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Autore: ArtemisiaSando    09/02/2012    0 recensioni
Credo sia la prima fanfiction ispirata alla serie videoludica Uncharted :) La storia che voglio presentare parla del fortuito incontro tra un giovane Victor Sullivan e la cantante di un bar in una città appena devastata dalla guerra.
Nascerà immediatamente qualcosa tra i due personaggi, che pure si vedranno costretti ad affrontare ciascuno i propri demoni personali per poter costruire una relazione. Il passato della ragazza ed il "lavoro" di Sully riusciranno forse a minare la loro amicizia...
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8

Per un po’ nessuno dei due riuscì ad assopirsi. Nonostante le braccia di Sully la stringessero più forte di quanto June ricordasse in un uomo, la pelle ruvida e calda di lui scottava ancora a contatto con il suo corpo impedendole di chiudere gli occhi.

Lo guardò solamente occupare quella metà del letto che credeva potesse rimanere vuota per sempre, freddo specchio della propria anima e, quando un sorriso si affacciò nei suoi occhi, Victor colse ancora una volta l’occasione per accostare le labbra alle sue. Sembrava perfettamente a suo agio, lui, con quel sorriso prepotentemente stampato sulla bocca piacevole e sottile, e la ragazza sperò ardentemente che non si accorgesse della propria emozione. Una felicità che quasi non riuscì a trattenere, nel momento in cui, istintivamente, ripresero ad accarezzarsi.

Continuarono ad amarsi per ore, perché Sully non sembrava mai stanco, quasi non volesse più abbandonare quell’adorabile ghigno di soddisfazione che Estel notava allargarsi sul suo viso ad ogni pausa. 

Era quasi l’alba quando la ragazza, ancora rannicchiata contro il petto di lui, sentì il sonno prendere il sopravvento e Sullivan la lasciò chiudere gli occhi d’oro, stringendola gentilmente.

 

Fu l’uomo a svegliarla qualche ora più tardi, chiamando sottovoce il suo nome con una tenerezza che la ferì nel profondo, ricordandole inevitabilmente quella vita lontana e confusa, quasi fosse stata vissuta da qualcun altro.

Si lasciò andare al calore del corpo di lui che la stringeva ancora dolcemente, ispirando l’odore di colonia e sigaro di cui la sua pelle era impregnata, ascoltando quella risata bassa e roca che l’aveva sempre affascinata. Rimasero stretti a lungo, parlando a malapena, senza riuscire a smettere di sorridere e solo quando Estel si offrì di preparargli la colazione Sully sembrò in difficoltà.

- Piccola, sono stato io a farti perdere il lavoro … e vuoi offrirmi la colazione? – si schermì con un ghigno, mentre la ragazza si sistemava seduta sul letto.

- Ho un piano anche per quello. – sospirò June raccogliendo distrattamente i capelli ramati sulla spalla, lasciandosi sfuggire un sorriso all’espressione stupita di lui.

- Avrei dovuto immaginarlo. – gracchiò Victor in risposta infilando i boxer, ai piedi del letto fino a qualche momento prima. Estel lo osservò attentamente rivestirsi, incapace invece di alzarsi a sua volta, confusa dall’amore che sentiva dominare i propri pensieri.

Infondo non sapeva quasi nulla di lui, eppure aveva affidato nelle sue mani qualcosa di cui solo Zell era stato in possesso, qualcosa per cui un solo uomo aveva lottato. Cosa ne sarebbe stato di quei sentimenti se Sully fosse partito?

Si sentì improvvisamente sciocca, guardandolo infilare la canottiera bianca a coprire il corpo solido e piazzato … di certo non poteva essere stata la prima e dubitava sarebbe stata l’unica. Allora perché non poteva nascondere quel sincero sorriso incontrando gli occhi limpidi e azzurri? Perché di nuovo si accostava a lui, lasciandosi cingere i fianchi, permettendogli di sfiorare la sua pelle con le labbra morbide e sottili?

June, nonostante il pungente orgoglio la mettesse in guardia, sapeva di aver perso quella battaglia contro il proprio cuore, sapeva che ormai non poteva porre rimedio a ciò che sentiva, si era innamorata di lui.

 

La ragazzina aveva davvero un piano, e glielo dimostrò già dal giorno seguente quando, con uno speranzoso sorriso, gli comunicò che da quello stesso pomeriggio avrebbe lavorato per il fioraio del quartiere.

Il lavoro procedeva a rilento per Sully ed era felice di potersi concedere una pausa, di quando in quando, per fumare un sigaro osservando la ragazza dietro la mezza serranda del negozio. Si divertiva a flirtare con lei affacciandosi al bancone, fingendo sfacciatamente di essere un cliente.

Era talmente piacevole vederla arrossire quando passava a prenderla alla fine della giornata, che quasi pensò che quella vita potesse durare per sempre. Che, se glielo avesse chiesto, Estel sarebbe diventata l’unica.

Nonostante la sua naturale avversione per le storie a lungo termine, Victor riusciva ad intravedere nello sguardo sincero di lei qualcosa di cui, stranamente, ogni donna con cui aveva condiviso più di una notte d’amore peccava terribilmente.

