothy chiede: «Quella visione di Selva... Che cosa ha a che fare con me? Voglio dire, cos’è che ha visto?».
Celia si rigira, lo sguardo tutto a un tratto serio. «Ha visto te, Timothy», dice. «Sapevamo tutti che un giorno sarebbe arrivato un ragazzo senza biglietto e che quel ragazzo, per quanto mi costi ammetterlo, mi aiuterà a fuggire da qui...».
Timothy rimane a fissarla andare via in silenzio. Nella sua testa cominciano a vorticare le parole di Celia e lo spettacolo di quella notte. Non saprebbe dire con esattezza per quanto tempo rimane così, ciononostante si riscuote una volta che il sole si fa alto nel cielo...
Forse, tutto quello che gli era successo da quando era sgattaiolato nel Circo è soltanto una parte della sua strampalata storia. Forse, una volta abituato all’idea di avere una nuova casa, tutto questo non gli sarebbe più parso così strano. Forse... forse per una volta aveva davvero trovato un luogo a cui appartenere.
Ma tolti tutti questi forse, una cosa per lui era diventata chiara: Timothy non avrebbe mai più lasciato Celia.
   
 
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