Capitolo 23
Purtroppo
non stava
sognando. La voce che aveva
sentito era veramente quella di Harm, ma non si trattava di un sogno.
Altrimenti lo avrebbe fatto finire diversamente. Nel suo sogno, Harm
l’avrebbe
slegata, abbracciata e lei non avrebbe avuto così paura… Invece le
braccia che
la stringevano non erano quelle dell’uomo che amava. Lui non le avrebbe
mai
fatto scivolare la canna della pistola dalla tempia, al collo, fino sul
fianco…
in una carezza di morte, solo per provocare l’uomo legato sulla sedia.
Sarah
sentì il cuore
venirle meno, più nel vedere Harm imprigionato da Palmer, che nel
sentire il
freddo del metallo scorrerle sul corpo. Era riuscita nel suo intento e
Harm
aveva capito il suo messaggio, ma in questo modo non aveva fatto altro
che
attirarlo prima nella trappola di Clark Palmer. E ora li avrebbe uccisi
entrambi…
Pensò
a quanto fosse
ingiusto, a volte, il destino. Finalmente, dopo anni in cui aveva amato
in
silenzio quell’uomo, era stata ricambiata. Aveva già temuto di averlo
perso
solo due mesi prima, ma quella volta, la fortuna lo aveva assistito.
Sperare
che le cose potessero risolversi al meglio anche questa volta, sarebbe
stato,
forse, chiedere troppo. Eppure, proprio ora
che erano felici insieme e che la loro vita avrebbe potuto essere
ancora più
completa con l’arrivo del loro bambino… proprio ora non poteva credere
che
tutto dovesse finire in una grotta, nel deserto dell’Arizona, a causa
di un pazzo!
Sentì
lo sguardo di
Harm su di sé e si rese conto che, nonostante tutto, lui cercava di
trasmetterle sicurezza. Come faceva? Come riusciva a farla sempre
sentire
meglio, anche in una situazione simile? Cercò di ricambiare quel suo
sguardo e
fece un accenno di sorriso, solo per fargli capire che a lei era
sufficiente
essere con lui…
“A
quanto pare sei più
sveglio di quanto mi aspettassi! Oppure ho sottovalutato il bel
colonnello?”
domandò l’ex agente del DSD.
“Ti
conosco da tempo,
Palmer, e ormai so come ragioni” disse, calmo, Harm. Poi rivolse di
nuovo lo sguardo su Sarah: Dio, come sembrava affaticata! Il suo viso
era
pallido e aveva delle profonde occhiaie. Gli sembrò anche che fosse
dimagrita.
Inoltre aveva scorto nei suoi occhi una luce triste che non aveva mai
visto
prima.
“Dove
hai lasciato i
rinforzi?” chiese di nuovo Palmer, divertito. Harm non si stupì di
cogliere
quel tono, nelle parole del suo persecutore. Sapeva bene che per
quell’uomo,
tutta la faccenda era come un gioco. Una sfida. Una crudele sfida tra
loro due
che purtroppo, questa volta, aveva coinvolto anche Mac.
“Sono
solo” rispose il
capitano Rabb.
“Vuoi
dire che hai
lasciato a casa il nostro comune amico Clayton? Oppure lo hai spedito a
cercarmi
negli altri posti? Povero Webb, come spia vale ben poco…”
“Ti
ripeto che sono
solo. Ho sempre saputo che vuoi me… Ora mi hai. Lascia libera lei”
disse Harm
deciso. Era l’unica cosa che gli importasse…
“Dovrei
lasciarla
andare? “ domandò Palmer, quasi a se stesso. Poi, rivolto a Mac:
“Sentilo!
Vuole ancora dirmi quello che devo fare… Cosa ti avevo detto? Non trovi
anche
tu che sia dannatamente arrogante?” Pronunciò quelle parole quasi con
dolcezza,
sfiorando il viso di Sarah con una carezza, a solo uso e consumo del
suo
prigioniero.
Harm
restrinse solo
impercettibilmente gli occhi, ma non fece nessun cenno d’aver colto la
provocazione.
Freddo. Doveva restare
freddo il più
possibile….
“A
cosa ti serve lei,
se ora hai me? Hai quello che volevi, no?”
“E
chi ti dice che non
mi serva anche lei… o che non VOGLIA anche lei? Ti assicuro che il tuo
bel
colonnello, fino ad ora, mi ha tenuto compagnia in modo davvero
piacevole… “
replicò Palmer, prima di voltare bruscamente il viso di Mac verso di sé
e
infliggerle un bacio sulle labbra.
La
lasciò quasi
subito, per gustarsi l’espressione del capitano, con un’aria trionfante
negli
occhi.
A
quel punto Harm capì
che doveva stare al suo gioco. Doveva distrarlo e dargli quello che
voleva.
Fece uno scatto sulla sedia, come se volesse saltargli addosso.
Palmer
rise e
continuò: “Sei così prevedibile, capitano! Ad ogni modo, ho in serbo
per te una
bella sorpresa… Non immagini neppure il divertimento che ti ho
preparato!” Così
dicendo, aveva slegato Mac dal letto e la stava sospingendo verso di
lui,
sempre puntandole contro l’arma.
Harm
notò che lo
sguardo di Sarah, alle parole di Palmer, era diventato, se possibile,
ancora
più triste. A quanto pareva, lui l’aveva messa a conoscenza dei suoi
piani
crudeli, probabilmente solo per torturarla e farla soffrire ancora di
più.
Mentre
li osservava
avvicinarglisi, Harm colse un impercettibile movimento alla sua
sinistra,
appena alle spalle di Sarah.
“Ora
perché non vi
salutate con un bel bacio, per l’ultima volta? Come vedi, sono
comprensivo…”
disse Palmer, sempre con quel suo tono divertito e spinse Mac contro di
lui,
strattonandola per un braccio.
Harm
vide che aveva le
lacrime agli occhi e pensò di non riuscire a resistere oltre. Avrebbe
voluto
asciugargliele con le labbra, ma non poteva pensare a quello, ora.
Non
appena Palmer
gliela avvicinò, si mosse rapidamente e si buttò a terra, cadendo sul
fianco
sinistro. Quel movimento repentino sorprese Sarah, che scivolò in
avanti e
cadde sulle ginocchia, proprio vicino a dove terminavano le gambe della
sedia
sulla quale era legato.
Ma
la manovra del
capitano Rabb colse ancora più di sorpresa Palmer, che si voltò di
scatto alla
sua destra, verso Harm, pronto a sparargli… All’improvviso,
scorse
un’ombra con la coda dell’occhio che lo distrasse dal suo intento.
Prima di
realizzare cosa fosse, sentì un calcio colpirlo alla mano con la quale
impugnava l’arma. Quindi un pugno in pieno viso lo fece sbalzare
all’indietro,
mentre la pistola scivolava a pochi metri di distanza. Senza ben capire
cosa
gli fosse appena successo, cercò istintivamente di recuperarla, ma uno
stivale
gli bloccò a terra il polso…
Allora
sollevò gli
occhi, risalendo con lo sguardo sulle gambe fasciate nella mimetica,
fino a
cogliere il volto accigliato di A.J Chegwidden che, tenendolo sotto
tiro,
scuoteva la testa in segno di diniego.
Clark
Palmer si
accasciò al suolo: Harmon Rabb l’aveva sconfitto un’altra volta.