Se non fosse stato sicuro che il suo “lavoro” avrebbe presto o tardi rovinato tutto, di certo non avrebbe esitato un istante a parlarle dei propri sentimenti, di quanto fossero belli e profondi.

Eppure, anche quando le teneva la mano, la stringeva con più dolcezza di quanto pensasse di essere capace, non riusciva ad essere sincero con lei. Puntualmente gli mancava il cuore di raccontarle che razza di mascalzone avesse accanto, che cosa aveva fatto per denaro e che costa stava facendo tutt’ora dietro compenso.

Standole così vicino, come mai era stato con nessun altra donna, Sully sperò con tutto se stesso che nulla l’avrebbe mai costretto a ferirla, a mostrare quella parte di sé di cui andava meno orgoglioso. Purtroppo Victor era anche un uomo intelligente e, nel profondo, sapeva che non avrebbe potuto ingannarla per sempre, che, prima o poi, ciò che faceva della propria vita sarebbe venuto a galla. 

Almeno, non così presto.

Stava frequentando la ragazza ormai da un paio di settimane, assopendosi sempre più spesso nel suo appartamento la notte, rubando tempo alle sue ricerche per bighellonarle attorno, quando arrivò l’invito a pranzo di Marlowe, cosa che, di certo, non lo colse certo impreparato.

Victor sapeva benissimo che cosa stava rischiando temporeggiando a quel modo e conosceva Kate abbastanza bene da credere che la donna avesse intuito qualcosa. Forse per questo non se la sentì di rifiutare l’invito, si armò invece della faccia più tosta di cui disponeva per presentarsi all’incontro.

Il tempo minacciava stranamente pioggia, conferendo all’intero quartiere un’aria opprimente di città in rovina qual’era.

Durante il tragitto Sully si accese prudentemente un sigaro, sperando che l’odore pungente del tabacco coprisse quello floreale delle lenzuola su cui aveva dormito fino a qualche ora prima.

Aveva lasciato Estel nella piccola cucina, intenta a preparare il pranzo che avrebbe portato quella mattina stessa alla signora Jennings in segno di gratitudine per la proroga che le aveva concesso sull’affitto. Le aveva sorriso prima di lasciare l’appartamento, curandosi di non farle notare la propria preoccupazione: Marlowe era una donna egoista oltre che estremamente intelligente, se avesse intuito i sentimenti di Victor per la ragazza di sicuro l’istinto le avrebbe ordinato di far terra bruciata su tutto ciò che non poteva controllare.

La donna bionda in tailleur l’aspettava già accanto alla fontana spenta della piazza principale, riservandogli quel sorriso soddisfatto che l’animava solo quando poteva ammirare qualcosa che le apparteneva. Sully abbozzò un sorriso in risposta, trattenendo ancora il sigaro tra i denti, gesto che la fece immediatamente volare tra le sue braccia.

L’uomo la strinse distrattamente accennando una raspante risata delle sue:- Kate. – la salutò furbo, mentre la bella donna stringeva le mani alle sue braccia.

- Pensavo mi avessi dimenticata, Victor. – sorrise divertita, allontanandosi.

- E come potrei? Abbiamo un contratto, no? – rispose Sully sfacciatamente e non poté fare a meno di notare quanto fossero freddi gli occhi della donna in confronto a quelli di Estel.

- Già, un contratto. Sono contenta che te ne ricordi ancora, dato che in questo periodo sembri … distratto. – osservò sollevando un sopracciglio, Victor capì di essere nei guai. Katherine, con ogni probabilità, sapeva della ragazzina.

- Bé … sono a un punto morto. Ma penso di potermela cavare. – gracchiò mantenendo la calma.

Per tutta risposta Marlowe gli rivolse un sorriso beffardo, quasi ad insultare quella sua sfacciata bugia.

- E questo punto morto … non è per caso un’attraente ragazzina del posto? – insinuò raggiungendo il suo petto con le dita sottili, gli occhi azzurri che, nonostante tutto, tradivano il desiderio che provava per lui.

Sully sapeva che un’esitazione a quel punto avrebbe potuto costare molto cara ad entrambi, ed avrebbe negato qualsiasi cosa pur di risparmiare alla piccola Estel quel pericolo.

- Quella? È solo una bambina. Mi sto divertendo un po’, tutto qui. È talmente ingenua che, se sparissi, non se ne accorgerebbe. – rise forte per allontanare la vergogna per ciò che aveva detto.

- Ah, davvero? Se dovesse essere lei la causa di questa tua negligenza mi troverei costretta a … darti un incentivo. – sorrise come una scolaretta, quasi non lo avesse appena minacciato di far sparire la donna che amava.  

- Diavolo, Kate! Non essere gelosa. – gracchiò con un mezzo sorriso, senza tradirsi.

- Provamelo allora. Provami che quell’orfanella non conta niente. – soffiò avvicinandosi al suo corpo e, senza pensarci due volte, l’uomo la strinse e la baciò come, fino a qualche ora, prima aveva stretto e baciato la piccola June.

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Il capitolo purtroppo è un pò corto e non ho avuto tempo di rivederlo come avrei voluto, se quindi ci dovesse essere qualcosa che stona siate liberi di comunicarlo che poi farò i debiti aggiustamenti ;) Grazie a tutti i lettori!

   
 
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